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Al di là di ogni sospetto (14 capitolo)

Post n°2817 pubblicato il 23 Settembre 2021 da paperino61to

Riassunto: Le indagini sulle morti dei due agenti segreti hanno portato ad individuare il maggiore Carasso, ufficiale della caserma Amione. Sicuramente, quest’ultimo ha come complice il titolare della ditta Salza. Berardi grazie anche alla soffiata fatta dalla segretaria di quest’ultimo, viene a sapere che vi sono fatture gonfiate e materiale pagato ma mai spedito all’esercito. La segretaria dopo il colloquio viene minacciata e fatta rapire da Salza. Il Commissario grazie a Maria riesce a capire cosa volessero dire i segni ritrovati sulla cartolina raffigurante il lago di Viverone. La Terazzi aveva fatto in modo di avvisare Berardi dove avrebbe potuto trovarla. I due partano per quella destinazione e sotto falso nome prendono una camera alla Pensione Lago dove la donna è sequestrata, con lei vi sono due uomini che non perdono di vista se non per pochi attimi nella giornata. Berardi avvisa Tirdi di tenersi pronto. Maria nel frattempo riesce ad avvisare la Terazzi che presto verrà liberata senza fare il nome del commissario. Quest’ultimo ha trovato un modo per allentare la sorveglianza della donna: giocare a carte con i sequestratori. Inoltre ha chiesto la collaborazione del garzone della locanda senza però fornire le vere generalità. Gli uomini di Berardi arrivano a destinazione e il commissario espone il suo piano e quando rientra alla locanda cerca di allettare i sorveglianti della Terazzi a giocare a carte con in palio dei soldi. I due abboccano, mentre il garzone dice di avere riconosciuto Berardi e immagina il motivo perché si trova in quel posto.

 

 

                          

 

“Perché ho un conto da regolare con il padrone. Tempo addietro mi ha fatto picchiare da due uomini, uno di questi è quello con la barba che ha visto anche lei”.

“Come mai ti hanno picchiato?” domando incuriosito.

“Dovevo portare della merce di contrabbando al paese qui vicino, non volevo essere coinvolto”.

“Che roba era? L’hai vista?”.

“No, però ho sentito il padrone e questi uomini parlare. Dicevano che era rischioso se la portavano loro, meglio uno del posto perché così la polizia non l’avrebbero fermato di certo. Il padrone ci pensò un attimo poi fece il mio nome e mi chiamò. Io feci il finto tonto ma loro se ne accorsero, così prima mi minacciarono poi passarono alle botte. Dovetti accettare, ma dentro di me giurai che gliela avrei fatta pagare”.

“Bene ragazzo il momento è arrivato. Io stasera giocherò a carte con quei due presenti ora nella pensione A un mio segnale o frase concordata, andrai nel retro e chiamerai i miei colleghi, poi, entrati loro, richiudi la porta e vai nella tua camera e ti chiudi dentro hai capito? E’ gente pericolosa quella!”.

La tensione man mano che passano le ore stava salendo, a cena mangiai poco, anche Maria era nervosa, teme per la mia incolumità. Dopo cena saliamo in camera: “Chiudi a chiave e apri solo al ragazzo se dovesse bussarti, ma solo a lui, non temere andrà tutto bene”.

I due uomini scendono nella sala verso le dieci e mezza di sera, parlano sottovoce. I loro occhi scrutano in giro in cerca di qualcosa o di qualcuno.

“Ha visto il padrone della pensione? Vorremmo saldare il conto, domani mattina preso partiamo” mi domanda uno di loro.

Rispondo di no, che non l’ho visto.

“Pazienza, se a lei sta bene possiamo iniziare a giocare che ne dice?”.

“Volentieri, ecco qua i miei soldi!”.

“Con i soldi si gioca a poker, spero che lo conosca” mi domanda uno dei due.

“Si! Lo conosco”.

Un’ora dopo faccio un cenno al ragazzo, chiedo di portare del brandy.

Capisce che quello è il segnale, un paio di minuti dopo, porta la bottiglia con i bicchieri.

“Se non avete più bisogno di me vado a dormire…”.

Uno dei due uomini gli domanda dove è il padrone, ma anche il ragazzo risponde che non l’ha visto da ore, da quando ha accompagnato il prete al paese vicino.

Dal suo volto noto che è piuttosto seccato.

“Si sarà fermato a passare la notte da qualche parte…” ammicco un sorriso malizioso.

“Può essere, allora che fa, rilancia?”.

“Senz’altro, rilancio e metto sul piatto anche queste...” tiro fuori dalla tasca un paio di manette.

Gli uomini sono sbalorditi, uno dei due tenta di mettere mano nella tasca, ma viene subito fermato da Tirdi e dagli altri colleghi giunti nel frattempo.

“Frambelli, lascia perdere, non ti conviene è finita per te! Andrai a far compagnia a tuo fratello”.

L’uomo mi ingiuria e minaccia di farmela pagare, con la solita frase: “Ho amici importanti!”.

“Lo so e vedrai che a breve ti faranno compagnia!”.

“Presto Tirdi vieni con me… a proposito ottimo tempismo, ci sto rimettendo le mutande in questo gioco”.

Busso alla camera di Maria, lei mi apre e capisce vedendo Tirdi che è tutto finito.

“Andiamo dalla ragazza ora”.

“Signorina Terazzi, sono il commissario Berardi, lei è libera”.

La porta si apre e il volto di lei passa dall’incredulità alla gioia, abbraccia me e Tirdi, e a Maria regala un bacio sulla guancia.

“Grazie…grazie…a tutti voi…mi avete liberata da un incubo…ma come stanno i miei genitori? E’ vero che sono liberi anche loro?”.

“Si, stia tranquilla sono liberi e protetti dai miei agenti. Ora si rilassi, domani mattina torniamo a Torino e mi dirà tutto quello che sa”.

“Ma Salza? Se lo venisse a sapere, la mia vita…”.

“Non si preoccupi, ora pensi a lei, deve riposarsi”.

A una domanda non trovo risposta: dov’è finito il padrone della pensione?

Vedo salire dalle scale il ragazzo sorridente, domanda se è tutto finito, rispondo di sì, tranne la scomparsa del padrone.

“Per quello non si preoccupi, ci ho pensato io…”.

“Mica l’avrai…?”.

“Commissario, non scherzi, sono una persona onesta, venga con me andiamo in cantina”.

Io e Tirdi lo seguiamo, dietro a una botte, vediamo un corpo legato e imbavagliato, è il titolare della pensione.

“Ma come hai fatto? “ domando al ragazzo.

“Facile, un po’ di sonnifero nella caraffa del vino e il gioco è fatto” esclama mettendosi a ridere.

“Bravo ragazzo, sei sveglio e meriti una ricompensa, merito tuo se siamo riusciti ad arrestare i rapitori della ragazza e sventare questa banda di contrabbandieri”.

“Non ho ancora finito, venga qui commissario, vede quelle casse, le hanno portate quei due che avete arrestato, non so cosa contengano ma credo nulla di legale, visto che ho dovuto scaricarle di notte notte e non di giorno”.

Tirdi apre le casse, alcune contengono sigarette, le altre casse hanno uno stemma a fianco, è quello del Regio Esercito, contengono pezzi di fucili e mitragliatori.

“Con queste prove la banda si prenderà un bel po’ di anni, e il nostro caro maggiore se si salverà dalla fucilazione sarà un miracolo”.

Il giorno dopo partiamo per Torino, la ragazza riabbraccia i genitori mentre gli arrestati vengono portati in carcere. Mi reco dal questore a fare rapporto.

“Bravo Berardi e ora cosa intende fare? Firmo immediatamente l’ordine di cattura per Salza e il Carasso”.

“Perfetto, se ci sbrighiamo i pesci saranno presi nella rete, quello che però non so ancora chi sia il loro capo”.

“Lei crede che i due farabutti siano agli ordini di una misteriosa persona?”.

“Credo di sì, l’uomo che ha confessato non aveva motivo di mentire. C’è qualcuno che muove i fili, che sa come muoversi nell’ambito dell’esercito e propendo che abbia amicizie in alto loco”.

“Addirittura? Non le sembra di esagerare commissario?”.

“Lo spero signor questore, sarebbe un sollievo sapere che nei vertici militari non vi siano mele marce”.

Nel primo pomeriggio con degli agenti e con la signorina Terazzi mi reco nella ditta dove lavora. I dipendenti sono stupiti nella vederla e la salutano con affetto. Mi reco da Salza e lo trovo nel suo ufficio, domanda bruscamente cosa voglio ancora da lui.

(Continua)

.

 

 

 

 

 
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