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l'intelligenza della scuola

Post n°54 pubblicato il 03 Settembre 2010 da m_de_pasquale
 

All’inizio di un nuovo anno scolastico due eventi mi hanno fatto riflettere: i cosiddetti esami di recupero per gli studenti “indebitati” e i test di accesso all’università.  Cosa li accomuna? Il modo riduttivo d’intendere l’intelligenza da parte della scuola. L’intelligenza che etimologicamente  è la capacità di incontrare il mondo (intus-legere = penetrare ,  inter-legere = discernere) per maturarne una visione e riuscire a viverci dentro, viene ridotta ad una facoltà calcolante e funzionale.  A scuola misuriamo l’intelligenza degli studenti con i voti (spesso il voto aumenta con la capacità dello studente di adattarsi alla forma mentis del docente) e la stessa cosa pretendono di fare i test universitari con batterie di domande tarate sul possesso di  un solo  tipo d’intelligenza – quella logico-matematica -  e di nozioni da quiz televisivi. La nostra scuola tende a privilegiare quella che i cognitivisti chiamano "intelligenza convergente", che è quell’intelligenza che trova la soluzione all’interno dell’impostazione che è stata data al problema: è una forma di pensiero che tende alla univocità della risposta (quando in una interrogazione l’alunno riesce a riproporre la risposta del libro o ciò che è nella testa del docente, e comunque a non discostarsi dalla impostazione “ufficiale”, è sicuro che prenderà un buon voto) e che non si lascia contaminare ad esempio dall’immaginazione che potrebbe contribuire a formulare soluzioni inedite come avviene per le soluzioni “geniali” che sono divergenti, creative. La nostra scuola, con i suoi programmi che spaziano su diverse competenze, privilegia l’"intelligenza flessibile" che flettendosi in ogni direzione (dalle capacità linguistiche a quelle matematiche, da quelle scientifiche a quelle figurative), non presenta una particolare inclinazione per nulla, e perciò sacrifica l’inclinazione per la genericità. Ciò fa sì che a scuola finiscono per essere apprezzati più i “mediocri” (che raggiungono un livello “medio” di competenze in tutte le discipline) che i “plusdotati” (che sviluppano una intelligenza specifica in determinati campi con risultati brillanti ma non altrettanto in altri settori). Insomma la scuola pensa di avere a che fare con una intelligenza generica che crede di poter misurare con strumenti oggettivi. In realtà esistono forme diverse di intelligenze che non è possibile ridurre sotto un’unica specie come sostiene lo psicologo Gardner: “Per comprendere in modo adeguato l’ambito della intelligenza umana è necessario includere nel nostro esame un insieme di capacità e competenze molto più vasto e universale di quello che sono considerate solitamente. E’ necessario inoltre rimanere aperti alla possibilità che molte – se non la totalità – di queste capacità e competenze non si prestino a essere misurate con metodi standardizzati”.  Ci sono persone che prediligono un approccio musicale al mondo (intelligenza musicale), colgono l’armonia, il suono delle cose, la voce: se altri sono attenti al senso delle parole, loro colgono il suono delle parole. Altri che si soffermano sulla superficialità della parola (intelligenza linguistica) più che sul suo significato, così da maturare quelle abilità, che spesso invidiamo, che li rende atti a parlare più lingue. Ci sono quelli che privilegiano lo sguardo che coglie analogie e rapporti oltre le cose (intelligenza logico-matematica): le cose diventano rapporti, numeri.  C’è una intelligenza spaziale  che si manifesta nella familiarità con lo spazio abitato, nella conoscenza del mondo funzionale alle sue azioni. L’esperienza della sintonia che il nostro corpo percepisce abitando il mondo (intelligenza corporea), la percezione, prima di ogni nostra razionalizzazione, di sentirsi a casa, ospitati in uno spazio occupato da cose che ci dicono del nostro vissuto. Esiste poi un’intelligenza psicologica che produce quel mondo immaginario che ci apre orizzonti  che ci rendono capaci della trascendenza. Se effettivamente la scuola fosse attenta alle inclinazioni dei suoi studenti rispettando le particolari intelligenze che si manifestano e coltivandole, renderemmo la scuola un luogo gioioso e partecipato da cui gli studenti non penserebbero di evadere o di riempire i tempi della noia con atti di bullismo ed altri diversivi di cui spesso le cronache si occupano. Ma per far questo tanto per iniziare occorrono insegnanti motivati e preparati (non solo sulle materie di insegnamento ma anche ad instaurare relazioni con i ragazzi) capaci non solo di istruire ma anche di educare prestando attenzione ai vissuti emotivi dei loro studenti . Occorrono insegnanti ed in gran numero perché per fare un serio lavoro educativo non si può operare in classi di trenta ragazzi. Ma al sistema (di cui questo governo come quelli passati sono espressione) non interessa ciò. Al sistema interessa una scuola funzionale al processo di omologazione che è la ragione di esistere del sistema. Ed allora vadano a quel paese migliaia di precari che stanno protestando in questi giorni perché non potranno più svolgere la loro funzione educativa e viva la scuola delle tre i: impresa, inglese, internet!

 
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