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la felicità passa attraverso la conoscenza di sé

Post n°52 pubblicato il 24 Maggio 2010 da m_de_pasquale
 
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La conoscenza di sé (della propria natura, del proprio modo di essere) è il compito fondamentale della vita se Platone fa dire a Socrate nel Fedro: “Io non sono ancora in grado di conoscere me stesso … e perciò mi sembra ridicolo, non conoscendo ancora questo, indagare su cose che mi sono estranee”. Spiega Galimberti: “Mentre l’animale può anche non conoscere se stesso perché la sua vita è regolata dall’istinto, l’uomo, privo com’è di istinti, ci ricorda Platone, è delegato alla cura di sé. La carenza istintuale, infatti, se da un lato svincola l’uomo da qualsiasi portamento codificato, dall’altro lo libera in quello scenario possibile dove, se vuole evitare di perdere la propria vita prima ancora che giunga la morte, deve reperire la propria misura. La misura è data dalla conformità della propria vita a quella che si è: “Diventa ciò che sei” diceva Nietzsche con riferimento al demone che Eraclito segnala come guida alla propria condotta. Seguendo il proprio demone si raggiunge l’eudaimonia, ossia la felicità, che dunque non risiede nel raggiungimento degli oggetti del desiderio, ma nella realizzazione di sé […] “Conoscere se stessi” significa allora conoscere i propri limiti, perché, solo nell’esperienza del limite la vita acquista forma, come l’acquista il fiume che, senza argini, perderebbe la potenza della sua corrente.

Quindi l’uomo riesce a dare forma alla sua vita solo dandosi un limite: questa è l’arte di vivere, continua definizione di quel confine all’interno del quale è possibile esplicare le nostre potenzialità, cercando di non oltrepassarlo perché è solo grazie a questo limite che le nostre potenzialità acquistano forma. L’ arte del vivere produce un’etica che deve essere una mescolanza di coraggio e prudenza: il coraggio di espandere la vita e la prudenza di non espanderla oltre i limiti concessi dalle nostre potenzialità. Non è un’etica che si risolve  nell’obbedienza ad una serie precostituita di valori, ma è la ricerca costante della giusta misura, la capacità di trovare, volta per volta, il giusto rapporto tra le forze della vita che vuole espandersi oltre ogni limite e la misura che la contiene nel suo limite per consentirle di durare.

La consuetudine a praticare l’arte del vivere forgia in noi un’abitudine che i greci chiamavano virtù, cioè la giusta proporzione tra la forza e la saggezza (senza forza, la saggezza diventa ripiegamento e rinuncia all’espressione di sé, senza saggezza la forza tende ad oltrepassare il limite e quindi a degenerare). L’elemento che compone forza e saggezza è il giusto mezzo che tiene lontano da ogni eccesso. Quindi, afferma Galimbertila grandezza dell’uomo consiste nel dare forma alla propria forza che Aristotele chiama enérgheia, Spinoza conatus, Leibniz vis, Schopenhauer volontà di vita, Nietzsche volontà di potenza, Freud libido. Ogni esistenza, infatti, o ha la forza di esistere o perisce. Ma si può perire anche perché non si pone alcun limite all’espandersi della propria forza, perché si cade in quella colpa che i Greci hanno segnalato con il nome di hybris, che è il travalicare il proprio limite. Qui la forza, se non manda in rovina, si dissipa, e l’esistenza non assume alcuna forma. Se chiamiamo virtù il dar forma alla propria forza, allora essere virtuosi significa divenire legge a se stessi”.

Esercizio. La distinzione delle diverse funzioni della coscienza operata da Jung potrebbe fornire un utile strumento per conoscere se stessi. Egli, dopo aver parlato dei fatti ectopsichici [che riguardano il rapporto tra la nostra coscienza e il mondo esterno: la sensazione, il pensiero, il sentire, l’intuizione], passa ad analizzare i fatti endopsichici (i rapporti tra la nostra coscienza e l’inconscio). Dopo aver letto le pagine che seguono in cui Jung tratta l’argomento, considera se le sue riflessioni possono aiutarti a far chiarezza sul tuo mondo interiore e su quel lato d’ombra rappresentato dall’inconscio a cui non possiamo non far riferimento se davvero vogliamo conoscere noi stessi.

Leggi attentamente le pagine del filosofo Galimberti di seguito riportate. Egli fa coincidere la possibilità della felicità con lo sviluppo del proprio demone (in greco felicità = eudaimonìa: riferimento al demone che ognuno porta dentro di sé come sua qualità interiore): applica la teoria alla tua vita e scopri qual è il tuo demone. Condividi la sua critica alla morale stoica e a quella cristiana? (Felicità - 5 precedente  successivo)

 
 
 
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