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la dislocazione rivelante

Post n°94 pubblicato il 11 Maggio 2012 da m_de_pasquale
 
Foto di m_de_pasquale

percorso: Baracconi (41°49'07.85" N, 15°59'55.74" E) - laghetto Umbra - coppa dei Prigionieri - caserma Murgia - laghetto d'Otri - caserma torre Palermo [AR 16 km]

Difficilmente ci si addentra in un bosco o una foresta senza avere punti di riferimento. Ci muniamo di carta, bussola, gps per ricordare da dove partiamo, aver sempre chiaro dove vogliamo arrivare attraverso un percorso che probabilmente è stato studiato in anticipo annotandone tutti passaggi. Anche i meno avveduti marcano il punto di partenza tenendolo sempre presente nei loro giri perché è il porto sicuro a cui far ritorno. Abbiamo bisogno di certezze che ci proteggano dall’angoscia dell’imprevedibile. Siamo noi che decidiamo la geografia organizzando lo spazio e il tempo da percorrere. Ma come sarebbe il nostro camminare senza punti di riferimento? Riusciremmo a sopportare una simile condizione? Una condizione che Nietzsche esprime con interrogativi memorabili quando racconta le conseguenze dell’assassinio di Dio, personificazione delle varie certezze metafisiche, morali e religiose elaborate dall’umanità per dare un senso ed un ordine al caos della vita e del mondo: “Dov’è che ci moviamo noi? Via da tutti i soli? Non è il nostro un eterno precipitare? E all’indietro, di fianco, in avanti, da tutti i lati? Esiste ancora un alto e un basso? Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? Non si è fatto più freddo? Non seguita a venire notte, sempre più notte?”. Insomma, riusciremmo a sopportare una condizione così sconvolgente quando, non essendoci più “il sole” di riferimento, diventa impossibile definire una meta e di conseguenza un percorso sicuro? Ma poi è così importante avere una meta? Scrive Le Breton: Che cosa importa l’esito del cammino se ciò che conta è solo il fatto di averlo percorso? Non siamo noi che facciamo il viaggio, è il viaggio che ci fa e ci disfa e ci inventa”. Se ci facciamo disfare dal viaggio ci mettiamo nella condizione di far emergere e scoprire aspetti mai considerati di noi stessi e del mondo: l’abbandono dei punti di riferimento apre lo spazio ad una nuova geografia del mondo e dell’anima. Il disorientamento ci apre alla scoperta. Heidegger usa la bella immagine dei sentieri interrotti (Holzwege) per dire di quei sentieri, all'interno di un bosco, disorientanti perchè, interrompendosi, sviano, costringendoci a girovagare senza permetterci di raggiungere la meta prefissata. Sentieri che non portando da nessuna parte, si addentrano solo nel bosco disabituandoci al pensiero della meta, alla sicurezza dei punti di riferimento. E' un'esperienza di dislocazione che ci porta a non essere più padroni del bosco, ma è il bosco che si è impadronito di noi. E’ un po’ quello che accadeva a Socrate in quei comportamenti strani che Platone ricorda, come quando dirigendosi con Aristodemo ad una cena in casa di Agatone, Socrate, sentendosi dominare da una strana forza “andava per la strada restando via via indietro … tutto rivolto a se stesso” , finchè, completamente afferrato da una strana condizione che tutto lo pervade, si toglie dalla confusione di una via “per mettersi nel portico della casa vicina dove se ne sta in piedi immobile”. Socrate, abbandonando il percorso previsto, subisce una dislocazione (atopìa) dell’anima che, indebolendo il possesso di sé, gli apre l’accesso a nuovi spazi. Forse è proprio l’abbandono del percorso tracciato la condizione per riuscire a vedere ciò che normalmente non appare.  (camminare 15 - precedente  seguente)

 
 
 
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