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Un blog creato da simurgh2 il 29/04/2010

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"In un mondo senza malinconia gli usignoli si metterebbero a ruttare"
(E. Cioran) 

 

Non so se quello che faccio possa chiamarsi "scrivere". Piu che altro confeziono dei brani che possano servirmi a riempire dei buchi (H. Murakami)

 

 

« Dietro le ciglia sottiliAlifib »

Perciò veniamo bene nelle fotografie

Post n°406 pubblicato il 23 Febbraio 2012 da simurgh2
 

Francesco Targhetta, ti butto cosi qua.
Non riuscivo a trovare il modo per finire.
E ce ne sarebbe, ce ne sarebbe da dire.
In qualche modo anch'io allora in tutto questo c'entro qualcosa.
E mica son il solo. 
(In do te a trovi, in tre te a perdi) 

Ma guarda un po’ questo qua. Io non so se l’avrei detto, ma m’era piaciuto da subito. Però non credevo. Adesso ha scritto un libro, per la ISBN...apperò!!. In una prosa a frasi interrotte.
Avevo letto i suoi “Fiaschi”. Poesie con un titolo dalla doppia valenza. Senza rivolta. Oppure con un senso di rivolta aggiornato. Poesie che, secondo me, hanno intriso sconfitta e disperata ironia. Incazzato, certo. Li conosco questi ragazzi della piana.
Poi ho saputo che è uno da qua, da Treviso, dalla piana, che descrive cosi: 
"Per lasciare questa pianura stanca, che le montagne le appiccica info ndo, e le acque lentissime, le ville e le fabbriche, c’è bisogno di una grossa offesa che si contempli come nel sangue sui soli che si appendono, a settembre, dietro le vigne colme..."
Un discorso a parte questo, sul territorio.
"Non permetterò a nessuno di dire che i vent'anni sono l'età più bella della vitai", aveva scritto Nizan. Questa sentenza, per me, s'infila anche qua. Conia un nuovo idioma generazionale: "gli sfuturati
Non si muove più nessuno quà, "Perciò veniamo bene nelle fotografie", è il libro che ha fatto adesso per la Isbn. L'ho visto sul Corriere Clicca , Venerdi
Ci si travano anche alcuni estratti, nel sito.
Sono poesie in forma di prosa, da fermo, che cosi vengon fuori bene. Non ne scrive di sfocate, torbide. vanno giù dritte, come ad attaccarci la bocca a quei fiaschi, a garganella le butti giu. Non serve neanche aver sete. Lui è un last minute, un precario universitario, con due chitarre ed un ukulele. (Targhetta è ricercatore precario all’Università di Padova, con un dottorato in italianistica alle spalle)  

Una sorta di nuovi migranti nelle terre di quella che è, piu o meno, la mia generazione e, a questa generazione chiede anche conto, del come mai loro, i precari ad oltranza, debbano vivere cosi,in quella incertezza che pare farsi normalità, mettendo cento euro a testa per dividere un appartamento con altri e mangiare pizza e kebab.

«Momentanea soluzione 
fino a saperne, poi, talmente tanto
da non poterci più fare niente». 
Per questo vengono tutti bene nelle fotografie. 

C'è un'accusa precisa, e anch'io devo aver fatto qualcosa per sentirmela quella colpa. A dir il vero mi verrebbe da dire "Che cazzo volete?". Cosa vuoi che abbia fatto? Niente! Ecco...appunto, niente. Beh poco si, mi sono arrangiato, mi sono sistemato e non ho fatto piu niente. Neanche figli a cui rispondere.

“ La voglio fare per te la rivolta,
dentro grumi di città senza sole
e barricate: che le vedano,
e maestre d’asilo, le nostre facce
sconvolte come quelle dei ladri
sulle pagine scialbe delle testate
locali: Che ci vedano, quel giorno, i nostri padri”. 
Non aspettiamo altro.  

Outsider della cultura a cui, "quelli che son venuti prima", non han lasciato niente, e devono inventarsi altri status symbol e masticare rabbia, sconforto ed ironia.

«se adesso 
dipendo dagli orsetti gommosi 
da Haribo fucsia e liquirizie flessibili 
da marshmallows verdi al sapore di nichel e coccodrilli fruttati 
prodotti in segreto in armerie
colombiane coi tetti di eternit, 
da banane imbottite di zucchero 
e chupa-chups alla panna e fragola 
alla mela cotogna, alla Coca Cola, 
che è il massimo dell'astrazione 
chimica raggiungibile dall'uomo»

"La sua è la voce di un bardo metropolitano, anti-cortigiano. Proletario ma senza prole, più che precario. Accusa ferocemente quanti hanno consegnato la sua generazione alla Repubblica del non lavoro, alla società dei consumi che ti consumano l'anima finché hai da spenderne. Antropologicamente, una generazione condannata a non crescere, allevata a terra con le merendine "

 Momenti di 

«gioia collettiva, di quelle che 
ti restano prima dei trenta, quando 
ancora non ti allevia le piaghe 
il malcontento generale,
un condiviso senso di andare 
alla deriva, a incontrare vecchi amici
e dire il peggio di te, per strada, avendone 
in cambio il peggio di loro».                  

«andrà giù/all’imbrunire, la brutale differenza/ che passa, qui, tra restarsene e fuggire?»

La sensazione che si ha, quando si sente di non avercela fatta.Che gli hanno sottratto quel che gli spettava. Che è stato dato ad altri, ai soliti, non i meritevoli ma i raccomandati. Allora mica ti senti più mona di loro ma piu sfigato si. Ma quand'è che uno ce l'ha fatta? Per me, questo Francesco Targhetta, per quanto onestamente si lagni, onestamente riferito ad un linguaggio diretto e immediato, per me, dicevo Targhetta ecco, è uno che ce l'ha fatta. Targhetta mi piace. Loro ne son venuti fuori cosi, dalla loro generazione, ma noi? Che gli si dovrebbe rispondere? Che non è colpa nostra?

"Ma ci sarà, ci sarà la redenzione / e saprà di rivalsa, rivendicazione".

.. il contrappunto che alle loro vicende offre la rievocazione della Battaglia del Piave, cui il protagonista, voce poetante, dedica la tesi di dottorato. Lezione di storia militare che suggerisce all'autore un'idea di «resistenza» spietata, pure con se stessi. Quando la mitraglia falcidiava i commilitoni che battevano in ritirata e non tenevano la posizione.
"Si passerà mai dall'onta di Caporetto alla rivincita di Vittorio Veneto? La stagione cambierà mai di segno? Al lettore, giovane fante di questa Italia, o genitore che per lui trepida, i versi del libro sono luminosi e dolorosi. Razzi segnalatori per comunicare le proprie posizioni e non sentirsi soli. E raffiche di mitra per chi si tradisce."

 

Sul Corriere veneto 

Intervista

Elio Pagliarini ecco, dicono che assomiglia al suo modo
http://www.belpaese2000.narod.ru/Teca/Nove/Pagliarani/paglia_carla.htm  

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Commenti al Post:
simurgh2
simurgh2 il 26/02/12 alle 08:57 via WEB
«Mele cotogne, luce su legno
intagliato di foglie, impiastriccio
tavoli di pastelli marroni, perché
io dell’infanzia ricordo solo
gli autunni, stagioni di stanze
con arance sui vetri…»,

(F. Targhetta)

piccole cose che fermano il tempo, una raccolta in minore di gesti banali che aiutano a resistere qua, nella piana
 
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
simurgh del fiume il 01/03/12 alle 09:35 via WEB
«L’estate da queste parti scivola su asfalti
che fatta la curva son fiumi di risorgiva,
col cinema multisala che brucia
di scooter, un impianto sportivo
e il cimitero dei burci, una riva
di campi per cui passano i fagiani…»,

ma questo luogo in riva al Sile poco più avanti in «Fiaschi » diventa altro, irriconoscibile, perché identico a un ovunque veneto
Io abito la, vicino a quei burci (barche abbandonate e affondate in un'ansa stagnante del fiume), grossi barconi usati per il trasposto fluviale. Li, a fare da guardiano, in quella che era una draga, una cava di ghiaino, c'era un uomo chiamato"Piero, el guardian" Mai saputo avesse un cognome ne da dove venisse. Quando la cava è stata chiusa e i barconi affidati all'incuria, all'abbraccio dell'acqua e delle anguane, rifugio di anguille e silenziose carpe, Piero ha continuato a rimanere li, nella baracca del guardiano. Un casotto di pietra dagli alti soffitti, due finestre e le pantegane che salivano dal fiume. Era gia un'oasi affidata all'oblio. La parte del paese che finiva nel fiume. Da la non andavi piu avanti. Quello che scrive Targhetta, adesso, è un posto figo, dove la gente ci va a passeggio nelle domeniche. Son state costruite piste ciclabili e ponti per attraversare a piedi le acque basse dei burci. Io ero piccolo e, quando con la ghenga si andava da quelle bande a giocare, tiravamo degli scherzi a quel Piero, el guardian che poi finiva che ci tirava dietro dei sassi e ci diceva che dentro aveva un fucile, che stessimo attenti e poi giu bestemmie e vostremareputane. Non credo poi, chiusa la cava, nessuno piu gli desse qualcosa. Viveva isolato e nell'incuria. Difficilmente si vedeva in paese. Un giorno lo trovarono morto, per via dell'odore, sentito da uno che c'era andato a pescare, s'era fatto venire il sospetto. Un pescatore d'anguille che andava sempre la, il suo posto fisso. In teoria quella era ancora una proprietà e piero ne era il guardiano. Credo vivesse di pesce di fiume. Aveva delle reti, dei bartoei di rete e vimini, dove intrappolava pese gati e bisatte. Devo chiedere a mia madre ma, possibile, gliene vendesse anche. Mia madre era famosa per come cucinava l'anguilla in umido. lascio qua un appunto di questa storia per tornarci su.
 
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
teti900 il 02/03/12 alle 23:25 via WEB
gulp!
della serie scartabello tutto il web, copio qui è là e ripasso a far finta di essere culo e targhetta con sto qui?
naaaaaaaa, preferisco vedere cosa ne tiri fuori:)
interessante, davvero!
ripasso, buon we!
 
   
simurgh2
simurgh2 il 11/03/12 alle 11:55 via WEB
Culo e Targhetta, mica è roba di alto livello, ma si legge come fosse il vecchio Capossela. Una voce che dice del com'è che va per questi nuovi e le loro incertezze, le maledizioni son poi tutte uguali, quelle che uno si sente, cambiano i nomi, minuscole mitologie individuali, riferimenti del tempo, gira e rigira è un mondo di merda, però se ne tira fuori del buono e non si sta la sempre a lagnarsi. L'ho preso quel libro. Lui è uno di qua, a volte lo trovi per osterie. Immaginarsi adesso, farà il divo e si lagnerà meno e tromberà di piu, sai com'è, la celebrità. Quella specie di storia, di quello la che faceva il guardiano, ormai non c'è piu traccia della baracca di bimattoni malta e cemento. Butto giu qualcosa, vediamo come mi viene. Grazie teti del 900, buon we anche a te, e il we è quello dopo.
 
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-J. Franzen- Zona disagio-
-Jennifer Egan- Il tempo è un bastardo
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-David F. Wallace- Tutto e di piu
-Ingo Shulze-Zeus e altre storie semplici 

 

Chi viaggia odia l'estate. L'estate appartiene al turista. Il viaggiatore viaggia da solo e non lo fa per tornare contento. Lui viaggia perchè è di mestiere. Ha scelto il mestiere di vento. (Mercanti di Liquore)

 
 
 
 

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