FREEDOM & ENTERPRISE
...l'istante che attraversa l'anima...Abita faccia al muro come un insetto
in un buco sottostrada, come un escremento
è bello e spregevole, lacero al vento
perduto dentro e fuori
"Ehi bambino!", la grotta rotola giù
fango e caprino, non c'è pioggia
la notte è pronta al mattino
bestia da tiro suo padre, ha una
Zazzera gialla, scava solchi all'aurora
zappa viti d'agosto, labbra rosse di mosto
fiuta menta e radici quel fusto seccato
fuma biondo trinciato
E' il vino che spezza suo padre, lo sbatte
lo spinge in una ruggine, basta niente che
sputa e piega tutto sui calli, fino sotto alla branda
tira calci
Ma tira tira la corda si strappa
Aniello guarda fisso da terra la terra
incollati di terra sugo e molliche
gli otto sudici fratelli
Aniello a tredici anni scappò a Wuppertal
a testa bassa sul treno
Malgrado la campagna fosse nido d'uccello
casa di rana, capelli di granturco
semplice e buona
e ventili il grano sull'aia
Ma anche a Wuppertal non si vive male
la paga è buona
l'azienda produce zucchero e affini
Aniello spizzicando perse tutti i canini
Poi un giorno nel vino ficcando il naso a punta
intuì che la strada a una piazza era giunta
che tra foglie riflessi e le paglie di un fondo
tutti i rami assomigliano al tronco
Che il vino spezza suo padre
lo sbatte lo spinge in una ruggine
gli appiccica alla bocca parole oscure
alle mani una mazza che incute paure
Aniello a quarant'anni tornò da Wuppertal
a testa bassa sul treno
Malgrado la fabbrica fosse un'ambizione
con i risparmi portò via tutta l'illusione
e il bisogno forte di bestie, di erbe
di mele di maggio acerbe
Di un terreno di questa foresta sotto il cielo dell'aria, di fiori di fico di un sentiero, una chioccia, un pulcino del sapore del gelo dell'acqua al mattino
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Re Carlo tornava dalla guerra
lo accoglie la sua terra
cingendolo d'allor
al sol della calda primavera
lampeggia l'armatura
del sire vincitor
il sangue del principe del Moro
arrossano il ciniero
d'identico color
ma più che del corpo le ferite
da Carlo son sentite
le bramosie d'amor
"se ansia di gloria e sete d'onore
spegne la guerra al vincitore
non ti concede un momento per fare all'amore
chi poi impone alla sposa soave di castità
la cintura in me grave
in battaglia può correre il rischio di perder la chiave"
così si lamenta il Re cristiano
s'inchina intorno il grano
gli son corona i fior
lo specchi di chiara fontanella
riflette fiero in sella
dei Mori il vincitor
Quand'ecco nell'acqua si compone
mirabile visione
il simbolo d'amor
nel folto di lunghe trecce bionde
il seno si confonde
ignudo in pieno sol
"Mai non fu vista cosa più bella
mai io non colsi siffatta pulzella"
disse Re Carlo scendendo veloce di sella
"De' cavaliere non v'accostate
già d'altri è gaudio quel che cercate
ad altra più facile fonte la sete calmate"
Sorpreso da un dire sì deciso
sentendosi deriso
Re Carlo s'arrestò
ma più dell'onor poté il digiuno
fremente l'elmo bruno
il sire si levò
codesta era l'arma sua segreta
da Carlo spesso usata
in gran difficoltà
alla donna apparve un gran nasone
e un volto da caprone
ma era sua maestà
"Se voi non foste il mio sovrano"
Carlo si sfila il pesante spadone
"non celerei il disio di fuggirvi lontano,
ma poiché siete il mio signore"
Carlo si toglie l'intero gabbione
"debbo concedermi spoglia ad ogni pudore"
Cavaliere egli era assai valente
ed anche in quel frangente
d'onor si ricoprì
e giunto alla fin della tenzone
incerto sull'arcione
tentò di risalir
veloce lo arpiona la pulzella
repente la parcella
presenta al suo signor
"Beh proprio perché voi siete il sire
fan cinquemila lire
è un prezzo di favor"
"E' mai possibile o porco di un cane
che le avventure in codesto reame
debban risolversi tutte con grandi puttane,
anche sul prezzo c'è poi da ridire
ben mi ricordo che pria di partire
v'eran tariffe inferiori alle tremila lire"
Ciò detto agì da gran cialtrone
con balzo da leone
in sella si lanciò
frustando il cavallo come un ciuco
fra i glicini e il sambuco
il Re si dileguò
Re Carlo tornava dalla guerra
lo accoglie la sua terra
cingendolo d'allor
al sol della calda primavera
lampeggia l'armatura
del sire vincitor
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Dormi sepolto in un campo di grano
non è la rosa non è il tulipano
che ti fan veglia dall'ombra dei fossi
ma son mille papaveri rossi
lungo le sponde del mio torrente
voglio che scendano i lucci argentati
non più i cadaveri dei soldati
portati in braccio dalla corrente
così dicevi ed era inverno
e come gli altri verso l'inferno
te ne vai triste come chi deve
il vento ti sputa in faccia la neve
fermati Piero, fermati adesso
lascia che il vento ti passi un po' addosso
dei morti in battaglia ti porti la voce
chi diede la vita ebbe in cambio una croce
ma tu non lo udisti e il tempo passava
con le stagioni a passo di giava
ed arrivasti a varcar la frontiera
in un bel giorno di primavera
e mentre marciavi con l'anima in spalle
vedesti un uomo in fondo alla valle
che aveva il tuo stesso identico umore
ma la divisa di un altro colore
sparagli Piero, sparagli ora
e dopo un colpo sparagli ancora
fino a che tu non lo vedrai esangue
cadere in terra a coprire il suo sangue
e se gli sparo in fronte o nel cuore
soltanto il tempo avrà per morire
ma il tempo a me resterà per vedere
vedere gli occhi di un uomo che muore
e mentre gli usi questa premura
quello si volta, ti vede e ha paura
ed imbraccia l'artiglieria
non ti ricambia la cortesia
cadesti in terra senza un lamento
e ti accorgesti in un solo momento
che il tempo non ti sarebbe bastato
a chiedere perdono per ogni peccato
cadesti interra senza un lamento
e ti accorgesti in un solo momento
che la tua vita finiva quel giorno
e non ci sarebbe stato un ritorno
Ninetta mia crepare di maggio
ci vuole tanto troppo coraggio
Ninetta bella dritto all'inferno
avrei preferito andarci in inverno
e mentre il grano ti stava a sentire
dentro alle mani stringevi un fucile
dentro alla bocca stringevi parole
troppo gelate per sciogliersi al sole
dormi sepolto in un campo di grano
non è la rosa non è il tulipano
che ti fan veglia dall'ombra dei fossi
ma sono mille papaveri rossi
Fabrizio De Andrè
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non so perchè, ma da sempre la nebbia mi mette tristezza, angoscia, senso di impotenza. Fin da quando ero bambina.
Eh si che qua in pianura padana di nebbia ne vediamo tutto l'anno. Però quella di stamattina è strana, mesta, alta tanto da impedire di vedere l'azzurro del cielo e le nuvole, bassa tanto da impedire il respiro. Forse la nebbià è la mia nebbia, quella che porto dentro.
O forse è solo nebbia umida che impedisce alla primavera di sbocciare. Se sia solo quella del mio cuore, o quella atmosferica, poco importa.
Rassegnate sotto il cielo stavano le acque malinconicamente.
Edgar Allan Poe
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Non dispiacerti di ciò che non hai potuto fare, rammaricati solo di quando potevi e non hai voluto.
Mao Tse-Tung
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il 25/03/2009 alle 09:02
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il 25/03/2009 alle 08:56
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il 25/03/2009 alle 08:28
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il 25/03/2009 alle 08:27
Inviato da: lottergs
il 25/03/2009 alle 07:56