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C'è Caino e Caino

Post n°287 pubblicato il 09 Novembre 2006 da k.blackwell
 

Barbara sul suo blog pone una domanda - anzi, due - riguardo all'ondata di buonismo ipocrita seguita alla condanna a morte di Saddam: sottoscrivo e riporto parola per parola.


Tra tutti coloro che generosamente si battono per strappare Saddam Hussein alla forca, quanti si sono mobilitati per le migliaia di condannati a morte in Cina (per i condannati a morte americani naturalmente non lo chiedo perché per quelli lo so che ci mobilitiamo sempre tutti)? O per i cubani condannati a morte per avere tentato di scappare dall’inferno? O per la tredicenne iraniana – l’unica di cui siamo venuti a conoscenza, ma chissà quante altre ce ne sono – condannata alla lapidazione perché stuprata e messa incinta dal fratello (che, per inciso, non è stato condannato a morte)? O per i palestinesi macellati sulla pubblica piazza col pretesto del collaborazionismo, in realtà semplicemente sgraditi a chi ha potere? O per le persone condannate a morte in Arabia Saudita per il possesso di una bottiglia di whisky? O per i ladri puniti con il taglio della mano – e non è difficile immaginare che dove vige una simile legge, possa indursi a rubare solo chi è spinto dalla disperazione della fame? O per gli stupri punitivi di gruppo ordinati dai tribunali tribali?
E quanti fra coloro che non mancano mai di ripetere il mantra “è la loro cultura” (e quindi da rispettare) per poligamia e burqa e segregazione femminile e mutilazioni genitali femminili e matrimoni con bambine che da noi andrebbero alle elementari, quanti di costoro sono disposti a prendere in considerazione l’ipotesi che la pena di morte, in un paese arabo musulmano, faccia parte della loro cultura e possa essere, pertanto, qualcosa da rispettare?
UPDATE:
A proposito di buonismo un tanto al chilo e di ipocrisia:

Per non creare spaccature e discussioni all’interno dell’Assemblea Generale dell’Onu con un tema dirompente come quello della pena capitale, il governo Prodi getta la spugna senza nemmeno tentare di dare battaglia sui diritti umani. E i primi a farne le spese sono i condannati a morte. L’esecutivo ha infatti ignorato la risoluzione depositata da Sergio D’Elia, deputato della Rosa nel Pugno e segretario di Nessuno Tocchi Caino, e sottoscritta da rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari, per presentare all’Onu una proposta di risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni capitali. E a nulla sono valsi gli atti di indirizzo del Parlamento, che appoggia all’unanimità la risoluzione pro-moratoria.

 
 
 
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