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Un blog creato da simurgh2 il 29/04/2010

Invidio il vento

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ALMOST BLUE-CHET BAKER

 

 

"In un mondo senza malinconia gli usignoli si metterebbero a ruttare"
(E. Cioran) 

 

Non so se quello che faccio possa chiamarsi "scrivere". Piu che altro confeziono dei brani che possano servirmi a riempire dei buchi (H. Murakami)

 

Messaggi di Febbraio 2013

La soglia (Learning towards solace)

Post n°506 pubblicato il 26 Febbraio 2013 da simurgh2
 

 

E' un video bellissimo. Una short story.
La regista è questa, straordinaria Floria Sigismondi

 

Sigur Ross Learning towards solace  il video

 

Come ti è entrato tutto quel vuoto dentro gli occhi?
Quanta desolazione può stazionare in un uomo?
Ti rassicura, oltre le case, l'orizzonte immobile
dietro la tenda, il cielo da una parte, la terra dall'altra
ognuno per la sua strada, nessuno si incontra
seguendo i passi dell'altro, sollevi la polvere.
Il cerchio d'oro, l'anello infilato nel dito
riporta in vita solo il ricordo, il cerchio che 
la morte non si chiude 
e dentro le ossa crepita un fuoco dolente
anche se non c'è luce che non passi dal fondo di un tunnel
certe notti sentirsi schiacciati dentro un buio che preme
e svegliarsi azzoppati come la bestia che sente davanti la fine

" Dio si fidava di me, che potessi  proteggere la vostra vita.
E invece...invece sono solo una frode.
Ho paura"

Piccola regina con il tuo diadema
danzi con la tua ombra lungo la strada deserta
sul cordolo del marciapiedi come fosse una corda sospesa nel vuoto
con le ali di un'angelo, come la trapezista di Il cielo sopra Berlino
pensi ti salveranno e cerchi tuo padre. E' lui che dovrebbe farlo.
Invece sei tu a doverlo fare, piccolo angelo.
Nessuno più pareva ricordare le esili parole
nelle labbra striminzite e arse
di quell'incendio e della sua preda.
una piccola orazione di perdono e  salvezza.
L'angelo bambino addobba le periferie con nastri luccicanti
inventandosi uno spettacolo sbalordente di grazia
dentro un tutù la piccola danza. Voleva essere Pina Baush

"Ho paura. Ho paura del sangue 
che attraversa gli alberi e la guerra che sta per iniziare."

Dentro il solito bar a farmi di whisky dopo aver perso il mio centro
la carezza, uno spazio d'affetti domestico.
Ripristinato il vuoto, l'assenza, la deprivazione emotiva
nel bere sgolando, rossa di silenzio la gola.

"Mi dispiace, sono stato sventrato. So che ti ho deluso."

Ci vuole coraggio a vivere, più che morire.
Di tutte le cose che tengono assieme una vita
quante e quali sono veramente buone e sane?

"Ricordate, che questa vita è solo un'altra illusione."

Borbotta tra sè svuotando il bicchiere, il cuore, le vene.
Capovolgendolo sopra il tavolo è il vuoto quello che imprigiona.
Le tue dita di uomo compiono la loro piccola danza
attorno al bicchiere cercandone il bordo. Le tue gambe son là
sul ciglio, incapaci del salto e immagini lei, la tua bambina.
Un bellissimo angelo che compie passi di danza.
Sorridi, si scioglie ill dolore, immagina, la vedi, ed è grazia

"Se solo potessi entrare e uscire  nell'inesistenza
allo spazio tra luoghi. Spazio
."

Spazio diroccato, un'intera città che crolla dentro di me, le rovine.
E' qua che ti ho portato, mia piccola Sarah, mio piccolo angelo senza colpa
Un silenzio nell'aria fecondata dalle ali dei corvi
Spazio tra i luoghi, nella quiete illesa del fallimento
che nessuna lingua e parola potrebbe mai sciogliere
tranne un cuore d'inverno scaldato dentro un nido di stecchi e fili d'erba.
Gli venne in mente un film di Kieslowski, Film Blù.

"Se solo potessi entrare e uscire  nell'inesistenza
allo spazio tra luoghi."

Una porta chiude uno spazio. Per troppo tempo
sei rimasto immobile sulla soglia. Viviamo
in luoghi di passaggio e d'attesa.
" Oltre è quello che è al di là della soglia" (Rilke)
Un'uscita sul retro. La porta chiusa alle spalle.
Rannicchiato dentro una roccia come un fossile.
Memoria e redenzione, non c'è scampo, è autodistruzione.
Passaggio, soglia, transizione
tra la vita e la morte, tra il sogno e il risveglio.
"Oppure guardare, stare fermi, restare"

"Spazio. Spazio. Lo spazio tra i luoghi. Non ho paura. Non ho paura"

nel petto stringeva la stessa forza del fiore che s'apre.
Sposa del dio estinto, madre del figlio perduto.
Nell'aria il frinire dei grilli, l'odore di menta
tra le dita un rosario di scuri mirtilli.

" Non avere paura Sarah.
Amore tutto.
L'amore ... tutto. "

Entrambi dicono:
tutto Amore.

"Soglia: oh, pensa che è, per due che si amano
logorare un pò la propria soglia di casa già alquanto
consunta
anche loro, dopo dei tanti di prima
e prima di quelli dopo...leggermente"
(Rilke - Nona elegia )

 
 
 

Vacuum

Post n°505 pubblicato il 25 Febbraio 2013 da simurgh2


Vacuum   clicca

 

 

 

 

 Vacuum

Sconosciuta a te pare la mano tua

che da dietro ti afferra,

quasi come un sanscrito del corpo

un mandala mentale che ti prende alle spalle

accerchia e assedia, solco attorno al cerchio

sacro recinto . Tenta di ristabilire

un ordinamento precedentemente in vigore

Affonda le dita la bocca distorce la voce

Vacuum dentro il cerchio è il vuoto,la sua mancanza

Stringe piccole morti, dentro quel nulla

smagliante il pensiero scivola come pioggia

su vetri appannati di addii.

Vuoto vacuo mandala il pensiero svuotando  feconda

nel vuoto dell'utero blu cobalto

solo una piccola samurai mi viene a salvare

cerchiami tu col braccio al collo come i piccoli geki

libera nos a malo dal grumo nel petto

quando non ti sento cantare

giro a vuoto dentro quel cerchio l'assedio nel cuore. 

 

 

 

 
 
 

Ce la fan mica delle volte le parole sai

Post n°504 pubblicato il 24 Febbraio 2013 da simurgh2
 

Gianluigi Toccafondo è un  illustratore che mi piace da matti.
Ha disegnato la copertina del libro che stò leggendo:
"Ballata" di John Cheever per la Fandango.
Non c'entra neanche con le parole che non ce la fanno
però mi piaceva  

 

 

Ce la fan mica le parole, delle volte.

Ce la fan mica le parole, delle volte
che provi a scrivere anche grosse
che fan paura solo a vederle
anhce se srcivi ARARAT TERRORE
esci da questo corpo Satana
Nietne da fare, a travarsele davanti 
Neacnhe loro ce la fanno
E non è per via di coraggio o altro
Non ce la fanno ad andare oltre
a trovar quelle giuste
a spiegrae quello che senti
L'altra sera ci son passato sopra
con la mano messa di taglio
come a buttarle via dal foglio
e cosa è successo?
Avevo il quaderno sopra la tovaglia
dopo cena, e cosa è successo?
Le parole si sono staccate dal foglio
come fossero state appena appena appoggiate.
Erano deboli, insicure, tremolanti..
Si deve far cosi, ho capito
se quello che hai scritto non ha temperamento
autorevolezza, che nessuno gli crede.
E cosi tutte quelle parole sparpagliate sulla tovaglia,
tra il bicchiere, il tovagliolo, le macchie.
E' la che mi son accorto che ci son rimaste male.
Come dicessero: e queste?
Le macchie, sopratutto
ma anche il bicchiere e il tovbagliolo
Guardavano le parole e poi han guardato me
E' stata una roba di un secondo.
Io ho guardato tutte queste cose sul tavolo
e le parole spazzate guardavano me.
Ho pensato che era l'inesprimibile,
il vuoto angosciate che sentivano anche loro.
Come quando guardando troppo giu, dentro l'abisso
ti accorgi ad un certo punto che anche l'abisso guarda te.
Diomadonnadiundio!
Solo che là, con le cose sopra la tovaglia
è stata una cosa tenerissima e commuovente.
Io di sicuro ma anche loro: eravamo sbigottiti e stupefatti.
Come ci fossimo riconosciuti a condividere la stessa pena.
Come ci abbracciassimo e ci dessimo pacche sulle spalle.
Per un momento poi, mi sono sentito felice.
Come fossimo amanti clandestini.

Poi mi è venuto in mente che qualcuno ha detto che
le parole non hanno colpa del loro significato.
A no? 

 
 
 

Vene nel cielo e corvi

Post n°503 pubblicato il 21 Febbraio 2013 da simurgh2

 

Li ho visti tante volte gli alberi spogli d'inverno.
Delle volte li vedi diversi da altre.
Quanti inverni ho visto?
Erano tanti rami e contro il cielo parevano vene.
Nidi neri tra i rami che parevano emboli del cielo.
Uova di baratri.
Le impronte di lei nell'erba
claudicante spariva in un altro cielo.
Da bambino andavo su per gli alberi a rampicarmi.
Cercavo nidi.
Se trovavo uova le bevevo. Come le volpi.
Erano preghiere brevi di bambini.
Gli alberi sembravano cose semplici.
Parole da rampicarsi.
Andare alto, guardare giu. Graffiarsi.
Dove sono andati a finire quegli occhi da bambino?
Cos'è questo atterrimento che provo adesso?
Il tempo ha deposto le sue piccole gioie ai piedi di un traliccio.
Nel tempo han costruto delle contrafforti
che via via si son fatte inespugnabili
e sono stato io, senza accorgermi.
Bisognerà tentare un assalto.
Seguire il disegno nell'aria che fanno le ali dei corvi.
Come scrivessero nei simboli carpirne il segreto.
Forse è il tentativo di cucire i lembi di due cieli sovrapposti.
Sentirsi in mezzo senza un cielo tuo non è mica bello.
Non avere neanche un urlo pronto
ne artigli da piantare.
Come fai pò?
Come fai? 

" Allora lei indietreggia
inghiottendo quello che aveva esplorato
e ignora per restar com'era" 
(Antonella Anedda) 

 

 

 
 
 

Il vecchio zio e il mare

Post n°502 pubblicato il 20 Febbraio 2013 da simurgh2
 

Il vecchio zio aveva avuto un sogno, fin da ragazzino. 
Aveva in città, dentro una viuzza, un vecchio emporio.
Vendeva di tutto:attrezzi, suppellettili, generi di conforto.
Prima di lui c'era suo padre. Ognuno ha un sogno fin da giovane.
Ne ho uno anch'io, fin da allora. Ma non è il mio che importa.
Quando andavo a trovare lo zio mi regalava sempre qualcosa.
Anche se era un parsimonioso, non avido ma restio allo spreco.
Nella mia testa era un pidocchioso, pensavo.
Mi regalava un cioccolatino e diceva Cacao.
I suoi occhi prendevano subito un'aria trasognata.
Guardava il soffitto come certi santi nei quadri delle chiese. 
I suoi pensieri andavano a luoghi lontani, a mari da solcare.
Poi attaccava a parlarmi di quel posto e di quell'altro.
Un giorno mi portò in camera sua e mi mostrò i suoi libri.
Li toccava con il dito sulla costa e mi diceva di ognuno.
Erano libri vecchi, sgualciti e ingialliti. Ne aprì qualcuno.
Tirò le tende. Una luce offuscata schiarì le sue mani decrepite.
Carte geografiche, mappe, gente indigena, negri, asiatici.
Non aveva mai letto altro. Non un romanzo. Neanche i giornali.
Me ne regalò uno. Tanto ormai, disse, io non ci faccio più niente.
Erano le mappe dei suoi sogni. I posti dove avrebbe voluto andare.
Invece non si era mai mosso da li. Da quella bottega ombrosa.
Non c'erano altri libri, romanzi, roba cosi, solo quelli di posti.
Io leggevo già romanzi di avventura. I pirati, i lupi, isole del tesoro.
Anni dopo ripensai alla sensazione che mi dava il suo sguardo.
Quando parlava di quei posti che non era mai stato.
Nei suoi occhi celesti c'era sperdimento.
La mia idea di infinito l'ho poi sempre associata a quello sguardo suo.
Era il suo sogno quello.
C'è mancato poco, mi disse una volta, che mi imbarcassi.
Camminavo con lui verso casa una sera quando mi raccontò.
Una nave per il sud america. Poi invece mio padre mori.
Io ero il piu vecchio e dovevo badare ai piu piccoli. 
Non mi sono piu mosso da questa bottega. Non ho mai visto il mare. 
In camera sua sopra un mobile aveva un veliero.
Sopra il tavolo teneva un cannocchiale che nessuno usava mai.
Appesa ad un passante dei pantaloni teneva una bussola.
Nei suoi occhi umidi volavano gabbiani.
Uno alla volta me ne regalò parecchi di quei libri suoi.
Anni dopo andai da lui con dei libri in regalo.
Gli dissi "Li ha scritti un uomo di mare di nome Joseph Conrad.
Era di origini polacche, della Violinia. Nel cuore del continente.
Ma a sedici anni andò a Marsiglia e si imbarcò su una nave.
Si fece marinaio e attraversò gli oceani. Questi sono i suoi libri.
Sono mossi come il mare e profondi come gli  oceani.
Zio, tu non sei piu giovane. L'oceano non lo conoscerai piu.
Leggilo allora l'oceano zio, vedrai "
Nei suoi occhi comparve ancora quello sperdimento commosso.
Dentro i suoi occhi c'era la mia idea tradotta dell'infinitudine. 

 

Anni dopo ancora, parlai con un giovane astrofisico.
Era compagno di scuola di mio figlio. Lavorava al Cnr di Parigi.
Gli ho chiesto notizie sulle recenti scoperte sull'universo.
Con candore mi ha detto che l'universo è finito.
In che senso? gli ho chiesto. Nel senso che è ormai appurato.
L'universo è una massa di energia che si stà espandendo.
E dunque è finito.
E dove si stà espandendo? gli chiesi.
Nel nulla, mi ha risposto.
E cos'è il nulla?
Il nulla è dove non c'è energia. La mancanza di energia.

 

Queste nostre vite che si espandono
verso un infinito tutto nostro.
Un povero infinito portatile,
fatto apposta per chi crede
che il nulla esista la fuori,
che l'infinito continui a esistere
dentro in nostro dentro.
L'ho visto dentro gli occhi del vecchio zio.

Secondo Nietzsche bisogna immettere ancora piu caos
dentro di noi per far nascere una stella danzante. 

 

 

 
 
 
 

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-Rilke - Tutte le poesie - Einaudi
-J. Franzen- Zona disagio-
-Jennifer Egan- Il tempo è un bastardo
-Tabucchi- Racconti con figure
-David F. Wallace- Tutto e di piu
-Ingo Shulze-Zeus e altre storie semplici 

 

Chi viaggia odia l'estate. L'estate appartiene al turista. Il viaggiatore viaggia da solo e non lo fa per tornare contento. Lui viaggia perchè è di mestiere. Ha scelto il mestiere di vento. (Mercanti di Liquore)

 
 
 
 

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