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Messaggi di Aprile 2021

 

Il dipinto rubato (12 capitolo)

Post n°2752 pubblicato il 30 Aprile 2021 da paperino61to

Riassunto: Un dipinto del Moncalvo viene rubato al convento dei frati, il padre superiore chiede aiuto al commissario Berardi. Il furto si presenta fin dall'inizio anomalo, tanto vero che dopo un paio di giorni ritorna al suo posto. 

  Berardi decide di passare da un suo amico: Gianni Notari, proprietario ed esperto di quadri, chiedendo il suo aiuto: osservare il dipinto e confermare che sia veramente Lloriginale e non un falso.

 Notari conferma che il dipinto ritornato è un falso. Berardi va a interrogare due ricettatori della città; Raso e Corsini. Il primo giura di aver cambiato vita dopo un paio di anni in galera. Mentre il Corsini verrà ritrovato morto nel retro con la cassaforte aperta, i cassetti della scrivania a terra.  Il lunedì in ufficio Perino dice di aver visto Padre Carlo all'ippodromo, era in coda alla cassa delle scommesse, ma non potrebbe giurarlo: "Appena mi ha visto ha cambiato immediatamente direzione. Era in abiti civili". I due vanno dal superiore e domandano se i frati sono usciti dal convento il giorno prima, risponde che solo Padre Carlo è andato ad assistere una ammalata, ma non sa il nome ne dove abita.Una donna misteriosa incontra il commissario, la quale riferisce che Corsini aveva tra le mani un grosso affare e che con i soldi incassati sarebbero scappati insieme, ma non sa dire di che affare. Beradi domanda se conosce qualche pittore bravo a riprodurre un dipinto. In piena notte Berardi riceve una chiamata, qualcuno è entrato nel negozio di Corsini. Qualcuno si è intrufolato nel negozio per cercare cosa? l'agenda dei clienti o il dipinto? Berardi opta per il dipinto. Chiede rinforzi e si mettono alla ricerca di questo dipinto, ma non riescono a trovarlo, solo quando stanno per uscire Berardi nota qualcosa di strano nel soffitto, una specie di scalino in cartongesso desta la sua curioistà. Nel nascondiglio il commissario trova vari oggetti tra cui il dipinto originale. Nel tornare in questura, la misteriosa donna dice di avere i nomi dei pittori che potevano riprodurre il Moncalvo, sono solo due: uno studende e un negoziante di quadri. Nel frattempo la misteriosa donna informa il commissario di avere due nomi pittori in grado di falsificare un quadro: Taverna, proprietario di un negozio alla Crocetta e uno studente delle Belle Arti: Massimo Viale. Il primo dice chiaramente che è da quando si è sposato che ha smesso di fare copie false. Berardi va all'accademia e gli riferiscono che il ragazzo è da diversi giorni assente. Decide di andare nel suo appartamento e l'unica cosa che trova è una copia non finita di un quadro di Da Vinci e il giornale aperto sull'articolo della morte di Corsini. Il commissario capisce che lo studende è scappato per paura. Ritorna all'accademia e domanda al rettore se qualche persona è venuto a cercare il ragazzo. Dalla descrizione capisce che è Padre Carlo, nel frattempo Perino riferisce che il frate è finito nella mani dei fratelli Reggi: usurai e malavitosi. Berardi e Perino salgano al convento e fanno confessare Padre Carlo, costui nega solo il delitto, l'ha saputo leggendelo sul giornale ed ha subito capito che erano stati i fratelli Reggi. Il commissario lo "obbliga" a collaborare tendendo una trappola agli assassini.

 

 

 

Il piano è molto semplice ma tutto si basa sulla sicurezza che i fratelli Reggi non devono avere il benché minimo sentore su ciò che padre Carlo gli racconta.

L’appuntamento al negozio di Corsini è fissato per le due di notte; il frate sarebbe entrato nel negozio lasciando la porta socchiusa. Il falso dipinto, dopo esser stato tolto dalla cornice sarebbe stato nascosto in quel controsoffitto dove io ho trovato l’originale.

Io e Perino fin dal primo pomeriggio ci siamo nascosti all’interno del negozio, passando dal retro per non farci vedere e lasciando intatti i sigilli alla porta. Gli altri colleghi invece sarebbero arrivati verso l’imbrunire nascondendosi all’interno dei portoni di fronte al negozio.

“Commissario, crede che il frate abbia convinto i Reggi a venire qui?”.

“Lo spero, sa bene che rischia di essere incriminato anche per il delitto”.

“Ma sappiamo che non è stato lui!”.

“Lo so Perino, ma è l’unico modo per convincerlo a darci una mano, altrimenti credi che lo avrebbe fatto se si fosse trattato solo di un furto?”.

“Credo di no”.

Sentiamo la serranda del negozio vicino abbassarsi, capiamo che è l’ora della chiusura, anche i passi della gente si diradano fino a scomparire. Il tempo sembra non passare più, in lontananza sentiamo le campane di una chiesa battere le ore.

Verso l’una sentiamo qualcuno trafficare alla porta del negozio, tiro fuori la pistola, poi mi volto verso Perino facendo segno di non fiatare.

Sottovoce sento chiamarmi, è padre Carlo. Usciamo dal nascondiglio.

“Buona sera padre, venga qui dove la penombra ci aiuta a non farci vedere dall’esterno”.

“Commissario ho paura, per la prima volta ho paura che Dio mi abbandoni”.

“Non credo, stia tranquillo, vedrà che lui l’aiuterà. Piuttosto mi dica se è stato seguito?”.

“Credo di sì, ma non ne sono sicuro, perché a un certo punto mi sono voltato indietro e non ho più visto nessuno”.

Perino interviene dicendo che di sicuro non erano i nostri colleghi.

“Lo credo anche io, è un uomo della banda. Bene, ora padre Carlo, le dico come muoversi e cosa dire, non abbia tremore o esitazione altrimenti il piano fallisce. Dobbiamo prenderli con le mani nel sacco”.

Il frate ascolta attentamente, non obietta nulla.

Le campane hanno da poco suonato le due, quando sentiamo la porta del negozio aprirsi piano. Un fascio di luce illumina il negozio.

“Sono qui!” esclama padre Carlo. I due uomini indirizzano il fascio verso la sua persona.

“Bene padre, io e mio fratello pensavamo ci avesse fatto uno scherzo…a dire la verità lui ne è ancora convinto, ma io so che lei è una persona sincera, un frate non può mentire vero?”. Il tono con cui pronuncia questa frase fa capire che se non ci fossimo noi, la sua pelle non varrebbe un soldo.

“Venite, vi faccio vedere dove si trova il dipinto”.

I due uomini lo seguono, osservando il controsoffitto indicato dal frate.

Chiedono come fa ad esserne sicuro, padre Carlo dà esattamente la spiegazione che gli ho detto di dare.

“Furbo questo Corsini, se parlava subito non sarebbe morto...pace all’anima sua…Felice, guarda se trovi una scala”.

“Guarda dietro a quel tavolo, l’ho vista l’ultima volta che sono venuto qui. L’ho rimessa a posto caso mai la polizia fosse ritornata”.

“E bravo padre…che dici fratello mio, lo facciamo entrare nella banda?” entrambi ridono a questa battuta.

Uno dei due sale sulla scala e apre la porticina segreta, infila la mano e esulta al sentire che sta toccando qualcosa.

“Eccolo!!” e tira fuori il cilindro dove all’interno vi è il falso dipinto.

“Bravo padre mio, vedi non è difficile. Ora pensiamo noi a metterlo sul mercato”.

“Ma è il mio debito? Il dipinto vale tantissimo”.

Uno dei due fratelli tira fuori un coltello e lo avvicina al volto del frate.

“Tu ringrazia che siamo di buon’umore altrimenti saresti morto come quel meschino di Corsini…avresti dovuto sentirlo come chiedeva pietà, per il debito sono affari tuoi, noi quei soldi li vogliamo…e in fretta!”.

Il frate si accascia su una sedia mentre uno dei due delinquenti gli dice di alzarsi e di uscire: “Meglio andare via prima che passi di nuovo il metronotte”.

I tre si avviano verso l’uscita, padre Carlo è in mezzo a loro. Appena varcano la soglia i colleghi intervengono immediatamente, mentre io e Perino li prendiamo alle spalle.

I Reggi capiscono subito che per loro è finita ed alzano le mani.

“Perino, togli il coltello al signore, non vorrei mai che avesse la tentazione ad usarlo”.

Il frate è seduto per terra tremante di paura, non osa guardare in faccia i due fratelli.

“Signori, siete in arresto per l’omicidio di Corsini, violazione di domicilio, ricatto e minacce…direi che per parecchi anni non sentiremo parlare di voi. Portateli via!”.

“Bene padre Carlo, vada anche lei con i miei uomini, come promesso dirò al giudice di tenere conto dell’aiuto che ci ha dato”.

Tornati in questura scrivo il rapporto e lo consegno al questore: “Forza Perino vai a dormire, io passo un attimo dal mio amico e gli consegno il dipinto originale, così che possa rimetterlo nella cornice originale data padre Enzo. Poi nel pomeriggio lo porterò al convento”. Per quanto riguarda lo studente è bastata la paura di essere complice in un delitto e la ramanzina del questore per farlo desistere nel fare copie di dipinti famosi per eventuali clienti futuri.

Esco dalla questura e osservo il cielo, anche oggi bel tempo e caldo.

 

                                           Fine

 

 

 

Un grazie a tutti voi che avete seguito l'ennesima indagine del commissario, alla prossima :-) 

 

 

 
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Il dipinto rubato (11 capitolo)

Post n°2751 pubblicato il 28 Aprile 2021 da paperino61to

Riassunto: Un dipinto del Moncalvo viene rubato al convento dei frati, il padre superiore chiede aiuto al commissario Berardi. Il furto si presenta fin dall'inizio anomalo, tanto vero che dopo un paio di giorni ritorna al suo posto. 

  Berardi decide di passare da un suo amico: Gianni Notari, proprietario ed esperto di quadri, chiedendo il suo aiuto: osservare il dipinto e confermare che sia veramente Lloriginale e non un falso.

 Notari conferma che il dipinto ritornato è un falso. Berardi va a interrogare due ricettatori della città; Raso e Corsini. Il primo giura di aver cambiato vita dopo un paio di anni in galera. Mentre il Corsini verrà ritrovato morto nel retro con la cassaforte aperta, i cassetti della scrivania a terra. Berardi ritorna da Raso domandando se conosceva qualche cliente della vittima, l'uomo risponde che di solito si tiene un'agenda con i nomi. Ma questa agenda è sparita. Il lunedì in ufficio Perino dice di aver visto Padre Carlo all'ippodromo, era in coda alla cassa delle scommesse, ma non potrebbe giurarlo: "Appena mi ha visto ha cambiato immediatamente direzione. Era in abiti civili". I due vanno dal superiore e domandano se i frati sono usciti dal convento il giorno prima, risponde che solo Padre Carlo è andato ad assistere una ammalata, ma non sa il nome ne dove abita. Il commissario Berardi capisce che Perino ha visto giusto, Padre Carlo era all'ippodromo.Una donna misteriosa incontra il commisario, quest'ultimo deduce che era l'amante del Corsini. La donna riferisce che Corsini aveva tra le mani un grosso affare e che con i soldi incassati sarebbero scappati insieme, ma non sa dire di che affare. Beradi domanda se conosce qualche pittore bravo a riprodurre un dipinto. In piena notte Berardi riceve una chiamata, qualcuno è entrato nel negozio di Corsini. Qualcuno si è intrufolato nel negozio per cercare cosa? l?agenda o il dipinto? Berardi opta per il dipinto. Chiede rinforzi e si mettono alla ricerca di questo dipinto, ma non riescono a trovarlo, solo quando stanno per uscire Berardi nota qualcosa di strano nel soffitto, una specie di scalino in cartongesso desta la sua curioistà. Nel nascondiglio il commissario trova vari oggetti tra cui il dipinto originale. Nel tornare in questura, la misteriosa donna dice di avere i nomi dei pittori che potevano riprodurre il Moncalvo, sono solo due: uno studende e un negoziante di quadri. Nel frattempo la misteriosa donna informa il commissario di avere due nomi pittori in grado di falsificare un quadro: Taverna, proprietario di un negozio alla Crocetta e uno studente delle Belle Arti: Massimo Viale. Il primo dice chiaramente che è da quando si è sposato che ha smesso di fare copie false. Berardi va all'accademia e gli riferiscono che il ragazzo è da diversi giorni assente. Decide di andare nel suo appartamento e l'unica cosa che trova è una copia non finita di un quadro di Da Vinci e il giornale aperto sull'articolo della morte di Corsini. Il commissario capisce che lo studende è scappato per paura. Ritorna all'accademia e domanda al rettore se qualche persona è venuto a cercare il ragazzo. 

 

 

 

Dalla descrizione del rettore capisco che è padre Carlo. Tornato in ufficio e chiedo a Perino di prendere una fotografia del frate e di tornare all’ippodromo: “Chiedi agli impiegati alle casse se lo riconoscono e chiedi anche a Bressan se ha avuto a che fare con lui”.

“Bressan l’allibratore?”.

“Si!”.

Un paio d’ore dopo Perino torna con notizie buone: “Commissario, il frate è un habitué delle scommesse sui cavalli, il guaio per lui da quanto mi hanno riferito è che non vince quasi mai. Ho sentito anche Bressan, ha riferito che il frate è finito nelle mani dei fratelli Reggi, quella è gente che non scherza e padre Carlo deve a loro un bel po’ di soldi”.

“Usurai e malavitosi i due fratelli, chissà che stavolta non li incastriamo”.

Rifletto un attimo sul da farsi, poi espongo un piano che prevede la complicità del mio amico Gianni.

“La cosa è fattibile commissario, se il frate ci casca difficilmente riuscirà a mantenersi calmo”.

“Telefono al mio amico e concordiamo l’ora in cui lui è disponibile, poi chiamo Padre Enzo e chiedo che vi siano presenti anche i frati del convento, tutti quanti”.

Verso il pomeriggio saliamo al Monte dei Cappuccini e spiego per bene il mio piano a Gianni.

“Buongiorno Marco, signori…prego venite, i miei confratelli vi stanno aspettando”.

Noto che vi è anche padre Carlo.

“Come mai siete venuti? E’ successo qualcosa?” domanda padre Enzo.

“No Padre, tranquillo, ho chiesto al mio amico di venire per dare un’occhiata al dipinto del Moncalvo. Ammetto che un tarlo mi assillava e ancora adesso mi assilla, ovvero che il dipinto sia un falso!”.

“Ma…ma Marco come fai a credere una cosa del genere? Ma no…tu non hai proprio fede nel nostro Signore”.

“Lo so, colpa del mio mestiere. Per questo ho portato con me il mio amico Gianni, è un esperto d’arte che riconosce i falsi dagli originali” calcando su quest’ultima frase osservo padre Carlo; un lieve tremore compare sulle sue labbra.

Perino facendo finta di osservare la cappella, si mette alle spalle del gruppo dei frati.

“Va bene, Marco, fai pure, ma sono sicuro che ti sbagli, questo è l’originale”.

Gianni si avvicina, lo osserva attentamente, si prende il suo tempo. Sembra un attore consumato, poi esclama: “Ha ragione padre Enzo, questo è il vero Moncalvo!”.

“Non è possibile! Si sbaglia!”.

La voce è quella di padre Carlo, il suo volto denota stupore ma anche un certo spavento.

“Fratello perché dici questo?” domanda padre Enzo.

“Posso rispondere io per lui se a lei va bene…o vuole farlo lei?”.

Il frate si siede su una panca, sembra svuotato da ogni energia.

“Vede amico mio, il buon padre Carlo è un assiduo frequentatore delle corse dei cavalli. Ovviamente non va solo ad osservare quei nobili destrieri, ma scommette anche dei bei soldi su di loro”.

“Non è vero, è falso, mai scommesso in vita via!”.

“Strano, perché di lei gli impiegati alle casse si ricordano bene, e credo che ancora meglio si ricordino i fratelli Reggi. Ora non mi dica che non li conosce? Su…un frate non può mentire nella casa del Signore”.

L’uomo si alza dalla panca e cerca la via di fuga verso l’uscita ma viene trattenuto a forza da Perino.

“Bravo Perino, ora si calmi e si segga, altrimenti la faccio ammanettare!”.

“Dovete sapere che questi Reggi sono malavitosi della peggior specie e sono anche degli usurai. Il vostro caro confratello, che con le scommesse è abbastanza sfortunato, si è rivolto a queste persone. Potete capire da voi che questa gente non regala soldi, ed ecco che padre Carlo si trova legato mani e piedi a loro”.

“Commissario, vuole dire che il furto del dipinto l’ha organizzato lui? Ma se il suo amico ha detto che questo è l’originale…non capisco”, a parlare è padre Angelo.

“Il mio amico ha mentito su ordine mio. Lui sa già che il dipinto che si trova nel convento è un falso. Un paio di giorni addietro è venuto ad osservarlo, e non ha dubbi in merito. Il mio piano è stato quello di fare uscire allo scoperto il vostro confratello. Ma la parte peggiore deve ancora arrivare”.

“Marco, cosa vorresti dire?”.

“Che è anche un assassino! Ha ucciso Bartolo Corsini, un ricettatore di opere rubate”.

“Non sono stato io! Credetemi, non sono un assassino…”.

“Non mentire almeno non in questa sede! Se non sei stato tu chi è stato allora?”.

“Quando ho letto la notizia sul giornale ho capito subito chi è stato e il perché, sono stati i fratelli Reggi. Gli avevo raccontato del mio piano per rubare il Moncalvo e poi mettere un falso al posto dell’originale. Ho detto loro che il dipinto valeva una fortuna, e che con i soldi della vendita avrei pagato il mio debito con loro, il resto dei soldi potevano anche tenerseli”.

“Però poi qualcosa è andato storto”.

“Si evidentemente mi hanno seguito, e quando mi hanno visto che entravo nel negozio di Corsini, hanno capito il motivo della mia visita”.

“Solo che Corsini è stato furbo a nascondere il dipinto, per questo non lo hanno trovato”.

“Come, non lo hanno preso loro?”.

“No, è al sicuro in questura. Ora se vuoi alleggerire la tua posizione puoi darci una mano”.

“Cosa devo fare?”.

“Studierò un piano per attirare i Reggi in una trappola e tu sarai l’esca”.

“Ma…ma quelli potrebbero uccidermi se scoprono che li ho traditi”.

“Non ti succederà nulla se mi darai retta, d’altronde non hai scelta, potrei incriminarti anche per omicidio e lo sai bene”.

“Va bene commissario, mi dica quello che devo fare, ho già sbagliato e il mio sbaglio è costato la vita a un uomo…che Dio mi perdoni…e anche voi cari confratelli perdonatemi se potete”.

 

(Continua)

 

 
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Il dipinto rubato (10 capitolo)

Post n°2750 pubblicato il 26 Aprile 2021 da paperino61to

Riassunto: Un dipinto del Moncalvo viene rubato al convento dei frati, il padre superiore chiede aiuto al commissario Berardi. Il furto si presenta fin dall'inizio anomalo, tanto vero che dopo un paio di giorni ritorna al suo posto. 

  Berardi decide di passare da un suo amico: Gianni Notari, proprietario ed esperto di quadri, chiedendo il suo aiuto: osservare il dipinto e confermare che sia veramente Lloriginale e non un falso.

 Purtroppo il Notari conferma che il dipinto ritornato è un falso. Berardi va a interrogare due ricettatori della città; Raso e Corsini. Il primo giura di aver cambiato vita dopo un paio di anni in galera. Mentre il Corsini verrà ritrovato morto nel retro con la cassaforte aperta, i cassetti della scrivania a terra. Berardi ritorna da Raso domandando se conosceva qualche cliente della vittima, l'uomo risponde che di solito si tiene un'agenda con i nomi. Ma questa agenda è sparita, allora Raso dà al commissario alcuni nomi di suoi clienti, ma nessuno di loro c'entra con il delitto. Il lunedì in ufficio Perino dice di aver visto Padre Carlo all'ippodromo, era in coda alla cassa delle scommesse, ma non potrebbe giurarlo: "Appena mi ha visto ha cambiato immediatamente direzione. Era in abiti civili". I due vanno dal superiore e domandano se i frati sono usciti dal convento il giorno prima, risponde che solo Padre Carlo è andato ad assistere una ammalata, ma non sa il nome ne dove abita. Il commissario Berardi capisce che Perino ha visto giusto, Padre Carlo era all'ippodromo.Una donna misteriosa incontra il commisario, quest'ultimo deduce che era l'amante del Corsini. La donna riferisce che Corsini aveva tra le mani un grosso affare e che con i soldi incassati sarebbero scappati insieme, ma non sa dire di che affare. Beradi domanda se conosce qualche pittore bravo a riprodurre un dipinto, la signora risponde che si informerà tra i suoi amici. In piena notte Berardi riceve una chiamata, qualcuno è entrato nel negozio di Corsini. Qualcuno si è intrufolato nel negozio per cercare cosa? l?agenda o il dipinto? Berardi opta per il dipinto. Chiede rinforzi e si mettono alla ricerca di questo dipinto, ma non riescono a trovarlo, solo quando stanno per uscire Berardi nota qualcosa di strano nel soffitto, una specie di scalino in cartongesso desta la sua curioistà. Nel nascondiglio il commissario trova vari oggetti tra cui il dipinto originale. Nel tornare in questura, la misteriosa donna dice di avere i nomi dei pittori che potevano riprodurre il Moncalvo, sono solo due: uno studende e un negoziante di quadri.

 

 

 

Il negozio è situato in zona Crocetta, ha tre vetrine con diversi quadri esposti.

“Buongiorno, desidera?”.

“Il signor Taverna?”.

Risponde di sì. Alto un metro e ottanta circa con capelli brizzolati ed il viso ha un mento pronunciato.

“Buongiorno, sono il commissario Berardi, avrei bisogno di porle alcune domande”.

Mi guarda sorpreso e va verso la porta del negozio, la chiude e mi invita nel suo ufficio.

“Prego si sieda, posso offrirle un sigaro?”.

“Non fumo ma grazie lo stesso. Sono qui per sapere se qualche suo cliente è venuto a domandargli di eseguire un dipinto di Guglielmo Coccia detto il Moncalvo?”.

“Strana domanda la sua commissario, io di solito li vendo i dipinti, e al massimo dipingo solo i miei, non quelli di altri pittori, ma perché me lo domanda?”.

“Capisco, sto svolgendo un’indagine e riguarda il pittore che gli ho nominato”.

“Se ho ipotizzato bene, lei sta cercando una persona che ha ricopiato l’originale, magari per poi venderlo spacciandolo per il Moncalvo”.

“Non posso risponderle, come le ho detto. Non è mai successo negli anni precedenti che qualche cliente le abbia fatto una richiesta del genere, ovvero falsificare un dipinto?”.

 “Da giovane si, alcuni clienti me lo chiesero e ammetto che ne dipinsi un paio, poi conobbi mia moglie e non ebbi più il coraggio di intraprendere quella strada, sarebbe stata rischiosa anche per lei. Commissario, ammetto che sarebbe stato molto redditizia come carriera, ma anche pericolosa, non mi ci vedevo a dipingere le mura di una cella”.

“Apprezzo la sua onestà, le fa onore. Bene signor Taverna, grazie per la sua disponibilità, le lascio il numero dell’ufficio, se dovesse venire qualche cliente con una richiesta sul Moncalvo mi avverta”.

Posso cancellare il nome del Taverna, rimane solo una possibilità per capire chi ha dipinto il falso: lo studente!

Mi reco all’Accademia Albertina delle Belle Arti e domando di Massimo Viale, mi dicono che è da un paio di giorni che non lo vedono e trovano strana la sua mancanza:” Non è mai mancato a una lezione”.

“Sa se ha degli amici, una fidanzata a cui posso rivolgermi?”.

“Ci sarebbe Flavia Tedeschi, non so dirle se è la sua ragazza, so che stanno sempre insieme, e Marcello Bosio, entrambi frequentano la stessa classe di Viale”.

“Se sono in classe può farli uscire, dovrei rivolgerli alcune domande”.

Attendo una decina di minuti, poi vedo il rettore arrivare con i due ragazzi. Lei è esile ma molto graziosa con i capelli corti e biondi un bel viso regolare. Bosio, invece è di corporatura robusta, non alto, porta gli occhiali sopra un naso aquilino.

“Buongiorno, sono il commissario Berardi, avrei bisogno di parlare con Massimo Viale, so che siete amici”.

I due si guardano poi risponde la ragazza: “Si siamo amici di Massimo, ma gli è successo qualcosa?”.

“Non lo sappiamo ancora, volevo parlargli ma mi hanno detto che è da un paio di giorni che non si fa vedere in Accademia!”.

“Non sappiamo dove sia, ora dobbiamo andare a lezione!”, a parlare è il Bosio.

“Ragazzi, è per il bene del vostro amico che devo trovarlo, qui c’è il numero del mio ufficio, se lo vedete ditegli di chiamarmi”.

Non mi convincono le loro risposte date, e decido di andare all’abitazione del Viale. I vicini mi dicono che sono giorni che non lo vedono né tantomeno hanno sentito rumori provenienti dall’appartamento, chiedo al custode di aprimi la porta.

Non c’è nessuno, sul tavolo solo una tazza contenente del caffè e accanto il giornale con la pagina aperta sull’omicidio di Corsini.

Guardo nell’armadio, gli abiti sono ancora appesi. Noto una valigia sopra il mobile, è vuota. In uno stanzino, c’è un cavalletto, una tavolozza con dei colori e i pennelli sono in un contenitore. Il dipinto è una copia non finita della Dama con ermellino del Da Vinci.

Questo Viale è proprio bravo, indubbiamente chi si è servito dei suoi servigi lo sapeva. Ritorno all’accademia e domando del rettore:” Volevo sapere se qualche persona è venuta a domandare referenze su Massimo Viale”.

“Mi faccia pensare un attimo, mi sembra di ricordare che un paio di settimane addietro, è venuto una persona a domandare di lui. Non mi ha detto come si chiamava, ha solo accennato al fatto che aveva sentito parlare bene di questo ragazzo ed aveva bisogno dei suoi servigi”.

“Lo può descrivere?”.

(Continua)

 

 
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Con un pò di amici

Post n°2749 pubblicato il 24 Aprile 2021 da paperino61to

Pronti a sentire buona musica? Bene, ecco a voi un pò di amici che allieteranno la serata, buon ascolto...

 

 

         

 

 

 

           

 

 

 

 

            

 

 

 

 

 

 

              

 

 

 

 

 

       

 
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Il dipinto rubato (9 capitolo)

Post n°2748 pubblicato il 23 Aprile 2021 da paperino61to

Riassunto: Un dipinto del Moncalvo viene rubato al convento dei frati, il padre superiore chiede aiuto al commissario Berardi. Il furto si presenta fin dall'inizio anomalo, tanto vero che dopo un paio di giorni ritorna al suo posto. Un miliziano di ronda quella sera conferma che nessuno è salito o sceso dal convento. Ciò rafforza l'ipotesi che il commissario e Perino: ovvero che il ladro è uno dei frati.

  Berardi decide di passare da un suo amico: Gianni Notari, proprietario ed esperto di quadri, chiedendo il suo aiuto: osservare il dipinto e confermare che non sia un falso. 

 Purtroppo il Notari conferma il sospetto dei due poliziotti: il dipinto ritornato è un falso. Berardi va a interrogare due ricettatori della città; Raso e Corsini. Il primo giura di aver cambiato vita dopo un paio di anni in galera. Purtroppo Corsini verrà ritrovato morto nel retro con la cassaforte aperta, i cassetti della scrivania a terra. Berardi ritorna da Raso domandando se conosceva qualche cliente della vittima, l'uomo risponde che di solito si tiene un'agenda con i nomi. Ma purtroppo la polizia non ha trovato nulla, allora Raso dà al commissario alcuni nomi di suoi clienti, ma nessuno di loro c'entra con il delitto. Il lunedì in ufficio Perino dice di aver visto Padre Carlo all'ippodromo, era in coda alla cassa delle scommesse, ma non potrebbe giurarlo: "Appena mi ha visto ha cambiato immediatamente direzione. Era in abiti civili". I due vanno dal superiore e domandano se i frati sono usciti dal convento il giorno prima, risponde che solo Padre Carlo è andato ad assistere una ammalata, ma non sa il nome ne dove abita. Padre Enzo dice sdegnosamente che in nessuna maniera un frate può uscire in abiti civili. Il commissario Berardi capisce che Perino ha visto giusto, Padre Carlo era all'ippodromo.Una donna misteriosa incontra il commisario, quest'ultimo deduce che era l'amante del Corsini. La donna riferisce che Corsini aveva tra le mani un grosso affare e che con i soldi incassati sarebbero scappati insieme, ma non sa dire di che affare. Beradi domanda se conosce qualche pittore bravo a riprodurre un dipinto, la signora risponde che si informerà tra i suoi amici. In piena notte Berardi riceve una chiamata, qualcuno è entrato nel negozio di Corsini. 

 

 

Domando chi se ne sia accorto, il collega mi indica il metronotte: “E’ di servizio in questa zona, appena ha notato la cosa ci ha fatto chiamare, vuole interrogarlo?”.

Pongo un paio di domande ma non ricavo nulla di interessante: “Probabile che la persona all’interno sia scappata prima che arrivassi, anche perché quando sono entrato nel negozio non vi era nessuno”.

“Grazie, ora vada pure, lasci solo il suo cognome e indirizzo al collega, caso mai avessimo ancora bisogno di porle delle domande”.

Entro nel negozio, accendo la luce e noto che alcuni quadri appesi alla parete sono stati tolti e messi sul pavimento, la tela dietro è lacerata. Chi è entrato qui cosa stava cercando?

La famosa agenda con i nomi dei clienti di Corsini oppure il dipinto rubato?

Propendo più per la seconda ipotesi. Solo l’assassino può avere interesse a ritornare. Ordino al collega di non muoversi dalla sua postazione, fino a quando non arrivano altri colleghi per dargli il cambio.

“Ciao Perino stanotte qualcuno è entrato nel negozio”.

Rimane sbalordito: “Immagino non sia stato fermato”.

“Immagini bene, il metronotte che si è accorto della cosa, non ha visto nessuno all’interno del negozio, probabile che il misterioso visitatore se la sia svignata senza farsi vedere da nessuno”.

 “Secondo lei cosa cercava?”.

“Una cosa sola: il dipinto che ha rubato!”.

Entriamo entrambi nel negozio e chiedo ai colleghi di aiutarci, spiegando loro cosa devono cercare: “Guardate in ogni pertugio, ogni posto che vi possa sembrare un nascondiglio ideale per una tela, andate e buon lavoro”.

“Perino tu cerca da quella parte mentre io guardo nel retro”.

Dopo un paio di ore di accurata ricerca siamo al punto di prima, non abbiamo trovato nulla.

“Commissario, che facciamo?”.

Sono sconsolato, ero sicuro di trovare quel maledetto dipinto.

Stiamo per uscire quando mi accorgo per la prima volta, che il soffitto non è uguale nella sua lunghezza, c’è un punto del negozio dove è più basso. Il soffitto fa una specie di scalino di mezzo metro e prosegue in orizzontale per un metro e mezzo circa, per poi ritornare allo stesso livello di prima.

“Perino, vieni con me, trova una scala, dovrebbe essercene una da qualche parte”.

“Eccola commissario, a cosa le serve?”.

La prendo e la metto sotto quello strano scalino, mi accorgo che quel pezzo di soffitto è di cartongesso ed ha un’apertura a scorrimento invisibile ad occhi indesiderati.

Infilo la mano e trovo qualcosa: un panno di stoffa pesante, un contenitore a forma cilindrica ed un libro rilegato in pelle.

“Tieni, poggiali su quel tavolo, io richiudo l’apertura”.

 

Dal panno esce una croce d’oro di 40 centimetri circa di rara bellezza, il libro è datato 1300 ed è scritto in latino, la copertina è in pelle lavorata ed incisa a mano. Nel cilindro infine, troviamo ciò che anche l’assassino stava cercando: il dipinto rubato.

“Commissario, ma come ha fatto a capire che era nascosto in quel nascondiglio?”.

“Fortuna, solo fortuna nell’aver alzato lo sguardo al soffitto, unica cosa certa è che sapevo che doveva per forza essere nascosto qui. Corsini non aveva fatto in tempo a venderlo”.

“Ora che si fa?”.

“Innanzitutto andiamo in questura, poi chiamerò il mio amico Gianni per fargli vedere il dipinto e capire se è veramente l’originale”.

Verso mezzogiorno ricevo una telefonata, è della misteriosa donna con cui mi sono incontrato.

“Buongiorno commissario, ho i nomi dei pittori che possano interessarle”.

“Buongiorno a lei signora, prego mi dica…”.

“Come sempre mi raccomando nella sua discrezione, arrivederci”.

I nomi dati sono due, di cui uno è uno studente dell’Accademia Albertina delle Belle Arti, in via Albertina 6: Massimo Viale e Gianfranco Taverna.

Chiamo un collega perché cerchi notizie su queste persone.

“Commissario, il Viale abita in via Verdi 13, non è sposato e frequenta l’Accademia delle Belle Arti, mentre il Taverna abita in Corso Parigi al numero 64, è vedovo senza figli, ha un negozio di quadri a fianco della sua abitazione”.

(Continua)

 

 

 

 

 

 
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