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La neve
Post n°389 pubblicato il 28 Dicembre 2014 da meninasallospecchio
(Nota: I miei post sono sfalsati di un giorno per ragioni logistiche. Ma, visto che sono destinati a durare per l'eternità, fa poca differenza). Crucca junior è come me, una fanatica dei nuovi media. Usciamo di casa vestiti in base alle temperature e alle previsioni indicate da ilmeteo.it, a dispetto di qualsivoglia diversa evidenza empirica. Crucca senior invece è della vecchia scuola. Secondo lei era impossibile che oggi nevicasse: troppo freddo. Questo in base a una teoria secondo la quale per la neve ci vuole una temperatura intorno allo zero. Effettivamente qui da noi è quasi sempre così, ma non è una regola, altrimenti in Scandinavia non nevicherebbe mai. Infatti oggi c'era -5 e poi più tardi -9, ma nevicava eccome. Certo, non i fiocconi da notte di Natale delle fiabe: una neve fine e ghiacciata, uguale a quella che sparano i cannoni, ideale per sciare. Per uno sciatore anche modesto come me, la neve non è certo un motivo per desistere, specie se hai fatto 450 km e paghi l'albergo. Ovvio che con il sole è meglio, ma lo sciatore mette in conto anche di beccarsi la neve. Non è così terribile, basta essere ben coperti e chiudere tutte le fessure per evitare di trovarsi accumuli di neve nel collo o nelle tasche. Le seggiovie moderne hanno anche cupoloni di plexiglass con i quali sembra di stare in casa. Il vero problema è la visibilità. Non il panorama eh, che quello ci metti una pietra sopra, tanto le foto su Facebook le hai già pubblicate l'altro giorno. No, proprio vedere la pista per capire dove stai andando. Io oggi sono stata molto prudente, al punto di evitare persino le piste con poca gente. Visto che nei giorni precedenti, con il tempo buono, sono risucita a sbagliare ben due volte. La prima ho imboccato una pista da fondo, al posto di un'altra che si è poi rivelata chiusa. Dopo un po' di stradina in lieve discesa, ho incontrato un fondista che saliva e mi sono fermata a chiedergli lumi. Lui mi ha detto che di lì non sarei arrivata da nessuna parte e che mi conveniva tornare indietro. Ma io non mi sono fidata, perché era romano e ho pensato: che cazzo ne sa un fondista romano di piste? Così mi sono fatta un altro pezzo di stradina in discesa, finché non ho chiesto indicazioni a due germanofoni e finalmente mi sono risolta a tornare indietro. Dopo un'ora ero sudata come un cammello ma salva. Il giorno dopo invece ho imboccato la presunta pista 34, che recava svariati cartelli in tedesco e uno anche nella mia lingua, il quale diceva: Aperta fino a Zaglitter. Zaglitter me lo sono inventato, magari è una parolaccia in tedesco, comunque qualcosa di simile. Però qualcuno andava da quella parte. Così sono andata anch'io. La pista terminava dopo qualche centinaio di metri al bar ristorante Zaglitter. Merda. Però da Zaglitter vedo partire una motoslitta carica di avventori del bar. Ci sono varie motoslitte parcheggiate lì davanti. Chiedo. Un baldo giovane crucco mi riaccompagna su in motoslitta, gran figata. Quanto devo? Niente. E' aggratis. Apperò. Mi sono anche fatta il giro in motoslitta, roba da sbagliare apposta. Il fatto è che in Alto Adige vige una specie di socialismo reale. Una roba del tipo: lavorare poco, lavorare tutti. Insomma, qualcuno paga dei tizi che vanno su e giù in motoslitta (e paga pure le motoslitte) per portare gli avventori di Zaglitter, in modo che il ristorante possa lavorare anche con la pista chiusa. Finito lì, il motoslittaro va casomai a fare il tassista che scarrozza i turisti per tutti i pub della valle a 1 euro la corsa. Così i turisti si ritrovano tutti i servizi a disposizione pagando poco o niente. Gli indigeni si adattano a fare qualsiasi tipo di lavoro, magari anche due o tre lavori diversi nell'arco della giornata, essendo ben pagati e lavorando a casa propria. Il tutto retribuito dall'economia turistica ma temo parecchio anche da Pantalone, che saremmo noi, visto che questo sistema penso si regga sui ricchi trasferimenti alla regione a statuto speciale. Chapeau in ogni caso, perché con gli stessi soldi, forse anche di più per via del casinò, la Val d'Aosta non dà né servizi né lavoro.
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