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domina il mondo e lo rovinerai, afferralo e lo perderai

Post n°8 pubblicato il 14 Ottobre 2009 da m_de_pasquale
 

Il pensiero delle origini – quello che si è manifestato dal VI secolo a.C. sia in Occidente che in Oriente – non parla il linguaggio del possesso. “Se cerchi di conquistare il mondo e farne quel che vuoi, non avrai successo. Il mondo è un contenitore dello spirito e non è fatto per essere manipolato. Dominalo, e lo rovinerai. Afferralo, e lo perderai” (Lao-Tzu, Tao te Ching §. 29). Da dove deriva questa antica saggezza? Come spiegarci il desiderio di dominio, la frenesia dell’accumulo e del possesso, della crescita illimitata che ci animano e che stanno modificando (in maniera irreversibile?) la faccia della terra e rovinando la nostra relazione col mondo? Lao-Tzu [vissuto, secondo la tradizione, nel VI secolo a.C. in Cina] ci risponderebbe che, essendoci una interconnessione tra la nostra natura interiore e quella esteriore, quando ignoriamo le leggi dell’armonia cosmica [“Non violentare le cose, o ne sarai violentato” §. 64] il nostro equilibrio interiore è sconvolto e tale sconvolgimento si manifesta nel rapporto di conquista e dominio del mondo [“Gli uomini comuni odiano soprattutto essere piccoli, incapaci e immeritevoli. Tuttavia è in questo modo che gli uomini superiori descrivono se stessi. Guadagnare è perdere; perdere è guadagnare” §. 42]. E’ l’espressione della volontà di potenza dell’uomo che vuole imporre il proprio ordine alla natura. Come guarire? “Abbandona ciò che è fuori. Coltiva ciò che è dentro. Vivi per il tuo centro” §. 12. Trovare il centro del proprio essere, il centro vuoto, è trovare il Tao [difficile tradurre questa parola – la sua intraducibilità segno della sua inafferrabilità – che all’origine significava “via” ed in seguito significò “ordine dell’universo” e “azione giusta” dell’uomo conforme a quest’ordine]. “Trenta raggi si riuniscono in un centro vuoto ma la ruota non girerebbe senza quel vuoto. Un vaso è fatto di solida argilla, ma è il vuoto che lo rende utile. Per costruire una stanza, devi aprire porte e finestre; senza quei vuoti, non sarebbe abitabile. Dunque, per utilizzare ciò che è devi utilizzare ciò che non è” §. 11. Se l’idea del vuoto richiama quella dell’assenza [considerata precedentemente per Anassimandro] non siamo lontani dal vero se si considera il Tao come il fondamento dell’essere in quanto totalità onnicomprensiva che per la sua nullità (vuoto) di ente è in grado di ospitare gli enti quanto al loro apparire. Può salvarci un pensiero che dal vuoto rinvia (l’assenza che richiama una presenza) a quell’origine onnicomprensiva precedente a tutte le differenze e distinzioni? A quell’origine che per la sua natura [inafferrabile perché vuoto, non-essere] rende insensato il possedere, l'accumulare, il dominare? (prima parte)

 

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