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Messaggi di Settembre 2019

 

Bugie discordanti

Post n°2501 pubblicato il 17 Settembre 2019 da paperino61to

Ieri sera come faccio sempre giro da un canale all'altro, ed ho avuto conferma come le persone che appartengono o tifano un certo partito razzista non siano neanche d'accordo sulle bugie ma differiscono totalmente.

Nel programma di rete 4 Stasera italia, una ex giornalista dell'Unità( vi chiedo scusa ma mi sfugge totalmente il nome), da tempo devota alla causa della destra, visto le sue opinioni a favore di Salvini e Meloni, dice testualemente, in merito alla Vergognosa messa in scena a Pontida, con il Barabba razzista fare salire sul palco una bambina e prenderla in braccio ( ogni riferimento a Bibbiano non è casuale): " Hanno fatto un gran polverone ma era la figlia di Matteo".

Spostiamoci a La7, programma della Gruber, la senatrice Bergonzoni ( detta da me amichevolmente Miss Gorgonzola) risponde in merito alla domanda della conduttrice sulla bambina: " E' venuta una coppia che ha chiesto di fare salire la bambina, non appartiene al caso di Bibbiano, ma sappiamo che è stata seguita dai servizi sociali di un altro paesino".

La domanda, come potete capire, sorge spontanea: " Chi delle due dice la verità? 

L'unica certezza è che l'omuncolo di bassa lega, si crogiola nel suo brodo di squallore e sciacallaggio con tanto di minaccia a quando riandrà al potere.

Ps. per gli amici meridionali che hanno votato lega, non lamentatevi se al nord non vi danno gli alloggi perchè siete di un ceppo diverso dal vostro idolo, ringraziate ancora che non applicano la legge del KKK :-) 

 
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Bacheca FCA

Post n°2500 pubblicato il 14 Settembre 2019 da paperino61to

Da un pò di tempo non vi do ragguardi su casa FCA. Aspettavo di avere buone notizie, ma purtroppo come dico da parecchio tempo la situazione è sempre peggio.

Incominciamo con il dire che a Termoli la produzione dell'ibrido è stata sospesa, accantonata, il motivo non si sa, e l'azienda quel poco che ha detto si capisce che è la classica bugia targata FCA.

A Cassino prosegue la cassa integrazione come in tutti gli stabilimenti del gruppo.

Mirafiori continua la sua corsa verso il baratro con i contratti di solidarietà che scadono a fine dicembre, poi non si sa cosa chiederà l'azienda se la cassa integrazione( ammesso che il governo l'ha conceda) o se chiederà un ulteriore proroga per la solidarietà.

Di certo che gli analisti concordano nel dire che l'azienda con la cassa integrazione o contratti di solidarietà ci guadagna.

La famosa e utopica 500 elettrica per ora non si hanno notizie, tra l'altro come ho già detto ( confermata dall'azienda) non darà la piena occupazione.

Voci di corridoio sono le più disparate, da chi sostiene che la ditta finita la Naspi( scade a dicembre e probabilmente vi sarà una proroga di un mese o due), darà uno scivolo che va dai 3/5 anni per chi vuole andarsene. Altri che lo stabilimento di Grusgliasco dove producono la Maserati chiuderà e gli operai verranno trasferiti da noi. 

Si evince immediatamente che saremmo in troppi lavoratori con un modello ( Levante) e con l'ipotetica 500 elettrica.

I mass media parlano poco di crisi del settore auto specialmente FCA, la Fiom con il suo responsabile del settore automotive ha contatto il Presidente del Consiglio, il quale ha aperto un tavolo di crisi. Il Presidente di Regione e la Sindaca di Torino, nonostante siano stati informati non solo dalla Fiom ma anche dagli sindacati, preferiscono farsi immortalare in fotografia sull'Illustrato FCA( rivista mensile del gruppo dato ai dipendenti).

E i diretti interessati direte voi? la maggior parte di essi NON Pervenuta.

 
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Delitti in note( quinto capitolo)

Post n°2499 pubblicato il 09 Settembre 2019 da paperino61to

Riassunto: Il commissario Berardi è impegnata a trovare chi minaccia l’impresario teatrale Marezzi. Un personaggio sconosciuto vuole far saltare a tutti i costi lo spettacolo del Trio Lescano. Nel corso di queste minacce vi sono due delitti, che a prima vista potrebbero sembrare incidenti( il primo all’Eiar di uno spettatore) e un suicidio( Marezzi). Berardi trova dei ritagli di articoli nell’appartamento del Marezzi a nome di Paolo Tesseri. Indagando su di lui nota che c’è qualcosa di sospetto e di strano in questa persona.

 

 “Ho girato tutte le librerie della città per trovarlo, eccolo qua commissario, in lingua francese…e guardi anche lei la fotografia”.

“Bravo Tirdi, fammi vedere”…osservo la fotografia di Tesseri con i suoi amici.

Ora tutto è molto più chiaro: “ Siamo fortunati, insieme nella foto ci sono anche Alberto Grima e Carlo Paris”.

“Torno dal questore perché mi firmi l’ordine di arresto per Tesseri”.

All’appartamento del sospettato non trovo nessuno, domando ai vicini ma nessuno sa dire nulla.

“Andiamo dalla ragazza di Furchieri”.

Vedo sul volto del mio agente la sorpresa a questa mia richiesta.

“Io sono convinto che l’uomo è scappato perché ha riconosciuto l’impostore, e quest’ultimo senz’altro l’avrà minacciato di morte e credo abbia anche incluso nella sua minaccia anche la ragazza. Ora se riusciamo a farci dire dove si nasconde il fidanzato, abbiamo una conferma in più di questa mia ipotesi”.

 Vediamo la donna uscire da casa sua, si guarda attorno come se avesse paura di essere seguita.

Io e Tirdi scendiamo dall’auto e la seguiamo a piedi. Noto che Luisa ha con sé una valigetta, ho come l’impressione che anche lei sia pronta a scappare.

Arriva davanti al portone di uno stabile di via Caraglio non distante da dove abita la donna. La lasciamo entrare e prima che si richiuda il portone riusciamo ad entrare anche noi.

“Buongiorno signora Luisa permette, l’aiutiamo a portare la valigetta”.

La donna emette un grido di spavento, non si aspettava di essere seguita.

“Per fortuna che siamo noi e non l’assassino. Forza mi dica in quale appartamento sta andando;  l’unico modo perché il suo uomo non venga ucciso è quello di raccontare tutto?”.

“Ha ragione commissario, scappare non serve a nulla, se quell’uomo è pazzo prima o poi ci trova ovunque andiamo. Venga, è al quarto piano”.

Furchieri è impaurito e sorpreso nello stesso tempo nel vedermi.

“Sono contento di rivederla sano e salvo caro signore, ora però giochiamo a carte scoperte. Da lei voglio solo una conferma ad una mia ipotesi” il tono della mia voce non ammetteva replica.

“Ma io…non ho nulla da dire…se ne vada…la prego”.

Mi siedo: “Prego, signora si segga anche lei”.

Spiego ad entrambi la mia ipotesi, poi tiro fuori dalla tasca della giacca la copia della fotografia che èstampata sul libro.

“Ora Furchieri se non vuole essere arrestato per complicità in due omicidi, mi dica tutto…chi è il finto Tesseri?”.

L’uomo tentenna, ha paura.

“Ti prego amore, diglielo…lo farei io ma non conosco questa persona. So solo che non manterrà la parola che ti ha dato, ti ucciderà ne sono sicuro…e dopo di te…”.

“No Luisa non ti farà del male, non glielo permetterò. Commissario, se parlo mi promette di proteggere questa donna? Di me non importa, ho sbagliato a non parlare quando ho visto quell’uomo la prima volta a teatro e pagherò giustamente le conseguenze, ma lei non c’entra nulla con questa storia”.

“Stia tranquillo, metterò degli agenti a proteggervi, anzi, se ha un telefono chiamo dei miei amici di Viù. Andrete a casa loro fino a quando tutto sarà finito. Per l’assassino posso solo dirvi che ha le ore contate, basta che lei mi dica tutto quello che sa di questa persona”.

Usciamo dalla casa avendo finalmente svelato il mistero. Una camionetta della polizia prende in consegna la coppia e li accompagna a Viù.

“Commissario se quell’uomo non era nel suo appartamento, dove lo cerchiamo?”.

“Per prima cosa faccio diramare un bollettino con la sua descrizione, chissà mai che una nostra pattuglia non lo incroci, intanto guida fino al Chiarella”.

Nel teatro le prove vanno avanti, domani sera ci sarà il debutto dello spettacolo. La mamma delle ragazze è sempre presente con loro, vedo un paio di nostri agenti defilanti sulla sinistra della sala.

“Buongiorno commissario, che novità ci sono?” mi domanda la signora De Leewe.

“Buone, direi buone. Ora però se mi permette vorrei fare un giretto turistico per il teatro…Tirdi, rimani con la signora”.

Impiego una buona mezz’ora a girare per il teatro guardando ogni possibile nascondiglio e controllando ogni angolo buio dell’edifici ma nulla da fare, Tesseri sembra sparito, eppure avrei giurato di trovarlo nascosto qui dentro.

Salgo sul palco e domandando scusa alle ragazze e ai musicisti. Oltrepasso loro per ritrovarmi dietro le quinte, anche qui però non noto nulla a parte un paio di operai intenti a parlare tra di loro.

Passando accanto a due addetti del teatro sento la seguente frase: ”Ti sbagli…non è lui…figurati se viene qui dopo tutto il casino che ha combinato”.

 Qualcosa  scatta in me sentendo queste parole  e mi reco da questi signori.

“Scusate se mi intrometto, sono un commissario di …”.

“La conosco commissario, l’ho già vista un paio di volte in compagnia del povero Marezzi” .

“Senza volere ho sentito la vostra frase, e dato che stiamo cercando una persona…”.

I due uomini si guardano: “ Io e il mio collega parlavamo di Paris…Carlo Paris, non so se ne ha sentito parlare?”.

Rispondo che è un attore licenziato da Marezzi parecchio tempo addietro.

“Esatto commissario, e dato che il tizio in questione aveva giurato di fargliela pagare, trovo strano che il mio collega lo abbia visto nel teatro ora che Marezzi è morto, che viene a fare?”.

Lo so io che ci viene a fare, ma la risposta la tengo per me. Mi rivolgo all’operaio che lo avrebbe intravisto: “ Presto, mi dica dove lo avrebbe visto aggirarsi?”.

Con il dito indica una parte del palco: “ Ne sono più che certo, era lui l’ho visto di una ventina di minuti fa, può anche essere che sia uscito dal teatro adesso”.

Vado verso il palco mentre osservo la gente che va e viene Tirdi è sempre accanto alla De Lewee. Una persona sbuca dal lato del palco tirandosi dietro una porticina, decido di dare un’occhiata e mentre apro la porticina una voce alle spalle mi urla che è agli estranei è vietato entrare .

Domando cosa ci sia dietro a quella porticina: “ Porta al sotto palco che è una zona che consente nel caso ci fossero  dei ponti mobili di azionarli con dei congegni; ci sono anche delle scale che portano alle botole e che consentono agli attori di apparire o scomparire in scena”.

“Capisco, immagino vi siano anche riposte delle scenografie o costumi che non vengono usati nello spettacolo?”.

“I costumi no, quelli sono dietro al palco, le scenografie  se non sono grandi, vanno accatastate in una zona del sotto palco, ecco perché ho intimato a lei di non entrare, potrebbe rischiare di farsi male”.

Ringrazio l’addetto e gli dico di non preoccuparsi, purtroppo se mi faccio male non sono per delle scenografie di legno o cartone che mi vengono addosso: “ Faccio il commissario di polizia, e ora se mi scusa, vorrei proprio andare a dare un’occhiata a questo sotto palco e chissà che non ci trovi una certa mia conoscenza”.

Apro la porticina ed entro, non è completamente illuminato, ci sono alcune zone che sono buie. Dalla tasca estraggo la mia pistola, cerco di non fare rumore mentre mi avvio verso le scenografie. Saranno una decina, appoggiate ad un muro, la zona è semi buia, la luce filtra a malapena in quel posto. Penso che sia un ottimo nascondiglio per nascondersi.

Sento delle voci provenire dal palco, sono le ragazze che stanno discutendo con quale canzone iniziare lo spettacolo.

Un rumore mi fa voltare, ma non noto nulla, probabilmente è la suggestione che fa sentire rumori che non ci sono.

Sono a pochi passi da quello che potrebbe essere un nascondiglio, questa volta però non mi sbaglio, sento dei passi allontanarsi.

Corro verso la fonte di rumore e noto una sagoma scomparire dietro ad una scala.

Questa scala sembra portare a una botola che è chiusa. L’uomo non può di certo essere uscito da qui, ne sono sicuro.

Ritorno sui miei passi con la pistola sempre in pugno sembra  di giocare a nascondino, qui però lo si fa con un assassino e non con gli amici.

Un baule attira la mia attenzione a poca distanza dalla scala di prima. Vedo una fiammata davanti a me ed un colpo  rimbomba nel sotto palco, faccio appena in tempo a gettarmi a terra. L’uomo è uscito allo scoperto sparandomi addosso.

“Tesseri o dovrei chiamarla Carlo Paris, si arrenda, non ha più scampo oramai”.

Un paio di colpi sono la sua risposta, sento la voce di Tirdi alle mie spalle.

“Mettiti al coperto, sta sparando da dietro il baule”.

“Commissario, ho dato ordine di chiamare i rinforzi quando ho sentito sparare, a breve arriveranno i nostri colleghi”.

“Hai sentito Paris? E’ finita per te, lascia cadere la pistola e viene avanti con le braccia alzate”.

“Per passare il resto della mia vita in galera? No grazie, se devo uscire di scena lo faccio qui nel mio teatro”.

Calca sul aggettivo possessivo, è convinto nella sua follia che il Chiarella sia il suo teatro, il suo mondo.

“Posso capire perché hai voluto vendicarti di Marezzi, ma Tesseri e Grima? Cosa hanno a che fare con la tua vendetta?”.

Un altro colpo viene sparato contro di noi.

“Sono tutti colpevoli. Tesseri mi aveva offeso mettendomi alla gogna della stampa, un inutile critico. Io, sono il più grande attore che il nostro paese abbia in questo momento. Per Grima, la sua è sfortuna  è di essersi trovato al posto sbagliato nel momento sbagliato, non potevo lasciarlo in vita per paura che mi denunciasse”.

“Quindi con la tua follia, hai deciso di prendere il posto di Tesseri e scrivere articoli contro gli spettacoli di Marezzi e, quando hai saputo che ne organizzava uno con le Lescano, non ci hai visto più e dalle critiche sei passato alle minacce”.

“Quelle insulse e stupide ragazze, cosa ne sanno loro della nobile arte del teatro? Delle fatiche di un attore? Non meritano di calcare la scena, nossignore e non sarà lei a fermarmi commissario”.

Altri colpi si susseguono verso di noi.

“Commissario, siamo noi “, era la voce di Perino.

“State attenti è armato ed è pazzo”.

“Non sono pazzo! Non sono pazzo! Voi non volete capire, come tutti i bifolchi di questo mondo non apprezzate la vera arte, l’arte del teatro! Correte dietro a delle ridicole canzonette”.

“Ripeto per l’ultima volta,  arrenditi Paris, o siamo costretti a far fuoco, lo sai anche tu che è finita”.

“Sarà finita solo quando lo deciderò io commissario, solo allora il sipario calerà…e alla fine tutti gli spettatori sapranno che Carlo Paris è un grande attore, un attore che verrà ricordato per la sua ultima interpretazione con tanto di botti e fuochi artificiali come ringraziamento”.

“Pronti a sparare, al mio tre fate fuoco!”.

“Guardate si arrende “ grida un collega.

L’uomo esce dal suo nascondiglio, braccia alzate, la pistola cade a pochi passi da lui.

“E’ finita commissario, è finita…”.

“Non lo so Tirdi, da un folle mi aspetto di tutto”.

L’uomo viene ammanettato è portato in questura, sul suo volto compare un sorriso malefico, di sfida, come a dire: “ Siete convinti di avermi battuto? Io dico di no e ve ne accorgerete”.

Rimugino sulle sue ultime parole, chiamo Perino e Tirdi e dico loro di chiamare gli artificieri.

“Ho come l’impressione che quel pazzo abbia messo delle bombe nel teatro, e credo che siano esattamente qui sotto, quale significato potrebbe avere: botti e fuochi artificiali se non un attentato?”.

Infatti gli artificieri dopo un paio di ore trovano le bombe nascoste nell’angolo più buio del sotto palco e riescono a disinnescarle.

 “Commissario, c’è sola una cosa che mi lascia perplesso, come ha costretto Marezzi a farsi uccidere?”.

“Credo che gli abbia promesso uno scambio, ovvero prendere la sua vita e lasciare stare le ragazze…so cosa vuoi dire Tirdi, ma Marezzi voleva bene alle Lescano e credeva in cuor suo che Paris mantenesse la parola data, ma da un folle non puoi aspettarti questa cosa”.

La sera seguente la radio trasmise lo spettacolo delle Lescano dal Teatro Chiarella ottenendo un successo strepitoso.

“Prima di iniziare lo spettacolo…”  riconosco la voce di Alessandra.

“Dicevo, prima di iniziare lo spettacolo, è doveroso da parte delle qui presenti sul palco e di nostra madre che è in platea, ringraziare con tutto il cuore una persona e i suoi collaboratori, che ci hanno salvato la vita, e credetemi signori e signore è la verità, permettendo che questo spettacolo vada in scena questa sera. Un grazie di cuore al commissario Berardi e ai suoi uomini…questa canzone è per voi”.

                                                                 Fine

 

In questo racconto troviamo personaggi sia inventati che reali. Ovviamente il Trio Lescano è esistito ed abitava  e teneva spettacoli all’Eiar e nei teatri di Torino come la cantante Norma Bruni e Ernesto Bonino, e cito di seguito tutti i personaggi esistiti realmente, il fotografo Enea Magni, il signor Chiappo ( negozio di strumenti e articoli musicali), Enrico Portino, i fratelli Chiarella con l’omonimo Teatro, Carlo Alberto Prato( curatore spettacoli Eiar). Il teatro Chiarella fu distrutto il 20 novembre 1942 dal bombardamento da parte degli alleati.

Un grazie all’amico Angelo(Nomadi 50) che mi ha suggerito il titolo.

 

 

 
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Delitti in note(quarto capitolo)

Post n°2498 pubblicato il 07 Settembre 2019 da paperino61to

Riassunto: Il commissario Berardi indaga su delle minacce ai danni di un impresario teatrale: Marezzi. Questo signore sta allestendo uno spettacolo in città con il Trio Lescano. Prima di un loro concerto all’Eiar, uno spettatore entra nella sala dove avrebbero dovuto cantare e muore fulminato toccando un microfono. Il commissario sente i tecnici presenti e capisce che un misterioso personaggio si è camuffato dal terzo tecnico che era ammalato a casa. Marezzi viene trovato morto, sembra suicidio, ma da una frase delle Lescano, il commissario capisce che non è affatto così. Nell'alloggio di della vittima trova degli articoli  pubblicati su vari giornali a firma di Paolo Tesseri, critico di teatro e spettacoli.

 

 “Prova a cercare in tutte le vinerie o piole della città Perino chiedi se hanno  venduto bottiglie di questa marca e se hanno il cognome del compratore”.

“Commissario, ho mandato un agente a controllare all’Eiar se eventualmente il nostro falso tecnico avesse lasciato la tuta in qualche sala, ma purtroppo la ricerca è risultata vana”.

“Chi ci dice che il tizio non indossasse la tutta sotto il vestito? Pensaci Tirdi, l’usciere non ha visto uscire nessuno prima del nostro arrivo, quindi vuol dire che l’attentatore era presente in sala. Stupido io a non aver pensato all’ipotesi della tuta nascosta sotto il vestito!”.

“A meno che questa persona non sia fuggita prima del nostro arrivo!”.

“ Ricontrolliamo la lista dei presenti in sala, e vediamo se abbiamo saltato qualcuno nell’interrogatorio”.

L’elenco degli ospiti arriva dopo una decina di minuti, tutta la gente presente in sala è stata sentita. Rifletto un attimo sul da farsi, prendo il telefono e chiamo via Verdi: “Buongiorno sono il commissario Berardi, volevo sapere come funzionano gli accrediti ai giornalisti nei vostri spettacoli”.

 La risposta mi arriva immediata, c’è un registro dove ogni volta il giornalista firma per la presenza allo spettacolo. Faccio il nome del Tesseri, mi dicono che è stato presente diverse volte e sempre con gli spettacoli del trio Lescano.

“Tirdi, cerca l’indirizzo di Patrizio Tesseri, andiamo a fargli visita”.

Patrizio Tesseri abita in zona Cit Turin in un appartamento al piano terra. Non è sposato e vive da solo. L’uomo è sulla cinquantina, capelli brizzolati, occhi piccoli e neri, un naso aquilino.

“Buongiorno signor Tesseri, sono il commissario Berardi, dovrei rivolgerle alcune domande”.

L’uomo mi squadra con aria arrogante: “Non ho molto tempo da dedicarle, se vuole sbrigarsi”.

La porta del suo appartamento è semi chiusa, Tesseri non ci fa entrare in casa sua sbarrando con il corpo l’ingresso.

“Lei dov’era la sera del….?”.

“Non vedo perché dovrebbe interessarle commissario!”.

“Perché un uomo è stato ucciso!”.

Tesseri mi guarda con aria di sfida e rilancia dicendo che non gli importa un fico secco se qualcuno è stato ucciso, lui non c’entra.

“Neanche se la vittima si chiama Marezzi?”.

Il suo volto non denota nessun segno di stupore, quindi aggiungo che forse lo sapeva che il suo “bersaglio” preferito era morto.

“Si, lo sapevo, le voci in certi ambienti girano velocemente. Ma non sono io l’assassino, e ora se non le spiace...”.

“Un’ultima domanda Tesseri, poi la lascio andare, come mai lei è sempre e solo presente agli spettacoli delle Lescano in via Verdi?”.

“E’ forse vietato andare solo a sentire quelle insulse ragazze che cercano di cantare? Arrivederci commissario!”.

“Direi che è molto cordiale questo critico, vero Tirdi?”.

Saliamo in auto e torniamo in questura, chiamo la signora De Leewe e domando come stanno le ragazze.

“Sono affrante commissario, vogliono lasciare perdere lo spettacolo, hanno anche paura ora che Marezzi è morto”.

“Dica loro di non mollare, ordino di mettere altri  agenti per salvare la vostra incolumità”.

“La ringrazio, ma quello che fa male è vedere anche gli sguardi degli addetti ai lavori al Chiarella, sembra che siamo noi i colpevoli della morte del buon Marezzi”.

“Non ci badate, gli sguardi non hanno mai ucciso nessuno. Senta lei conosce un certo Patrizio Tesseri, un critico di spettacoli che scrive sui giornali?”.

La donna rimane un attimo in silenzio come se riordinasse dei pensieri, poi risponde affermativamente: ”Purtroppo lo conosciamo di fama. Non so dirle perché quel signore scriva cose cattive contro di noi o sul povero Marezzi, ma la verità è che è velenoso come una serpe…non l’ho mai incontrato…era in via Verdi diverse volte? Nessuna me lo ho mai presentato, e per quel che so manco Marezzi lo ha mai visto”.

Riaggancio il telefono e un’ipotesi mi frulla in testa: il Tesseri o era in incognita oppure si presentava all’ultimo istante agli spettacoli; in questo caso però se non aveva l’accredito per entrare, e allora come faceva ad essere presente agli spettacoli?.

Decido di andare in via Verdi all’Eiar, parlo con il responsabile che casca dalle nuvole, dice è assolutamente impossibile accedere senza un accredito agli spettacoli.

“E’ possibile vedere il registro dei giornalisti presenti agli spettacoli?”.  Noto che la firma del critico è diversa, come se fosse stata scritta da con una mano  diversa dagli.

“Chi aveva il compito di scrivere questo registro?” domando al responsabile.

“E’ Giulio, Giulio Caserotti  è lui l’addetto…lo faccio chiamare”.

Dopo alcuni minuti si presenta, il dipendente mi guarda con aria preoccupata.

“Non abbia paura signor Caserotti, vorrei solo porle alcune domande. Vedo il nome di Tesseri sul suo registro, ma la calligrafia è diversa, come mai?”.

“Scusatemi…ecco…vedete…”.

L’uomo incomincia a balbettare, fino a quando il responsabile non lo riprende.

“Per amori di Dio, Caserotti cosa vuol dire? Si spieghi!”.

“Se permette posso dirglielo io…il suo buon dipendente firmava a nome di questa persona, una firma falsa ovviamente. La persona  in questione entrava di conseguenza senza accredito, dico bene Caserotti?”.

L’uomo abbassa la testa e risponde di si.

“Quanto le dava Tesseri per entrare di nascosto senza fare saper a Marezzi che era presente?”.

“Quattrocento lire ogni volta che c’erano le ragazze…non so perché non voleva farsi scoprire che era presente, non me lo ha  mai detto”.

“E lei manco glielo ha chiesto giusto? Quindi se entrava di nascosto, poteva anche girare indisturbato per  le sale, nessuno avrebbe fermato un’ospite accreditato…”.

“Si! Solo io sapevo che entrava di nascosto…ma ripeto, non so perché lo facesse, mi creda dottor Giraubo”.

Intervengo al posto del direttore: “Caserotti, io posso crederle, ma sta di fatto che qui l’ultima volta è stato ucciso un uomo! Non credo che lei sia complice, mi sembra una brava persona e non mi interessa quali provvedimenti adotterà il suo responsabile, io so solo che Tesseri con il suo comportamento anomalo diventa un indiziato serio”.

Cerco di riordinare le idee mentre vado da Mamma Gina, so di essere sulla pista giusta, ma non riesco a capire il movente di tanto odio da parte di Tesseri fino a sfociare in due omicidi. Nel primo caso di sicuro la vittima era il presentatore e non lo sventurato ospite dello spettacolo.

Esco dal locale e decido di fare quattro passi, vado in direzione del quadrilatero romano, è sempre affascinante quel pezzetto antico della città. Una piccola folla è assiepata sull’erba, noto che è lo spettacolo di un burattinaio.

Le marionette son quelle classiche della nostra città, Gianduia e consorte, le risate dei bambini aleggiano nell’aria contagiando anche i grandi. Mi soffermo una decina di minuti poi il dovere mi porta in questura. Mentre entro nel mio ufficio mi torna in mente una frase detta dal burattinaio: “Non sempre siamo ciò che siamo”.

Non so perché mi sia tornata in mente, ne tanto meno perché mi si è insinuata nel cervello. Chiamo Perino e domando di farmi avere informazioni su Patrizio Tesseri, per ora so solo che è un critico poco cordiale e che scrive recensioni di spettacoli per varie

testate locali.

Il fascicolo riguardante Tesseri non denota nulla di strano, nato a Cuneo nel 1889, trasferito a Torino nel 1903, i genitori sono morti un paio di anni fa in un tragico incidente. Ha esordito come critico per i giornali nel 1927 sulla Gazzetta di Torino. Non è sposato, ha una seconda casa a Mentone, non fa vita mondana, non ha carichi pendenti ne eventuali processi, nulla di nulla, è come si suole dire una persona integerrima.

Vado a trovare il mio amico alla Stampa nella speranza di sapere qualche notizia in più su Tesseri.

“Berardi, che vuoi che ti dica? E’ un tipo strano per come la vedo io”.

“In che senso scusa?”.

“Nel senso che qui in redazione sono un paio di anni che non si fa vedere, si limita a mandarci per posta le sue recensioni. Ogni qualvolta le pubblichiamo e mandiamo i soldi a casa sua”.

“Soldi? Pensavo pagaste con assegno o bonifico”.

“Di solito è così, ma Tesseri preferisce i contanti, ti ho detto che è un tipo strano. Ma perché ti interessi a lui?”.

“Non posso dirtelo è in corso un’indagine, e lui ho come l’impressione che ci sia in mezzo…”.

“Ti conosco troppo bene e se dici così è perché Tesseri non è solo in mezzo ma credo che tu lo additi come sospettato numero uno”.

“Il corso accelerato a come diventare un Sherlock Holmes ti ha fatto bene vedo!”.

“Si, si, fai lo spiritoso, ma ricordati che mi devi l’esclusiva, dimmi solo questo, la tua indagine  riguarda il trio Lescano?”.

“Si!”.

Mi congedo chiedendogli che se gli viene in mente altro su Tesseri o se sente voci di qualsiasi tipo su quella persona deve chiamarmi immediatamente.

La musica delle ragazze riempie  il teatro. Nonostante il loro stato d’animo le prove per lo spettacolo stanno andando avanti. Noto pure io che gli sguardi di alcuni operai sono accusatori, per loro il Marezzi era come un padre. In un angolo noto la mamma delle ragazze con un uomo, mi dicono che è uno dei fratelli Chiarella: ”E’ arrivato da Genova ieri sera, vuole far sentire la sua presenza alle ragazze” mi dice un addetto.

Mi presento e pongo alcune domande, ma purtroppo non portano a nulla. La signora mi domanda se vi sono sviluppi, rispondo in maniera evasiva anche perché di concreto in mano non ho nulla, solo alcune ipotesi ma sono tutte da provare.

Al rientro a casa lo squillare del telefono mi da a modo suo il benvenuto, è il mio amico della Stampa, mi comunica che si è messo in contatto con un suo vecchio collega ora in pensione. Questa persona abita a una decina di chilometri da Mentone e conosce bene Tesseri.

“Ora Berardi, tieniti forte che arriva il bello…sei pronto?”.

Rispondo di si e ascolto con interesse quello che ha da dirmi.

“Quel tuo ex collega ne è sicuro?”.

“Certamente, ha avuto la conferma dalla gendarmeria francese. Se vuoi un consiglio prova a parlare con loro, sicuramente ti sapranno dire di più”.

“L’uomo che era in casa con Tesseri che fine ha fatto? “.

 “La polizia francese tra i resti della casa bruciata ha trovato due cadaveri, ipotizzano che siano di Tesseri e del suo amico”.

“Ma non è possibile! Tesseri è qui da noi ed è vivo”.

“Evidentemente per loro lo è, per questo hanno archiviato l’indagine da tempo”.

Sono senza parole a questa notizia, decido di tornare in questura e dall’ufficio chiamo Mentone. L’agente francese  conferma ciò che ha detto il mio amico, indagine chiusa e archiviata. I due corpi, tra l’altro irriconoscibili per via dell’incendio, sono dei due occupanti della casa. Non spiego a loro che Tesseri è vivo e vegeto a Torino, glisso anche sul perché della mia telefonata. 

“Avete per caso una fotografia del Tesseri?”. La risposta è negativa, però mi dicono che nel loro paese è uscito un paio di anni fa un libro scritto dal critico teatrale dove è stata stampata all’interno del libro una foto assieme a dei suoi amici come ringraziamento.

Il sole sta spuntando, i suoi raggi entrano nell’ufficio dandomi la sveglia; in qualche modo sono riuscito a dormire un paio di ore sulla sedia.

Appena arriva Tirdi e lo metto al corrente degli ultimi sviluppi e ordino di andare a cercare il libro.

“Se le librerie ne sono sprovviste prova a chiedere a chi dobbiamo rivolgerci. Siamo a un punto della svolta nell’indagine”.

Vado dal questore per informarlo sui nuovi sviluppi lo trovo intento a leggere il giornale.

“Buongiorno Berardi, stavo leggendo l’articolo di Tesseri, denota letteralmente senza vergognarsi per altro, dell’odio contro le Lescano e del povero Marezzi. Lo ha letto?”.

“No signor questore” e spiego come ho passato la nottata in ufficio.

“Da quello che mi ha appena raccontato posso fare la stessa deduzione che ha fatto lei Berardi…chi è quest’uomo che si spaccia per il Tesseri?”.

“Solo dalla fotografia di quel libro possiamo vedere se la nostra tesi è valida, dopo di che sapere chi sia questa persona e perché odia le ragazze a tal punto da commettere due omicidi, verrà di conseguenza. Io una certa idea me la sono fatta”.

“Bene Berardi, mi tenga al corrente. Marezzi era non solo un amico ma una persona corretta e buona di cuore”.

(Continua)

 

 

 
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Delitti in note( terzo capitolo)

Post n°2497 pubblicato il 05 Settembre 2019 da paperino61to

Riassunto: Delle lettere minatorie sono pervenute ad un impresario di spettacoli: Marezzi. Gli si chiede senza giri di parole di sospendere lo spettacolo del trio Lescano. Nel frattempo il responsabile dei lavori al teatro Chiarella sparisce senza lasciar detto dove andava. Il commissario Berardi va da un’amica di quest’ultimo e non sa dargli spiegazioni in merito alla scomparsa. All’Eiar, uno spettatore è entrato nella sala dove le Lescano avrebbero dovuto esibirsi e al solo toccare il microfono si accascia senza vita. Incidente o delitto?

Ora si è aggiunto anche il morto, magari è un incidente dettato dalla negligenza dei tecnici ma ho qualche dubbio in proposito, sicuramente è solo per un beffardo destino che non ci sia andata di mezzo una delle sorelle: “Eppure qualcosa non mi convince”.

“Cosa intende dire commissario?”.

“Vedi Tirdi, sappiamo che le minacce danno seguito a qualcosa di violento: un ferimento, un’automobile bruciata o un brutale pestaggio ma fino adesso cosa abbiamo? Lettere e nulla più”.

“Ma c’è un cadavere ora!”.

“Vero, ma bisogna appurare che non sia stata una sbadataggine degli operai , ci credo poco sia chiaro. Il mio pensiero però è chi ha commesso questo omicidio sapeva che qualcuno avrebbe  toccato il microfono, e la prima persona a rischio sarebbe stato il presentatore. Se hai notato quel microfono è più avanti degli altri due, in modo da usarlo per primo”.

“Un’avvertimento per le ragazze insomma?”.

“Si!”.

La lista dei presenti mi viene portata mentre parlo con le ragazze che sono ancora scosse e impaurite. Assegno a loro un paio di agenti che fanno da scorta mentre le accompagnano a casa, anche se come credo chi ha organizzato tutto questo non ha intenzione di farle veramente del male.

Scorgo nella lista alcuni nomi di spicco del mondo locale fascista, della Torino che conta e alcuni critici che scrivono sul giornale.

Con Tirdi mi divido il compito di interrogarli. Come sempre in questi casi vi sono persone che usano sempre la famosa frase: “Lei non sa chi sono io!” prima di rispondere loro malgrado alle domande che gli pongo.

Gli imprenditori o illustri delle famiglie agiate, si agitano nervosamente sulle poltrone in attesa del loro interrogatorio. Solo i critici si mantengono calmi, e con il loro taccuino scrivono ( sicuramente) un articolo per la stampa di quello che sta succedendo, seppure non siano giornalisti di cronaca.

Purtroppo non c’è nessun indizio, nessuno ha visto entrare una persona estranea a manomettere il microfono.

A qualcuno sembra di aver visto qualcosa, ma il sembra non è sinonimo di sicurezza dal mio punto di vista. Prendo nota di queste frasi, ma sono convinto che come gli altri non hanno visto nulla.

“Tirdi, ho come impressione che qualcuno menta, o l’attentatore è venuto al mattino, quindi di conseguenza i tecnici non hanno controllato il microfono e l’impianto per il concerto oppure è uno di loro a meno che…”.

“A meno che si sia aggiunto a loro un falso tecnico, che indisturbato ha manomesso il microfono” conclude Tirdi.

L’indomani mattina convoco i tecnici presenti, sono in due: Marzio Gianleo e Riccardo Donna .

Domando loro di descrivermi cosa hanno fatto quella sera prima della morte del povero e sfortunato invitato.

“Io e Riccardo, ci siamo divisi i compiti, lui guardava la parte destra della sala, mentre io quella sinistra. Entrambi quando abbiamo finito, siamo andati a controllare i microfoni e l’acustica”.

“C’erano altre persone con voi? “.

“No…tu Marzio hai visto entrare qualcuno ?”.

“Visto nessuno, ma non è detto che quando siamo usciti qualcuno si sia intrufolato. Commissario mi creda, ne io ne il mio collega abbiamo manomesso quel dannato microfono, sono anni che lavoriamo in questo campo e le referenze parlano per noi”.

“Signori, so per esperienza che a volte le referenze possono essere false, ma non credo sia il vostro caso, lo ammetto, ma qualcuno per Dio deve essere entrato in quella sala!”.

Domando loro se quella sera vi erano altri tecnici, rispondono che avrebbe dovuto esserci anche Massimo Curti, ma era a casa ammalato.

Prendo nota di questo nome e appena usciti i due uomini, chiamo il direttore di via Verdi e domando di questo Curti, ma egli cade dalle nuvole: “Non sapevo fosse ammalato, anzi, l’ho visto e mi anche salutato con la mano alzata, era girato di spalle e stava andando al piano superiore”.

“Quindi non l’ha visto in volto? Come fa ad essere sicuro che fosse Curti?”.

“La corporatura era la stessa, indossava una tuta da tecnico, e per l’auditorio solo le persone che lavorano qui hanno libero accesso a girare per le sale”.

Ricapitolando, abbiamo delle serie minacce a delle ragazze, un morto e un finto tecnico che si aggira nei locali di via Verdi. Sui giornali locali si da enfasi a quello che è successo ieri sera all’Eiar, qualche giornalista ipotizza che sono gli anti fascisti a voler boicottare il Trio Lescano.

In mattinata viene a trovarmi  il maestro Carlo Alberto Prato, uno dei curatori dei programmi dell’Eiar. Dal colloquio avuto non trovo nulla che possa portarmi a dipanare la matassa intricata dell’indagine.

Rilascia alcuni nomi di persone con cui le ragazze hanno avuto a che fare come il proprietario di un negozio di strumenti e articoli musicali un certo Chiappo, uno studio fotografico a nome di Enea Mangni ed alcuni locali dove le ragazze si sono esibite nel passato.

Verso sera ci ritroviamo in ufficio per mettere a confronto le testimonianze di queste persone ed eventuali novità.

“Ho parlato con i proprietari dei locali, nessuno ha mai ricevuto minacce e sulle ragazze non possono che parlare bene. Secondo uno di loro, Adelmo Liberi è convinto che sono i critici ad essere coinvolti in questa storia e alla mia domanda perché lo farebbero non ha saputo rispondermi”.

“Una teoria come un'altra, anche se mi sembra strana e tu Perino che hai da dire?”.

“Nulla commissario, Chiappo, quello del negozio di musica è rimasto abbastanza scioccato dal sentire cosa sta accadendo alle ragazze, le considera come figlie sue. Non ha saputo dirmi nulla su eventuali inimicizie”.

“Dal fotografo stessa cosa vostra, lui cura le immagine ed eventuali fotografie che poi vende ai rotocalchi, ma nulla di più. Su Alessandra, una delle sorelle, ha detto che tempo addietro ha avuto una forte litigata con un suo dipendente, e che ha dovuto intervenire per calmare gli animi di entrambi”.

“Il motivo della litigata glielo ha detto?”.

“Sembra che la ragazza non volesse la scenografia proposta per delle fotografie, lei voleva cambiarla, il dipendente non era d’accordo, una parola tira l’altra e alla fine hanno litigato”.

“Possiamo andare a sentire questo tizio commissario?”.

“Purtroppo Tirdi non lavora più in quello studio, si è arruolato ed ora è di stanza in Libia”.

“Quindi siamo di nuovo in un vicolo cieco!”.

L’indomani vado al teatro Chiarella, voglio porre alcune domande a Marezzi. Gli addetti mi dicono che è dall’altro ieri che non lo vedono e non sanno dove sia andato. Mi reco alla sua abitazione, l’alloggio è vuoto, e gli inquilini mi dicono che non si sono accorti della sua mancata presenza nello stabile.

Trovo singolare che sia scomparso così all’improvviso. Torno in questura e provo a contattare i fratelli Chiarella a Genova: “Commissario, assolutamente Marezzi non è con noi, ma gli è successo qualcosa?”. Rispondo che non ne ho la minima idea. Provo alla signora De Leewe, ma la risposta è la stessa delle precedenti, Marezzi è scomparso!

Chiamo Tirdi e Perino e spiego loro la situazione, non posso essere ottimista, a quell’uomo è successo qualcosa.

“Provate a sondare i nostri informatori, magari sanno qualcosa…”.

Un paio di ore dopo ricevo una chiamata dai colleghi nella zona di Madonna del Pilone, hanno trovato un corpo appeso ad un albero, sembra un suicidio, domando come si chiama questa persona e mi rispondono Marezzi Fabio.

Incredulo domando se ne sono sicuri, purtroppo la risposta è affermativa. Mi faccio portare sul luogo dove hanno ritrovato il corpo.

“Venga commissario, ecco era appeso a quell’albero…non ha lasciato scritto nulla, di solito chi si suicida lascia sempre qualche frase”.

“Chi lo ha trovato?”.

“Quella donna, stava recandosi al lavoro. Fa la serva alla villa che sta sull’altro lato della strada, passando lo ha notato  e ci ha chiamato subito”.

Vedo il dottor Stresi accanto al corpo del povero Marezzi.

“Buongiorno dottore”.

“Buongiorno Berardi, so già cosa sta per domandarmi, e rispondo che solo dopo l’autopsia potrò dirle qualcosa”.

“Appena può mi faccia pervenire il referto, buon lavoro”.

Tornato in questura  cerco di riordinare i miei pensieri, non sono convinto che l’impresario abbia preso una decisione drastica di quel tipo, togliersi la vita e poi perché?. Vero che certe risposte non sempre si riescono a trovare, ma Marezzi mi dava l’impressione di una persona combattiva. Aspetto che arrivino Tirdi e Perino e poi vado dalle Lescano, preferisco che sappiano da me la notizia e non da qualche giornalista o addetto ai lavori.

La telefonata di Stresi mi anticipa l’esito dell’autopsia: “La morte risale tra l’una e le tre di stanotte, non ha segni di violenza tranne il cappio che si è messo intorno al collo. Direi che si tratta di suicidio…come dice? No, escludo che l’abbiano drogato, anche se in passato ci sono stati casi di finti suicidi”.

Sul viso delle donne vedo il loro sgomento, una delle sorelle inizia a piangere seguita dalle altre, solo la mamma cerca di contenersi. Mi domanda come sia stato possibile che si sia tolto la vita.

“Non lo so signora, anche a me sembra una cosa incomprensibile. Non ha lasciato nessun biglietto, l’unica cosa che abbiamo trovato accanto al suo corpo, una bottiglia di vino vuo …”. Non finisco la frase che le donne all’unisono esclamano: “ Marezzi ha bevuto? Ma era astemio da sempre, non prendeva manco un amaro dopo pranzo, figuriamoci il vino…non può essere commissario”.

Sono sbalordito da questa loro affermazione.

“Permette signora, devo fare una telefonata!”.

La donna risponde di si e chiamo Stresi  accennando a ciò che mi hanno appena detto le Lescano.

“ Faccio un esame approfondito in merito a quello che mi dice. Ammetto che ho dato per scontato che la vittima bevesse il vino visto la bottiglia ritrovata e non che fosse astemio…si, appena so qualcosa la chiamo, mi ci vorrà una mezz’oretta circa…la trovo in questura?”.

Riferisco il colloquio alle donne e decido di andare nell’alloggio del Marezzi.

Il portinaio mi apre la porta in modo da consentirmi di entrare. L’alloggio è perfettamente in ordine, non noto nulla di strano. Sulla sua scrivania ritagli di giornali con articoli che riguardano i suoi spettacoli. La firma di questi articoli è sempre la stessa: Patrizio Tesseri . Decido di metterli in tasca. I cassetti della scrivania sono chiusi, prendo il fermacarte e li apro. Nel secondo cassetto c’è un’agenda con dei nomi, e di nuovo altri articoli ritagliati dai quotidiani, con la medesima firma di prima.

Tornato in questura metto in fila gli articoli datati da Marezzi. La data più lontana è di due anni fa, quella più recente della scorsa settimana. Le parole del critico sono come lame taglienti, proprio vero il detto che “uccide più la parola che una spada”. Posso immaginare come si sia sentito Marezzi di fronte a queste critiche e allora mi sorge il dubbio che vi sia stato dell’acredine tra la vittima e questo Tesseri.

Lo squillo del telefono fa svanire i pensieri, è il dottor Stresi.

“Berardi, non vi è nessuna traccia di vino nel corpo di Marezzi…si ne sono più che sicuro. Esatto, vedo che come commissario è in gamba…la bottiglia è una falsa pista, probabilmente era già vuota quando è stata messa”.

Quindi Marezzi è stato assassinato, ma da chi e perché? Stresi ha escluso anche che sia stato drogato e tanto meno ha rilevato sul corpo segni di violenza. Tirdi e Perino rientrano verso le due senza nessuna novità, i nostri informatori non sanno nulla della scomparsa di Marezzi.

( Continua)

 

 
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