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informazione della rsu Filctem CGIL del sito di Latina

Creato da lizrael1 il 10/07/2010

Sito ufficiale Filctem Haupt-Pharma di Latina

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tel. 3482418704

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Post n°174 pubblicato il 05 Ottobre 2012 da lizrael1

Analisi e valutazione del clima in azienda

Da più di un impiegato di alto profilo, da livelli superiori al” B”, si sentono cose assurde come,” si lavora troppo e non ci pagano gli straordinari o gli operi stanno meglio di noi con ore e ferie riconosciute”.

Si sta aprendo una guerra tra poveri dove chi dice questo non sa che clima sta creando.

Questi signori, ignorano cosa significa fare turni, non conoscono le differenze di vita tra chi fa i turni e chi no.

Ciò non significa che chi non svolge l’orario a turni non lavora ma non ne conosce” l’usura di vita”.

L’azienda non ha saputo trasmettere i propri valori fondamentali  a questi lavoratori  che sono di RESPONSABILTA’, si sta arrivando a qualcosa di incerto che non può essere trascurato, sicuramente il clima aziendale scema.

La collaborazione viene sempre meno, il coinvolgimento delle risorse umane non avviene in modo approfondito e viene trascurato, tanto da non avere la giusta collaborazione da parte di tutti i lavoratori (quadri, impiegati e operai).

La consapevolezza del fatto che il coinvolgimento e l'impegno delle risorse si può ottenere e sviluppare attraverso l'insieme di elementi o fattori che contribuiscono a migliorare e favorire la qualità complessiva degli ambienti di lavoro è testimoniata dalla crescente attenzione all'interno delle aziende per l'analisi di clima, riconosciuto come indicatore della qualità delle relazioni interne.

Bisogna intervenire, come, iniziando a fare una prima analisi delle motivazioni attraverso il "clima aziendale".

Il lavoratore sarà tanto più produttivo e coinvolto nel processo aziendale quanto più si sentirà motivato, cioè quanto più vedrà soddisfatti i propri bisogni e la qualità delle relazioni:

  • tra individuo e management aziendale
  • tra individuo e lavoro che svolge
  • tra individuo e colleghi in azienda.

La misura del clima rappresenta lo scarto tra le aspettative delle persone e la realtà vissuta quotidianamente: uno scarto minimo genera un buon clima aziendale a favore dell'impegno, uno scarto elevato genera delusione.

Si considerano 10 fattori primari che concorrono in modo rilevante alla percezione di un clima di lavoro positivo e che possono predire la qualità e la durata dei rapporti lavorativi: coinvolgimento, coesione tra colleghi, supporto dei superiori, autonomia, orientamento al compito, pressione sul lavoro, chiarezza, controllo, innovazione, comfort fisico.

La valutazione del clima "percepito" e del clima "desiderato" dal management e dal personale consente di indagarne le diverse visioni e quindi ipotizzare interventi di miglioramento tramite formazione o cambiamenti strutturali e/o relazionali. In un'azienda con un buon clima il turnover è basso così come l'assenteismo e le malattie. Un'organizzazione con un buon clima è un gioiello di efficienza e di vitalità.

Per un azienda, un'organizzazione nella quale sia presente un buon clima è una fortuna perché il contenzioso è pressoché nullo e ogni situazione viene gestita con facilità e con il vantaggio di tutti.
Un'organizzazione di questo tipo è però come un raro fiore delicato, basta poco per rovinarlo irrimediabilmente.
Ed infatti le organizzazioni che possono vantare di avere un ottimo clima sono poche. Così come, per fortuna sono poche le organizzazioni con un clima decisamente pessimo. Il più delle volte ciò che si può dire del clima di un'organizzazione è "nel complesso buono ".

Fabio Rossi consulente di direzione ed esperto sulla Analisi e Valutazione del clima afferma:"La prima sensazione che si prova, venendo a contatto con un'organizzazione, prima ancora dei valori e dei processi organizzativi è il clima.

 
 
 
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Indifferenti

“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.

L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?

Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.

Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”.

11 febbraio 1917

 

 
 

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