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« Lo stesso mareLa radura »

Tabucchi, come la mosca che gira attorno ad un buco nero

Post n°424 pubblicato il 26 Marzo 2012 da simurgh2
 

Dietro le apparenze ci sono solo altre apparenze
Io con Tabucchi ho sempre avuto uno stralunato daffare.
La sensazione che maggiormente provo è quella del'insignificanza, il non senso del reale. Il reale che descrive e narra. Almeno su quello che di lui ho letto e cioè:
Notturno indiano, Angelo nero, Racconti con figure, La donna di Porto pim, Piccoli equivoci senza importanza, Il tempo invecchia in fretta, Sostiene Pereira (l'unico che mi è svanito in qualche angolo o intercapedine della testa.) Mica ho letto poca roba. 
Come se cio che conta (del reale) fosse solo qualche baluginamento, schegge, rivelazioni improvvise e inaspettate che la realtà a volte mosra. Non a tutti. A quelli come tabucchi, rivela, secondo me l'aspetto del conflitto, dello stridere, dello straneamento, dell'indifferenza. 
Debbo confessare una strana disincrasia. A me Tabucchia non è che poi piaccia sto granchè, però non so spiegare per quale altro mistero poi tanto mi attragga inesorabilmente. Per cose come queste si:

"..Cos'era quell'enorme respiro che perecepiva intorno? Pensò alla sua infanzia, e chissà perché le apparve l'immagine di un bambino che, per mano alla sua mamma, torna da una fiera di paese con in mano un palloncino d'aria, il suo trofeo, e lo regge con fierezza finchè all'improvviso, ploff, il palloncino si sgonfia, qualcosa lo ha bucato, ma cosa? Forse la spina di una siepe?
Le parve di essere quel bambino che all'improvviso si ritrovava con un palloncino floscio fra le mani, qualcuno glielo aveva rubato, ma no, il palloncino c'era ancora, gli avevano soltanto sottratto l'aria che c'era dentro. Era dunque così, il tempo era l'aria e lei l'aveva lasciata esalare da un forellino minuscolo di cui non si era nemmeno accorta?"

Devo aver gia cercato di spiegarmi questa disincrasia, di svelarne l'imprecisa fascinazione. Penso condividiamo eguali percezioni della realtà. un simile smarrimento, una sensazione psichica allucciinatoria, come pure la tensione tra il sogno totali8zzante e l'angoscia nichilista. L'impossibilità di scriverne

"...Poi quel sogno è sparito per anni finchè, qualche settimana fa, è tornato. Tale e quale. Lo stesso cancello di ferro, bianchissimo, evidentemente i sogni non arrugginiscono, e neppure le emozioni che li accompagnano. Era tale e quale a quello che sentivo una volta, lo stesso struggimento, il desiderio di prendere la rincorsa e varcarlo, di correre per vedere cosa nasconde e dove conduce, e qualcosa che mi trattiene, ma non è più la voce di mio padre. Non è più la voce di mio padre, almeno sentissi la sua voce, è la paura di sentirla. Paura e basta.
Il mio è un film muto, come sono mute tutte le fotografie."

Questa perdita di centro e di certezza, un'ermeneutica interpretativa, che uno potrebbe anche mettersi la a far dei disegnetti con una penna biro, che la narrazione mica svela, però ti fa compagnia, come un guarda qua, guarda la dissolvendo la verità dell'interpretazione, come concetto almeno. Non è che questo spieghi niente, il dirmelo o scriverlo che venga letto, per questo trovarmi in uno stato oscillatorio, sospensivo, condizione che, a me pare normale. Tu leggi Tabucchi e, alla fine non ti resta niente. Quel niente cosi vicino a quello dove stò. Un posto dove l'altro è sempre assente

Ah, disincrasia credo non voglia dire niente.

 

 
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Utente non iscritto alla Community di Libero
Donna di Porto Pim il 27/03/12 alle 02:53 via WEB
incubi e sogni,per quel poco che ho letto di lui,discese all'inferno e notturni indiani,in giochi di rovesci e rovesci del gioco di chi sè cerca,e fa del sogno vita «La vita non è in ordine alfabetico come credete voi. Appare... un po’ qua e un po’ là, come meglio crede, sono briciole, il problema è raccoglierle dopo, è un mucchietto di sabbia, e qual è il granello che sostiene l’altro?? A volte quello che sta sul cocuzzolo e sembra sorretto da tutto il mucchietto, è proprio lui che tiene insieme tutti gli altri, perché quel mucchietto non ubbidisce alle leggi della fisica, togli il granello che credevi non sorreggesse niente e crolla tutto, la sabbia scivola, si appiattisce e non ti resta altro che farci ghirigori col dito, degli andirivieni, sentieri che non portano da nessuna parte, e dai e dai, stai lì a tracciare andirivieni, ma dove sarà quel benedetto granello che teneva tutto insieme... e poi un giorno il dito si ferma da sé, non ce la fa più a fare ghirigori, sulla sabbia c'è un tracciato strano, un disegno senza logica e senza costrutto, e ti viene un sospetto, che il senso di tutta quella roba lì erano i ghirigori.»
Poi un giorno ho ricevuto in dono l'audio di donna di porto pim,racconti brevi di naufragi e balene;un sogno in forma di lettere La prima isola che s’incontra vista dal mare è una distesa di verde e nel mezzo vi brillano frutti come gemme, e a volte strani uccelli dalle piume purpuree si confondono con essi. Le coste sono impervie, di nera roccia abitata da falchi marini che piangono quando cala il crepuscolo e che svolazzano inquieti con aria di pena sinistra. Le piogge sono abbondanti e il sole impietoso...sono le esperidi,dove si attende l'avverarsi della profezia. Mi accade spesso da allora di ascoltare un racconto,prima della via dei sogni,la notte l'epica delle balene,il rovesciamento delle parti che lascia alle balene cantare la disumana natura umana Non amano l’acqua, e la temono, e non si capisce perché la frequentino. Anche loro vanno a branchi, ma non portano femmine, e si indovina che esse stanno altrove, ma sono sempre invisibili. A volte cantano, ma solo per sé, e il loro canto non è un richiamo ma una forma di struggente lamento. Si stancano presto, e quando cala la sera si distendono sulle piccole isole che li conducono e forse si addormentano o guardano la luna. Scivolano via in silenzio e si capisce che sono tristi" Racconta di come le balene siano indifferenti alla presenza umana,compromessa dall’azione e dalla navigazione degli esseri umani,fino a dirci della sconfitta d’uno degli ultimi balenieri delle Azzorre nella vicenda della Donna eponima dell’opera che rubò l'anima d'un marinaio e ne fece un musicista, fin quando la natura dell’assassino pretese un tributo, per riscattare un tradimento previsto, una sconfitta annunciata: un naufragio ultimo, d'un baleniere e d'una balena che irrideva chi sognava di poterla imprigionare. Ho letto poco di lui,ma quel poco m'accompagna ancora certe notti
 
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