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Razionale e Irrazionale (4° Capitolo Ricerca)

Post n°76 pubblicato il 17 Dicembre 2007 da Piero_Calzona
 

RAZIONALE E IRRAZIONALE 

 viaggio tra falsità e necessità culturali: ( superstizione – mito – rito – sacro )

(Quattordicesima  parte)

 

APPUNTI SUL SACRO 

La religione costituisce la sfida massima per la sociobiologia e tutte le discipline a carattere riduzionistico.

Senza dubbio la religione è apparsa come fenomeno nuovo nel corso dell’evoluzione. Gli scimpanzé, con tutta la loro vicinanza genetica all’uomo, non hanno né arte né religione.

Da qui si può avanzare quindi l’ipotesi, di cui ne abbiamo parlato nel capitolo “cos’è la vita”, che è la cultura a separare l’uomo dall’evoluzione biologica, e dall’evoluzionismo darwiniano, perché come giustamente diceva Marcello Massenzio, il sacro e il profano sono un prodotto culturale storico non biologico.

 

Un po’ di storia, il linguaggio

I riti, la concezione religiosa, quindi il sacro, sono apparsi con l’autocoscienza  nell’uomo, molto prima che potesse comunicare con il linguaggio. La comunicazione gestuale e rituale, come la sepoltura dei defunti, ne è una prova, ci sono dei reperti archeologici che risalgono a circa 90.000 anni fa, quando ancora l’uomo non aveva sviluppato una comunicazione verbale vera e propria. L’uomo di Neanderthal si estinse lasciando posto ad un’altra ramificazione, Homo Sapiens, ma per circa 50.000 coesiste con l’uomo moderno. Non si hanno comunque prove precise su l’uomo ed il suo evolversi del linguaggio. Si sa comunque che il rito e i processi del sacro sono apparsi prima del linguaggio.

Da questa ricostruzione si potrebbe intuire che l’uomo primitivo non ancora dotato di linguaggio avendo paura degli eventi naturali come: pioggia, tuoni, raccolti, buio, ecc. ha sentito il bisogno di credere in qualcosa di straordinario per placare queste insicurezze, dare quindi aiuto e speranza alla loro esistenza.

 

Il rito e il sacro nascono quindi con l’autocoscienza dell’uomo in ogni parte della nostra terra e indipendentemente dai propri credo religiosi, la credenza nel sacro è un fenomeno universale utile alla propria esistenza e con il linguaggio questo fenomeno si intensifica costruendo il mondo dello straordinario, quel mondo che attraverso la creazione degli Dei, specialmente nei popoli greci, e di entità trascendenti, da all’uomo quello che nel mondo dell’ordinario non ha.

 

I rituali si moltiplicano, la credenza nel sacro diventa motivo di vita senza il quale l’uomo cade nell’angoscia più profonda. Facendo un’attenta analisi dei popoli primitivi possiamo dire che il terrore non sviluppa capacità razionali, ma lascia i suoi segni, cosi l’uomo si accosta alla serietà della religione dall’esperienza della paura. Ma ansia, paura, terrore, non sono solo emozioni incontrollabili suscitate da fantasie psicologiche, hanno chiare funzioni biologiche nel proteggere la vita, ecco come la cultura domina l’aspetto naturale, biologico nell’uomo.

 

Nel contempo l’uomo creando il mondo dello straordinario, quindi il mondo degli Dei, crea una gerarchia, il divino, e solo il divino ha il grande potere di intervenire con i suoi aiuti o i suoi castighi sulla vita dell’uomo.

Nasce cosi la paura del divino con varie ritualizzazioni in ogni epoca e in ogni luogo.

 

 

I rituali.

Se dovessimo elencare i rituali di tutti i popoli nel tempo come: doni, sacrifici, invocazioni, preghiere, offerte, ecc. non basterebbe un libro intero. Basta pensare alla cultura mitologica degli antichi greci che ha segnato nel tempo un’epoca indelebile per la storia dell’uomo, anche se oggi il tempo dei grandi miti si è trasformato dal punto di vista storico, fondamentalmente è rimasto quello che è l’essenza del fenomeno, e cioè il mondo dello straordinario, un mondo in cui non possiamo fare a meno, anche se la scienza ci ha regalato tante risposte essenziali per poter sfatare un tipo di cultura che era basata sull’ignoranza di fenomeni fisici, chimici, biologici, ecc. l’uomo ha ancora bisogno di risposte che la scienza non può dare, e che probabilmente non darà mai, ma questo non significa che tutto il mondo dello straordinario può essere accettato, adesso vediamo alcuni dei rituali antichi per circoscrivere il fenomeno.

 

Tratto dal libro di Walter Burkert, “ la creazione del sacro”

Seneca, nelle Naturales Quaestiones, scrive:

 

“ Non mi trattengo dal rivelare tutte le assurdità dei nostri pensatori. Dicono che certe persone, esperte nell’osservare le nuvole, sanno predire quando verrà la grandine… Cosa incredibile, a Kleonai c’erano, per avvistare la grandine, dei guardiani ufficiali ( chalazophylakes ). Quando costoro dicevano che sarebbe venuta la grandine, cosa pensi facesse la gente?… Ognuno sacrificava qualcosa: chi un agnello, chi un pollastro; e subito le nuvole, assaporato un po’ di sangue, si spostavano da qualche altra parte. Ridi? Ascolta e riderai più di gusto. Chi non aveva agnelli né polli, sacrificava quel che poteva: poneva mano a se stesso.

Ma non credere che le nubi siano ingorde o crudeli: costui si pungeva solo un dito con una penna aguzza, e con questo sangue compiva il sacrificio propizio. La grandine risparmiava il suo podere come i luoghi dove le nuvole erano state implorate con sacrifici maggiori”.

 

Una usanza che è stata praticata in quasi tutto il mondo, secondo indagini archeologiche, antropologiche e etnologiche, è stata quella del taglio del dito o di un arto, per scongiurare malattie, pericoli, o in previsione di un danno, la mutilazione veniva considerata il giusto prezzo per la salvezza, gli esempi provengono da civiltà diversissime, di America, India, Oceania ed anche nella tradizione greca. Tutto fa pensare che si tratti di una usanza non solo diffusa, ma antichissima. In alcune grotte paleolitiche si trovano le impronte delle mani di gente che probabilmente voleva entrare in contatto col sacro o lasciare un segno della propria presenza. Il sacrificio del dito sarebbe un rituale paleolitico sopravvissuto fino al XX secolo, per più di ventimila anni.

 

Uno degli esempi più rappresentativi nella storia dell’uomo è il sacrificio: la reciprocità del dare. Donare significava, e significa ancora adesso per molte persone, ricevere. Gli antichi usavano il dono non solo come omaggio, ma si aspettavano un corrispettivo. Tuttavia il principio della reciprocità, per quanto universale e primordiale, non è innato: deve essere imparato di nuovo da ciascun individuo, non ha cambiato i nostri geni grazie ad una evoluzione culturale.

E’ giusto dare doni agli dei? E’ una domanda che si posero già molti uomini in diverse ere. Se i doni contano, il ricco avrà possibilità assai migliori nei suoi rapporti con gli dei. Proteste contro questa sfacciata richiesta di reciprocità non mancano. In primo luogo da parte di Gesù: “ Dare è più benedetto che ricevere “. Ma questo è un problema puramente etico che fortunatamente con l’evoluzione della cultura morale si è giunti a capire che non è possibile commercializzare il sacro. Si è visto nel tempo una lenta presa di coscienza di questo fenomeno dei doni e del sacrificio. L’uomo incomincia a domandarsi se il dono è veramente efficace come reciprocità, anche perché molti uomini sono morti, molte catastrofi sono avvenute, anche se sono state offerti doni e fatti sacrifici. E’ dunque necessaria questa forma di ritualizzazione per l’incolumità dell’uomo?

 

(Fine)

 

 
Rispondi al commento:
Piero_Calzona
Piero_Calzona il 23/12/07 alle 18:15 via WEB
Sei molto gentile Strichininaa, ti ringrazio e ricambio gli auguri in modo sincero. Piero
 
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