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pensare con i piedi

Post n°69 pubblicato il 30 Agosto 2011 da m_de_pasquale
 
Foto di m_de_pasquale

percorso: Piano del Sorbo (41° 32' 25.72" N, 15° 02' 27.04" E) - bosco Puzzano - monte Miano - piano del Sorbo [15 km]

La specie umana ha inizio con i piedi anche se la maggior parte dei nostri contemporanei crede di discendere dall’automobile” afferma ironicamente Le Breton. Pur essendo fatti per camminare ed avere costantemente il contatto con la terra, oggi facciamo scarso uso della mobilità e della resistenza fisica individuale. Non ci rendiamo conto che riducendo l’attività fisica del nostro corpo, intacchiamo la nostra visione del mondo, limitiamo il nostro campo di azione nel reale, diminuiamo il senso di consistenza del nostro io. “I piedi servono più che altro per guidare l’auto, o per sorreggere il pedone al momento di salire sulla scala mobile, e i loro proprietari sono ridotti per lo più al rango di infermi cui il corpo non serve più a niente se non a mortificare l’esistenza. Per il resto, essendo sottoutilizzati, diventano spesso causa di fastidio, e potrebbero tranquillamente essere sistemati in una valigia. Perdere tempo a camminare appare come un atto anacronistico in un mondo dominato dalla fretta.” Ma il camminare ci introduce ad una dimensione dilettevole del tempo come dei luoghi che fa del camminatore un uomo del piacere. Il camminare rappresenta uno sberleffo alla modernità rafforzando il carattere di resistente per chi lo pratica. E’ qualcosa che intralcia il ritmo sfrenato della nostra vita, un momento pacifico del prendere le distanze, produce un uomo della lentezza, del silenzio e della conversazione. Dal camminare prende forma il nostro pensiero. Il complesso d’inferiorità del movimento del corpo rispetto all’attività del pensiero è figlio di quel dualismo che affermatosi con i greci – per Platone il corpo è il carcere dell’anima – si è perfezionato con Cartesio per cui l’essenza dell’uomo coincide con la res cogitans. Ancora oggi quando si vuol stigmatizzare un pensiero non troppo intelligente si dice che quell’individuo ragiona con i piedi. Ma se il pensiero non vuol rischiare di essere un’astrazione incomprensibile deve mantenere il contatto con la terra, quella terra che non viene mai abbandonata dai nostri piedi. E così il camminare diventa esperienza estetica (aisthesis = sensazione), capacità, cioè, di fare contatto sensibile col mondo, possibilità di guadagnare una visione del mondo. Il camminare racchiude una potente metafora della nostra esistenza: l’andare oltre. Infatti il camminare rinvia a quel senso che la stanzialità delle nostre abitudini, l’immobilià a cui destiniamo i nostri corpi, tende a dimenticare. Camminare è simbolo della trascendenza che costituisce la natura più propria del nostro essere: ci ricorda che per quanto il desiderio di stabilità sia forte, sempre avvertiamo la tensione a guardare oltre quasi che il senso del nostro esserci non possa essere rintracciato nella immobilità ma nel movimento che ci predispone ad una apertura continua. (Camminare - 1 seguente)

 
 
 
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