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Post N° 20

Post n°20 pubblicato il 04 Agosto 2006 da calipso1960

Ricordate Alice? L'avevamo lasciata bambina un po' malinconica, molto spesso sola con se stessa, chiusa nel suo mondo di fantasie, di favole raccontate alle sue bambole mute...cresciuta nell' indifferenza di chi l'ha messa al mondo e protesa verso un mondo d'amore cui i nonni l'hanno cresciuta.

Sta crescendo Alice, è all' ultimo anno delle medie, a dover decidere che ciò che suo padre ha scelto per lei va bene, che è proprio ciò che lei avrebbe voluto fare. Un papà geloso il suo, lei non può ancora mettere collant, non può truccarsi, non può uscire sola, se è invitata a qualche festa di compleanno di compagni di scuola è lui ad accompagnarla e ad andarla a riprendere. Dopo la scuola la ragazzina è sempre a casa, sola, chiusa in camera a riversare sogni sul diario, a intendere dedicate a lei le parole delle canzoni d'amore che più colpiscono la sua fantasia di bambina cresciuta ma non ancora donna.

Strana età, l'adolescenza; davvero non si è più e non si è ancora niente...

Un pomeriggio d'inverno, un umido, uggioso sabato di provincia, sul Corso...ché tutte le cittadine di provincia hanno un corso in cui si riversa la gente, ci si incontra, ci si vede, ci si conosce, ci si specchia nelle vetrine luccicanti e colorate...quel sabato davanti alla cartoleria dove lei si reca a far compere per la scuola incontra la sua fantasia più recondita, il sogno più irreale che d' un tratto ha fattezze umane, un sorriso brillante e uno sguardo accarezzante che procura un brivido alla schiena. Si stringe nel montgomery, abbassa lo sguardo intimidita quando una voce dice semplicemente "Ciao"...

-Ciao

in quel ciao Alice riversa rossore, imbarazzo, voglia di scappare via e voglia di rimanere all'infinito a perdersi in quegli occhi, in quel sorriso

- Come ti chiami?

-Alice

la sua voce è un soffio, quasi le manchi il fiato, sente le guance infuocate

- ciao Alice io sono Pino

nome banale, niente di che, ne incontri centinaia...ma pronunciato da quella bocca, con quella voce aveva il suono soave di un concerto d'arpa.;( E lei di musica s'intendeva, studiava musica e le dava un senso di libertà conoscere le note e poter giocare con loro...fino a che suo padre decise lo strumento che avrebbe dovuto imparare a suonare, niente violino o pianoforte come lei desiderava tanto,ma contrabbasso, classico, con archetto di crine di cavallo...durò poco, da allora, abbandonò la libertà nelle note e lasciò la scuola di musica.)

- Che fai di bello?

- In che senso?

- Studi, lavori, che fai?

- Vado a scuola, terza media

- Media?! Ma quanti anni hai?

- Quasi quattordici

si accorse di balbettare, quasi avesse a vergognarsene...non si capiva, non si vedeva forse che era poco più di una bambina? Quando invece accidenti lei voleva già sembrare una donna!

- E tu?

- diciotto

Alice quasi si sentì mancare; diciott'anni, praticamente un uomo, visto coi suoi occhi di poco più che bambina...come poteva mai pensare che un uomo potesse provare interesse per lei! Abbassò lo sguardo, ma lui continuò a parlarle

- Io lavoro, e suono

- Suoni?

- Sì, abbiamo un gruppo, siamo quattro; io suono la batteria e ci riuniamo a suonare là

indicando una finestra al primo piano dell'edificio cui erano davanti. Alice era estasiata, rapita da quella voce, da ciò che diceva; trascorsero insieme due ore, passeggiando per il Corso, raccontandosi di sé, delle loro vite. Si lasciarono con un appuntamento per l'indomani, dopo la Messa del mattino.

Quella notte Alice dormì poco, un sonno agitato da quel viso sorridente, dal pensiero di rivederlo...lui voleva rivedere proprio lei!

Il mattino dopo trascorse un'ora in bagno, seppure non potesse truccarsi, provò varie pettinature, molte smorfie allo specchio, un velo di lucidalabbra appena accennato e col cuore in gola s' incamminò al suo primo appuntamento. Arrivò puntuale e lo vide subito, da lontano, anche lui stava arrivando allora, le mani in tasca in un giaccone di pelle nera e le sorrideva; di nuovo passeggiarono per le vie della cittadina semideserta della domenica mattina, chiaccherando fitto,poi lui l'accompagnò a casa, si fermarono poco distante l'abitazione ma abbastanza da non essere a portata di "finestre" da cui sapeva di poter essere spiata. Lo sguardo di lui l'accarezzò, le fece una carezza lieve e si salutarono.

Quel pomeriggio la ragazzina non uscì, trascorse la giornata chiusa in camera a disegnare cuoricini e un nome sul diario, a leggere, a sognare quel viso solare che sorrideva proprio a lei.

Il giorno dopo lui era ad attenderla all'uscita di scuola, lei si bloccò sorpresa sulla strada mentre le compagne la guardavano con un improvviso interesse e i compagni con ammiccamenti e risatine sceme; l'accompagnò ancora vicino a casa, come il giorno prima e mentre lei pensava di vivere un sogno, lui pensava che quella ragazzina sbarazzina era sì piccola, forse troppo giovane per lui,ma così avrebbe potuto plasmarla, farla crescere con sè, aiutarla a diventare donna, con lui.

Si rivedero spesso, lui era ad attenderla a scuola, a scuola di musica, fuori dalla palestra dove lei andava a giocare a tennis e insieme passeggiavano, mano nella mano, per strade e viali intirrizziti dall'inverno nebbioso e cupo del 1974. La domenica lui era impegnato con il gruppo a suonare ad una festa, lei ovvamente non poteva uscire la sera, ma al lunedì, (22 gennaio) era ad attenderla all'uscita di scuola, e nel tardo pomeriggio s'incontrarono e s'incamminarono verso i giardini, nei viali bui e deserti, dove il rumore dei loro passi era quasi frastuono e i loro respiri diventavano nebbia ; lui si fermò, si voltò a guardarla, le prese il volto fra le mani e le sue labbra si posarono su quelle di lei chiuse, serrate in una fessura inespugnabile. Lui la guardò dolcemente, sorridendo, l'abbracciò stretta a sè e di nuovo le labbra si unirono, questa volta riuscì a forzare quella bocca , a vincerne la resistenza.

Lei rimase immobile, irrigidita dalla sorpresa e dallo sgomento...il suo primo bacio...il cuore faceva capriole nel petto, il fiato le mancava e sentiva le guance in fiamme, lui la stringeva al suo petto pensando che era proprio una bambina, semplice, ingenua e innocente; non aveva certo mai baciato prima e l'essere stato il primo gli fece provare un brivido di piacere e di orgoglio; sì sarebbe cresciuta con lui, quella ragazzina, aveva deciso che doveva essere così.

Alice lo guardò spaurita, lui la baciò di nuovo e lei timidamente incominciò a provare a rispondere a quel bacio,e ad altri ancora, sentendosi innamorata e grande...doveva correre a dirlo alla nonna, doveva dirle che la bambina con gli occhi del sole aveva conosciuto l'amore.

 
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