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Al di là di ogni sospetto (10 capitolo)

Post n°2813 pubblicato il 19 Settembre 2021 da paperino61to

Riassunto: Le indagini sulle morti dei due agenti segreti hanno portato ad individuare il maggiore Carasso, ufficiale della caserma Amione. Sicuramente, quest’ultimo ha come complice il titolare della ditta Salza. Berardi grazie anche alla soffiata fatta dalla segretaria di quest’ultimo, viene a sapere che vi sono fatture gonfiate e materiale pagato ma mai spedito all’esercito. Quando il commissario ritorna in ditta per avere informazioni maggiori dalla Terazzi scopre che la signorina è partita, capisce all’istante che la donna è stata rapita ed è in pericolo. Inoltre rimane sempre da scoprire chi è la donna misteriosa vista uscire dalla pensione dove l’agente Priero sotto falso nome alloggiava.

 

 

                      

 

Lascio la ditta con l’amaro in bocca, la giovine donna è in pericolo ne sono sicuro. Riprovo a passare dall’alloggio ma come sospettavo non c’è nessuno al suo interno. Ritorno in questura e chiedo a Tirdi di rintracciare i genitori della Terazzi.

“Ecco il numero di telefono, abitano in via Lucento numero 12, la via si trova al confine con Madonna di Campagna.

Compongo il numero e una voce maschile mi risponde.

“Buongiono chiamo dalla questura, vorrei parlare con la signorina Laura Terazzi per favore”.

“Qui non esiste nessuna Laura, buongiorno!”.

Non faccio in tempo a rispondere che l’uomo riattacca.

“Tirdi, prendiamo la macchina e rechiamoci immediatamente all’indirizzo che mi hai dato”.

La casa è isolata, la prima fattoria si trova a circa un chilometro.

“Eccoci arrivati, quindi secondo lei dentro la casa qualcuno tiene in ostaggio la ragazza?”.

“Forse. Avviciniamoci senza farci vedere”.

Prendiamo la strada per la fattoria e poi tagliamo per i campi alle spalle della casa.

Le finestre sono chiuse, si nota che vive qualcuno solo per il fumo che esce dal comignolo e lentamente arriviamo alla porta. La casa non ha piani, dall’interno ci giungono delle voci: “Se fate come vi dico nessuno di voi si farà del male…!”.

Entrare non sarà facile, l’unica è tentare un bluff sperando che Dio me la mandi buona.

Decido di bussare alla porta ed esclamo a voce alta: “Apri! Mi manda il capo, è urgente!”.

Sento dei passi dietro alla porta, l’uomo non sa se crederci oppure no.

“Apri santo cielo, siamo nei guai… hanno arrestato Salza e ha vuotato il sacco, dobbiamo scappare!”.

Sento la chiave della porta girare, con una spallata entro seguito a ruota da Tirdi.

“Polizia! In alto le mani e non tentare scherzi!”.

Sento le imprecazioni uscire dalla bocca dell’uomo mentre Tirdi lo ammanetta.

Seduti al tavolo ci sono due persone anziane, sicuramente sono i genitori della Terazzi.

“E’ finita signori, siete liberi”.

La donna si alza e mi abbraccia piangendo mentre l’uomo claudicante mi viene incontro.

“Grazie signore, ma come avete fatto a sapere che eravamo in ostaggio?”.

“Ha sbagliato risposta al telefono” e indico il malvivente.

“Come possiamo sdebitarci con voi? Volete un bicchiere di vino buono?”.

“Quello non si rifiuta mai, vero Tirdi? Lo accettiamo molto volentieri mentre ci raccontate cosa è successo e del perché quest’uomo vi teneva in ostaggio”.

Dal loro discorso capisco che la figlia è passata a trovarli in compagnia di un paio di persone, gli ha detto che per qualche giorno si allontanava da Torino e che uno di questi uomini sarebbe rimasto qui con noi.

“Non capivamo cosa fosse successo, vedevo sul volto di Laura la paura”.

“A voi non ha detto dove andava?”.

“No, l’unica cosa che ha lasciato è un libro, vado a prenderlo!”.

E’ un libro di poesie dentro c’è una cartolina che ritrae il lago di Viverone, sul retro ci sono dei segni scritti a penna che non riesco a decifrare. Saranno delle indicazioni di dove l’hanno portata?

Potrebbe essere un’ipotesi non campata in aria. Domando al padre se la figlia sia mai stata da quelle parti e la risposta è negativa.

“Ho capito dove hanno portato vostra figlia! State tranquilli, ve la riporto a casa sana e salva, ve lo prometto. Andiamo Tirdi, torniamo in questura a far cantare questo fringuello!”.

“Commissario ma davvero ha capito dove si trova la ragazza?”.

“Si! E’ stata molto furba, ha fatto in modo di dirci che si trova sul lago di Viverone, sapeva che saremmo andati a cercarla dai genitori, è l’unico modo per farcelo sapere era comprare qualcosa che riguardasse il lago, come appunto una cartolina.

“Come faceva a sapere che l’avrebbero portata da quelle parti?”.

“Evidentemente glielo hanno detto, lei ha avuto la prontezza di farcelo sapere in questa maniera. Ora bisogna scoprire il luogo esatto dove è nascosta”.

Arrivati in questura porto con noi il malvivente e nonostante non voglia aprire bocca alla fine cede. Gli faccio credere che Salza e soci abbiano confessato il rapimento.

“Io non voglio pagare anche per loro, la ragazza si trova sul lago di Viverone, ma non conosco la pensione in cui alloggia. Con lei ci sono un paio dei nostri, la tengono d’occhio notte e giorno”.

“Perché l’hanno rapita e portata via da Torino? Salza ci ha raccontano che si sentivano in pericolo per colpa della donna”.

Tirdi a fatica si contiene dal ridere alla bugia appena detta.

“Lei ha visto e sa cose che non avrebbe dovuto ne vedere o sentire, Salza lo sapeva e per questo ha deciso di farla sparire. Qualcuno gli aveva consigliato di ucciderla, ma lui si è rifiutato, non se la sentiva, era come una figlia per lui, almeno così ha detto, secondo me era innamorato. Per questo ha deciso di portarla via da Torino in attesa di un ultimo colpo, sapeva che gli stavate sul collo”.

“Perché proprio a Viverone?”.

“Ha dei contatti in quella zona, gente fidata ha detto”.

“Tu perché stavi dai genitori?”.

“Per controllarli, potevano venire da voi a denunciare il rapimento. Ogni sera alle 22 arriva una telefonata, io rispondo che va tutto bene”.

“Una sola al giorno?”.

“Si!”.

“Ora dimmi i nomi di della banda, se collabori parlerò con il giudice che ne terrà conto”.

Dopo una decina di minuti abbiamo in mano i nomi dei complici, manca solo quello del capo, l’uomo ha ribadito che non conosce chi fosse, non l’aveva mai visto, ma sempre sentito solo nominare da Salza e un militare: “Lo chiamavano il capo”.

La mia convinzione va a farsi benedire, ovvero che Salza o Carasso fosse il capo dell’intera banda.

Faccio il finto tonto, e domando chi sia il militare, l’uomo risponde che è un ufficiale dell’esercito ma non sa come si chiama. Gli porgo la fotografia per il riconoscimento:” Si è lui, ne sono sicuro!”.

“Bene, qui abbiamo finito, chiama un paio dei nostri e portalo alle Nuove, io chiamo il direttore del carcere, lo facciamo mettere in isolamento per la sua sicurezza credimi”.  

 ( Continua)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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