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don Bosco al Manfredini

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Curriculum vitae (autobiografico)

OLIVATI AURELIO FERRUCCIO

- fu Aurelio e fu Carrero Emma
- nato a Palazzo Moneta di Belfiore Veronese.
- il 14 luglio 1909 (quintogenito di sette figli). (1)
1919-20 = 5 elem. al "D. Bosco" di VR
1920-25 = ginnasio " " "
1925-26 = Noviziato al "Manfredini" di Este (PD)
(M° don Ant. De Pieri). Malaticcio per quasi 6 mesi;
rimandata la professione.
21 sett. 1926 = Professione: voti triennali.
7 sett. 1929 = rinnovaz. Voti.
1926 – 28 = Strumentato filosofico a "Valsalice" Torino.
Tirocinio: Pordenone (con D. Ziggiotti, 1928-30); §
Rovereto TN con d. Gius. Busato, 1930-31;
Gorizia, con d. F. Antonioli, 1931-32.- Il tirocinio, iniziato felicemente, continuò male: a PN, pleurite e lesione iolo polmonare sinistro. Migliorato a Rovereto; guarito a Gorizia. Avvilimento per non essere entrato regolarmente in Teologia. Nel 1931-32, iscrizione in lettere all’univ. di Padova…"per consolarmi" (disse d. Antonioli).
Voti perpetui: Este, 22 agosto 1932.
Torino/Crocetta: tonsura (6.7.’933); minorista (2/1 e 7/7 1934); suddiacono (7/7 1935); diacono (1/1/36) sacerdote (5 luglio 1936); ord. Dal card. Fossati, presente mia mamma!
-
Cinquantesimo di messa, 1986.
- Sessantesimo, 1996.
 

Don Aurelio Olivati INSEGNANTE

OLIVATI AURELIO FERRUCCIO

Insegnamento presso Opere Salesiane
Gorizia: ins. di 4’ ginn. e 5’ – catechista – 1936-38 (ital. lat. gr.)
Pordenone: ginn./liceo – catechista 1938-41
Mogliano V.- ginn. 4’ – catechista - 1941-42
Belluno – Convitto "Sperti": 1942-49 – Ins. religione,
ITIO Segato; Catechista.
Rovereto: scuola media – catechista – 1949-51
(Mons. Cognata = confessore)
ESTE "Manfredini"- Liceo classico – catechista ‘951-69
(1969-70 Verona "S. Zeno" ITIS serale e II e IV liceo scient. Statale
per ristrutturazione liceo Manfredini)
1970 ESTE "Manfredini": liceo classico, poi scientifico,
dal 1970 al 1985 e scuola diurna e serale
statale dal 1967 al 10 sett. 1979.
- Giugno 1985: ritiro definitivo anche dalla scuola interna.

N.B. Nella scuola governativa ho assunto insegnamento "modesto" per tenere fede alle esigenze del "liceo interno".

Scuola pubblica

 

- Belluno, ITI "Segato"- 1942/49 – Religione
- Montagnana (PD): Ist. Prof. agr. Statale --------------- | 1967
- Verona: 2’ liceo scient. statale |
- Montagnana: Ist. Prof. agr. Statale | -------
- Este (con ruolo e sede definitiva) Ist. Prof. St. Comun.le |
classi IV e V --------- | 1979
* Dal 10 sett.1979, in quiescenza "statale" per limiti di età. (Ho continuato a insegnare lettere nel liceo scient. l. r. "Manfredini" fino al giugno 1985; poi, basta, col beneplacito dell’ispettore D. Giov. Fedrigotti, che ha riconosciuto crescenti difficoltà ... per faticoso stato enfisemico). Ai fini "pensione" riconosciuti anni 23 di servizio statale. –

Studi universitari e riconoscimenti ufficiali

1° - 2° - 3° anno a Padova; 4° a Torino 
Laurea: Torino, novembre 1935.
1986 :sessantesimo di Prof. religiosa |
:cinquantesimo di sacerdozio | ESTE 
:croce "pro Ecclesia et Pontifice"
consegnatami solennemente dal Mons. Alfredo
Magarotto, vic. Gen. PD, il 31.1.1987
1988 :cav. al merito della Repubblica
:cav. Uff. merito della Repubblica
1996 :settantesimo di Professione religiosa |
:sessantesimo di Sacerdozio | Este
1997 :Commendatore al merito (3 di agosto)

 

Croce pro Ecclesia et Pontifice

Nel giorno di Don Bosco, 31.1.1987, fine Messa presieduta da mons. Alfredo Magarotto vic. gen. della diocesi di Padova, presenti al gran completo confratelli, alcuni parroci viciniori, giovani liceali e di SMI, colleghi, genitori, exallievi, amici, mi è stata consegnata solennemente la CROCE "PRO ECCLESIA ET PONTIFICE". Mons. Magarotto ha parlato della "nobile figura di don Aurelio Olivati,maestro/religioso/sacerdote"…L’ovazione seguita, così piena concorde intensa lunga mi ha sorpreso: nonostante le apparenze, mi sono convinto una volta di più delle mie carenze intelletuali spirituali, morali e sto "con le ginocchia della mente inchine" dinanzi a Dio…

 

Clemenza dal Signore

Se condanna dal cuore

clemenza del Signore

Libero dal timore

conforto per chi muore

E giunto alla tua porta

di giudice pietoso

creatura distorta

io troverò riposo

Ti griderò in eterno

salvezza dall’inferno

 

Vita religiosa

Vita religiosa

Se non fosse anche viverla

da solo

nel profondo

suaderebbe delusione

disperazione

malevolenze

invidia

disamore

Resisto

grazie a Te

Che possa giunto al porto

non voltarmi

per esser tutto nella gioia Tua

e farmi luce intanto

a mio conforto

tra quei pochi

fermi alla Parola.

È tanto poco ma è molto

dopo l’esperienza

del volger lungo degli anni

E dopo morte

quanti elogi

secondo il rito

 

Prendi il tuo sacco in spalla

Prendi il tuo sacco in spalla

senza guardare agli altri

e portalo animosamente

anno dopo anno

verso le cime

Brughiere

spini

aguzzi sassi

normal retaggio

del comun viaggio

Ambire e durare

verso l’adempimento

di non fallace promessa

 

Non voglio piegarmi

Squassate le piante

da un vento di bora

Non voglio piegarmi

foss’anche la forza

di vortici marini

e di celesti terremoti insieme

Giubilerà l’anima

nella sua serenità

gabbiano in volo di felicità

 

Testamento (Santa Pasqua 2000)

Vivo trepidante

l’approdo all’ultima riva.

Mi pesa il panorama del passato:

tanto tempo, tanto lavoro,

poche gioie bastanti ad ardire sempre,

tanti sacrifici.

Vocazione? Sì.

Corrispondenza?

Ho trattato per anni e anni cose sante,

ho aiutato a dipanare

intrichi del sapere,

ho aperto tràmiti

di conforto e di speranza.

Quanto di buono? Quanto di vano?

Solo Dio sa.

Lascio in retaggio

cieli sereni e grevi tempeste

comune destino.

Invoco comprensione umana e divina

nella Carità.

 

Legge d'Armonia (Testamento 2001)

Scrivono sul futuro

gli allievi impauriti

e sull’ultima meraviglia

l’elaborato parlante e tutto fare

O ingegno umano

Ma non finirai schiavo

delle tue stesse creature?

Il divenire è sempre progresso?

Evoluzione o involuzione

circolo chiuso dell’umanità

serpente che si mangia la coda

Io non vedrò il Duemila

ma spero che sia Dio nell’uomo

e macro e microcosmo

in legge d’armonia

 

Un ex-allievo su don Olivati

Quando incontri un ex-allievo del Manfredini, è piacevole ricordare insieme gli anni trascorsi tra le mura di Cà Pesaro. Tra immagini a volte fumose, a volte deformate dal tempo, emerge subito la figura di d. Olivati. Pochi non l’hanno avuto come insegnante, nessuno non ha un episodio, un particolare da custodire di questo Salesiano che, come forse nessun altro, continua a segnare la vita del Manfredini. Scrivere di lui pertanto risulta limitativo: lascio ad ognuno il piacere di custodire questo "tesoro" fatto di parole buone e di rimproveri efficaci, di nozioni scolastiche e di lezioni di vita. Quello che invece è doveroso delineare è la statura umana di d. Olivati.
D. Olivati è prima di tutto SCERDOTE: uomo di preghiera, profondamente inserito nella Chiesa locale, severo direttore spirituale, incarna il modello di "curato delle anime" che molti sacerdoti, a volte troppo inseriti nel mondo al punto da esserne distolti, non sono più in grado di vivere.
D. Olivati è SALESIANO: parlando con lui si ha la netta sensazione che d. Bosco l’ha folgorato. Ne conosce la storia fin nei minimi episodi, ne richiama continuamente i principi, ne reincarna lo spirito. Fa parte di quei Salesiani che hanno fato grande il Manfredini perché lo hanno reso "diverso" dalla scuola pubblica e questa diversità l’hanno saputa impiantare nella nostra società locale.
D. Olivati è MAESTRO e UOMO DI CULTURA: forse questo è l’aspetto più evidente della sua persona ma sempre funzionale ai primi due. Dalle sue lezioni abbiamo capito che la cultura non è mai nozionismo, deve diventare "sapienza", guidare le giovani persone nelle loro scelte mediante le esperienze maturate dall’intera umanità e l’elevazione dell’animo. E mediante la cultura d. Olivati è riuscito a far breccia in molte coscienze, a creare ponti tra cuore e cervello, a far capire a noi, suoi allievi, che Dio e mondo non sono poi così lontani e indifferenti l’uno all’altro.
L’augurio mio è che d. Olivati sia anche un buon SEMINATORE: spero infatti che altri Salesiani e giovani ne raccolgano lo stile e la saggezza per poter continuare colui l’opera di educatore nello spirito di d. Bosco. Credo infatti chela Chiesa e la società abbiano bisogno di tali maestri, in modo particolare in questa epoca in cui i valori, la religione ed anche la cultura sono oscurati da mille altri "problemi esistenziali" molto più banali. M. P.

 

Un insegnante su don Olivati

Ero presidente dell’unione Exallievi del Collegio Manfredini da due anni, quando ai primi Delegati, Don Giovanni Capuzzo e don Antonio Barbacci, successe il Prof. Don Aurelio Olivati.
Non ci conoscevamo. Eravamo entrambi impegnati nell’insegnamento scolastico: Don Aurelio nel Ginnasio-Liceo del Manfredini, io nel Liceo scientifico di Cologna Veneta…
Ma da quel momento ci unì e ci accordò subito l’urgente e delicato compito di riorganizzare in maniera vitale l’associazione degli Exallievi del Manfredini. Sapevamo che l’associazione ha come fine che i soci conservino ed approfondiscano i principi educativi salesiani ricevuti e li traducano in autentici impegni di vita mediante la carità fraterna e la mutua assistenza…
Sapevamo che fra i nostri compiti doveva occupare il primo posto la sollecitudine per i giovani…
Allora per seguire meglio i numerosi ed affezionati iscritti, li abbiamo suddivisi in quattro gruppi: di Padova, di Vicenza, di Rovigo, di Este, di Montagnana. Quindi abbiamo iniziato la lunga serie dei nostri incontri locali, sempre cordialissimi e fruttuosi.
Il delegato Don Olivati fu subito accolto come l’amico, la guida morale di tutti; come l’animatore spirituale dell’Unione, il garante della fedeltà dell’Unione allo spirito di Don Bosco.
Io, allora, conosco poco gli Exallievi… dei miei compagni di sette anni di scuola nel Collegio Manfredini, dopo la guerra, rividi soltanto due…
Don Aurelio invece incontrò tanti suoi exalunni … ed era amico di tutti.
Insieme, così, - con rinnovato impegno – organizzavamo raduni, Esercizi spirituali e i grandi convegni annuali.
Quegli incontri cementarono presto la mia familiarità col Delegato…
Don Aurelio intanto continuava la sua attività di studioso e di insegnante.
La scuola è stata sempre il suo campo d’azione,con spiccata predisposizione per gli studi classici, per la storia dell’arte e per la pedagogia di Don Bosco.
Un anno scolastico, inaspettatamente, ci siamo trovati docenti nello stesso liceo statale, a Verona, e direttamente constatavo quanto il Preside, i Colleghi e gli alunni Lo stimavano.
Gli Exallievi pure ripagarono la sua dedizione con affettuosa riconoscenza, anche quando per altri delicati impegni non era più il Delegato della Unione.
L’amata sede della sua missione sacerdotale e scolastica fu sempre il "Manfredini"… Della gloriosa Cà Pesaro Don Aurelio conosce tutte le vicende sin dal momento in cui l’Architetto Antonio Gaspari la progettò quale prestigiosa residenza di campagna della dogale famiglia veneziana; … e poi come la volle Don Bosco, cioè come Collegio ed ora come Nuovo Centro Professionale, sempre fucina di "buoni cristiani ed onesti cittadini". Ancor oggi il Manfredini è per Don Aurelio oasi di riposo, di meditazione e di preghiera…
E quella maestosa Cà Pesaro, definita "Più che un approdo un imbarco", è sempre il mio caro Collegio… Così, anch’esso, il Manfredini, mantiene vivo il mio ricordo affettuoso per Don Olivati, che – con Don Bosco – nel mio cuore sta sempre accanto ai miei indimenticabili insegnanti salesiani: Don Cerotti, Don Amerio, Don Bosio, Don Coiazzi. A. F.

 

Aforismi: Tanto meno uno sa

Tanto meno uno sa

quanto più crede di sapere;

tanto più uno sa

quantomeno crede di sapere.

 

 

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Note di arte 1 (Prof. Don Aurelio Olivati ) pag. 11-20

Post n°2 pubblicato il 11 Dicembre 2008 da unbeldomani

11

il tedesco PAUL KLEE - Di nazionalità tedesca, ma proveniente dalla Svizzera, dov’era nato. Residente a Monaco. - Non è facile da capire, anche se i suoi lavori sono molto suggestivi. - Cominciò a godere d’una certa fama dopo un suo viaggio in Tunisia, ma solo fra artisti e intenditori. In Tunisia era rimasto affascinato dagli arabeschi dei tappeti e dai tramonti: si sentiva corrispondere la sua visione artistica. - Fece un’infinità di disegni, ma rimase per molto tempo ignorato e incompreso. Chi tenne su la famiglia fu sua moglie. Delle opere: 1) Il palloncino rosso (New Jork)- Nella composizione di triangoli, rettangoli, quadrati, spicca il palloncino. Il quadrato centrale è come una finestra aperta e le restanti figure 

12

Ci vuole non poca fantasia interpretativa; ma Klee ha voluto esprimere il senso di fanciullesco stupore che un bambino (o un artista) prova di fronte a uno spettacolo così semplice e suggestivo. 2) Paesaggio con uccelli gialli – (Basilea) – strani arbusti, foglie multicolori, pezzo di cielo turchino; e gli uccellini gialli – una scena irreale, quasi da sogno; 3) Il marinaio (Berna) – Una delle opere più celebri. Un marinaio, in costume strano, lotta con strani mostri. È una scena fantastica, rivelata da fasce di luce, come da riflettore; 4) Parte di G. (1927) Una scena notturna: case, strade, torri, campanili addormentati nel plenilunio. Sembra un disegno infantile, per le case sbilenche, le strade interrotte…ma che senso di pace e di assorto silenzio? 

13

NICOLA POUSSIN in Normandia, 1594 - "il RAFFAELLO FRANCESE" -  Gran passione per la pittura, fin da piccolo. A Parigi, conferma la sua vocazione. Ma il suo sogno è Roma. Una prima volta tenda d’andarci,ma si ferma a Firenze, perché malato e senza soldi. Poi, finalmente, conosciuto e stimato è aiutato dal ns/ G.B. Marino, poeta del secolo XVII, va a Roma e si entusiasma ai monumenti antichi e alla natura. Diviene "noto" in Italia e in Francia. Richelieu gli chiede 3 quadri (3 trionfi: Bacco, Pan, Galatea): un … trionfo. Si grida al "Raffaello della Francia". E si vuole in Francia. Ma dopo due anni, ritorna a Roma. Sfornò altre tele famose. Tra le quali: - Paesaggio con Orfeo ed Enaidice (Louvre) Trionfante il paesaggio. La cortina verde del boschetto si spalanca %

14

su una visione lontana di monti e di cielo. l’atmosfera è incantata, con colori nitidissimi, immersi in una luce cristallina). La moglie di Focione raccoglie le ceneri del marito. Quadro fratello di: "I funerali di Focione" (= i due Focioni). Ampio verde paesaggio, pieno di calma e di serenità: un angolo della Grecia, come Poussin la sognava (=curioso l’accostamento del tempio greco con case e mura e chiesetta, moderne). Le stagioni (da soggetti biblici) il colore è tutto per dare il timbro di ogni stagione.  

15

LA PROSPETTIVA - È il determinare su una superficie piana l’illusione della profondità, ossia della terza profondità. N.B. Per fare un’opera d’arte non è indispensabile una prospettiva esatta. Per es., nel ‘300, i pittori davano ai personaggi una prospettiva "morale": cioè i personaggi più importanti della scena erano anche in dimensioni più grandi. (cfr. Berlinghieri: Pala di S. Francesco – Tutto è narrato come in una favola, nei riquadri a fianco del santo. Non c’è profondità: "case e montagne sono alte quasi quanto le persone. Ma è ugualmente bello per il risalto efficace del Santo". Ancora: A. Lorenzetti: affresco del Buon Governo. Paesaggio senza prospettiva. Alberi di primo o di ultimo piano quasi tutti uguali. I campi messi a sghimbescio fanno un effetto curioso. (Proprio in questi…"sbagli" prospettici la suggestione incantevole del quadro).

 diventano profili di case che si stagliano contro il cielo.

16

Nel ‘400, la prospettiva è scienza. Massimi, Brunelleschi e L. B. Alberti, anche perché teorici. Nel secolo: P. Uccello, Masaccio, P. della Francesca e cari altri. Uccello – Battaglia di S. Romano. Uno spazio ampio su vari piani. Osservare la luce verticale e i tronconi a terra: "dividono" lo spazio e conducono l’occhio verso il fondo dove le montagne degradano, mentre i guerrieri si fanno sempre più piccoli. Anche i cavalli e guerrieri, in primo piano aiutano all’effetto della terza dimensione. Della Francesca – Flagellazione – Urbino (rubata nel 1975). La prospettiva è ottenuta con tre mezzi: - gruppi di personaggi su piani diversi, -colonne, travi, pilastri convergono verso la figura del Cristo, -fasce del pavimento che si assottigliano.

N.B. C’è anche una prospettiva aerea (veduta dal basso verso l’alto). · maestro prodigioso Padre Pozzo nel ‘600, · Tiepolo, nel ‘700

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Il mistero dei fratelli HUMBERT E JEAN VAN EYCK. Mistero: perché la loro testimonianza di pittori appare nella firma all’opera: «L’agnello mistico». Uno si chiamava Humbert, e non se ne sa di più; l’altro invece è Jean, del quale si sa che fu protetto da principi e operò molto e guadagnò gran fama. Jan Van EycK oltrechè per le varie sue opere è famoso per la tecnica usata nel dipingere, tecnica che fu detta a olio e propriamente tale non è. C’è olio con cui impasta i colori, ma anche vernici che li rendono smaglianti. E per quanto siano stati analizzati non si è ancora potuto precisare nulla. - Rimane il fato che – oltre la qualità dei colori e del conseguente effetto – egli possedesse perfettamente la prospettiva e fu un ritrattista eccellente.

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Delle sue opere famose

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si ricordano: Madonna del Cancelliere Rolin dove è interessante il paesaggio, reso con "prospettiva aerea". Ritratto dei coniugi Arnolfini (italiani, mercanti a Bruges) curioso il particolare dello specchio che li riflette in piccolo e con loro un terzo personaggio, forse lo stesso pittore (del quale non esiste alcun autoritratto). Trittico di Dresda – con tutte le caratteristiche pittoriche sopra citate. Il Card. Albergati (legato pontificio in Olanda). Faccia chiara che spicca sull’abito paonazzo.

GIOTTO · Di lui scrisse tardivamente Cenino Cennini. "rimutò l’arte del dipingere dal greco in latino". – Parole che sembrano indovinello. Invece: mentre, prima, dominava il gusto e la tecnica "bizantina (greca)" con figure patte, lunghe, senza volume, rigide, stilizzate, inespressive, simboli più che persone, ora, l’arte assume il carattere "latino", cioè dello stile espressivo e concreto, proprio degli artisti occidentali, fina dal tempo degli Etruschi e di Roma. · L’arte "latina" riprende con CIMABUE e col suo discepolo GIOTTO. · Tre i grandi momenti della pittura di Giotto: Chiesa Superiore di Assisi – storie di S. Francesco – Giotto aveva 30 anni. Cappella degliScrovegni – PD. Storie della vita della Vergine e di Cristo. L’arte di Giotto vi appare del tutto matura. Cappella Bardi e Peruzzi S. Croce FI. Gli affreschi non ebbero fortuna,perché ricoperti di calce per due secoli; restaurati poi a tempera e anche recentemente.

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Esempi · Assisi: Miracolo della fonte. cielo azzurro cupo, tutto unito e senza trasparenza, fa risaltare la sagoma nuda delle rocce a spigoli vivi. - I due costoni sembrano fa blocco con i personaggi. - Colori, delicati e spenti. A Giotto importava dare il massimo rilievo e la massima espressione alle figure. · Padova: Sogno di Gioacchino Manto rosa sfumato fino al bianco. - Dietro una capanna e un picco di roccia ne risulta un effetto d’imponenza e solidità. * La deposizione Basterebbe da sola a dir "grande" Giotto. Scena, tagliata a diagonale dalla roccia, che porta a incentrar l’occhio nel Cristo. Il dramma è nei volti, ma anche nelle due sagome a schiena, il cui atteggiamento dimesso e accasciato dà l’impressione chiara di un’angoscia tragica. · Firenze Lo stile di Giotto si è fatto più pacato. Altre opere: Firenze, S. Maria Novella - Crocifisso, Uffizi- Madonna d’Ognissanti, Chiesa S. Giorgio – Madonna in trono, Roma S. Pietro – Bonifacio 8° indice Giubileo, Washington, Nat. Gallery – Madonna

 
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