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a killer on the occident express

Post n°30 pubblicato il 08 Dicembre 2009 da m_de_pasquale
 
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E’ arrivato il prof. Etarcos [chi sarà? leggi al contario… ] che voi chiamate lo strano e che ci sta facendo filosofare da vicino, problematizzando, discutendo, argomentando, preparando mensilmente le tesi contrapposte e argomentate da sostenere uno contro uno  in un pubblico dibattito dialogato, appassionato e ragionato su un tema da noi scelto. Certo, questo prof è strano, perché è un filosofo e la scuola è allergica al filosofare, ma è adatta, piuttosto, a somministrare pillole di filosofia. E’ raro che un prof di filosofia sia un filosofo. Ci sono troppi prof di filosofia che fanno i filosofi e c’è qualche raro filosofo che, poveraccio, fa il prof di filosofia per sbarcare il lunario. Ma un filosofo è in rotta di collisione con la scuola, le interrogazioni, i questionari, i tests, i giudizi e gli esami”. E’ una delle battute finali dell’ultimo libro [A killer on the Occident Express – Malatesta Editrice – euro 9] scritto da Francesco Capriglione, strano esemplare (in via di estinzione?) di filosofo locale. L’autore ripercorre, con pungente arguzia e profondità d’analisi, con un linguaggio divertente (diverte perché diverge) il cammino della ragione in occidente tra le lusinghe del potere ed il fascino della libertà: la ragione che per vincere l’angoscia del divenire ha creato stabilità, certezze che ci consentano di sopravvivere: dal to agathon (il Bene) di Platone al Dio cristiano; la ragione dissacrante, smascherante che ha denunciato questi tentativi ingannevoli. La metafisica è stato il prodotto della operazione rassicurante della ragione che insieme al suo surrogato, la religione, ha costituito il puntello del potere. “Filosofi” celebrati dal potere perché organici ad esso e filosofi perseguitati dal potere perché disadattati, disomologati, dissacratori. Come Ipazia, straordinaria figura di filosofa vissuta nel IV secolo d.C., invisa al potere e fatta a brandelli da monaci fanatici su mandato del santo vescovo di Alessandria, Cirillo: “Ipazia è scomparsa. Dove la trascina quella folla impazzita? Nella chiesa se ne scorgono le tracce, lasciate dai brandelli delle sue vesti. I monaci e la plebaglia cristiana fra grida selvagge si scagliano sulla loro vittima. I brandelli dei suoi abiti giacciono dispersi nella navata della chiesa; la trascinano fino ai gradini del pulpito, fino all’altare. Lei sfugge per un attimo ai suoi feroci inseguitori, si alza in piedi e cerca di parlare, ma un’ondata umana la getta a terra, le si precipita di nuovo addosso. Un grido straziante fa tremare la volta. Il grido si muta in un gemito, che si va affievolendo e, infine, si spegne”. Ed allora la filosofia ha a che fare col mondo delle certezze inossidabili della metafisica o piuttosto con la tensione, con la ricerca arrischiante? Fede religiosa basata sulla certezza o fede filosofica fondata sul rischio? E’ più importante la risposta o la domanda? “Bisogna trasformare qualsiasi because in why”. La filosofia è tensione verso un’ulteriorità di senso, è possibilità di accesso ad una logica simbolica oltre una logica disgiuntiva, è il richiamo dell’assenza oltre la presenza. In ciò la forza debole della filosofia di fronte ai prodotti del potere: “Democrazia è tirannide camuffata. Rimembro. Scegliere liberamente i propri padroni significa non eliminare né schiavi né padroni. Nella macchina necrofila del potere dominano solidarietà servili e vincoli osceni di complicità. Al mercato del potere sfilano protettori, prosseneti, mediatori, puttanieri, ruffiani, lenoni, magnacci, battoni, clienti, puttani: la varia umana disumanità di quel servizio pubblico che è la politeia. Questo esercito suicida di servi omicidi trova nella repressione del proprio eros la coltura e l’esaltazione di thanatos. Questa terribile ragnatela lavorata dal potere tesse la farsa del voto: i superprostituti si candidano a protettori, i prostituti ringraziano, i protettori si rallegrano, gli schiavi continuano ad alimentare il regno di thanatos”. Ma l’azione della filosofia si dispiega solo con i prodotti esteriori della potenza separatrice della ragione o anche con quelli interiori come la separazione dalla nostra antica follia? Esiste uno spazio “terapeutico” per la filosofia che faccia i conti con un io separato ma dipendente da un inconscio pulsionale? E se a questa dipendenza si aggiunge quella dal sistema, operante come una grande gabbia in cui viviamo come “liberi” schiavi? Sembrerebbe che nonostante i ripetuti assassinii, ci sia ancora vita per “chi ha per padre il dubbio, per madre l’ignoranza, per moglie l’insicurezza e per figlia l’ironia”! Invito per la presentazione del libro. Le foto della serata.

 
 
 
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