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Le donne di Salò -Sperling & Kupfer- Ulderico Munzi

Post n°395 pubblicato il 04 Febbraio 2008 da MarcheseDeSade_RN
 

Edda Ciano definì lo spirito che animava le ausiliarie della Repubblica Sociale Italina: "Femminismo fascista". Fu questa spregiudicata affermazione della figlia del Duce ad accendere in Ulderico Munzi la voglia di scrivere un libro sulle donne soldato degli ultimi seicento giorni di Mussolini. Ci sono voluti anni per indagare in quel crogiolo di speranze, illusioni e passioni che animarono le loro scelte: il loro amor patrio aveva un che di ultraterreno, la loro femminilità è oggi difficilmente comprensibile. L'autore, senza le manette dei preconcetti politici, ha compiuto un lungo viaggio alla ricerca delle protagoniste. Ha ascoltato e registrato i racconti, arricchiti spesso da diari di guerra a lui affidati come prova del loro vissuto.
Nessuna ausiliaria ha la pensione di guerra: il sacrificio, anche se dalla parte sbagliata, non conta per lo Stato italiano. Eppure, erano combattenti, è storia parlata, è storia sofferta da ragazze giovanissime, quasi bambine. Sfileranno nel libro sequenze impressionanti la prigionia, la tortura, lo stupro, la lotta contro il nemico angloamericano e contro i partigiani, l'odio disumano nei loro confronti esperesso dalle partigiane, l'avventura delle Volpi Argentate. Ma anche scorci più sereni e persino malinconiche e delicate storie d'amore.
Riuscirà mai una ragazza di oggi a capire quelle strane ragazze di ieri che si sottoponevano volontariamente a una disciplina ferrea, si privavano di civetteria, attenendosi a una condotta "monacale"? Insieme a tante cose che separano le generazioni, forse si potranno scoprire sorprendenti affinità: lo spirito di avventura, la voglia di far sentire la propria voce sfuggendo a ruoli predeterminati, di competere con l'uomo, maschio dominante specie nel "creato" fascista. Lasciate le famiglie, queste ragazze - spesso giovanissime - indossarono la divisa e appuntarono orgogliose il gladio sul bavero della giacca, per andare incontro a un destino che sembrava già segnato.

Dalla pag.17 del giornale "L'ARENA" di Verona di mercoledì 1 dicembre 1999.

Michelangelo Bellinetti titola un suo pezzo: FURONO LE PRIME A PORTARE LA DIVISA
" Fra pochi mesi le donne entreranno a far parte della Forza armata...............(omissis) Ma nella storia del nostro paese quelle non saranno le prime donne a divenire soldato. C'è un precedente importante accaduto cinquantasei anni fa.
Dopo l'otto settembre del '43 l'Italia si divise in due. Al Sud i resti del regio esercito si unirono agli anglo-americani, al Nord Mussolini costituì la Repubblica sociale e continuò a combattere a fianco dei tedeschi.
Nei primi mesi del '44 le Forze armate repubblicane aprirono i bandi di arruolamento alle giovani donne e fu costituito il Servizio ausiliario femminile, il SAF. Le reclute frequentanti i corsi di addestramento, vennero inquadrate nei reparti operativi e nei depositi.
Le ausiliarie entrarono così nella Decima Mas, nelle Brigate Nere, nella Guardia Nazionale nell'Aeronautica, nella Marina. Insomma fecero parte integrante della Forza armata della RSI. Indossavano l'uniforme, portavano i segni dell'appartenenza al corpo, avevano le loro comandanti e la loro bandiera. Alla fine del conflitto, molte di quelle ragazze subirono la sorte che i vincitori vollero riservare ai vinti. Prigionia, torture, sevizie, morte costituirono in diversi casi la loro tassa di passaggio dalla guerra alla pace. Poi su quelle ragazze e sulle loro storie calò il silenzio. ......................omissis...........Oggi l'occasione per parlarne sorge dal libro scritto da ULDERICO MUNZI e dal fatto che tra breve tempo appunto le donne entreranno nella Forza armata italiana: il primo elemento è una memoria, il secondo costituisce la realizzazione di un progetto. Al di là di entrambi, comunque, rimane il retaggio di quelle vite segnate dalle scelte compiute nel tempo ormai lontano dei grandi confronti e dei profondi dolori. La storia scolastica non ne parla e forse non ne parlerà mai. La cronaca, invece, intende oggi riferire."
Sempre sulla stessa pagina Silvino Gonzato narra:
"Fiorenza, Neri, Lea, Giulia, Giovanna, Ines. Sei storie che cominciano e finiscono tutte nello stesso modo.
....................omissis......................Sono donne dei seicento giorni di Salò. Avevano sì e no vent'anni quando si sono arruolate nell'esercito delle seimila ausiliarie della Repubblica Sociale Italiana; ................omissis.........
In un film girato dal punto di vista dei vinti, Fiorenza, Neri, Lea, Giulia, Giovanna e Ines sarebbero state delle eroine, per lo meno delle ingenue eroine del cuore e del sentimento, ma nel film girato dal punto di vista dei vincitori, le donne di Salò erano delle prostitute dei gerarchi, avevano il cuore marcio perché marcio era l'ideale in cui credevano. " Devi venire sui monti con noi a far l'amore, invece di stare qui con i fascisti" urlò un giorno il capo partigiano conosciuto come "Leone" in faccia a Giulia che aveva preferito la galera al salto di campo, anche se ormai all'orizzonte non vedeva che tenebre. Bastava andare sui monti a offrire il proprio corpo per salvarsi l'anima ed evitare il marchio infamante della condanna della Storia. Sulle ausiliarie della Repubblica sociale è uscito da poco un libro di Ulderico Munzi. S'intitola "Donne di Salò" Erano poco più di bambine, non sapevano quel che facevano e ci vuole coraggio anche nel non sapere quel che si fa. L'innocenza è garanzia di credibilità. Ce n'è più che a sufficienza, insomma, per accordare il più compatito e tenero dei perdoni. Il libro, sotto sotto, dice questo. In verità ogni rettifica di tiro oggi a proposito delle ragazze-soldato di Mussolini puzza di artificioso e convenzionale. L'Italia, come allora, resta profondamente divisa. Finita la stagione dell'odio, oggi si ricorre alla monetina logora del perdono gettata ai piedi dell'avversario per avvilirlo, per confermare la sua diversità, per rendere definitiva quella scelta "sbagliata" che lo ha bollato per tutta la vita.. Ci sono casi in cui il marchio del perdono è una condanna più pesante di quello dell'odio. All'odio c'è rimedio accettando l'invito del partigiano Leone ad andare sui monti a fare l'amore, mentre il perdono che arriva dopo più di cinquant'anni, ti inchioda alla tua condizione di reprobo per sempre.
.....omissis .........Sono morte in trecento. In combattimento , o sotto tortura, o in prigione, o, a guerra finita, fucilate o linciate. Parecchie hanno dovuto subire l'onta dello stupro. Sono state ingoiate e sputate dalla Storia scritta da una parte sola e senza errata corrige......omissis ..............E comunque la loro acerba idea di Patria , giusta o sbagliata che fosse, veniva prima di ogni altra cosa. Può bastare per avere diritto, non alla pensione di guerra, che lo Stato gli ha sempre negato, ma almeno a un po' di rispetto."
Giovanna Angela Magini a 19 anni è entrata nella "Milizia ferroviaria". Il fratello Enzo si era appena arruolato nella Decima, battaglione Lupo, il padre, maggiore della milizia ferroviaria, morirà in prigionia il 25 aprile lasciando un quaderno di poesie intitolato "Gocce di Fede"..."Ho fatto l'ausiliaria -dice- per una questione di onore, per non tradire l'alleato. Ricordo quel periodo come il più bello della mia vita, ero piena di ideali. Oggi ho il rimpianto di non essere morta allora quando non avevo paura di niente"...............omissis..........
Non manca mai ai raduni annuali dell'associazione "Noi, le prime donne in grigioverde"che si tengono in aprile alla "Piccola Caprera" di Ponti sul Mincio e di cui è presidente Giovanna Deiana che non poté mai vedere Mussolini perché il bombardamento di Verona del 21 ottobre 1940 le aveva strappato gli occhi.
Lea Carolin, 75 anni, originaria di Nervesa della Battaglia (Treviso) da bambina visitava col padre squadrista i cimiteri degli eroi e ogni volta si emozionava fino alle lacrime. "Mi sono arruolata nella Decima Mas per amore della Patria" spiega.
"Tutto si sfasciava, bisognava salvare il salvabile. Non si poteva non correre in aiuto di quei poveri soldati allo sbando. "E se non partissi anch'io sarebbe una viltà" diceva la canzone. Avevo vent'anni quando mi presentai all'hotel Gabbia d'oro per dare la mia adesione. Ho frequentato il corso a Menaggio, sul lago di Como. Tre mesi per avere diritto allo scudetto della Decima Mas."
A Menaggio sono stata ferita da una pallottola vagante che mi ha bucato un polmone. Poi sono stata assegnata al battaglione "Freccia" di Thiene. Ho prestato servizio come infermiera e come centralinista. Quando i partigiani mi hanno presa, mi hanno riempita di botte e di sputi. Volevano fucilarmi assieme ad altre ausiliarie, ma ormai gli americani erano a Vicenza e ci hanno lasciate andare.
........................omissis........................
Finita la guerra sono andata a lavorare in Inghilterra come cameriera. Mi sono sposata e risposata e ho una figlia.
I giovani di oggi sono completamente vuoti. Vorrei dire loro di essere dei buoni italiani. Vorrei che capissero che, nonostante tutto, la Patria c'è e che devono cercare degli ideali nelle loro idee.

 
 
 
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