Ferragosto 2006

Post n°24 pubblicato il 27 Agosto 2006 da calipso1960

Alice si è svegliata presto. Il silenzio assoluto in casa e fuori le dà l' idea del molto presto...non una voce, non il rumore di un' auto che passa in strada, non il solito brusio di sottofondo che quotidianamente saluta il risveglio della famigliola in vacanza. Il silenzio è totale, il chiarore che filtra dalle finestre senza imposte è tenue, impossibile capire se ci sarà il sole o no, oggi. Certo non piove, non ora; il rumore della pioggia si sentirebbe. Alice si gira piano, verso Aldo che ancora dorme, il respiro regolare, un sorriso rilassato sul viso disteso...hanno fatto l' amore, ieri sera. E, dopo, Aldo l' ha  tenuta stretta, dicendole che è felice di essere lì, con lei; di avere superato tutti i momenti bui, tutte le crisi, tutti i problemi che Alice ha portato con sé; una dote pesante e ingombrante che ha segnato tutti i trent'anni trascorsi insieme. Le ha detto che che uno senza l' altra non esistono, non sarebbero nulla, loro, singoli, soli. Alice ha pianto, fra quelle braccia forti che l' hanno sorretta, sostenuta, abbracciata e stretta tante volte...e comunque sempre quando lei ne ha avuto bisogno! Un pianto sommesso, tiepido...un pianto commosso.
Appoggiata al suo braccio, Alice osserva il suo uomo che dorme. Sente di amarlo come mai ha saputo amare, seppure l'abbia spesso creduto,  prima di incontrarlo; lo ama col cuore, con la mente, con la pelle; ogni cellula, ogni piccola fibra di lei è sua, gli appartiene completamente! Lui ha saputo aspettare che lei si liberasse dai fantasmi e dagli scheletri di un recente passato. Appena conosciutisi, lui l' ha presa per mano e accompagnata con pazienza, con tenerezza e con amore alla vita, raccogliendo i cocci di ciò che di lei avevano fatto tutti coloro che l' hanno usata, violata, ignorata. La loro vita insieme iniziata per sfuggire alla casa-prigione di lei; per starle vicino, per lui che non aveva nulla da cui fuggire. Una vita costruita in due, giorno dopo giorno, baruffa dopo baruffa...con una figlia ardentemente desiderata dopo tre anni di matrimonio...e con un secondo figlio, strenuamente voluto da lei, che non poteva pensare alla figlia lasciata sola come tante volte si è sentita sola lei...un figlio nato quattordici anni dopo la sorella. Una vita che Aldo ha speso cercando di ricomporre la famiglia sbalestrata di Alice, per mettere pace, per sedare conflitti, perché finalmente si capissero fra loro....invano; visto il tragico epilogo in un dicembre freddo, nevoso quando, dopo un'accesa discussione il giorno prima, in una sera limpida e serena come solo certe sere d' inverno sanno essere, un unico colpo di rivoltella ha posto la parola fine a una vita di dolore subìto e causato. Il papà di Alice se n' è andato così, solo e disperato come disperata ha lasciato lei, la figlia mai conosciuta realmente, mai compresa, mai considerata....
Alice sente le lacrime pungerle gli occhi, ancora. E' il primo ferragosto che trascorreranno senza i genitori di lei....le tradizioni andate tutte in fumo; il natale, Pasqua, San Giuseppe, ferragosto, i compleanni sempre passati insieme, "in famiglia", a concludersi, sempre, nel migliore dei casi in discussioni quando non veri e propri litigi, raramente tutti insieme a pranzo fuori....oggi niente pranzo al ristorante, solo loro a fare cose mai fatte prima nello stesso giorno...altre mete, altri luoghi, solo novità.
Alice allunga una mano ad accarezzare il viso di suo marito. Lui apre gli occhi, la guarda con dolcezza, l'attira a sé...si sta bene abbracciati, lei si sente bene con il viso appoggiato al suo petto. Si guardano...un bacio tenero che si fa appassionato, le mani che si cercano....
Speriamo che il piccolo non si svegli, non ancora!

 
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ciao!

Post n°23 pubblicato il 11 Agosto 2006 da calipso1960

ciao
a tutte/i
per due settimane resetto il cervello; solo libri, ricamo,relax e famiglia nella quiete dei monti.
Porto "Alice" in vacanza con me; tornerà con me.
Mi...ci aspetterete?
ciao, a presto

 
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Ancora il dolore

Post n°22 pubblicato il 10 Agosto 2006 da calipso1960

Alice si aggrappa disperata a Pino; vive per lui, lo adora, fà tutto ciò che lui le chiede, si annulla nei suoi occhi; il primo amore, il primo TUTTO!

Lui la ama? Forse; una forma strana di amore, di egoismo, di possesso; è sua, una cosa sua, può disporne come vuole, farne ciò che desidera.

La nonna se ne va, silenziosamente e penosamente, un triste e cupo mattino d'autunno; Alice è annientata, per la prima volta realizza di essere sola, di avere perso il suo punto di riferimento e di essere abbandonata a se stessa.

Nessuno intorno a lei si accorge di quanto si chiuda, di quanto diventi sempre più triste e spenta, sempre più sola nella sua camera con il diario e con il "romanzo" scrivendo il quale vive nella fantasia la vita che vorrebbe e non può avere.

Pino non capisce, per lui è il giocattolo, a disposizione quando vuole, da mettere a parte quando ne è stanco, tanto lei non si lamenta mai....

Un giorno Alice arriva all'appuntamento con il volto pallido e tirato, è spaventata e agitata;

- Cosa c'è, cos'è successo - le chiede quasi seccato

- ho un ritardo...

sempre quel filo di voce, un sospiro inavvertibile

- non è possibile, stai scherzando

- Ti pare che potrei scherzare, su una cosa così? Io ho paura...non so che fare

- cos'è, vuoi incastrarmi?

- ti ho detto che ho paura...che facciamo adesso...se è davvero...

- SE E' DAVVERO COSA?! ma sei cretina?..e poi, in ogni caso...chi mi assicura che sia mio?

Alice lo fissa immobile, sbigottita e incredula. Lui sostiene lo sguardo con rabbia e distacco.Le avesse dato una pugnalata le avrebbe fatto certo meno male, quelle parole incise nella pelle, nella carne a farne uscire lacrime di sangue...che nessuno vedrà mai.

Passa del tempo, Alice ha la certezza del bambino che è in lei, che lei sente di amare e di desiderare...ma non trova il coraggio di parlarne a nessuno, fino a che la mamma di Pino piomba in casa sua un pomeriggio per parlare con la mamma di Alice,

- Questi ragazzi hanno combinato un pasticcio, bisogna fare qualcosa; naturalmente paghiamo noi....

Quanto vale la vita?

Quanto vale la vita di un embrione che nessuno ha ancora visto nè sentito, se non la sua mamma, che già gli si rivolge con voce carezzevole, che già gli ha dato un nome, che lo culla dolcemente dentro sè?

Quando hanno deciso dove portarla e cosa fare, quando la mamma di lui se ne va, la madre di Alice le si avventa contro, la colpisce insultandola e lei si sente già sconfitta e sempre più sola.

Poco tempo dopo Alice e sua madre sono nella sala di attesa di un ambulatorio medico; non è legale, a quel tempo, ma, almeno si rivolgono ad un medico vero; la "casa degli angeli", così è conosciuta quella villetta, nella cittadina dove vivono; il medico arcigno la fa coricare, un' iniezione e  per la ragazzina un sonno pesante e artificiale dal quale si risveglia, poco (o tanto ?!)tempo dopo e chiede a sua madre

- Non c'è più Marco?

La risposta è di nuovo uno schiaffo e un insulto, si rialza pesta e dolorante, lui l'aspetta fuori, per riaccompagnarla a casa.Sta fumando nervosamente

_ E che cavolo! Se sapevo che ci andava tanto così prendevo solo un'ora di permesso, non mezza giornata!

Alice non ha nemmeno la forza di rispondere, vuole solo arrivare a casa, andare a coricarsi e sprofondare in un sonno pesante...infinito...magari fosse senza risveglio!

Nessuno sa, nessuno si accorge di nulla; non il padre, all'oscuro di tutto, è un padre-padrone, non si può parlare con lui di certe cose, nemmeno da moglie; non le amiche, non i professori di scuola. Alice riprende poco a poco la vita di sempre, con meno entusiasmo, se mai ne avesse avuto prima, con sempre più dolore a scoppiarle dentro

Lui si fa vedere sempre meno, lo hanno già visto in giro con un' altra, più grande di Alice (che ha sempre quindici anni, in quel periodo, non sono passati anni ma solo mesi), più appariscente, certo, al confronto con una quasi bambina;quindici giorni dopo l'aborto, un pomeriggio Alice va a cercarlo, sa di trovarlo a casa , vuole solo saper perché le sta facendo questo, perché la sta buttando via così, senza nemmeno il coraggio di dirglielo, di lasciarla almeno con sincerità.

Lui è distaccato, freddo è già distante

- Senti...ho un'altra, non voglio prenderla in giro, non ci rompere!

Alice si volta per andarsene, vinta, abbattuta, senza nemmeno più la forza di piangere; è vicina alla porta quando si sente afferrare i capelli, lui la spinge per terra, tenendola ferma le alza la gonna e le è sopra; non riesce nemmeno a gridare, Alice, dallo spavento, dallo schifo, dal non volere comprendere cosa le stia facendo...lui la prende con violenza, fa male, è una lama che squarcia la carne, è un dolore indicibile, lei non si muove, e pensa "così arrivo tardi e mi sgridano a casa!".

Nemmeno l'aiuta a rialzarsi, quando ha finito. Lo sguardo è sempre freddo e distante, lei si chiude la porta alle spalle e corre verso casa...peccato non passino auto sotto quali poter finire....

Arriva tardi a casa,subisce i rimproveri e il castigo; è rossa in viso, affannata ma nessuno si accorge di nulla.

Nessuno si accorge mai di nulla, Alice....tanto, sei soltanto tu....

 
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Il dolore 

Post n°21 pubblicato il 08 Agosto 2006 da calipso1960

Alice ha gli occhi tristi, senza sorriso; la nonna/mamma, la sua guida, il suo punto di riferimento, il suo mondo si sta sgretolando pian piano, colpito da una condanna che non lascia speranza: cancro, pochi mesi di vita.
Pochi mesi che non saranno sufficienti alla ragazzina per dirottare il suo amore e il suo disperato bisogno di amore e di attenzioni, si sente sola, Alice, sola e persa. In un mondo troppo grande per lei ancora piccola, in un mondo ostile, adulto che la pretende adulta quando ancora ha tanto bisogno di piangere, di tenerezza che le asciughi le lacrime.
E' una primavera triste, il quindicesimo compleanno sarà l'ultimo festeggiato con l'adorata nonna..chissà se ci sarà un ultimo Natale, o se quello trascorso che ora appare così lontano è stato inconsapevolmente l'ultimo a disposizione...quante volte si sono dette "ti voglio bene", anche solo con uno sguardo, con un sorriso...e presto non se lo potranno più dire, non potranno più abbracciarsi, stringersi a consolarsi a vicenda quando la vita presenta il conto per i momenti di felicità che sembra regalare.
Pino è sempre lì, con lei; l'attende ora alla fermata della corriera che la porta a casa da scuola, da un'altra città; l'accompagna sempre al solito posto, lontano da possibili spiate, la bacia con sempre maggiore ardore e lei, dopo un momento di stordimento ha imparato a rispondere ai baci, alle carezze con gesti ancora ingenui, innocenti.
La stanza dove suonano, dove si riunisce la compagnia ora è anche la stanza dove lui la porta sabato e domenica pomeriggio, dove passano ore a baciarsi, a scoprire emozioni e sensazioni sconosciute alla ragazzina, che trema , impaurita da ciò che prova, ma insiste a dire "No, non voglio" alle sempre più pressanti richieste di lui. La vuole, non è desiderio, non è amore è proprio solo voglia di possederla, di farne una cosa sua, una sua proprietà, di cui vantarsi con gli amici, da esibire come un trofeo difficile ma raggiunto, conquistato, vinto!
E' primavera, è quasi Pasqua, è quasi il quindicesimo compleanno di Alice. Si incontrano un sabato mattina, niente scuola per le vacanze di Pasqua; lei indossa un tailleur da donna, blu, classico primaverile per sentirsi grande, per piacergli, con stivali che ancora non è proprio caldo, anzi una settimana uggiosa e umida come solo fine marzo e principio di aprile sanno regalare; c'è mercato, c'è confusione, gente allegra e colorata che s'incrocia nella via, tra le bancarelle e la merce esposta; lui la tiene stretta, salgono nella "stanza", cominciano a baciarsi, lui sempre più prepotente e più impaziente, lei sempre più debole e indifesa, già immersa nel dolore della imminente perdita e già sola a non potersi confidare con lei che, malata, non la può più aiutare.
Lui le è sopra, le braccia la stringono e la bocca è sempre più esigente, le ripete "dai...lo facciamo?"...non risponde Alice, lo guarda supplichevole ma non ha più voglia di lottare contro un desiderio che sente anche lei, contro un muro di insistenza,contro il timore di perderlo, come perderà la nonna, se non dirà di sì...ed è un soffio quel "sì", appena accennato che trasforma però lui in un animale che in fretta la "prepara", senza nemmeno sfilarle gli stivali, che la vuole con premura,con impazienza, con insofferenza al non poterlo fare agevolmente, che la penetra incurante del suo pianto di dolore...Alice ha un lampo di fuoco rosso che la invade, una girandola di fuochi d'artificio dolorosi nella testa, voglia di urlare e paura di farlo...vorrebbe solo scappare via ma non può muoversi e lui non si cura di lei, del male, della posizione scomoda insiste e vuole continuare...deve averla!
Dopo...un'ora, un minuto, un secolo? si alza da lei, l'aiuta ad alzarsi dolorante, la guarda quasi con astio "Non abbiamo finito.Ti riaccompagno a casa, oggi però torniamo qui"
Alice lo guarda spaventata, no, non è lui, non può essere lui Pino, il ragazzo che ama e che la ama il ragazzo tenero affettuoso che la comprendeva quando lei diceva "No, non voglio", che la accarezzava con dolcezza...non può essere il mostro che ora la guarda duro, quasi cattivo.
Silenziosa si lascia accompagnare, senza parlare e senza guardarlo in viso; si vergogna, lei, di non essere stata capace, di non essere riuscita....(a cosa, Alice?, cosa non sei riuscita tu a fare? perchè non sei scappata invece, allora?)

-Ti vengo a prendere alle tre

- Non so se posso uscire, oggi, arriva la zia

la voce è un soffio, un alito appena accennato, quasi avesse paura o vergogna

- Se non ci vediamo oggi, domani alle tre.

Si lasciano così, senza baci abbracci né carezze. Lui le volta la schiena e se ne va, senza voltarsi; lei reprime il magone e si dirige verso casa, dolorante e pesta ancor più nell'anima che nel corpo...(piccola Alice, povera piccola ragazzina che voleva essere grande e che sarebbe stata ancora in tempo a fuggire via da un destino assurdo...).
L'arrivo della zia impedisce l'uscita, quel pomeriggio; ma Alice non è dispiaciuta, ha quasi paura di uscire con lui, ha paura di "non avere ancora finito" e non sapere cosa aspettarsi ancora.
Domenica arriva, puntuale; alle tre lui l' aspetta al solito posto, le va incontro sorridente, l'abbraccia e la tiene stretta a sè, con un senso di possesso; arrivano silenziosi alla "stanza", Alice trema, è spaventata ma lui oggi sembra dolce, la spoglia, con calma, con gesti lenti e indugianti, la adagia sul materasso posato a terra, come il giorno prima...è duro il pavimento sotto la schiena, sotto il peso di lui a schiacciarla, sotto il dolore come di una lama che lacera la carne, che s'insinua in lei, che fa male...e poi è un'esplosione di colori, di rumori e suoni che confondono, la testa che scoppia e una sensazione che non riesce a sopportare...grida, Alice, è un urlo che squarcia il silenzio intorno, e sviene.
Riapre gli occhi e lui la guarda tenero, la bacia, piano, dolcemente "Sei mia adesso; sei solo mia" e lei ha voglia di piangere e lo stringe, si stringe a lui quasi a perdersi in quell'abbraccio, quasi a crederci davvero di averlo anche lei desiderato tanto.
Per più di una settimana non riesce a provare piacere, solo un gran dolore, e mortificazione e vergogna per la macchia sul materasso a simbolo di ciò che è realmente accaduto; poi, pian piano il dolore diventa piacere, Alice si convince che in fondo è bello essere diventata donna, con lui, per lui; si perde nelle sue braccia a sostituire braccia che si stanno spegnendo in ospedale, lei non resterà sola, lui non la lascerà, non adesso, non dopo averla finalmente avuta!

 

 
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Post N° 20

Post n°20 pubblicato il 04 Agosto 2006 da calipso1960

Ricordate Alice? L'avevamo lasciata bambina un po' malinconica, molto spesso sola con se stessa, chiusa nel suo mondo di fantasie, di favole raccontate alle sue bambole mute...cresciuta nell' indifferenza di chi l'ha messa al mondo e protesa verso un mondo d'amore cui i nonni l'hanno cresciuta.

Sta crescendo Alice, è all' ultimo anno delle medie, a dover decidere che ciò che suo padre ha scelto per lei va bene, che è proprio ciò che lei avrebbe voluto fare. Un papà geloso il suo, lei non può ancora mettere collant, non può truccarsi, non può uscire sola, se è invitata a qualche festa di compleanno di compagni di scuola è lui ad accompagnarla e ad andarla a riprendere. Dopo la scuola la ragazzina è sempre a casa, sola, chiusa in camera a riversare sogni sul diario, a intendere dedicate a lei le parole delle canzoni d'amore che più colpiscono la sua fantasia di bambina cresciuta ma non ancora donna.

Strana età, l'adolescenza; davvero non si è più e non si è ancora niente...

Un pomeriggio d'inverno, un umido, uggioso sabato di provincia, sul Corso...ché tutte le cittadine di provincia hanno un corso in cui si riversa la gente, ci si incontra, ci si vede, ci si conosce, ci si specchia nelle vetrine luccicanti e colorate...quel sabato davanti alla cartoleria dove lei si reca a far compere per la scuola incontra la sua fantasia più recondita, il sogno più irreale che d' un tratto ha fattezze umane, un sorriso brillante e uno sguardo accarezzante che procura un brivido alla schiena. Si stringe nel montgomery, abbassa lo sguardo intimidita quando una voce dice semplicemente "Ciao"...

-Ciao

in quel ciao Alice riversa rossore, imbarazzo, voglia di scappare via e voglia di rimanere all'infinito a perdersi in quegli occhi, in quel sorriso

- Come ti chiami?

-Alice

la sua voce è un soffio, quasi le manchi il fiato, sente le guance infuocate

- ciao Alice io sono Pino

nome banale, niente di che, ne incontri centinaia...ma pronunciato da quella bocca, con quella voce aveva il suono soave di un concerto d'arpa.;( E lei di musica s'intendeva, studiava musica e le dava un senso di libertà conoscere le note e poter giocare con loro...fino a che suo padre decise lo strumento che avrebbe dovuto imparare a suonare, niente violino o pianoforte come lei desiderava tanto,ma contrabbasso, classico, con archetto di crine di cavallo...durò poco, da allora, abbandonò la libertà nelle note e lasciò la scuola di musica.)

- Che fai di bello?

- In che senso?

- Studi, lavori, che fai?

- Vado a scuola, terza media

- Media?! Ma quanti anni hai?

- Quasi quattordici

si accorse di balbettare, quasi avesse a vergognarsene...non si capiva, non si vedeva forse che era poco più di una bambina? Quando invece accidenti lei voleva già sembrare una donna!

- E tu?

- diciotto

Alice quasi si sentì mancare; diciott'anni, praticamente un uomo, visto coi suoi occhi di poco più che bambina...come poteva mai pensare che un uomo potesse provare interesse per lei! Abbassò lo sguardo, ma lui continuò a parlarle

- Io lavoro, e suono

- Suoni?

- Sì, abbiamo un gruppo, siamo quattro; io suono la batteria e ci riuniamo a suonare là

indicando una finestra al primo piano dell'edificio cui erano davanti. Alice era estasiata, rapita da quella voce, da ciò che diceva; trascorsero insieme due ore, passeggiando per il Corso, raccontandosi di sé, delle loro vite. Si lasciarono con un appuntamento per l'indomani, dopo la Messa del mattino.

Quella notte Alice dormì poco, un sonno agitato da quel viso sorridente, dal pensiero di rivederlo...lui voleva rivedere proprio lei!

Il mattino dopo trascorse un'ora in bagno, seppure non potesse truccarsi, provò varie pettinature, molte smorfie allo specchio, un velo di lucidalabbra appena accennato e col cuore in gola s' incamminò al suo primo appuntamento. Arrivò puntuale e lo vide subito, da lontano, anche lui stava arrivando allora, le mani in tasca in un giaccone di pelle nera e le sorrideva; di nuovo passeggiarono per le vie della cittadina semideserta della domenica mattina, chiaccherando fitto,poi lui l'accompagnò a casa, si fermarono poco distante l'abitazione ma abbastanza da non essere a portata di "finestre" da cui sapeva di poter essere spiata. Lo sguardo di lui l'accarezzò, le fece una carezza lieve e si salutarono.

Quel pomeriggio la ragazzina non uscì, trascorse la giornata chiusa in camera a disegnare cuoricini e un nome sul diario, a leggere, a sognare quel viso solare che sorrideva proprio a lei.

Il giorno dopo lui era ad attenderla all'uscita di scuola, lei si bloccò sorpresa sulla strada mentre le compagne la guardavano con un improvviso interesse e i compagni con ammiccamenti e risatine sceme; l'accompagnò ancora vicino a casa, come il giorno prima e mentre lei pensava di vivere un sogno, lui pensava che quella ragazzina sbarazzina era sì piccola, forse troppo giovane per lui,ma così avrebbe potuto plasmarla, farla crescere con sè, aiutarla a diventare donna, con lui.

Si rivedero spesso, lui era ad attenderla a scuola, a scuola di musica, fuori dalla palestra dove lei andava a giocare a tennis e insieme passeggiavano, mano nella mano, per strade e viali intirrizziti dall'inverno nebbioso e cupo del 1974. La domenica lui era impegnato con il gruppo a suonare ad una festa, lei ovvamente non poteva uscire la sera, ma al lunedì, (22 gennaio) era ad attenderla all'uscita di scuola, e nel tardo pomeriggio s'incontrarono e s'incamminarono verso i giardini, nei viali bui e deserti, dove il rumore dei loro passi era quasi frastuono e i loro respiri diventavano nebbia ; lui si fermò, si voltò a guardarla, le prese il volto fra le mani e le sue labbra si posarono su quelle di lei chiuse, serrate in una fessura inespugnabile. Lui la guardò dolcemente, sorridendo, l'abbracciò stretta a sè e di nuovo le labbra si unirono, questa volta riuscì a forzare quella bocca , a vincerne la resistenza.

Lei rimase immobile, irrigidita dalla sorpresa e dallo sgomento...il suo primo bacio...il cuore faceva capriole nel petto, il fiato le mancava e sentiva le guance in fiamme, lui la stringeva al suo petto pensando che era proprio una bambina, semplice, ingenua e innocente; non aveva certo mai baciato prima e l'essere stato il primo gli fece provare un brivido di piacere e di orgoglio; sì sarebbe cresciuta con lui, quella ragazzina, aveva deciso che doveva essere così.

Alice lo guardò spaurita, lui la baciò di nuovo e lei timidamente incominciò a provare a rispondere a quel bacio,e ad altri ancora, sentendosi innamorata e grande...doveva correre a dirlo alla nonna, doveva dirle che la bambina con gli occhi del sole aveva conosciuto l'amore.

 
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