Pezzi di vetro
Pezzi di vetro - sulla sabbia bagnata - come emozioni frantumate che ormai non tagliano più…
Post n°179 pubblicato il 21 Aprile 2012 da pezzi.divetro
Nasce tutto dalle riflessioni dell'ultimo post: avevo scritto di Bovolenta, della nostalgia. E poi.. e poi.. un po' di giorni dopo un altro giovane cuore si è fermato. Non so dirvelo meglio di così: sono emozioni maledettamente taglienti che si mischiano e fanno le capriole nell'anima; sono tutte qui dentro, in fondo al cuore. Le mastico ma non le so raccontare. Ve lo lascio raccontare da Neruda. Io resto qui, ad emozionarmi della vita, a piangere per chi non c'è più, a vivere ogni giorno meglio che posso, per meravigliarmi del sole che nasce e per innamorarmi del sorriso di una donna. Non incolpare nessuno,
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Post n°178 pubblicato il 04 Aprile 2012 da pezzi.divetro
Leggo con commozione dal quotidiano: “Vigor Bovolenta, 37enne ex centrale della nazionale di pallavolo, è morto nel corso di una partita del campionato di B2. Il giocatore si è sentito male sul campo a Macerata, dove era impegnato nel match tra la sua Forlì e la Lube. Durante il terzo set Bovolenta, che era in battuta, ha gettato la palla e ha chiesto aiuto prima di accasciarsi al suolo svenuto. Non ha mai più ripreso conoscenza. Inutili i tentativi di massaggio cardiaco in campo, così come il trasferimento all'ospedale di Macerata. E' riuscito solo a dire: "Mi gira la testa, aiutatemi che cado". Si è toccato il fianco sinistro, vicino al cuore, e si è accasciato a terra. Il giocatore, nel terzo set, si è presentato sulla linea di battuta, ha gettato la palla dall'altra parte e ha chiesto aiuto. Ma per l'ex azzurro 37enne, subito soccorso dai sanitari del 118 a bordo campo, non c'è stato nulla da fare. Incredibile… Vigor Bovolenta era un grande giocatore di pallavolo. Fa parte di quei ricordi di quando si era bambini, dell’Italia della pallavolo che ha vinto tutto, che si contendeva i mondiali con Cuba, con l’Olanda di Van De Goor e con il Brasile. Come ogni atleta di quei livelli era controllato costantemente e sottoposto a visite mediche di ogni tipo. Eppure… Eppure, inspiegabilmente, in circostanze drammatiche se ne va così, mentre giocava una partita di pallavolo. La moglie Federica, al funerale, pronunicia queste parole: "Dicono che la perfezione non esista, ma io e lui eravamo perfetti. Era bravo, buono e simpatico, rideva sempre. Hanno deciso di fare una squadra in cielo, mancava il campione e hanno chiamato lui proprio mentre giocava. Grazie a tutti per essere qui". E poi un riferimento alla famiglia: "Farò crescere i nostri figli come noi volevamo" Questi 4 figli che ora si trovano tutta la vita davanti e dovranno affrontarla con la nostalgia del padre. E pensare che Bovolenta aveva scelto di giocare a Forlì per queste ragioni: "Ho deciso comunque di rimanere qui, lavorando alla ricostruzione di questa squadra, convinto in questo anche dalla volontà di rimanere vicino alla mia famiglia, che mi ha fino ad ora sempre seguito nelle varie città in cui ho giocato. Dopo che loro sono stati al mio fianco, credo sia arrivato il momento che io cammini al fianco loro". Siamo impotenti davanti al destino. Possiamo scegliere come impostare il nostro cammino, ma non sappiamo quando finirà. Sono questi episodi così, passati quasi in sottofondo, che calcano in me delle riflessioni. Questa notizia, probabilmente, avrà occupato le colonne delle ultime pagine nella maggior parte dei quotidiani. La pallavolo non è seguita come il calcio, e un malore durante una partita non è plateale come un incidente stradale e non attira audience come un omicidio. Eppure… eppure pensare che quel campione l’avevo lasciato lì alla sua vita con i miei ricordi di quell’Italia fortissima della pallavolo, mi mette nostalgia. E sapere che i suoi figli piccoli cresceranno senza un padre, che è stato così “imponente” fino ad oggi, mi fa male. Scrivo questo anche se non lo conoscevo. In molti dei suoi amici dicono fosse una persona umanamente straordinaria. Ho motivo di crederci: la pallavolo è uno sport onesto come le persone. E poi lo raccontano le sue parole e le sue scelte. Non siamo niente. Viviamo una vita che quasi non ci appartiene. Programmiamo, progettiamo, senza sapere quando finirà. E’ giusto così, è bello così. Ma dispiace e fa male quando tutto questo succede troppo presto. Fa male soprattutto per il dolore delle persone che rimangono in vita e che si porteranno dentro questa grande nostalgia… quel vuoto dentro… quell’immenso dolore per te che non ci sei più. La sua ultima squadra, Volley Forlì, ritirerà dalla prossima partita la maglia numero 16, quella indossata da sempre dall'ex azzurro. |
Post n°177 pubblicato il 28 Marzo 2012 da pezzi.divetro
Aveva completamente perduto l'olfatto. "Era un mondo di concretezza travolgente, un mondo di particolari," disse "un mondo profondamente e totalmente immediato, ricco di significato immediato". Freud definì più volte l'olfatto umano come una "vittima" del processo evolutivo di civilizzazione e di crescita, conseguente all'assunzione della posizione eretta e alla rimozione della sessualità primitiva, pregenitale. (Oliver Sacks - "L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello") |
Post n°176 pubblicato il 15 Febbraio 2012 da pezzi.divetro
Si deve incominciare a perdere la memoria, anche solo brandelli di ricordi, per capire che in essa consiste la nostra vita. Senza memoria la vita non è vita... La nostra memoria è la nostra coerenza, la nostra ragione, il nostro sentimento, persino il nostro agire. Senza di essa non siamo nulla... (Luis Bunuel) I sentimenti sono fatti di ricordi, ed è su quei ricordi che il nostro cuore, spesso, continua a battere. E' lì la differenza tra l'amore e l'innamoramento. Era il 1966 quando un poeta della musica, Luigi Tenco, scriveva una canzone sulla memoria dei sentimenti con queste parole: E lontano, lontano nel mondo San Valentino è la festa dell'innamoramento... sarò monotono, ma tutti gli altri giorni preferisco festeggiare l'amore... Mi fa disperare il pensiero di te |
Ho letto l'altro giorno le dichiarazioni di un certo Michel Martone, viceministro del Lavoro: "Chi si laurea dopo i 28 anni è uno sfigato". Bisogna essere proprio "cojoni" per andare a provocare così le persone in un momento come questo; un fighetto pluriraccomandato che dà degli "sfigati" ai giovani italiani che si fanno il mazzo. Ecco, allora, che i giornalisti d'inchiesta gli hanno fatto il pelo e contropelo. Vi pubblico il curriculum di Michel Martone raccontato da Marco Travaglio:
Non possono più permettersi di offendere noi italiani e prenderci in giro, soprattutto quando le parole escono da bocche di pluriraccomandati senza vergogna né pudore. |
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