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« fatti d'ombra e di lucespostata, stupenda, disturbata »

elegia

Post n°192 pubblicato il 01 Agosto 2017 da emma01
 

ART TATUM
ELEGY



 

 

 

PAOLO CONTE
ELEGIA

 

Avevo una passione per la musica 
di ruggine 
nerastra tinta a caldo di caligine 
metropoli 
le tentazioni andavano e venivano 
cosa farò di me? 

guidavo nella notte ferma immobile 
friabile 
venivo da una valle dove annuvola 
nell'umido 
sentivo sulle spalle un bel solletico 
tu cosa vuoi da me? 

lasciando alla mia infanzia 
ogni ingenuità sensibile 
l'amore è uno stregone un fuoco 
isterico magnifico 
carezza di una mano che semplifica 
cosa sarà di me? 

l'abbraccio adulto in un silenzio 
scenico visibile 
l'incendio è la stagione 
delle tenebre bellissime 
avevi fatto in aria un incantesimo 
tu cosa sei per me. 

 

 



ANDREA ZANZOTTO

DIRTI NATURA

 

Che grande fu
poterti chiamare Natura -
ultima, ultime letture
in chiave di natura,
su ciò che fu detto natura
e di cui sparì il nome
natura che poté aver nome e nomi
che fu folla di nomi in un sol nome
che non era nome
Al labbro vieni mia ultima, sfinita goccia di
possibilità di
dirti natura -
non hai promesso né ingannato, perché
mai fu natura -
mai fu - ma vieni
gocciola o lacrima scaturisci
dal labbro-natura
tu pura impura
pertinenza dis-pertinenza
di nomenclatura
ardente e vana
spenta e sacramentana
tu sbagliata lettura
ora travolta in visura di loschi affari
fatta da bulbi oculari
incendiati
dal re di denari

versi da sovrimpressioni, Milano, Mondadori, 2001

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NEW ORDER

ELEGIA

 

 

 













fuck nota in flusso di coscienza

il dio della bellezza mi copre
gli occhi con pietà e mi riempie
sino a farmi traboccare.
la sua pietà è salubre, non contiene
attese di "resi" vuoti o pieni.
il seme delle parole, 
le radici di scambi lenti,
incentrati sull'ascolto attento
sembrano creare confusione, 
in realtà tutto è ben chiaro ma inarrivabile.
così "elegia", questo antichissimo termine
elargisce possibilità espressive infinitamente
ci sono parole che, a tenerle tra le labbra,
oppure appiattite tra lingua e palato,
o tra i denti serrati, mi portano in altri luoghi,
luoghi di possibilità e da esplorare,
senza reticenze, luoghi benedetti da
dio della bellezza. temi difficili, temi
dolorosi, dolci oppure semplici, sono fonte limpida.
il dio della bellezza tiene ben poggiate
le proprie mani su questi miei occhi e
per qualche istante si fa chiara la
percezione del tutto, per poi sparire
nella non memoria: restano doni,
a piene mani, mari verticali, 
di infiniti orizzonti che esplodono colori e soprattutto
un profondo, accogliete nulla ricchissimo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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