cogito....ergo sumvivi la vita |
IL NOSTRO LIBRO
Qualche giorno dopo anche lui creò il suo blog,
aveva avuto il coraggio di mettersi in gioco.
Questo il link del blog: http://blog.libero.it/then/.
I dubbi che lo avevano da sempre accompagnato,
lentamente avrebbero dovuto lasciare il posto a
certezze, questo era l’obiettivo di Rory e avrebbe
fatto l’impossibile per riuscire nel suo intento.
Rosangela M. & Cristofer S.
presentano:
Il Giocatore Di Travian e la Ballerina di Flamenco
I protagonisti sono anche gli scrittori del libro e raccontano la loro storia,che definiscono "favola"pur avendola visuta realmente.Quel nuovo mondo che ormai ci è familiare,ma che ancora è denso di mistero,INTERNET,la rende sospesa tra il REALE e l'IRREALE.Then è il nome o meglio il nickname del protagonista maschile,ovvero il giocatore di travian.Rory è il nome della protagonista femminile,lei è la ballerina di Flamenco.Then,insoddisfatto per natura,ha trovato il modo di evadere dalla realtà giocando da quasi 3 anni a Travian,un gioco in rete o cosiddetto "BROWSER GAME",che ha un grosso seguito di giocatori.Centinaia di migliaia di utenti collegati da ogni parte del mondo dedicano tante ore della loro vita cercando di far crescere un impero fatto di bit,con un esercito immaginario che mandano alla conquista di altri villaggi.Un gioco che ha talmente preso il giocatore e che lui stesso definisce pericoloso per chi non ha grande forza di volontà da poterlo distinguere dalla REALTA'.Then lì conosce Rory e tra loro è nato qualcosa di indefinito,più di una semplice amicizia.Dopo che la ballerina ha un incidente mentre attraversa la strada,il giocatore si sente responsabile e prende la drastica decisione di mettere il gioco in delete,ovvero in cancellazione.Ma Rory non accetta la scelta del suo compagno e ci mette anima e corpo per convincere Then a non cancellarla dalla sua vita.La magia si è compiuta:una REALE amicizia nel mondo IRREALE della rete.Si tengono virtualmente la mano per aiutarsi reciprocamente nei momenti un pò bui delle loro vite e darsi la forza necessaria per superare le normali difficoltà del vivere quotidiano.Non c'è nulla di inventato,tutta la storia è stata riportata fedelmente ed è proprio questo che la rende ai loro occhi speciale.
PER TE MARCO...MI MANCHI!!!
PENSAMI ALMENO LA MILLESIMA PARTE DI QUANTO NON FACCIA IO...
E TI FARÒ VOLARE...
....GRAZIE spero che ti piaccia..
LA SEVILLANAS
a bailar a bailar las flamencas,spettacolo di sivigliane completo
AREA PERSONALE
I MIEI BLOG AMICI
MENU
LUNA
CUORE
MAGARI...
Post n°293 pubblicato il 16 Luglio 2009 da rorina77
...Bisogna prima di tutto comprendere la verità: quest’amore, quest’amicizia, questa sincerità, quest’insieme di cose che comprendono un tutt’uno, essa o esse non sono identiche e soprattutto non devono essere confuse con la semplice intimità o con una segreta solidarietà. Queste “intime solidarietà” possono (e lo sono) esserci anche tra malfattori, tra personaggi di dubbia moralità e onorabilità, certamente anche queste sono forze ma, a che pro, a che servono,cosa costruiscono di sano, di buono, di bello? …un bel Niente! Perché questi legami non sono invincibili, infatti, procedere, camminare insieme, fare esperienze prendendo come base interessi comuni conduce inevitabilmente a fallimenti e tradimenti poiché laddove cessa la comunanza d’interessi cessa anche la solidarietà e la più intima amicizia si capovolge spesso in odio. Solamente dove la base è rettitudine e costanza, l’unione rimane tanto salda da superare qualunque cosa poiché essa trae origine non da debolezza ma da chiarezza superiore. |
Post n°292 pubblicato il 15 Luglio 2009 da rorina77
|
Post n°291 pubblicato il 15 Luglio 2009 da rorina77
|
Post n°290 pubblicato il 15 Luglio 2009 da rorina77
è da tempo ormai che non scrivo più nel mio blog...in realtà avevo dimenticato di avere un blog...gli impegni si fanno più fitti,l'età avanza e con essa anche le piccole amnesie...ma sono sempre qui,sono sempre la stessa eterna sognatrice che confida in un mondo migliore e che non dimentica gli amici(reali e virtuali).chissà se anche loro hanno un piccolo pensiero per me. |
Post n°289 pubblicato il 18 Aprile 2009 da rorina77
Se sei stanco e la strada ti sembra lunga, se ti accorgi che hai sbagliato strada, non lasciarti portare dai giorni e dai tempi, RICOMINCIA. Se la Vita ti sembra troppo assurda, se sei deluso da troppe cose e da troppe persone, non cercare di capire il perchè, RICOMINCIA. Se hai provato ad amare ed essere utile, se hai conosciuto la povertà dei tuoi limiti, non lasciare là un impegno assolto a metà, RICOMINCIA. Se gli altri ti guardano con rimprovero, se sono delusi di te,irritati, non ribellarti,non domandare loro nulla, RICOMINCIA. Perchè l'albero germoglia di nuovo dimenticando l'inverno, il ramo fiorisce senza domandare perchè, e l'uccello fa il suo nido senza pensare all'autunno, perchè la Vita è speranza e sempre ricomincia.
|
Post n°288 pubblicato il 08 Marzo 2009 da rorina77
Chi sono?
Auguri a tutte le Donne |
Post n°287 pubblicato il 07 Marzo 2009 da rorina77
Il clima della Sicilia il racconto mitologico afferma che un giorno di primavera il Dio Plutone, re del mondo sotterraneo e fratello di Giove, sbucò in Sicilia dal lago di Pergusa; e rimase colpito dalla visione che apparve ai suoi occhi: in mezzo ai prati, la giovane Proserpina, assieme alle ninfe che la accompagnavano, raccoglieva fiori variopinti e profumati. Vederla, innamorarsene e rapirla, fu tutt’uno per Plutone; e se la portò giù agli inferi. Il ratto fu cosi subitaneo, che nessuno seppe dare indicazioni alla madre Cerere, che per tre giorni e tre notti ricercò Proserpina, per tutta la terra, facendosi luce di notte con un pino da lei divelto e acceso nel cratere dell’Etna. Alla fine dei tre giorni d’inutili ricerche, Cerere si adirò e cominciò a far soffrire gli uomini, provocando siccità, carestie e pestilenze. Gli uomini allora si rivolsero a Giove, supplicandolo di trovare una soluzione; e Giove risolse il problema, decidendo che Proserpina stesse per otto mesi, da gennaio ad agosto, sulla terra assieme alla madre; e per quattro mesi da settembre a dicembre, sotto terra col marito Plutone, determinando così l’alternanza di due sole stagioni nel clima della Sicilia. |
Post n°286 pubblicato il 06 Marzo 2009 da rorina77
che gioia ho provato oggi...da mesi non sentivo un caro amico e prmai pensavo che si fosse dimenticato di me...ci sono stati dei momenti in cui temevo che gli fosse successo qualcosa di brutto e il suo pensiero non mi ha mai abbandonata...e non è passato un solo giorno senza rivolgergli un mio pensiero...poi,improvvisamente la solita faccina a me molto familiare è comparsa e in un attimo una grande sorriso si è impadronito di me...tanti bei ricordi mi son tornati in mente...giorni e notti trascorsi a scrivere su msn...ora so che non mi ha mai lasciato la mano,nonostante forse ci abbia provato,so che c'è sempre stato,quella presenza virtuale ma tanto reale non è mai andata via.che belle emozioni ho provato,che gioia il sapere che sta bene...le emozioni fanno parte della nostra vita e quando le proviamo tutto sembra più bello.In questo periodo la mia vita è colma di emozioni,amo colui che da mesi fa parte di me e non potrei desiderare niente di meglio,i periodi bui sembrano essere spariti e poi tu,mon amì...tu che sai tante cose di me senza esserci mai visti,tu che ricordi come me le cose che ci siamo confidati,tu che hai saputo tenermi la mano e darmi il coraggio necessario di affrontare le mie sfide più grandi...tu che sei sparito e tornato...voglio solo dirti:grazie di cuore mon amì...ancora una volta ho avuto la dimostrazione che le amicizie vere non svaniscono nel nulla,magari non ci si sente spesso,tutto sembra smarrito e poi...un semplice "ciao come stai "ti rende felice...Rory
|
Post n°285 pubblicato il 28 Febbraio 2009 da rorina77
|
Post n°284 pubblicato il 28 Febbraio 2009 da rorina77
- - Non Lasciare - Non lasciare che il rancore verso la vita, ti fa chiudere gli occhi, verso le bellezze, che il mondo ti offre. Guarda il mondo con altri occhi, il volo delle farfalle colorate nel campo. fiorito di mille colori… il profumo di una rosa appena sbocciata il sorriso di un bimbo fra le braccia della sua mamma… Lascia al passato i ricordi brutti che la vita, ti ha offerto, e vai incontro, al tuo domani, . verso un futuro variopinto, come i colori dell’arcobaleno. Non voglio graffiarti il cuore... voglio solo accarezzartelo con le mie fantasie... ti posso solo sognare, immaginare, parlare, amare nel modo più poetico di un grande amico. nessuna cosa muore che in me non viva... Non pensare ai momenti tristi, alle delusioni cocenti, alle promesse infrante, agli attimi magici ma ingannevoli, spera nel domani e credi in te stesso, nessuno può assicurarti la felicità se non la crei tu con le tue mani |
Post n°283 pubblicato il 20 Febbraio 2009 da rorina77
Non smettere mai di cercare la |
Post n°282 pubblicato il 11 Febbraio 2009 da rorina77
|
Post n°281 pubblicato il 09 Febbraio 2009 da rorina77
Il piccolo stagno sonnecchiava perfettamente immobile nella calura estiva. Pigramente seduto su una foglia di ninfea, un ranocchio teneva d'occhio un insetto dalle lunghe zampe che stava spensieratamente pattinando sull'acqua: presto sarebbe stato a tiro e il ranocchio ne avrebbe fatto un solo boccone, senza tanta fatica. Poco più in là, un altro minuscolo insetto acquatico, un ditisco, guardava in modo struggente una graziosa ditisca: non aveva il coraggio di dichiararle il suo amore e si accontentava di ammirarla da lontano. Sulla riva a pochi millimetri dall'acqua un fiore piccolissimo, quasi invisibile, stava morendo di sete. Proprio non riusciva a raggiungere l'acqua, che pure era così vicina. Le sue radici si erano esaurite nello sforzo. Un moscerino invece stava annegando. Era finito in acqua per distrazione. Ora le sue piccole ali erano appesantite e non riusciva a risollevarsi. E l'acqua lo stava inghiottendo. Un pruno selvatico allungava i suoi rami sullo stagno. Sulla estremità del ramo più lungo, che si spingeva quasi al centro dello stagno, una bacca scura e grinzosa, giunta a piena maturazione, si staccò e piombò nello stagno. Si udì un "pluf!" sordo, quasi indistinto, nel gran ronzio degli insetti. Ma dal punto in cui la bacca era caduta in acqua, solenne e imperioso, come un fiore che sboccia, si allargò il primo cerchio nell'acqua. Lo seguì il secondo, il terzo, il quarto . . . L'insetto dalle lunghe zampe fu carpito dalla piccola onda e messo fuori portata dalla lingua del ranocchio. Il ditisco fu spinto verso la ditisca e la urtò: si chiesero scusa e si innamorarono. Il primo cerchio sciabordò sulla riva e un fiotto d'acqua scura raggiunse il piccolo fiore che riprese a vivere. Il secondo cerchio sollevò il moscerino e lo depositò su un filo d'erba della riva, dove le sue ali poterono asciugare. |
Post n°280 pubblicato il 07 Febbraio 2009 da rorina77
Un giorno, ero un ragazzino delle superiori, vidi un ragazzo della mia classe che stava tornando a casa da scuola. |
Post n°279 pubblicato il 05 Febbraio 2009 da rorina77
|
Post n°278 pubblicato il 04 Febbraio 2009 da rorina77
FRIULI VENEZIA GIULIA
Popolazione: 1.184.654
L' arsura del Carso Si racconta che un giorno il Signore Gesù andava con San Pietro, camminando faticosamente per attraversare i vari villaggi del Carso. Viaggiavano semplicemente con un asino e una bisaccia di povere provviste: pane, formaggio, pesce secco dell'Adriatico e acqua. Avanzavano ormai da ore tra balze e rupi , cercando qualche creatura alla quale portare consolazione e conforto. Quando fu tempo di mangiare si fermarono e San Pietro posò il suo mantello su una roccia per dare al Signore un sedile un po' decoroso; prese la bisaccia dall'asino ma si accorse che il formaggio non c'era piu'. -Signore !- esclamò Pietro sconsolato -Signore, ci hanno rubato il formaggio !-. Gesù si girò e si accorse che qualcuno li aveva effettivamente derubati. Un'espressione di sdegno si posò sul suo volto e Gesù disse a San Pietro:-Pietro, d'ora innanzi chiunque abiterà nel Carso avrà scarsezza d'acqua, perché in tal modo mai più deve estinguersi la sete di colui che ci rubò il nostro umile pranzo. Allora, improvvisamente ,tutte le acque sparirono e comparve un paesaggio di rocce, sassi, spine ; senz'acqua , né alberi , né abitazioni umane.
La bora Secondo un antico racconto Bora è una strega che abita nelle caverne del Carso per nascondersi alla vista degli uomini. Durante l'inverno, ahimè, esce furiosamente dal suo rifugio e, in compagnia del figlio Borino ,devasta ogni cosa con i suoi refoli violenti e gelidi. Invano gli uomini hanno tentato d'imprigionarla nel suo antro con muri di grosse pietre, ma ogni volta, e con impeto maggiore, prorompe fino al mare. Legata ad altre tradizioni è la leggenda secondo la quale Bora era una dolce ninfa abitante dei boschi carsici. Soffiava durante l'estate per portare refrigerio agli uomini che lavoravano questa dura terra. Un giorno arrivarono da lontano degli uomini bellicosi che quivi costruirono le loro dimore. Accadde che uno di essi uccise il Dio tanto amato da Bora, e la ninfa , per vendetta , si mise a soffiare gelida e con violenza inaudita. Così divenne nemica degli uomini e da allora ogni inverno ci fa sentire la sua fredda rabbia.
La Dama Bianca Sulla scogliera che sostiene i ruderi del vecchio castello di Duino si scorge una roccia bianca che ricorda una figura femminile avvolta da un mantello. Viveva nel castello una nobile dama e il suo signore, un castellano crudele. Una notte l'uomo la gettò dalla roccia e la sventurata , cadendo, lanciò un urlo così straziante che il cielo , impietositosi, la trasformò in roccia. Da allora , ogni notte, verso la mezzanotte, l'infelice si stacca dalla roccia e vaga per il castello alla ricerca della stanza con la culla della sua bambina. All'alba si allontana e sconsolata ridiventa pietra.
La principessa Rosandra Sull'altura che domina la valle sorgeva, un tempo ormai lontano , un castello abitato da una bellissima principessa di nome Rosandra. La fama della sua beltà aveva raggiunto ogni angolo della terra e dai regni più lontani giungevano principi e cavalieri a chiedere la sua mano. Ma Rosandra preferiva correre e giocare lungo i sentieri della sua valle. Un giorno incontrò un giovane cavaliere , venuto per vederla , e se ne innamorò. Ma poiché il bel cavaliere doveva compire un'impresa in una terra lontana, i due si scambiarono amore eterno e la promessa di matrimonio. Purtroppo la nave che lo doveva condurre laggiù affondò e finì in fondo al mare. Quando Rosandra seppe di quella triste fine impazzì dal dolore e la clemenza del cielo la tramutò in pietra. Ma quelle lacrime disperate scorrono ancora ed alimentano il torrente che ha acquisito il suo nome.
L'origine del Carso Narra la leggenda che in principio il Carso era una terra verde e feconda, piena di prati , boschi e torrenti dalle fresche acque. Un giorno il buon Dio si accorse che, in un angolo della terra, c'era un grosso cumulo di sassi che danneggiava l'agricoltura e incaricò l'Arcangelo Gabriele di raccoglierli e gettarli in mare. Allora Gabriele riempì un pesante sacco e si diresse in volo verso l'Adriatico. Quando si trovò in prossimità del Carso il diavolo lo vide e incuriositosi bucò il sacco con le corna. Che disastro! Tutte quelle pietre si riversarono a terra e ridussero l'altopiano in una enorme pietraia.
|
Post n°277 pubblicato il 03 Febbraio 2009 da rorina77
VENETO
Popolazione: 4.469.156
Làgole - Tra storia e leggende A Calalzo di Cadore, verso est, degradante dalle pendici del monte Tranego, uno sperone di roccia cerca ancora di emergere dalle acque del lago di Centro Cadore: quella località si chiama Làgole e si trova sotto la Stazione ferroviaria. In questo posto si sono dati convegno bizzarri artisti che hanno contrassegnato il luogo con spunti paesaggistici, storici e……fantastici. A Làgole scaturiscono, da sempre, delle polle che per gli antichi abitatori avevano di sicuro delle valenze 'magiche': in quelle acque, che servivano a purificare, a detergere, a sanare, abitava una divinità che si era scelto quel posto per dispensare dei favori. Prima di ottenerli bisognava, però, far precedere dei rituali e delle liturgìe particolari. La divinità, chiamata dagli studiosi TRUMUS ICATEI, elargiva, alle donne, il dono di diventare madre; ai guerrieri, di non morire in guerra; ai debilitati ed ai sofferenti, di sanare qualche parte dell'organismo. Queste 'dicerie' si tramutarono in racconti fantastici e si videro popolare le grotte antistanti il luogo sacro dalle fantasiose 'anguane', donne dai capelli rossi e dai piedi di capra. La saga tra gli abitanti del luogo e le perfide anguane durò a lungo e terminò solamente quando le anguane trucidarono tutte le splendide ragazze che si stavano tuffando nel bagno terapeutico, in occasione del plenilunio agostano, per conservare intatta la loro bellezza, in spregio agli anni che miseramente trascorrevano. La divinità della fonte sacra si vendicò dell'oltraggio fatto alle donne e decretò la morte immediata delle invidiose Anguane. Per molto tempo queste dicerie aleggiarono nei racconti delle persone più anziane le quali sapevano tutto sulla storia e le tradizioni locali. Del passato di Làgole non rimanevano che le 'fole' raccontate attorno al 'larìn' (il focolare cadorino) e la innegabile proprietà delle acque che rendeva immacolata la biancheria che veniva sciacquata anche d'inverno perché la temperatura e la portata erano sempre le stesse. Era il 18 maggio 1914 e la costruzione della linea ferroviaria portò, per la prima volta, il treno in Cadore. Il tracciato dei binari tagliava giusto a mezzo il luogo sacro di Làgole ma nessuno se ne accorse e le leggende continuarono a proliferare. Finalmente nel 1949 qualcuno, con paziente tenacia, cercò di dissotterrare dalle zolle del terreno il segreto. E così si svelò l'arcano. In una fortunata serie di scavi, durata fino al 1956, rividero la luce oggetti appartenenti all'antica popolazione che aveva abitato il luogo di Làgole. Furono tantissime statuine di guerrieri, di animali, di oggetti di uso comune e questi ultimi, tutti, regolarmente rotti. Il motivo fu individuato nel rito che precedeva l'assunzione dell'acqua dalla fonte sacra. Un po' dappertutto, su questi ritrovamenti, si lessero dei segni particolari incisi con strana grafia. Vennero studiati e si affermò appartenessero al popolo dei Venetici, popolo che arrivò in queste contrade tre secoli prima della nascita di Cristo. Tutti gli oggetti ritrovati sono ora esposti nel Museo della Magnifica Comunità di Pieve di Cadore, ma il luogo fantastico di Làgole è rimasto a perpetuare la memoria che galleggia sui riflussi della fantasia. Nessuno può andare a Làgole se prima non ha conosciuto la sua vera storia e nessuno può sostare tra le rive del "Lago delle tose" se prima non si è bene impresso nella memoria la storia delle cattive Anguane e della martoriata Bianca, la figlia bellissima del capo villaggio, inumata per sempre su una splendida vetta delle Marmarole.
La Piatha del Diaol I dis che l'è opera del Diaol, che l'è la so piazza e che l'è geloso che 'l sie. Parché non passe nessun par de là, 'l ha fat rodolar na montagna creando an labirinto par chi vol passar via. I dis che tanti se ha pers e non i é pi tornadi a casa, e alora i sentia rider e sghignazzar. I dis che lassù 'l è el ritrovo delle strighe, che le ariva da tute le parti par far na gran festa, montade su scoe e can e altre bestie. Le bala, le ride, le canta par tuta la not. Le fa consilio e gran orge. I ha vist foghi e fiame e sentì urli e gran bacan. A la matina bonora le se dilegua par la so strada. Dicono che è opera del Diavolo, che è la sua piazza e ne è geloso. Perché nessuno vi passi, ha fatto franare una montagna, creando un labirinto per chi vuole attraversarla. Dicono che tanti si sono persi e non sono più tornati a casa, e allora si sentiva ridere e sghignazzare. Dicono che lassù è il ritrovo delle streghe, che arrivano da tutte le parti per fare una gran festa, montate chi su scope, chi su cani o su altre bestie. Ballano, ridono, cantano per tutta la notte. Fanno consiglio e grandi orge. Hanno visto fuochi e fiamme, sentito urli e un gran baccano. Al mattino di buon ora si dileguano per la loro strada.
Il fantasma delle sette chiese Si narra che in provincia di Padova in un paese che si chiama Monselice esista il fantasma di una giovane donna che vive in una vecchia chiesa. Questa chiesa è costruita a ridosso di un monte alla fine di un percorso di sette chiesette, la chiesa, che in teori dovrebbe essere visibile dalla strada sottostante è sempre nascosta e non si sa spiegare come mai invece non sia così. La ragazza in questione è morta suicida difronte a questa chiesa e si dice, molti giurano di sentirla spesso piangere la notte, che continui a rivivere ogni giorno la sua morte e per questo fa in modo di oscurarla affinchè la gente da sotto non la possa vedere. Da sotto neanch'io riesco a vederla ma se ci si trova davanti all'entrata della chiesa non succede nulla...magia forse della nostra proverbiale nebbia?
|
Post n°276 pubblicato il 02 Febbraio 2009 da rorina77
TRENTINO ALTO ADIGE
Popolazione: 924.281
Castel del Porco Federico dalle Tasche Vuote teneva costantemente sotto assedio Castel Grifone e si stava già pregustando la vittoria perché i suoi nemici avevano ormai finito i viveri. Ma il comandante del castello ordinò ai soldati di organizzare una festa e buttare giù dalle mura l'unico porco rimasto per far credere agli assalitori che il morale delgli uomini fosse alto e il cibo ancora abbondante. Federico dalle Tasche Vuote cadde nel tranello e ritirò pieno di collera le sue truppe. Da quel giorno Castel Grifone viene chiamato anche Castel del Porco.
Gli gnomi e il calzolaio Il sole stava ormai scivolando dietro le slanciate guglie della Val Badia e il povero Toni s'attardava a preparare sul desco tutto l'occorrente per fare un nuovo paio di scarpe. Finita questa operazione si levò stancamente dallo sgabello, chiuse l'uscio e andò verso casa. Ma il mattino seguente, quando riaprì la bottega di buon'ora, scoprì, con grande sorpresa, che le scarpe erano già pronte. Il pensiero di tale stranezza non l'abbandonò per tutta la mattinata e giunto a casa, raccontò il fatto alla moglie. Questa, con un borbottio severo, lo scrutò dritto negli occhi. Poi, rassicuratasi che il marito non s'era fermato nella locanda a bere qualche bicchiere di troppo, lo esortò a passare la notte in bottega per cercare di risolvere il mistero. Bisogna però sapere, che il buon Toni era uomo di poco coraggio e così, non fece neppure in tempo a scoccare la mezzanotte, che già si precipitava fuori dal negozio in preda a una paura tremenda. A dire il vero, nulla di strano era accaduto, ma la mente del pover'uomo aveva iniziato a fantasticare su streghe, fantasmi e chi sa quali altri spiriti ancora. Grazie al cielo, la moglie era fatta di tutt'altra pasta e prese il suo posto nascosta dietro la stufa. A un certo punto, il silenzio fu lacerato dal sinistro cigolio della porta e due piccoli gnomi apparvero con la lanterna in mano. Si sedettero al desco, presero chiodini e martello e iniziarono a lavorare di gran lena. Tale fatto toccò profondamente i due consorti che decisero di comprare un paio di graziosi vestitini e li misero in bella vista sul banco. Anche quella notte gli gnomi non mancarono all'appuntamento. Indossarono i vestitini, fecero un nuovo paio di scarpe, ma non ritornarono mai più.
Il vino dei fantasmi Nella vecchia rovina "Haselburg", abitata dai fantasmi, un contadino di Salorno scoprì una fantastica cantina piena di vini. Rapito dalla bontà della bevanda, ne riempì subito un orcio da portare a casa, ma tre fantasmi lo fermarono facendogli promettere di prenderne solo quanto bastava a lui e alla sua famiglia e di mantenere il segreto sulla cantina. Ecco che in una serata di allegria con gli amici nel suo maso , si dimenticò della promessa fatta e offrì agli ospiti il prelibato vino dell'Haselburg. Impovvisamente si sentirono echeggiare nell'aria urla di rabbia e la magica cantina si dissolse per sempre. Si racconta però che la cantina esiste ancora nascosta da qualche parte, ma nessuno ne svela il segreto.
La principessa Dolasila Molto e molto tempo fa prosperava nelle Dolomiti un fantastico regno, ormai scomparso, conosciuto con il nome di Fanes. Questo regno raggiunse il suo massimo splendore grazie alle prodezze e al coraggio di Dolasilla. Tale fanciulla era niente di meno che la figlia del re dei Fanes ed oltre a essere molto bella, si rivelò ben presto anche un'invincibile guerriera. Le grandi doti di Dolasilla erano rese ancora più straordinarie dalla forza della magia. Gli gnomi infatti le avevano donato, in segno di gratitudine, una stola di ermellino e dell'argento. Con tali materiali, gli armaioli più esperti del reame le confezionarono una prodigiosa armatura che nessuna freccia o spada era in grado scalfire e forgiarono un arco di ineguagliabile potenza. Le frecce invece erano state ricavate dal canneto del Lago d'Argento e quando venivano scagliate, andavano immancabilmente a colpire il bersaglio. Bardata di tali armamenti, la prode guerriera affrontò per la prima volta il campo di battaglia e sbaragliò il nemico in men che non si dica. Tutto il popolo dei Fanes si raccolse per festeggiare l'evento portando in trionfo Dolasilla fin sul monte Plan de Corones. Lì, il re padre, incoronò la figlia con la splendida Raietta, la gemma più preziosa delle Dolomiti e un lungo periodo di prosperità e fortuna accompagnò questo popolo.
|
Post n°275 pubblicato il 01 Febbraio 2009 da rorina77
LOMBARDIA
Popolazione: 8.988.951
Gli Stemmi Di Milano Sono molte le leggende intorno alle origini di Milano. C'è chi sostiene che il vero fondatore fosse un mitologico Belloveso, capo di una tribù di Galli, il quale, durante un'incursione al di qua delle Alpi, fu attratto dalla bellezza del luogo e decise di fermarsi. Siamo intorno al 600 a.C.I Galli incaricarono i sacerdoti di interpellare gli dei circa la località più propizia e il nome da imporre alla nuova città, che sarebbe diventata la capitale della regione conquistata.Gli dei risposero di cercare una località dove pascolasse una scrofa col dorso coperto per metà di lana; da qui il nome della nuova città: Mediolanum (in medio lanae).Questa è la leggenda più comune, consacrata anche dal primo stemma della città, la scrofa lanigera, come si vede tuttora scolpito nel secondo arco del Palazzo della Ragione, in piazza Mercanti.Dopo la scrofa semilanuta apparve sugli stendardi della città la famosa biscia. La sua prima apparizione risale agli inizi dell'XI secolo. In quell'epoca Ottone III incaricò l'Arcivescovo Arnolfo di recarsi alla corte di Bisanzio per trattare le sue nozze con una principessa di quella corte.Arnolfo portò dall'Oriente, oltre alla sposa, altre due meraviglie: una statua che mediante un ingegnoso congegno riusciva a formulare alcune parole predicendo il futuro e un prezioso serpente di bronzo risalente all'epoca di Mosè.Ma appena sbarcato a Bari con la sposa, l'Arcivescovo fu raggiunto dalla notizia dell'improvvisa morte dell'imperatore Ottone, proprio come aveva già predetto la statua parlante. La principessa bizantina tornò in Oriente portando con sé la statua e l'Arcivescovo rientrò a Milano recando invece il serpente di bronzo. Lo si vede tuttora collocato su una colonna di porfido nell'interno della chiesa di Sant'Ambrogio, a metà della navata centrale, e le donne gli attribuiscono virtù miracolose contro alcuni mali dei bambini. Da allora il serpente divenne il simbolo della città e apparve sui suoi stendardi.C'è anche un'altra leggenda secondo la quale la biscia comparve, per la prima volta, sullo stemma degli antichi Visconti. Secondo questa leggenda un guerriero appartenente alla famiglia dei Visconti, di nome Azzone, si trovava a combattere contro i Fiorentini, a Pisa (1323). Un giorno, stanco di una lunga marcia, scese da cavallo, si levò l'elmo e si addormentò a ridosso di un albero. Una biscia entrò nel copricapo e vi si accovacciò. Quando Azzone si svegliò e si rimise l'elmo, ne fuoriuscì la biscia aprendo le fauci minacciosa. I soldati che stavano intorno si spaventarono, ma non Azzone che la lasciò andare via senza ucciderla. Anzi la prese come insegna e siccome la serpe era stata innocua la volle raffigurare con un bambino nelle fauci a cui però non fa del male.
I trii dì della merla La leggenda dei tre giorni della merla si perde nell'onda del tempo. Sappiamo solo che erano gli ultimi tre giorni di gennaio, il 29, 30 e 31, e in quei dì capitò a Milano un inverno molto rigido. La neve aveva steso un candido tappeto su tutte le strade e i tetti della città. I protagonisti di questa storia sono un merlo, una merla e i loro tre figlioletti. Erano venuti in città sul finire dell'estate e avevano sistemato il loro rifugio su un alto albero nel cortile di un palazzo situato in Porta Nuova. Poi, per l'inverno, avevano trovato casa sotto una gronda al riparo dalla neve che in quell'anno era particolarmente abbondante. Il gelo rendeva difficile trovare le provvigioni per sfamarsi; il merlo volava da mattina a sera in cerca di becchime per la sua famiglia e perlustrava invano tutti i giardini, i cortili e i balconi dei dintorni. La neve copriva ogni briciola. Un giorno il merlo decise di volare ai confini di quella nevicata, per trovare un rifugio più mite per la sua famiglia. Intanto continuava a nevicare. La merla, per proteggere i merlottini intirizziti dal freddo, spostò il nido su un tetto vicino, dove fumava un comignolo da cui proveniva un po' di tepore. Tre giorni durò il freddo. E tre giorni stette via il merlo. Quando tornò indietro, quasi non riconosceva più la consorte e i figlioletti: erano diventati tutti neri per il fumo che emanava il camino. Nel primo dì di febbraio comparve finalmente un pallido sole e uscirono tutti dal nido invernale; anche il capofamiglia si era scurito a contatto con la fuliggine. Da allora i merli nacquero tutti neri; i merli bianchi diventarono un'eccezione di favola. Gli ultimi tre giorni di gennaio, di solito i più freddi, furono detti i "trii dì de la merla" per ricordare l'avventura di questa famigliola di merli.
Le streghe La chiesa condannava le superstizione, le dottrine astrologiche, le filosofie ortodosse, ma soprattutto era inflessibile con la stregoneria. La Bolla papale di Innocenzo VIII del 1484 condanna la stregoneria come la peggiore delle eresie. Ecco di seguito un brano della Bolla: "...parecchie persone di entrambi i sessi, dimentiche della loro stessa salvezza e deviando dalla fede cattolica, si sono date ai demoni incubi e succubi; per mezzo d'incantesimi, fatture, scongiuri e altre superstiziose infamie ed eccessi magici fanno deperire ed estinguere la progenie delle donne, i piccoli degli animali, le messi della terra, i grappoli delle vigne, i frutti degli alberi...". Fra le più antiche testimonianze di streghe a Milano appaiono gli atti del processo a Sibilla Zanni e Pierina Bugatis, condannate alla pena capitale nel 1390 e arse in piazza S. Eustorgio. Costoro furono accusate di aver partecipato a dei sabba. I sabba erano le assemblee delle streghe con i demoni e si tenevano nella zona di Porta Romana, dove in quel tempo si trovava una foresta in cui nessuno osava inoltrarsi. La tradizione racconta che in questo quartiere, più precisamente in Via Laghetto 2, abitasse una fattucchiera che comandava le altre streghe del Verziere. L'esecuzione più famosa che la storia ricorda fu quella di Caterina dei Medici, data l'importanza e la notorietà dell'accusatore. Parliamo del Senatore Alvisio Melzi, che un giorno si ammalò di una malattia sconosciuta. Costui si convinse di essere vittima di un maleficio procuratogli dalla sua serva Caterina dei Medici. In realtà a farglielo era stato il Capitano Vaccallo, indispettito contro la donna che un tempo aveva rifiutato le sue lusinghe. Caterina dei Medici, logorata dalle torture, confessò di essere colpevole dei più gravi delitti e di aver venduto la sua anima al demonio, di conseguenza fu condannata al rogo. Il martirio si svolse in Piazza Vetra dove normalmente si bruciavano le streghe e, per la prima volta, venne costruito un palco per l'esecuzione. Così fu descritto il rogo di Caterina in una pubblicazione del tempo: "1617 adì 4 marzo. Giustizia fatta sulla Vetra: fu abbrugiata una Cattarina de Medici, p. strega, la quale aveva malefiziato il Senatore Melzi et fu fatta una baltresca sopra la casotta: fu strangolata su la detta baltresca all'atto che ogn'uno poteva vedere et prima fu menata sopra un carro et tenagliata; questa fu la prima volta che si facesse baltresca".
|
INFO
SEVILLANA CATANIA 2008
SEVILLANAS DE ORO
e W l'ALLEGRIA
Inviato da: tecaldi
il 27/01/2016 alle 14:48
Inviato da: rorina77
il 16/07/2009 alle 15:54
Inviato da: then79
il 16/07/2009 alle 14:22
Inviato da: rorina77
il 16/07/2009 alle 09:32
Inviato da: then79
il 15/07/2009 alle 17:55