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informazione della rsu Filctem CGIL del sito di Latina

Creato da lizrael1 il 10/07/2010

Sito ufficiale Filctem Haupt-Pharma di Latina

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Fenomeno dell''assenteismo.

Post n°168 pubblicato il 15 Giugno 2012 da lizrael1

I meccanismi profondi del processo di assenteismo e

di reintegrazione

In questo studio, il processo con cui il lavoratore si ammala, si assenta dal lavoro, guarisce e riprende il lavoro, è analizzato sotto forma di una mancanza di equilibrio tra la persona e l’ambiente.

Ciò significa che i problemi di salute possono insorgere in seguito ad una discordanza tra l’entità della funzione lavorativa (esigenze quantitative e qualitative) e la capacità del lavoratore (abilità e capacità). A seconda della motivazione alla presenza e delle pressioni volte a stimolare la presenza che si riferiscono all’opportunità e alla necessità dell’assenza  i problemi di salute possono sfociare nell’assenteismo (incapacità lavorativa). Questi ultimi fattori si riflettono nel cosiddetto ‘ostacolo all’assenteismo’.

Il ritorno al lavoro dipende dal decorso della malattia e dall’‘ostacolo alla reintegrazione’. Con quest’ultimo termine si intende quel complesso di fattori che incidono sul decorso della malattia e sul ritorno al lavoro. Tutto questo processo, a sua volta, è influenzato da fattori individuali, da fattori legati all’impresa e all’ambiente lavorativo, dalle poco oculate scelte sul personale  adibito a funzioni  organizzative e da fattori di natura sociale.

 Per esempio a livello individuale, fattori biologici e psicologici come la costituzione fisica e la capacità mentale di reagire incidono sulla capacità lavorativa della persona. Le vere malattie non derivanti dall’ambiente lavorativo sono uno dei fattori che diminuiscono la capacità di un lavoratore e conducono ad un distacco tra il carico di lavoro e la capacità dell’individuo. Questo quadro riguarda quindi l’assenteismo da cattiva salute causata dal lavoro nonché all’assenteismo da cattiva salute indipendente dal lavoro.

Tutto ciò per incitare i rispettivi datori di lavoro a riservare maggiore attenzione alla salute nell’ambiente lavorativo.

Un analisi più profonda dei fenomeni aziendali va fatta anche con la rsu di azienda e medico aziendale, residuale il resto, minacce o altro.

 

 
 
 
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Indifferenti

“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.

L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?

Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.

Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”.

11 febbraio 1917

 

 
 

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