v. è figlio di emigrati. da salerno a el salvador il salto è qualitativo oltre che quantitativo. almeno lo fu in quel momento,venticinque anni addietro.
lo vedo mentre impugna la pistola e spara. spara chè deve difendere la sorellina (più grande). chè corre il rischio quotidiano della politica del terrore. lo vedo a scuola con gli amici che condividono con lui la follia dei grandi. e lo vedo, poi, piangere quando i suoi preferiscono tornare, chè in fondo la vecchiaia vogliono viverla tranquilli. e lui, v.? lo vedo mentre piange perchè deve lasciare quegli amici conosciuti e amati nel sottosuolo della solitudine. quegli amici che lo hanno convinto a lottare, a ribellarsi. e lui, v.? che ancora deve vivere la sua gioventù? cosa c'entra con le pistole da bambino e le scorte e il terrore? cosa c'entra? non lo so. forse c'enta perchè serve come esempio, perchè bisogna indottrinare i ragazzini e assoldarli affinchè diventino la dimostrazione visibile delle politiche malate, delle politiche e basta.
eppure ve lo dico v. ( che di difetti ne ha tanti, troppi) è qui e lotta. è qui e va avanti, anche senza i suoi amici, anche senza la sua pistola, anche senza la sua terra, anche senza la sua libertà.