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l'efficienza del potere

Post n°59 pubblicato il 13 Novembre 2010 da m_de_pasquale
 
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Una caratteristica essenziale del potere è l’efficienza, la capacità di ridurre al massimo sprechi e costi e di conseguire il maggiore beneficio possibile. Per far ciò le “cose” devono essere organizzate in un perfetto meccanismo dove tutto è funzionale in vista del risultato. E’ quanto si può ricavare dalla parole di Stangl, direttore generale del campo di sterminio di Treblinka nel seguente dialogo con l’intervistatore: “Quanta gente arrivava con un convoglio?” “Di solito circa cinquemila. Qualche volta di più.” “Ha mai parlato con qualcuna delle persone che arrivavano?” “Parlato? No ... generalmente lavoravo nel mio ufficio fino alle undici — c’era molto lavoro d’ufficio. Poi facevo un altro giro partendo dal Totenlager. A quell’ora, li erano già un bel pezzo avanti con il lavoro.” Voleva dire che a quell’ora le cinque o seimila persone arrivate quella mattina erano già morte. Il “lavoro” era la sistemazione dei corpi, che richiedeva quasi tutto il giorno e che spesso proseguiva anche durante la notte.[...] “Oh, la mattina a quell’ora tutto era per lo più finito, nel campo inferiore. Normalmente un convoglio teneva impegnati per due o tre ore. A mezzogiorno pranzavo... Poi un altro giro e altro lavoro in ufficio”[…] “Ma lei non poteva cambiare tutto questo? Nella sua posizione, non poteva far cessare quelle nudità, quelle frustate, quegli orrori dei recinti da bestiame?” “No, no, no.. - Il lavoro di uccidere con il gas e bruciare cinque e alcuni campi fino a ventimila persone in ventiquattro ore esige il massimo di efficienza. Nessun gesto inutile, nessun attrito, niente complicazioni, niente accumulo. Arrivano e, tempo due ore, erano già morti. Questo era il sistema. Funzionava. E dal momento che funzionava era irreversibile”. Astraendo dai tragici contenuti, che differenza c’è tra un campo di sterminio ed un complesso industriale, tra Stangl e il direttore generale di un’industria? Non operano ambedue in base al solo criterio dell’efficienza? Di efficienza ne parlò per prima Aristotele che nella dottrina delle cause distingueva tra causa materiale, formale, finale ed efficiente. Ma è accaduto che con il passare dei secoli la causa efficiente abbia assunto un ruolo sempre maggiore. Anzi addirittura è diventata – a differenza che per Aristotele che contemplava almeno quattro risposte – l’unica risposta alla domanda “perché?”. Quando la causa efficiente viene spogliata dei suoi tre partner, può perdere ogni contatto con la realtà della vita: l’efficienza diviene un valore assoluto che mette in ombra lo scopo delle azioni, la loro direzione, il loro senso (causa finale), per attestarsi sul principio della pura funzionalità priva di ogni riferimento. Afferma Hillman: “Il fatto che il materiale su cui si opera siano esseri umani, il fatto che la natura essenziale dell’azione sia l’assassinio e la meta finale la morte, sono tutti subordinati in valore o perduti alla consapevolezza, proprio a causa dell’intensa focalizzazione sui processi dell’efficienza. […] Elevare l’efficienza a principio indipendente porta a due conseguenze terribilmente pericolose. In primo luogo, favorisce il pensare a breve scadenza – non si guarda in avanti, fino in fondo – e questo produce un’insensibilità del sentire – non si guarda intorno, ai valori della vita, che così sono vissuti in modo efficiente. In secondo luogo, i mezzi diventano dei fini: il fare qualcosa diventa, cioè, la piena giustificazione del fare, indipendentemente da ciò che si fa”. L’efficienza, quindi, se non vuole risolversi in un pericoloso fare senza senso, deve accompagnarsi sempre con le altre tre cause e chiedersi: Quali sono gli effetti materiali della nostra efficienza, cosa stiamo facendo alla natura materiale del mondo? Qual è l’essenza di ciò che stiamo facendo, qual è il principio formale che lo governa? Ma soprattutto, qual è il suo scopo, ciò in ragione di cui vengono eseguite le nostre azioni efficienti? La domanda sul fine (causa finale) di ciò che facciamo fa sì che l’attenzione non sia rivolta solo alla modalità (causa efficiente) di ciò che facciamo. Ma la nostra società dominata dall’idea del profitto non riesce anche ad imbastardire la domanda sul fine, sullo scopo di quello che facciamo? L’aveva intuito Nietzsche. “Da dove proviene questa smisurata impazienza che fa oggi dell’uomo un delinquente [.. .] i tre quarti della più elevata società si danno alla frode autorizzata e hanno da sopportare la malcoscienza della borsa e della speculazione: Che cos’è che li spinge? A perseguitarli, giorno e notte, non è la necessità vera e propria [...] ma una terribile impazienza [...] nonché un piacere e un amore altrettanto terribili per il denaro accumulato. In questa impazienza e in questo amore viene però nuovamente in luce quel fanatismo della libidine di potenza che un tempo era stato acceso dalla fede di essere in possesso della verità, e che aveva nomi così belli da far sì che si potesse osare di essere con buona coscienza inumani (bruciare ebrei, eretici e buoni libri, e devastare intere culture superiori come quelle del Perù e del Messico). Gli strumenti della libidine di potenza si sono trasformati, ma è ancor sempre in fiamme lo stesso vulcano, l’impazienza e lo smisurato amore vogliono le loro vittime: e quel che si faceva un tempo ‘per amor d’Iddio’, lo si fa oggi per amor del denaro, cioè per amore di ciò che oggi dà sentimento di potenza e buona coscienza al massimo grado”. Il predominio del profitto, facendoci pensare in termini costi-benefici, risolve il fine delle nostre azioni nell’obbedienza al Dio Economia. Ed allora la considerazione che la domanda sul fine che avrebbe potuto arginare la deriva funzionalistica caratterizzante  l’efficienza fa dire ad Hillman che i campi di sterminio continuano a far parte della nostra coscienza perché la devozione all’efficienza è ancora viva nell’inconscio della psiche occidentale, testimoniando il lato oscuro del Dio oggi vivente, l’Economia: un Dio che continua a spingere in avanti la civiltà occidentale attraverso una sempre maggiore efficienza”. (potere - 2  precedente  successivo)

 
 
 
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