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La giornata dello scrittore
[..] Sono uno scrittore pre-moderno che non utilizza macchine, ma penna, inchiostro e carta da tenere con sé per averle sempre a portata di mano in aereo, in spiaggia e in hôtel. Ha bisogno di altro la parola? Quel che è certo è che adesso è mattina, fra le sette e mezzo e mezzogiorno, le ore della parola scritta. Quel che è certo è che nella scrittura e nella vita viviamo in un costante scambio di parole. Sappiamo che il mondo ci dà parole e che scrivendo le restituiamo al mondo. Ma la parola scritta non è più la stessa parola data dal mondo: è stata trasformata in linguaggio, che è di tutti, per dire qualcosa che prima non era di nessuno [...] C'è chi scrive per essere amato: Dickens, García Márquez. C'è chi scrive per essere odiato: Céline, Houellebecq. C'è chi scrive per essere gustato: Saramago, Nélida Piňon, artefici della lingua più gostosa, la lusitana. C'è chi scrive per in-vertire: Balzac, Galdós, Dos Passos. C'è chi scrive per sov-vertire: D. H. Lawrence, Juan Goytisolo, Jean Genet. C'è chi scrive per di-vertire: Sterne, Saki, Diderot. C'è chi scrive per con-vertire: Mauriac, Bernanos, Graham Greene. C'è chi scrive per av-vertire: Swift, Voltaire, Orwell. Temuto, amato, odiato, lo scrittore nasconde il segreto desiderio di essere, al tempo stesso, un disturbo per il mondo che è, e un creatore del mondo che può essere. Il fine ultimo è, in ogni caso, il lettore e lo scopo dell'autore è avere un effetto sulla vita affettiva del lettore, tendere fra sé e il lettore un ponte per l'intimità anche a costo dell'intimidazione, rinnovare nella lettura lo spirito del lettore e l'esistenza del libro. Perché sappiamo bene che il lettore, protagonista del post-meridiano, conosce il futuro. Lo scrittore, no. Inoltre, perché lo scrittore consegni un libro al lettore, deve scrivere una letteratura che crei lettori, non una letteratura che conti lettori. (Da: La giornata dello scrittore. Quando i sogni entrano nel libro, Carlos Fuentes, in "La Repubblica", R2 Cultura, 22-5-2009, p. 51) . Ma noi perché scriviamo?
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L'INCONTRO CON IL LUPO MANNARO...
Lucia Mondella, venendo dalla filanda, incontrò il lupo mannaro: che, levatosi il cappello, e sdrusciatene le gran piume per terra, andava sussurrandole certe parolette ad orecchio, delle più zuccherose che aveva. Lucia scappò: e raccontò ad Agnese ogni cosa.
Questa favola ne induce a sospirare: «C’est dommage!»
E. Gadda, Il primo libro delle favole Milano, Mondadori, 1995