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« Il dipinto rubato (8 capitolo)Con un pò di amici »

Il dipinto rubato (9 capitolo)

Post n°2748 pubblicato il 23 Aprile 2021 da paperino61to

Riassunto: Un dipinto del Moncalvo viene rubato al convento dei frati, il padre superiore chiede aiuto al commissario Berardi. Il furto si presenta fin dall'inizio anomalo, tanto vero che dopo un paio di giorni ritorna al suo posto. Un miliziano di ronda quella sera conferma che nessuno è salito o sceso dal convento. Ciò rafforza l'ipotesi che il commissario e Perino: ovvero che il ladro è uno dei frati.

  Berardi decide di passare da un suo amico: Gianni Notari, proprietario ed esperto di quadri, chiedendo il suo aiuto: osservare il dipinto e confermare che non sia un falso. 

 Purtroppo il Notari conferma il sospetto dei due poliziotti: il dipinto ritornato è un falso. Berardi va a interrogare due ricettatori della città; Raso e Corsini. Il primo giura di aver cambiato vita dopo un paio di anni in galera. Purtroppo Corsini verrà ritrovato morto nel retro con la cassaforte aperta, i cassetti della scrivania a terra. Berardi ritorna da Raso domandando se conosceva qualche cliente della vittima, l'uomo risponde che di solito si tiene un'agenda con i nomi. Ma purtroppo la polizia non ha trovato nulla, allora Raso dà al commissario alcuni nomi di suoi clienti, ma nessuno di loro c'entra con il delitto. Il lunedì in ufficio Perino dice di aver visto Padre Carlo all'ippodromo, era in coda alla cassa delle scommesse, ma non potrebbe giurarlo: "Appena mi ha visto ha cambiato immediatamente direzione. Era in abiti civili". I due vanno dal superiore e domandano se i frati sono usciti dal convento il giorno prima, risponde che solo Padre Carlo è andato ad assistere una ammalata, ma non sa il nome ne dove abita. Padre Enzo dice sdegnosamente che in nessuna maniera un frate può uscire in abiti civili. Il commissario Berardi capisce che Perino ha visto giusto, Padre Carlo era all'ippodromo.Una donna misteriosa incontra il commisario, quest'ultimo deduce che era l'amante del Corsini. La donna riferisce che Corsini aveva tra le mani un grosso affare e che con i soldi incassati sarebbero scappati insieme, ma non sa dire di che affare. Beradi domanda se conosce qualche pittore bravo a riprodurre un dipinto, la signora risponde che si informerà tra i suoi amici. In piena notte Berardi riceve una chiamata, qualcuno è entrato nel negozio di Corsini. 

 

 

Domando chi se ne sia accorto, il collega mi indica il metronotte: “E’ di servizio in questa zona, appena ha notato la cosa ci ha fatto chiamare, vuole interrogarlo?”.

Pongo un paio di domande ma non ricavo nulla di interessante: “Probabile che la persona all’interno sia scappata prima che arrivassi, anche perché quando sono entrato nel negozio non vi era nessuno”.

“Grazie, ora vada pure, lasci solo il suo cognome e indirizzo al collega, caso mai avessimo ancora bisogno di porle delle domande”.

Entro nel negozio, accendo la luce e noto che alcuni quadri appesi alla parete sono stati tolti e messi sul pavimento, la tela dietro è lacerata. Chi è entrato qui cosa stava cercando?

La famosa agenda con i nomi dei clienti di Corsini oppure il dipinto rubato?

Propendo più per la seconda ipotesi. Solo l’assassino può avere interesse a ritornare. Ordino al collega di non muoversi dalla sua postazione, fino a quando non arrivano altri colleghi per dargli il cambio.

“Ciao Perino stanotte qualcuno è entrato nel negozio”.

Rimane sbalordito: “Immagino non sia stato fermato”.

“Immagini bene, il metronotte che si è accorto della cosa, non ha visto nessuno all’interno del negozio, probabile che il misterioso visitatore se la sia svignata senza farsi vedere da nessuno”.

 “Secondo lei cosa cercava?”.

“Una cosa sola: il dipinto che ha rubato!”.

Entriamo entrambi nel negozio e chiedo ai colleghi di aiutarci, spiegando loro cosa devono cercare: “Guardate in ogni pertugio, ogni posto che vi possa sembrare un nascondiglio ideale per una tela, andate e buon lavoro”.

“Perino tu cerca da quella parte mentre io guardo nel retro”.

Dopo un paio di ore di accurata ricerca siamo al punto di prima, non abbiamo trovato nulla.

“Commissario, che facciamo?”.

Sono sconsolato, ero sicuro di trovare quel maledetto dipinto.

Stiamo per uscire quando mi accorgo per la prima volta, che il soffitto non è uguale nella sua lunghezza, c’è un punto del negozio dove è più basso. Il soffitto fa una specie di scalino di mezzo metro e prosegue in orizzontale per un metro e mezzo circa, per poi ritornare allo stesso livello di prima.

“Perino, vieni con me, trova una scala, dovrebbe essercene una da qualche parte”.

“Eccola commissario, a cosa le serve?”.

La prendo e la metto sotto quello strano scalino, mi accorgo che quel pezzo di soffitto è di cartongesso ed ha un’apertura a scorrimento invisibile ad occhi indesiderati.

Infilo la mano e trovo qualcosa: un panno di stoffa pesante, un contenitore a forma cilindrica ed un libro rilegato in pelle.

“Tieni, poggiali su quel tavolo, io richiudo l’apertura”.

 

Dal panno esce una croce d’oro di 40 centimetri circa di rara bellezza, il libro è datato 1300 ed è scritto in latino, la copertina è in pelle lavorata ed incisa a mano. Nel cilindro infine, troviamo ciò che anche l’assassino stava cercando: il dipinto rubato.

“Commissario, ma come ha fatto a capire che era nascosto in quel nascondiglio?”.

“Fortuna, solo fortuna nell’aver alzato lo sguardo al soffitto, unica cosa certa è che sapevo che doveva per forza essere nascosto qui. Corsini non aveva fatto in tempo a venderlo”.

“Ora che si fa?”.

“Innanzitutto andiamo in questura, poi chiamerò il mio amico Gianni per fargli vedere il dipinto e capire se è veramente l’originale”.

Verso mezzogiorno ricevo una telefonata, è della misteriosa donna con cui mi sono incontrato.

“Buongiorno commissario, ho i nomi dei pittori che possano interessarle”.

“Buongiorno a lei signora, prego mi dica…”.

“Come sempre mi raccomando nella sua discrezione, arrivederci”.

I nomi dati sono due, di cui uno è uno studente dell’Accademia Albertina delle Belle Arti, in via Albertina 6: Massimo Viale e Gianfranco Taverna.

Chiamo un collega perché cerchi notizie su queste persone.

“Commissario, il Viale abita in via Verdi 13, non è sposato e frequenta l’Accademia delle Belle Arti, mentre il Taverna abita in Corso Parigi al numero 64, è vedovo senza figli, ha un negozio di quadri a fianco della sua abitazione”.

(Continua)

 

 

 

 

 

 
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