Salotto degli Autori
Architetture in controluce tra letture, appuntamenti da sfogliare e libere associazioni verbali
Quando l'uomo riesce Da quel momento Giovanni Tavcar |
Post n°12 pubblicato il 11 Maggio 2007 da salotto.redazione
Lunedì 14 maggio, alle ore 15, presso la Sala Spazio Autori A, si terrà una conferenza avente quale tema: "Malattie Rare: Comunicazione e Partecipazione" e sarà presentato lo spot informativo realizzato a favore della Federazione Associazioni PRADER WILLI. Testimonial della Sindrome: Elena Santarelli. |
Post n°11 pubblicato il 05 Aprile 2007 da salotto.redazione
Il bando (scadenza 30 giugno 2007) L’Associazione Culturale Carta e Penna ha indetto la quarta edizione del concorso, al fine di far conoscere ad un pubblico più vasto la Sindrome di Prader Willi e ha stabilito di devolvere alla Federazione APW, con la quale collabora da anni, il 10% delle quote di partecipazione. La sindrome, riconosciuta tra le malattie rare infantili, prende il nome dai due medici studiosi, A. Prader e H. Willi che per primi ne hanno descritto i sintomi e le caratteristiche cliniche. E’ una malattia genetica che colpisce entrambi i sessi in eguale misura con una incidenza riportata nei vari studi tra 1/10000 e 1/25000 nati vivi. La Federazione APW si prefigge di aiutare i bambini affetti dalla Sindrome di Prader Willi e di altre malattie rare, a diventare, per quanto possibile indipendenti socialmente ed economicamente e consigliare i loro genitori o chiunque si occupi del problema.
Ho un corpo sazio di ogni cosa Il mio cibo è sempre amaro Tu penserai a carni rosee Sarà pure verità, per te; |
Post n°10 pubblicato il 30 Marzo 2007 da salotto.redazione
Tina Piccolo . C’è un momento ideale per scrivere? Quand’è che sentiamo forte l’urgenza della penna e quando, invece finisce l’inchiostro? A volte le idee saltano fuori così, sotto la doccia, magari davanti a una fotografia, oppure annaffiando la surfinia... a volte rimangono in aria, galleggiano un po’ tra possibile e probabile e poi, come sono venute, evaporano nel sibilo della pentola a pressione. Altre invece, chiedono un bordo preciso e uno spazio da riempire. Vogliono attenzione, la pretendono, con prepotente insistenza e bisogno. E tu... tu non puoi negarti ancora. |
Post n°9 pubblicato il 22 Marzo 2007 da salotto.redazione
Mantenere vivo il nostro dialetto è cosa essenziale per noi stessi e la cultura che ci appartiene. “Il dialetto” - come ha scritto il caro amico prof. Carlo Tognarelli di Arcade, in un saggio sulla “Cultura dei Dialetti” – “è il modo più immediato ed esplicito per riconoscersi e dichiararsi appartenenti ad una medesima comunità, ad una stessa cultura, ad un'identica storia”. Ovviamente, il mutamento delle condizioni socio-economiche, l'instaurarsi di nuovi rapporti fra individui di diversa matrice culturale, l'aumento delle necessità e delle possibilità di spostamento e di comunicazione, influiscono producendo modificazioni sia sul piano economico-sociale che su quello più eminentemente linguistico. Ecco l'importanza del “lasciar memoria” di ciò che, in un dato momento storico-sociale, è la “vera” lingua della nostra gente. Affermava il grande Federico Fellini: “In tutti i miei film il dialetto… è il linguaggio verbale più diffuso non soltanto per motivo di credibilità, di coerenza, di folklore o di suggestione, ma perché il dialetto riesce ad esprimere con una forza, una violenza addirittura visive, folgoranti connotazioni di tipo storico, psicologico, sociologico, emotivo”. Dialetto come efficace mezzo espressivo, dunque, che può trovare un rilevante aspetto di recupero, in un momento in cui esso è in crisi come lingua parlata, nell'uso che se ne fa come lingua letteraria. Eugenio Montale affermava che: “In due modi, quando si è uomini di qualche cultura, si può essere dialettali: o traducendo dalla lingua, giocando sull'effetto di novità che il trasporto può imprimere anche a un luogo comune, o ricorrendo al dialetto come a una lingua vera e propria, quando la lingua sia considerata insufficiente o impropria a un'ispirazione”. Pier Paolo Pasolini vedeva nel dialetto l'ultima sopravvivenza di ciò che è ancora puro e incontaminato, e affermava che la poesia dialettale è somma e pura espressione dell'intimo mentre per Coleridge era: “… un paesaggio notturno colpito a un tratto dalla luce. … che pone sempre di fronte a un fatto compiuto, con tutta la fisicità di una nuvola o di un geranio”. Ines Scarparolo |
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