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"In un mondo senza malinconia gli usignoli si metterebbero a ruttare"
(E. Cioran) 

 

Non so se quello che faccio possa chiamarsi "scrivere". Piu che altro confeziono dei brani che possano servirmi a riempire dei buchi (H. Murakami)

 

Messaggi di Febbraio 2012

Junior Dad

Post n°409 pubblicato il 29 Febbraio 2012 da simurgh2
 

 

“Junior Dad” 
La faccia di Lou, ormai vecchio, Lulù Lou Reed quelle dei Metallica. Un rock epico, messianico, straballante, di uno che cammina sempre sul lato selvaggio della strada
Dovrebbe star seduto su una sedia per suonare, come John Lee Hooker e invece sta in piedi, con le gambe un pò larghe e ancora quei capelli neri. Chi gli crede? Saranno tinti no? Ne ha 70 ormai. In camera mia, con questa canzone, facevo  i tiri davanti allo specchio sopra il comò, fingendo di cantarla. Ecco, io vorrei dedicarla una cosi a mio padre, a quel junior dad che è pur stato. Lo vorresti un padre cosi? Lui aveva il suo e lo canta.
Ho tirato dentro nel suo progetto i Metallica, la volpe, che c'entrano anche ben poco, ci stanno ma che sia un lavoro di Lou Reed non c'è dubbio. E li fa suonare come fossero la sua band e non i Metallica.E' un album difficile, sotto un diluvio, fatto per un progetto teatrale, colmo di rabbia e di idee. Canta come fosse quella Lulù  , una  femmina che racconta di come gli è andata con gli uomini, ed è un lungo e amaro  sfogo, indispettito e pieno di bile lirica e Lou Reed diventa una bestia. Non canta, mormora o grida, mastica le parole tra i denti, recita essenzialmente e racconta . Il vecchio lupo ulula ancora. Strano per questa storia di Lulù, venga fuori con un papà che non so cosa c'entri, se con Lulù o con lui. Fatto stà che mi mette le mani dentro il petto e mi tira fuori il mio, Milio, mio padre. La storia che canta nella canzone, è come si vedesse adesso davanti ad uno specchio e dicesse ma guarda, son uguale a mio padre. Cosa che mi capita anche a me. Anche mio padre li aveva neri i capelli quando aveva l'eta di Lou Reed. Io no. Ho preso da mia madre, puttanassaeva! Bianchi ormai. Come la balena del Moby Dick. Oh Meville oh! In fondo io sono uno che ha visto Santa Sangre di Jodorowski al cineforum quando è uscito nei circuiti off, se si puo dire. Insomma, questa canzone, junior dad, è un tributo ai padri che,ad  ognuno credo, spacca dentro.O no? Il padre che tieni dentro giovane, improvvisamente, come te invecchia. E' questa sensazione che, piu di ogni altra, mi coglie e sposta. C'è questo doppio, lui che, come il padre, si vede. Un sentimento di epifanica compassione. L'edipo arreso. Invecchiando torni alla tua parte fanciulla. Ti credevo immortale, junior dad! 
Non c'è consolazione in questa canzone.

Junior Dad

Verresti in mio soccorso
se stessi per affogare
un braccio allungato sull’ultima onda?
verresti in mio soccorso?
mi trarresti in salvo?
Lo sforzo ti farebbe davvero male?
Non è bello chiederti
di tirarmi in salvo
Il vetro ha infranto il silenzio dei simili
il fumo fluttua senza ostacoli
sono senza fiato
Tirami su
diventeresti il mio signore e salvatore?
Tirami su per i capelli
ed ora mi baceresti sulle labbra?
Una febbre ardente mi incendia la fronte 
il cervello che una volta ascoltava
ora spara fuori i suoi faticosi messaggi
Non mi tireresti su?
ardente il mio defunto padre ha il motore 
e sta guidando verso
un’isola di anime perse
C’è il sole – una scimmia quindi da imitare
ti insegnerò meschinità, paura e cecità
nessuna bontà sociale e redentrice
Oh-o-stato di grazia
Mi salveresti?
lasceresti cadere il folle proiettile?
mi solleveresti per il braccio?
mi baceresti ancora le labbra?
Singhiozzo: il sogno è finito
fatti il caffè: accendi la luce
di’ ciao al papà minore
la delusione più grande
l’età l’ha avvizzito e trasformato
in un padre più piccolo
una barbarie psichica 

 
 
 

Il dolore ai tempi dell'Aulin

Post n°408 pubblicato il 28 Febbraio 2012 da simurgh2
 

 

poesia di Andrea De Alberti presa da Internazionale
 
Il dolore ai tempi dell'Aulin
 
 
Il dolore è a basso consumo energetico,
ha certo per noi un’aria familiare più o meno
consolante,
ha un livello di attenzione fuori dal comune,
lo vedi come si attacca a tutto,
ai piccoli nei, alle macchie sul corpo,
non ha un interesse classificatorio,
non fa distinzioni di razza,
il dolore è come quando uno non sente al telegiornale
ma capisce da strani segni che qualcosa
sta andando male.
Il dolore si produce sia per il freddo sia per il caldo,
dal di fuori e dal di dentro, si prepara in panchina
con un dovuto riscaldamento,
si allena ogni minuto per entrare in campo,
il dolore dorme poco di giorno e niente di notte,
quando ha il raffreddore gli sembra di morire,
quando sta bene è scaramantico e non lo vuole dire,
il dolore ha una parola buona per tutti.
Il dolore è un tipo di cottura: se non lo controlli,
se non lo giri ogni momento si attacca come il risotto.

Io ce l'ho su perchè è muto, non ti bada, non ti sente neanche se ti metti ad urlare. Puoi parlarci al dolore si, e lo fai, ma lui mica ti sta dietro. E' piu facile capire una pallottola, una coltellata nella schiena che un dolore sordo ad ogni ragione, dico io. Potesse bastare un Aulin. Non è neanche infiammazione. Se è per quello meglio rompersi una gamba. Ti fanno i raggi, un gesso e via. Stai anche a casa dal lavoro. Meglio il sangue allora, che almeno uno lo vede, va in giro sanguinato e gli dicono ma non vedi? Cosa ti sei fatto? Fatti dare i punti, disinfetta, un cerotto e via. Io ad esempio venerdi, sabato di piu, avevo uno di quei dolori la dell'anima. Non puoi neanche dirlo in giro. Vai al Foster e a chi lo dici? Ti fai il tuo bel gin tonic con il beefeather, due partite di biliardo e ti stravi almeno.  Io non so se va bene l'Aulin

 
 
 

Alifib

Post n°407 pubblicato il 25 Febbraio 2012 da simurgh2
 

 

Alifib è una canzone di Robert Wyatt dall'album "Rock Bottom"
"Questa musica cominciò a nascere a Venezia, durante l'inverno
del 1972, sull'isoletta della Giudecca in un vecchio palazzo che guarda alla laguna". 
"I can't forsake you, or forsqueak you, Alife my larder"
Alife/Alifib è la sua donna(Alfreda Benge), sua musa
e disegnatrice delle bellissime copertine dei suoi dischi 

Rober Wyatt Clicca
C'è un mio post precedente Quà, clicca

Post  un pò meno provvisorio adesso, il giorno dopo
La storia appare all'inizio confusa ma si anticipano
Il finale e la profezia. L'acqua della laguna, nella barena
dove tutto inizia, è torbida dove nuotano le anguille, limpida
e bassa dove nuotano i branzini. Robert Wyatt guarda
la in fondo, con le mani in tasca, da un pontile della Giudecca. 

 

Wyatt compie il salto, dal quarto piano
nel momento in cui è un elfo del progressive rock
con le sue dismesse profezie alla William Burroughs
ed entra cosi, con un salto, nei fondali degli abissi marini

Aveva nove anni ed era curioso.
Scopriva nella strada dove abitava, a Cantembury,
tornando da scuola, che qualcosa sempre accadeva. 
Osservava piccoli avvenimenti che lo affascinavano
Robert perdeva tempo cosi, guardava.
Era il suo passatempo, fermarsi per strada.
Gli si aprivano mondi da scoprire. 

La commessa della merceria uscendo
le cade un biglietto, il vento lo fa volar via
Lei lo insegue e grida alla gente di fermarlo
nel suo svolazzare chissà cosa si portava via?
Gli antichi mistici persiani scrivono 
che l'universo è un'ostrica, dice un signore
ad un bambino che tiene per mano.

Robert prima dedicava del tempo
alla lettura dei grandi romanzi d'avventura.
La strada cominciò a rubargli quel tempo
e a diventare il suo imprevedibile romanzo.
Aveva sempre con sè due bacchette di legno
le piaceva batterle, guardare le cose,
dar a loro un ritmo che sentiva dentro. 
Il salto era una cosa che sentiva d'impulso
Saltare su, saltare giu, saltare di qua e di là
Batteva con le bacchette, da un colpo all'altro, un salto.


Un tuffo nel Rock Bottom degli abissi marini.
Passò la cassiera del cinema assieme
ad un ballerino di boleri con i capelli unti di brillantina.
Cominciava gia ad inventarsi storie sconclusionate:
L'immagine di spermatozoi formata dalle nubi
distese nel cielo sopra Lisbona e poi sopra la Nubia
immaginava interpretata come un segno
dai membri di una setta che aspettano il giorno
in cui verranno sublimati nelle creature che venerano.
 
Afib..Alife cantava sottovoce come un mantra
le piaceva inventarsi parole che fossero solo suono
come bolle che escono dalla bocca parlando
sott'acqua, nei fondali marini dove nuotava. 
"Trip trip 
Pip pippy pippy pip pip landerim
[...]
Not nit not nit no not 
Nit nit folly bololey" (1)

Quando era una bambino di nove anni,
forse ne aveva solo la percezione vaga
che la vita è irraggiungibile nella vita.
Che la vita stà tremendamente al di sotto di sè stessa. 
Che era indispensabile fare un salto. 

 

Non c'è video piu bello di questo
ma non si puo prelevare il codice di incorporamento
Sicchè tocca andare su youtube
http://www.youtube.com/watch?v=9yQj4DMAsaY

 
(e invece guarda quà, trovato)



sapeva la donna la profezia,
la prova ad attenderla
Un giorno le avevano detto
di paura perderai nel chiaro la parola
I'll suo senso  a chi ami
Quel giorno avra' inizio  
la sua immersione..verso Afib
I'll sasso lanciato Non tornera'
senza averlo prima trovato

  

In teoria, la storia dovrebbe continuare
fino ad arrivare a quel salto dal quarto piano
che porterà poi a quel tuffo nei fondali marini
e a quel fondo roccioso 


Alifib dal fondo roccioso

(1) dal testo della canzone


La storia prende spunto da un racconto
da "Suicidi esemplari" di Enrique Vila Matas 

 
 
 

Perciò veniamo bene nelle fotografie

Post n°406 pubblicato il 23 Febbraio 2012 da simurgh2
 

Francesco Targhetta, ti butto cosi qua.
Non riuscivo a trovare il modo per finire.
E ce ne sarebbe, ce ne sarebbe da dire.
In qualche modo anch'io allora in tutto questo c'entro qualcosa.
E mica son il solo. 
(In do te a trovi, in tre te a perdi) 

Ma guarda un po’ questo qua. Io non so se l’avrei detto, ma m’era piaciuto da subito. Però non credevo. Adesso ha scritto un libro, per la ISBN...apperò!!. In una prosa a frasi interrotte.
Avevo letto i suoi “Fiaschi”. Poesie con un titolo dalla doppia valenza. Senza rivolta. Oppure con un senso di rivolta aggiornato. Poesie che, secondo me, hanno intriso sconfitta e disperata ironia. Incazzato, certo. Li conosco questi ragazzi della piana.
Poi ho saputo che è uno da qua, da Treviso, dalla piana, che descrive cosi: 
"Per lasciare questa pianura stanca, che le montagne le appiccica info ndo, e le acque lentissime, le ville e le fabbriche, c’è bisogno di una grossa offesa che si contempli come nel sangue sui soli che si appendono, a settembre, dietro le vigne colme..."
Un discorso a parte questo, sul territorio.
"Non permetterò a nessuno di dire che i vent'anni sono l'età più bella della vitai", aveva scritto Nizan. Questa sentenza, per me, s'infila anche qua. Conia un nuovo idioma generazionale: "gli sfuturati
Non si muove più nessuno quà, "Perciò veniamo bene nelle fotografie", è il libro che ha fatto adesso per la Isbn. L'ho visto sul Corriere Clicca , Venerdi
Ci si travano anche alcuni estratti, nel sito.
Sono poesie in forma di prosa, da fermo, che cosi vengon fuori bene. Non ne scrive di sfocate, torbide. vanno giù dritte, come ad attaccarci la bocca a quei fiaschi, a garganella le butti giu. Non serve neanche aver sete. Lui è un last minute, un precario universitario, con due chitarre ed un ukulele. (Targhetta è ricercatore precario all’Università di Padova, con un dottorato in italianistica alle spalle)  

Una sorta di nuovi migranti nelle terre di quella che è, piu o meno, la mia generazione e, a questa generazione chiede anche conto, del come mai loro, i precari ad oltranza, debbano vivere cosi,in quella incertezza che pare farsi normalità, mettendo cento euro a testa per dividere un appartamento con altri e mangiare pizza e kebab.

«Momentanea soluzione 
fino a saperne, poi, talmente tanto
da non poterci più fare niente». 
Per questo vengono tutti bene nelle fotografie. 

C'è un'accusa precisa, e anch'io devo aver fatto qualcosa per sentirmela quella colpa. A dir il vero mi verrebbe da dire "Che cazzo volete?". Cosa vuoi che abbia fatto? Niente! Ecco...appunto, niente. Beh poco si, mi sono arrangiato, mi sono sistemato e non ho fatto piu niente. Neanche figli a cui rispondere.

“ La voglio fare per te la rivolta,
dentro grumi di città senza sole
e barricate: che le vedano,
e maestre d’asilo, le nostre facce
sconvolte come quelle dei ladri
sulle pagine scialbe delle testate
locali: Che ci vedano, quel giorno, i nostri padri”. 
Non aspettiamo altro.  

Outsider della cultura a cui, "quelli che son venuti prima", non han lasciato niente, e devono inventarsi altri status symbol e masticare rabbia, sconforto ed ironia.

«se adesso 
dipendo dagli orsetti gommosi 
da Haribo fucsia e liquirizie flessibili 
da marshmallows verdi al sapore di nichel e coccodrilli fruttati 
prodotti in segreto in armerie
colombiane coi tetti di eternit, 
da banane imbottite di zucchero 
e chupa-chups alla panna e fragola 
alla mela cotogna, alla Coca Cola, 
che è il massimo dell'astrazione 
chimica raggiungibile dall'uomo»

"La sua è la voce di un bardo metropolitano, anti-cortigiano. Proletario ma senza prole, più che precario. Accusa ferocemente quanti hanno consegnato la sua generazione alla Repubblica del non lavoro, alla società dei consumi che ti consumano l'anima finché hai da spenderne. Antropologicamente, una generazione condannata a non crescere, allevata a terra con le merendine "

 Momenti di 

«gioia collettiva, di quelle che 
ti restano prima dei trenta, quando 
ancora non ti allevia le piaghe 
il malcontento generale,
un condiviso senso di andare 
alla deriva, a incontrare vecchi amici
e dire il peggio di te, per strada, avendone 
in cambio il peggio di loro».                  

«andrà giù/all’imbrunire, la brutale differenza/ che passa, qui, tra restarsene e fuggire?»

La sensazione che si ha, quando si sente di non avercela fatta.Che gli hanno sottratto quel che gli spettava. Che è stato dato ad altri, ai soliti, non i meritevoli ma i raccomandati. Allora mica ti senti più mona di loro ma piu sfigato si. Ma quand'è che uno ce l'ha fatta? Per me, questo Francesco Targhetta, per quanto onestamente si lagni, onestamente riferito ad un linguaggio diretto e immediato, per me, dicevo Targhetta ecco, è uno che ce l'ha fatta. Targhetta mi piace. Loro ne son venuti fuori cosi, dalla loro generazione, ma noi? Che gli si dovrebbe rispondere? Che non è colpa nostra?

"Ma ci sarà, ci sarà la redenzione / e saprà di rivalsa, rivendicazione".

.. il contrappunto che alle loro vicende offre la rievocazione della Battaglia del Piave, cui il protagonista, voce poetante, dedica la tesi di dottorato. Lezione di storia militare che suggerisce all'autore un'idea di «resistenza» spietata, pure con se stessi. Quando la mitraglia falcidiava i commilitoni che battevano in ritirata e non tenevano la posizione.
"Si passerà mai dall'onta di Caporetto alla rivincita di Vittorio Veneto? La stagione cambierà mai di segno? Al lettore, giovane fante di questa Italia, o genitore che per lui trepida, i versi del libro sono luminosi e dolorosi. Razzi segnalatori per comunicare le proprie posizioni e non sentirsi soli. E raffiche di mitra per chi si tradisce."

 

Sul Corriere veneto 

Intervista

Elio Pagliarini ecco, dicono che assomiglia al suo modo
http://www.belpaese2000.narod.ru/Teca/Nove/Pagliarani/paglia_carla.htm  

 
 
 

Dietro le ciglia sottili

Post n°405 pubblicato il 22 Febbraio 2012 da simurgh2
 

 

"I quaderni di Malte" di Rilke

E’ un romanzo-non romanzo, un quaderno di visioni,racconti e memorie.
Un romanzo sul vedere. Io non so se riesco a spiegare come "vedo" le cose, pero..
Il vedere, per me ha ultimamente un’inconsueta risonanza, un’eco alchemica, fascinosa e sorprendente. Non vediamo le cose, ciò che ci attornia ed accade allo stesso modo. Il vedere è sostanzialmente filtrato da dei recettori, che ne traducono le informazioni, in sensazioni, emozioni, reazioni e via discorrendo.. Cosa esterna che diviene realtà interiore. Una trasformazione simile a quella che si compie nell’arte. In pratica solo il linguaggio dell’arte puo tradurne la visione. Allora per me, il vedere è di un’emozione sorprendente, quando riesco ad applicare al vedere il mio mondo interiore e creativo. Spesso ho fatto dei post che erano dei clik delle ciglia. Uno scatto al volo per memorizzare e rielaborare. Non basta dire bello o, guarda là che roba poi, il pensiero gli attribuisce connotati, colori e storie.
Oggi un articolo sul Corriere,
QUA',  “Lo sguardo Orientale di Orhan Pamuck su Tolstoj e Flaubert”, mi fomenta ulteriori visioni. Questo mio vedere cosi singolare, come in effetti altro non puo essere, cosa tra cose e , tra queste quel che mi accade, cosa che si trasforma e diviene, nel suo inconoscibile.

Romanzieri ingenui e sentimentali
di Orhan Pamuck – Einaudi

"..C'è  che Pamuk preferisce: la vista. Non ci meraviglia,
 perché era il senso che i Greci anteponevano a tutti gli altri.
Forse, la vista di Pamuk non è quella greca: ma orientale..”

Forse Pamuk vede con eccesso: la realtà non è, per lui,
una quantità infinita di minimi tocchi visivi,
che alla fine formano un paesaggio o un panorama.
 La realtà è un archivio: migliaia, decine di migliaia di oggetti
 e di quadri si affollano come al Victoria and Albert Museum

 

 "..Tutto diventa archivio: la fermata dell'autobus in fondo alla via, il giornale che leggo, un film che amo, la vista del tramonto dalla mia finestra, il tè che bevo, il vicolo in cui cammino a Istanbul. Attraverso un imbuto mentale, possiamo rovesciare nella vasta sacca del romanzo elenchi e inventari, orari delle ferrovie, poesie, commenti alle poesie, commenti di commenti, riassunti di altri romanzi, saggi storici e scientifici, testi filosofici, favole, digressioni, aneddoti: il romanzo accoglie qualsiasi cosa, anche l'irreale, l'inverosimile, l'impossibile, e tutto ciò che appartiene al regno dei cieli..." 

"..Pamuk ricerca il centro di ogni romanzo: quel punto invisibile, dal quale tutto il libro è sgorgato e che continua a contenerne il segreto. Ma esiste davvero il centro di un romanzo? Credo che tutto il romanzo sia centro: i personaggi principali, quelli minori, i paesaggi, i capitoli, le immagini, persino i punti e i punti e virgola. Eppure, in parte Pamuk ha ragione. Il vero lettore non legge mai il libro apparente, che splende in superficie, ma il libro segreto, che sta nascosto negli strati più profondi, come negli strati successivi di una torta. Il lettore lavora nel buio, a tentoni, a tastoni, illuminato soltanto da una piccola lampadina portatile. Se vuole capire, le formule rapide e lusinghiere non gli servono a molto. Laggiù ogni cosa è così piccola, così delicata, così fragile. Con la sua lampadina portatile, il lettore segue il significato di ogni elemento, i rapporti che si stabiliscono tra gli elementi, le associazioni e le combinazioni e le corrispondenze, le trasformazioni e le condensazioni del materiale.."

 

 
 
 
 

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SAINKTO NAMTCHYLAK

 

I LIBRI SUL COMODINO

-Rilke - Tutte le poesie - Einaudi
-J. Franzen- Zona disagio-
-Jennifer Egan- Il tempo è un bastardo
-Tabucchi- Racconti con figure
-David F. Wallace- Tutto e di piu
-Ingo Shulze-Zeus e altre storie semplici 

 

Chi viaggia odia l'estate. L'estate appartiene al turista. Il viaggiatore viaggia da solo e non lo fa per tornare contento. Lui viaggia perchè è di mestiere. Ha scelto il mestiere di vento. (Mercanti di Liquore)

 
 
 
 

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