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Ideale Epigrafe 

Post n°126 pubblicato il 05 Aprile 2008 da Sparwasser

What I believe , I’ll wail;
What I know, I believe; and what I can redress ,
As I shall find the time to friend, I will.
(William Shakesperare – Macbeth – IV, III)

 
 
 

Guida ragionata per un uso consapevole della Bandiera Italiana.

Post n°125 pubblicato il 24 Marzo 2008 da Sparwasser

L’esposizione della Bandiera della Repubblica Italiana è regolamentata da normative di carattere nazionale e locale che prevedono disposizioni (talvolta anche stringenti) in materia di utilizzo.
In particolare è opportuno far riferimento al D.P.R. 7 aprile 2000 n. 121 oltre che alla legge 5 febbraio 1998 n.22, anche se esistono precedenti disposti in materia.
In particolare il summenzionato D.P.R. statuisce:
- l’esposizione della bandiera nelle giornate del:
7 gennaio (festa del tricolore; ndr: ma non è il 12 maggio ?);
11 febbraio (sottoscrizione dei patti lateranensi)
25 aprile (festa della liberazione)
1 maggio (festa del lavoro)
9 maggio (giornata d’Europa)
2 giugno (festa della Repubblica)
28 settembre (insurrezione popolare di Napoli)
4 ottobre (Santo Patrono d’Italia)
24 ottobre (giornata delle Nazioni Unite) . In quest’occasione s’ha da esporsi anche la bandiera ONU.
4 novembre (Festa delle FF.AA.)
-La bandiera nazionale , raffrontata con quella europea dovrà essere di uguali dimensioni e materiale, ed esposta su aste e pennoni posti alla medesima altezza.
-La bandiera nazionale viene alzata per prima e ammainata per ultima e ha da occupare il posto onore. Si definisce posto d’onore quello a destra oppure, in caso di esposizione di un numero dispari di bandiere, quello al centro. La bandiera europea occuperà sempre la seconda posizione anche in caso di esposizione plurime. In presenza di tre pennoni fissi e due bandiere da esporsi, (rapporto 3 a 2) dovrà essere lasciato libero il pennone centrale.
-La bandiera, di regola, non deve essere alzata prima del levare del sole e deve essere ammainata al tramonto.
-L’esposizione notturna della bandiera è ammessa solo in luogo adeguatamente illuminato.
Eventuali richieste di natura particolare, se non disposte dal Prefetto (autorità locale) o dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri (autorità nazionale) devono essere indirizzate all’Ufficio della Bandiera presso la citata Presidenza del Consiglio.
Delle bandiere a mezz’asta non occorre dir nulla che già non sia noto.
Per quanto ovvio:
In caso di vittoria dell’Italia ai mondiali, sarà consentita la "libera e anarchica" esposizione della Bandiera.
Il 4 maggio avrà da esporsi la bandiera granata.
Il 12 maggio avrà da esporsi la bandiera gialloblu.

 
 
 

Buona Pasqua

Post n°124 pubblicato il 22 Marzo 2008 da Sparwasser

 

 
 
 

La Gazette

Post n°123 pubblicato il 10 Febbraio 2008 da Sparwasser

E’ raro ma qualche volta succede. No, non sto parlando dello squillo ricevuto al sedicesimo del primo tempo (pardon: al sedicesimo del I atto) sul radiomobile debitamente spento, immediatamente seguito da dedicata ammenda in forma scritta ("quante cose nate e morte in un momento" , commenterebbe Roxane ) , ma del Cyrano de Bergerac che ho ascoltato ieri in turno O alla Scala (cantava Placido Domingo, conduceva Patrick Fournillier, dirigeva Francesca Zambello, aveva composto Franco Alfano). Alfano, com’è noto, è stato autore italo francese appositamente dimenticato nella seconda metà del novecento, pagando egli la colpa di aver aderito in maniera si può dire pressochè completa per ideologia, cronologia e mai professata ricusazione al regime fascista; e qui bisognerebbe rispolverare la vecchia questione dell’individuo visto come uomo e visto come artista e la conseguente necessità di esprimere giudizi differenziati e non funzionali rispetto alle due variabili in questione (eh, il caso Wagner…); ma non è di questo che dobbiamo qui parlare; piuttosto del fatto, come dicevo inusuale, che un’opera risulti all’ascolto dal vivo in teatro più bella, suggestiva e seduttiva rispetto all’ascolto accaduto attraverso il supporto fonografico o digitale. Merito dell’opera in re ipsa o potenza dell’interpretazione e della direzione musicale? Quando si avverte in maniera così netta questa differenza, ed è esperienza già accaduta per un’altra opera molto più popolare quale la Lammermoor donizettiana, vado a propendere per la prima ipotesi, anche se ciò non toglie che ieri la direzione musicale sia stata all’altezza (unica menda l’ultimissimo tema finale, alla morte di Cyrano, staccato su tempo leggermente troppo lento, forse – anzi probabilmente – scelta del maestro concertatore). Fournillier dirige senza bacchetta e con le mani, ma con lo spartito davanti. Altra caratteristica di quest’opera del Maestro Alfano è la massiccia presenza di personaggi secondari, risultando in definitiva (o quasi) l’opera riconducibile alla prestazione canora dei soli Cyrano e Roxane (essendo veramente brevi, nell’economia dell’opera le parti dei vari De Guiche, Raguenau e così via nella scala sociale delle parti dell’opera) e, ma già molto meno, di Christian. Così che in definitiva ci troviamo, di fatto, a dover parlare della prestazione di quella leggenda vivente che è Placido Domingo e della Radvanosky.
Su Domingo,chapeaux. Un tenore che alla sua età riesce ancora a confezionare, seppur con alcuni accorgimenti del mestiere sia musicali che di scena, una parte assolutamente dignitosa e ben fatta, merita il nostro elogio. Non andremo oltre per essere sicuri di non fare paragoni con altri (anche più) celebrati tenori, peraltro passati a miglior vita, che renderebbero la nostra recensione inelegante.
Discorso diverso per la Roxane di Sondra Radvanosky. Che non ci è piaciuta: non perché abbia steccato, cantato male o non abbia avuto presenza scenica (anche se – attorialmente – ha sfigurato davanti a Domingo), ma perché – sono andato a leggere la locandina più di una volta – alla voce Roxane si riporta in corrispondenza Soprano e non Mezzosoprano. La Radvanosky ha timbro molto brunito, scuro, senza avere però l’estensione vocale della cantatrice greca, e pertanto non si capisce perché debba cantare un ruolo sopranile. Se poi il risultato finale sia stato amplificato sull’altare di quegli accorgimenti messi in atto per agevolare il vecchio e celebrato tenore questo non lo saprei dire – a istinto direi di no, ma non sono un tecnico- , sta di fatto, a conferma di quello che sto per dire che nell’ultimo atto (a proposito: quattro o cinque atti?) quando Roxane canta immediatamente dopo Soeur Marthe (che è prescritto come ruolo di mezzo soprano) la differenza tra le due voci è praticamente inesistente.
Della direzione abbiamo detto (e incidentalmente annotiamo e mettiamo nei nostri ricordi una indimenticabile "Oh! Paris fuit, nocturne et quasi nébuleux") già di suo eccelsa pagina musicale, mentre sottolineiamo con raro entusiasmo la grandissima prova del coro diretto da Bruno Casoni, ieri veramente strepitoso. Molto belle infine le scene e la regia: quando si dice un lavoro fatto bene, con gusto e con trimo (dal solco tracciato dall’aratro).

 
 
 

Formica estemporanea (ma la notizia è vera)

Post n°122 pubblicato il 19 Gennaio 2008 da Sparwasser

Stadio Bentegodi : Domenica 20 gennaio ore 14,30 
Incontro tra le squadre dell' Hellas Verona e del Sassuolo
(a porte chiuse per sanzione disciplinare)
Arbitra il Sig. VUOTO di Livorno (sigh)

Ma i ne tol anca in giro stì qua??!

 
 
 

La settimana del Teatro

Post n°121 pubblicato il 19 Gennaio 2008 da Sparwasser

E’ stata la settimana di tante cose, ma per quanto qui ci riguarda è stata la settimana del grande teatro. Martedì Fahrenheit 451 da Bradbury per la regia di Ronconi e venerdì la Maria Stuarda di Donizetti (da Shiller) per la regia di Pier Luigi Pizzi. Due spettacoli di notevole spessore, fatti bene.
Mi piace ricordare del primo l’intelligente finale (nulla di inventato s’intende) con l’immagine degli uomini libro collocati in platea a significare il coinvolgimento, la responsabilità di ciascuno noi nel coltivare la memoria ed impedire che la patina del tempo dispieghi il suo impietoso velo sopra l’umana conoscenza. Il nostro compito è quello di ricordare per preservare la conoscenza e in questo tutti siamo coinvolti.
Del secondo mi piace ricordare invece l’inizio (non previsto dal libretto) con l’entrata in scena di Maria Stuarda (di rosso vestita) a ricevere l’eucaristia (lei è cattolica) in contrapposizione alla protestante Elisabetta. Di garbo anche il finale, con lo spegnimento improvviso delle luci a significare la fine di tutto.
Di Maria Stuarda ho anche apprezzato , oltre agli interpreti (tutti di buon livello anche se bisogna ammettere che il loggione alla Devia ha comunque perdonato molto: non si è comportato allo stesso modo con la Antonacci e soprattutto con Fogliani, il cui unico appunto a muoversi è una direzione un tantino grigia: l’avremmo preferita un po’ più nervosa in effetti , alla maniera del compianto Patanè per intenderci), le scene che qualcuno ha giudicato inutili e che io invece ho trovato molto azzeccate (questa gabbia a simboleggiare le prigioni, fisiche per Maria e mentali/sentimentali per Elisabetta che rinchiudono le protagoniste) oltre che esteticamente gradevoli. Si è imputato allo spettacolo una certa staticità: effettivamente il movimento delle masse è un po’ rigido e anche gli interpreti tendono a rimanere un po’ statici , ma è anche vero che stiamo parlando di un’opera che in sé ha queste caratteristiche e che è organizzata per numeri chiusi (ricordiamoci che siamo nella prima metà dell’ottocento).
Secondo le aspettative invece la messinscena di Ronconi, nel senso che quello che abbiamo visto era quello che ci aspettavamo, con effetti speciali legati al fuoco piuttosto efficaci. Abbiamo notato in questa prima parte della stagione di prosa che sta prendendo piede, a livello di indirizzo politico della recitazione, la tendenza a farlo enfatizzando, declamando molto; se ne prede in naturalezza, fatta salva comunque la bravura accertata dei nostri attori e la qualità medio alta delle produzioni teatrali in Italia. Se gli spettatori a teatro hanno superato quegli degli stadi ciò è senz’altro dovuto alla migliorata qualità degli spettacoli teatrali e alla peggiorata qualità di quelli calcistici.

 
 
 

Eh, beh...(non ci metto neanche la traduzione).

Post n°120 pubblicato il 11 Gennaio 2008 da Sparwasser

Ne me quitte pas
Il faut oublier
Tout peut s'oublier
Qui s'enfuit déjà
Oublier le temps
Des malentendus
Et le temps perdu
A savoir comment
Oublier ces heures
Qui tuaient parfois
A coups de pourquoi
Le cœur du bonheur
Ne me quitte pas
Ne me quitte pas
Ne me quitte pas
Ne me quitte pas
Moi je t'offrirai
Des perles de pluie
Venues de pays
Où il ne pleut pas
Je creuserai la terre
Jusqu'après ma mort
Pour couvrir ton corps
D'or et de lumière
Je ferai un domaine
Où l'amour sera roi
Où l'amour sera loi
Où tu seras reine
Ne me quitte pas
Ne me quitte pas
Ne me quitte pas
Ne me quitte pas
Ne me quitte pas
Je t'inventerai
Des mots insensés
Que tu comprendras
Je te parlerai
De ces amants-là
Qui ont vu deux fois
Leurs cœurs s'embraser
Je te raconterai
L'histoire de ce roi
Mort de n'avoir pas
Pu te rencontrer
Ne me quitte pas
Ne me quitte pas
Ne me quitte pas
Ne me quitte pas
On a vu souvent
Rejaillir le feu
D'un ancien volcan
Qu'on croyait trop vieux
Il est paraît-il
Des terres brûlées
Donnant plus de blé
Qu'un meilleur avril
Et quand vient le soir
Pour qu'un ciel flamboie
Le rouge et le noir
Ne s'épousent-ils pas
Ne me quitte pas
Ne me quitte pas
Ne me quitte pas
Ne me quitte pas
Ne me quitte pas
Je ne vais plus pleurer
Je ne vais plus parler
Je me cacherai là
A te regarder
Danser et sourire
Et à t'écouter
Chanter et puis rire
Laisse-moi devenir
L'ombre de ton ombre
L'ombre de ta main
L'ombre de ton chien
Ne me quitte pas
Ne me quitte pas
Ne me quitte pas
Ne me quitte pas.

 
 
 

BUON ANNO !!!

Post n°119 pubblicato il 31 Dicembre 2007 da Sparwasser

Auguro a tutti coloro che avranno la ventura di passare da queste parti un nuovo anno pieno di buone cose.

 
 
 

Ancora sul Tristan und Isolde (ma poi basta)

Post n°118 pubblicato il 13 Dicembre 2007 da Sparwasser

Se qualcuno è passato da queste parti nel corso degli ultimi trenta giorni si aspetterà di trovare qualcosa sul Tristan und Isolde andato in scena alla Scala , visto e ascoltato dal sottoscritto martedì 11 dicembre 2007, diretto dal M.o Baremboin (protagonisti Ian Storey nel ruolo di Tristan e Waltraud Meier nel ruolo di Isolde).
Resterà forse un po’ deluso perché non è mia intenzione fare una recensione stricto sensu di quanto visto: inutile, anche a causa del III atto nel quale, come comunicato dalla Direzione del teatro, a causa di una improvvisa indisposizione del protagonista, praticamente Tristan (verrebbe da dire già morto nell’intervallo) non ha di fatto cantato. I maligni hanno sostenuto trattarsi di giustificazione diplomatica, essendo difatto lo Storey non un Heldentenor
Ci limiteremo pertanto a delle considerazioni di carattere più generale sullo spettacolo.
Intanto: se cinque ore e venti minuti (lo spettacolo è iniziato alle 18:30 ed è finito, complice anche i tempi notoriamente lunghi che Baremboin per ques’opera predilige, a mezzanotte e cinque) sono trascorse che nemmeno ce ne siamo accorti un motivo ci sarà stato (sfatiamo una buona volta il mito delle oltre cinque ore di musica: l’opera consta di tre atti della durata – più o meno – di un’ora e venti ciascuna per un totale, il calcolo è presto fatto, di 4 ore). Ovviamente il primo indiziato è il sig. Richard Wagner, dal momento che la sua opera, la sua musica è bellissima.
Secondo colpevole il direttore d’orchestra. Baremboin ha diretto (si noti: a memoria) benissimo e fatto suonare l’Orchestra della Scala altrettanto. E’ stata però a mio avviso una direzione diversa rispetto a quella da me conosciuta nel DVD registrato a Bayreuth, laddove in Germania dominava nel colore del suono il dolore mentre qui ho avvertito più vicina la lezione di Furtwängler, metafisica, concettuale: la musica sembrava raccontare non una storia di amore e di morte tra due persone ben precise, ma la storia della Morte per Amore intese come idee. Cosa strana questa perché in contrasto con un’impostazione dell’allestimento che intende privilegiare l’individualità, intende raccontare una storia umana tra un uomo e donna ("reduci da una depressione" ha scritto Chereux nelle note che accompagnano il curatissimo programma di sala; noi aggiungiamo:indipendentemente dal loro censo).
Allestimento discusso, com’è noto a chi ha letto certuni giornali, massimamente il tradizional popolare.
Ora, il Tristan und Isolde wagneriano è opera senz’altro complessa, ma non è un’opera mozartiana che può lasciare intendere tutto e il suo contrario; essa tocca molti e importanti temi ma quello che intende dire è (anche musicalmente) in genere molto chiaro. Ovviamente poi gli interpreti in tutte le loro componenti possono sviluppare o porre in evidenza nel loro lavoro un tema piuttosto che un altro e sempre meglio sarebbe comunque che ogni componente remi nella medesima direzione.
Patrice Chereaux, il regista (e con lui Richard Peduzzi autore delle scene e Bertrand Couderc delle luci) scelgono, in ossequo anche all’impostazione che si accennava sopra, di sviluppare in chiave fortemente psicologica, anzi direi proprio psichica il tema, necessariamente legato all’individuo del suicidio (al di là del concetto di Amore) a scapito – per esempio - del tema della contrapposizione (con le sue implicazioni anche sociali e morali) tra il Giorno e la Notte (ben presente nell’opera sia nel testo attraverso le due lingue usate da Wagner che nella musica attraverso i pertinenti temi musicali), qui completamente (e colpevolmente si intende) ignorato. E dunque: luci e scene così come i costumi (oggettivamente discutibili, Isolde a parte), sempre improntate ad un’atmosfera di base oscura e grigia, ma mai differenziata (come invece a me sarebbe piaciuto). In prima battuta uscendo da teatro avevo anch’io trovato discutibile il fatto che nel finale primo i due amanti amplessassero in assemblea plenaria davanti alla ciurma. Leggendo poi le note di Chereaux ho trovato una giustificazione comunque accettabile (anche se rimane un po’ forzata) alla circostanza; ossequiosamente e un po’ burocraticamente le riporto:
"Tristan, contrariamente a quel che a volte si pensa o si interpreta, sa perfettamente cosa sta per bere, e beve, ed è perché pensano di morire entro i minuti successivi che si buttano uno sull’altra e si abbracciano e si espongono a un’oscenità pubblica
" totalmente estranei, aggiungiamo a noi, a ciò che gli sta intorno (tema della passione, efficacemente sviluppato in scena da drappo rosso). E poi si sa, il "cornuto" è sempre e comunque l’ultimo a sapere anche un segreto di Pulcinella...
Ciò che non ci è piaciuto invece è il finale, irrispettoso di quanto espressamente indicato in campo didascalico dall’autore. Chereaux fa morire Isolde (bellissima però la scena della trasfigurazione con la trovata del sangue – di chi? di Tristan? di Isolde? di tutt’e due? Che importa… - che a poco a poco le copre il viso) lontana dal corpo di Tristan, laddove la Handlung prevede espressamente che Isolde "sinkt, wie verklärt, in Brangänes Armen sanft auf Tristans Leiche", ovvero cadendo dolcemente sul corpo di Tristano (ed il significato di un tale gesto è inequivocabilmente chiarissimo). La differente scelta registica si potrebbe spiegare solamente mettendola in relazione, con interpretazione però davvero troppo arbitraria, col tema del desiderio che si riaffaccia alla fine dell’opera, quasi a voler dire che si, questi due sono morti, sono andati al di là, ma che qui rimaniamo noi (inteso come genere umano), ancora vittime della questione, vittime del desiderio inappagato o inappagabile, nostra condizione endemica e pertanto non eliminabile se non all’interno di una dimensione individuale. Che forse è poi in fondo la fortuna di quest’opera: perché finchè ci sarà dolore per amore le generazioni lo canteranno e lo tramanderanno e lo faranno in somma maniera attraverso questo grande monumento al Liebestod che è il Tristan und Isolde di Richard Wagner.

 
 
 

Tristano, Isolda e il Nulla 

Post n°117 pubblicato il 04 Dicembre 2007 da Sparwasser

Parlare del Tristan und Isolde wagneriano è, per uno come me, veramente difficile per la complessità di un'opera che comunque amo tantissimo, tanto da avere in casa ben quattro edizioni diverse.
Pertanto mi limiterò qui a riportare il bellissimo articolo apparso sul Corriere della Sera di ieri che, seppur con qualche imperfezione, svela magistralmente alcuni aspetti e sgombra il campo da alcuni luoghi comuni a cui certa letteratura, specie nel passato, ci aveva condotto.

(Corsera 3/12/2007 – pagina 31)

di Paolo Isotta 

Un articolo di giornale non potrà nemmeno lontanamente presumere di essere un’analisi d’un capolavoro della complessità del Tristano e Isolda. Conviene qui modestamente porre in rilievo alcuni luoghi del poema drammatico che, per essere di solito fraintesi, impediscono di cogliere addirittura il significato dell’opera.
Occorrerebbe innanzitutto conoscere nel modo più particolareggiato tutta la prima metà del I atto: nessun autore di teatro musicale raggiunge Wagner nell’arte di narrare attraverso il dialogo collocato in questa zona del dramma i lunghi e intricati antefatti dell’azione.
Contemporaneamente viene con straordinaria densità enunciata la gran parte del materiale motivico onde si costruisce la forma musicale e drammatica dell’intera opera. Qui l’antefatto è dedicato al racconto dei rapporti avutisi tra Tristano e Isolda prima dell’inizio del dramma, i quali determinano il comportamento dei due eroi nel corso del I atto. Non li narreremo di nuovo per giungere a trattare d’uno dei simboli fondamentali del dramma che dà luogo alla catastrofe del I atto: il filtro d’amore. Le fonti medioevali con la leggenda del fatale amore, per quanto investigate da Wagner con profondità filologica, restano per lui mero pretesto del capolavoro poetico: ogni elemento del mito riceve senso nuovo e originario dalla sua ricreazione.
Così assistiamo all’ordine che Isolda impartisce alla dama Brangania di fornirle dal suo scrigno il filtro di morte. L’antefatto ha spiegato esistere una colpa inespiata di Tristano verso Isolda e costei intende punirlo offrendogli la bevanda e al tempo stesso assumendola per evadere con la morte da quello che a lei pare un futuro di ignominiosa servitù, il matrimonio col vecchio re Marke, zio di Tristano, invece che con l’eroe ch’ella salvò due volte e poi l’ha conquistata pel re. Quando Tristano viene convocato dalla principessa e si vede porgere la coppa è del tutto consapevole del destino che l’attende: il suo orgoglio virile gli fa accettare di pagare con la vita l’oscura colpa inespiata. Ma l’ancella, terrorizzata per la volontà della sua signora, sostituisce al veleno il filtro d’amore. Quando gli eroi bevono alla stessa coppa ignorano ambedue codesta sostituzione. Ed ecco il punto sublime nel quale possono senza onta guardarsi negli occhi e pronunciare estaticamente l’uno il nome dell’altra. Una considerazione superficiale di questo punto chiave porterebbe a credere che il filtro d’amore abbia come meccanicamente avuto effetto sui due, trasformando il sentimento d’odio di Isolda verso Tristano nel suo opposto e, in modo simmetrico, accendendo l’amore nello spirito di Tristano. In realtà i due, bevuto che hanno, sono convinti di avere innanzi solo pochi istanti di vita: nessun pericolo li minaccia più, non sono più costretti a seguire i comandamenti del mondo falso, quello che nel sistema simbolico del Tristano viene chiamato il "Giorno" con la sua luce insopportabile. Solo ora si sentono liberi di confessarsi a vicenda il sentimento intimissimo celato nel cuore che il "Giorno", col suo sistema di valori, impediva, non che di manifestare, di dichiarare anche a se stessi. Dal primo istante l’attuarsi di questo arcano amore è mescolato alla presenza della morte, si fonde con essa.
Di qui viene naturale interrogarsi su ciò: in che cosa consiste l’invincibile amore di Tristano e Isolda? Quale significato specifico acquisisce nel dramma il vocabolo "Liebe"? Eccoci calati nel tema della metafisica erotica del Dramma Musicale. Nulla di più lontano dal congiungimento carnale, che riporterebbe i due nel mondo della vita: varcare le porte del mondo della vita è invece l’esatto fine dei due metafisici amanti. Perciò l’immensa notte d’amore del II atto, con la sua luce dell’oscurità derivante da un’orchestra che nessuno aveva saputo trattare con tale polifonia di linee e colori , non può intendersi col termine superficiale di "duetto d’amore" che quasi tutti adoperano. L’amore di Tristano e Isolda significa anzitutto l’abbattimento dei confini tra "io" e "tu" per portare alla totale fusione dei due amanti, che prelude al culmine dell’amore, la fusione di questo unico essere nella Morte, ossia il passaggio dalla soglia che dalla vita conduce al Nulla.
La distruzione dell’individualità per la fusione dei "due" in "uno" e poi dell’"uno" nel Nulla si definisce in termini filosofici la distruzione dell’illusorio principium individuationis che impedisce ai nostri sensi di cogliere come monistico il frutto della cieca e nefasta Volontà: ecco il lessico di Schopenhauer del quale Il mondo come Volontà e Rappresentazione cosituì il fondamento della metafisica erotica del Tristano.
Ciò che dunque dovrebbe accadere durante la Notte del II atto e non avviene per l’ìirruzione del mondo del Giorno ordita dal traditore Melot è la fusione del "due" in "uno", indi il dissolvimento dell’ "uno" nel Nulla per pura forza d’amore: una forza di natura puramente spirituale , tanto più sconvolgente giacchè, come ciascuno avrà colto leggendo queste righe, abbiamo da fare con una metafisica del tutto atea. La distruzione dell’individualità passa dunque, ed ecco ancora Schopenhauer, per la conquista di una "volontà negativa", una noluntas.
Quando si giunge al sublime finale del dramma, che viene di solito definito Liebestod, morte d’amore, mentre la sua retta denominazione è Isolde Verklärung, la trasfigurazione di Isolda, ispirata a Wagner anche dalla veneziana Assunta del Tiziano, Tristano è già morto dopo il terribile monologo della prima metà dell’atto. Egli, attinto da ferita letale, è in spasmodica attesa di Isolda per realizzare con lei ciò che nel II atto gli è stato impossibile: ma quando il pastore e Kurwenal gli annunciano il di lei arrivo egli non è più capace di attendere, in stato di totale esaltazione si strappa le bende. Isolda deve dunque compiere da sé il processo d’ ingresso nel Nulla per sola forza d’amore; la pagina nella quale ciò avviene, la "trasfigurazione", potrebbe essere considerata il culmine di tutta la musica europea. Solo dopo ch’essa ha cessato di cantare tocca all’orchestra risolvere la vicenda tematico- simbolica del dramma. Il motivo del tormento d’amore inappagato compare già, in shock polifonico, nella III e IV misura del Preludio al I atto: e qui viene generalmente chiamato, col complesso delle altre voci che vi cozzano, "l’accordo del Tristano". Incidentalmente osserviamo che ancora la più attardata letteratura ne parla come di un enigma armonico, laddove lo stesso Bach l’avrebbe immediatamente classifdicato e spiegato nella funzione. Per l’intera immensa partitura tornerà col suo tormentoso cromatismo. Solo qui, sostenuto dalle armonie che in Wagner si chiamano la cadenza "della redenzione", si frange un cammino verso l’alto e si risolve, placato, nella "terza maggiore" dell’"accordo di Si maggiore meglio strumentato della storia della musica" (Richard Strauss). Coll’ingresso nel Nulla si appaga, cessando, ogni desiderio. Il culmine del destino è nella morte dell’illusoria coscienza di sé.
Lo stile musicale del Tristano e Isolda dà ampio luogo al cromatismo, ossia l’uso di note estranee alla scala e di accordi alterati. In primo luogo va osservato che procedimenti eccezionali, ma linguisticamente sempre spiegabili secondo le regole dell’armonia tonale, vengono da Wagner adoperati non per una ricerca stilistica, o, Dio liberi, linguistica, fine a se stessa, ma per dar espressione a un contenuto drammatico che Wagner considerava, com’è, altrettanto eccezionale. Lungi dal vedere ciò come "conquista" del linguaggio, Wagner arriva a diffidare gli altri dall’uso di tali porcedimenti eccezionali, solo a lui leciti. In secondo luogo, atteso che così non fu, ossia che gli altri se ne impadronirono impunemente (ma con quanto minor forza), occorre un’osservazione fondamentale. S vuole da taluno che lo stile armonico del Tristano,oltre ad aprire vie nuove, abbia col suo pervadente cromatismo messo in crisi l’armonia tonale. In realtà l’arte inarrivabile con che Wagner maneggia la dinamite senza farla esplodere, il suo non scrivere nemmeno una notina delle parti interne a caso, lungi dall’andare nel verso d’un’equiparazione di consonanza e dissonanza (l’interpretazione "progressista" del Tristano nella Storia), rafforza enormemente il sentimento tonale. L’intima natura classica della partitura del Tristano , che occorrerà una buona volta ammettere, ritarda invece che determinare la crisi dell’armonia tonale.

 
 
 

Cose fatte bene e cose fatte male

Post n°116 pubblicato il 28 Novembre 2007 da Sparwasser

Sull’inserto domenicale de Il Sole 24Ore di domenica 25 novembre scorso è apparto questo articolo di Daniel Baremboin, il noto pianista e direttore d’orchestra che il 7 dicembre prossimo inaugurerà con il Tristan und Isolde wagneriano la stagione scaligera.

Un giorno a Chicago, guardando la televisione, mi sono imbattuto nella pubblicità di un’azienda americana, l’American Standard, che è un esempio incredibile dell’uso oltraggioso che si può fare della musica. Nella pubblicità si vedeva un’idraulico correre, in preda a una grande agitazione, aprire la porta di un gabinetto e dare dimostrazione della superiorità di un certo wc. L’intera sequenza era accompagnata dal "Lacrimosa" del Requiem di Mozart.

Alcuni spettatori rimasero comprensibilmente offesi dall’uso della musica di Mozart come sottofondo sonoro per la vendita di sanitari, e scrissero lettere a vari giornali e alla stessa azienda. Ricevettero la seguente risposta:

" La ringraziamo di aver contattato American Standard, esprimendo le sue preoccupazioni riguardo alla musica di sottofondo usata nella pubblicità televisiva attualmente in onda e relativa alla nostra toilette di maggior pregio. La ringraziamo del disturbo che si è dato mettendosi in contatto con noi, e condividiamo i sentimenti che esprime circa qualcosa che chiaramente per lei è molto importante. All’inizio, quando abbiamo scelto la musica del Requiem di Mozart, ne ignoravamo il significato religioso. Lo abbiamo scoperto , in realtà, solo dopo che un piccolo numero di clienti, come lei, ci ha contattato. Benchè esistano numerosi precedenti circa l’uso commerciale della musica a tema spirituale, abbiamo deciso di sostituire il brano di Mozart con un passaggio tratto dall’"Ouverture" del Tannhäuser di Wagner, che i nostri esperti musicali ci assicurano non avere importanza religiosa. La nuova musica andrà in onda a giugno".

E’ evidente che American Standard non riusciva a concepire altra ragione che la blasfemia per il risentimento degli spettatori. Il responsabile dei rapporti con i clienti non dev’essere nemmeno stato sfiorato dall’idea che la vera blasfemia potesse consistere nell’abuso di un’opera d’arte musicale. Secondo lui i clienti erano stati offesi nei loro sentimenti religiosi, non musicali. Benchè involontariamente, l’uso della musica di Mozart nella pubblicità televisiva ha determinato un’estesissima familiarità con un breve passo del suo Requiem , tolto dal suo contesto e soggetto ad associazioni non-musicali: in questo caso, il bisogno di acquistare un gabinetto. Questo genere di familiarità è tutt’altro che benfica per la condizione della musica classica oggi. Usare frammenti di grandi opere musicali per insinuarsi nella cultura popolare (o piuttosto nella mancanza di cultura popolare) non risolve la crisi della musica classica. L’accessibilità non la dà il populismo; l’accessibilità è data da interesse, curiosità e conoscenza maggiori. Certi edifici si fregiano di essere "accessibili alle sedie a rotelle". Per rendere un luogo "accessibile alle sedie a rotelle" basta semplicemente aggiungere rampe e ascensori tutte le volte che ci sono le scale. Nel caso della musica classica, l’educazione è la rampa, o l’ascensore, che la rende accessibile. L’educazione musicale deve iniziare a un’età molto precoce per potersi sviluppare organicamente, esattamente come accade per la comprensione del linguaggio verbale. E allora la musica diventa più una necessità che un lusso. La padronanza di uno strumento musicale, comunque, non è una condizione necessaria per poter comprendere o per potersi concentrare su un’opera musicale; l’unica condizione necessaria per ascoltare la musica è che non sia un’attività passiva.

Aristotele scrive, nel suo trattato sulla politica, che "dunque il legislatoredebba preoccuparsi soprattutto dell’educazione dei giovani nessuno può dubitarne: in realtà è questo che, negletto in uno stato, rovina la costituzione. Bisogna che l’educazione si adatti a ciascuna costituzione, perchè il costume proprio di ciascuna suole difendere la costituzione stessa e la pone in essere già in origine , ad esempio il costume democratico la democrazia, quello oligarchico l’oligarchia e sempre il costume migliore promuove la costituzione migliore".

Dalla musica si può apprendere un’incredibile quantità di cose per la vita, eppure il nostro attule sistema di istruzione trascura del tutto questo campo, dall’asilo fino agli ultimi anni di scuola. Persino nelle scuole di musica e nei conservatori l’istruzione è altamente specializzata e spesso risulta scollegata dal contenuto effettivo della musica, e quindi dalla sua forza. La disponibilità di registrazioni e di riprese di concerti e opere è inversamente proporzionale alla scarsità di conoscenza e comprensione della musica prevalente nella nostra società. L’attuale sistema di pubblica istruzione è responsabile del fatto che la maggioranza della popolazione può ascoltare qualsiasi pezzo musicale a piacimento , ma è incapace di concentrarvisi pienamente. L’educazione all’ascolto forse è molto più importante di quello che possiamo immaginare, non solo per lo sviluppo di ogni individuo, ma anche per il funzionamento della società nel suo complesso, e quindi anche dei governi. Il talento musicale, la comprensione della musica e l’intelligenza uditiva sono aree spesso separate dal resto della vita umana, confinate nella funzione di intrattenimento o nel regno esoterico dell’arte d’elite. La capacità di ascoltare diverse voci insieme cogliendo l’esposizione di ciascuna di esse separatamente, la capacità di ricordare un tema che fece la sua prima comparsa per poi subire un lungo processo di trasformazione , e che ora ricompare in una luce differente , e infine la competenza uditiva necessaria per riconoscere le variazioni geometriche del soggetto di una fuga sono tutte qualità che accresconola capacità di intendere. Forse l’effetto cumulativo di tali capacità e competenze potrebbe formare esseri umani più adatti ad ascoltare e a comprendere punti di vista diversi tra loro, essere umani più capaci di valutare il proprio posto nella società e nella storia , esseri umani più abili a cogliere non le differenze fra loro ma le somiglianze fra tutti.

Le osservazioni del Maestro appaiono in molti punti largamente condivisibili, soprattutto laddove si sofferma sul tema e sulla funzione dell’educazione musicale, così come appare manifesto come si possa rendere un pessimo utilizzo alla musica (ed in particolar modo alla c.d. musica colta) attraverso un suo uso non pertinente se non addirittura, come nel caso citato nell’articolo, scriteriato. Non demonizzerei, però. Credo che la questione sia molto più semplice. Si tratta semplicemente di un fare le cose per bene oppure no. Usare il "Lacrimosa" di Mozart per pubblicizzare un water è di cattivo gusto oltre che blasfemo;già lo era meno usarlo per il noto gioco dei pacchi (dove un collegamento intelligente e intelligibile, un’associazione di idee , al di là del fatto che stiamo comunque parlando di musica sacra, era pur sempre rintracciabile e quindi in fondo in fondo accettabile per i non puristi). Così come rimane di cattivo gusto l’utilizzare al posto del Lagrimosa l’Ouverture del Tannhäuser s’intende e sempre per il medesimo motivo, come del resto il Maestro evidenza.

Quello che però fa veramente rabbia è il tenore barbarico (altro aggettivo non mi viene proprio) della risposta dalla società americana: trasuda in ogni riga arroganza unita ad ignoranza, il tutto candidamente ammesso con compiacimento finanche. Così chi si è lamentato appare essere un poveretto, che, a scrivere a lorsignori si è dato "un disturbo", condividendo (la ditta) i sentimenti per qualcosa che "per lui" (sottinteso: non per noi produttori di cessi) è "molto importante". Segue piena ammissione di ignoranza (grave) senza alcun senso di colpa , peraltro con rafforzativo di citata presenza di "loro" esperti musicali che "li" assicurano e non senza aver naturalmente specificato che il numero di clienti rimasti urtati è comunque "piccolo" (e comunque di fronte alla toilette "di maggior pregio"…). Infine quel "benchè" attestante un non meglio imprecisato "Così fan tutte" in termini di produzioni pubblicitarie, a fini perentoriamente assolutori. Di sensi di colpa o scuse neanche il sospetto.

Inde irae.

Anche perché esistono esempi di segno contrario (dico di operazioni fatte per bene utilizzando estratti di musica più o meno colta).

Valga per tutti un esempio - di pari livello - preso da una pubblicità italiana di qualche anno fa. La pubblicità era quella di un nuovo operatore telefonico, all’indomani della liberalizzazione del mercato per la rete fissa (prima fornita notoriamente da un unico operatore di nome SIP). La pubblicità mostrava due cabine telefoniche, una rossa – eminentemente identificabile quale cabina SIP - e una verde, eminentemente riconoscibile come "la novità" e un cagnolino che doveva decidere su quale cabina fare il suo bisognino. Adesso non ricordo esattamente per quale cabina optasse – probabilmente la verde sposando un’interpretazione "positiva" della vicenda e non negativa e derisoria. In sottofondo l’Ouverture del Rienzi di Wagner. Ora chi fosse Cola di Rienzi e quale sia stata la sua storia (e in ogni caso: la trama dell’opera di Wagner) svela la Gedankenverbindung: Rienzi è un tiranno (leggi : il monopolista) che viene deposto dal popolo (leggi il nuovo regime di "libera" concorrenza). Se poi caliamo l’asso aggiungendo che trattavasi del preludio iniziale e che la liberalizzazione del mercato si era appena attuata…

Non cerchiamo fantasmi: utilizzare pezzi d’opera e pezzi classici in altri contesti non è di per sé un errore. Lo è farlo senza usare il buon senso e sposando il cattivo gusto.

 
 
 

Post N° 114

Post n°114 pubblicato il 09 Novembre 2007 da Sparwasser

Un Enfant


Un enfant
Ca vous décroche un reve
Ca le porte à ses lèvres
Et ca part en chantant
Un enfant
Avec un peu de chance
Ca entend le silence
Et ca pleure des diamants
Et ca rit à n'en savoir que faire
Et ca pleure en nous voyant pleurer
Ca s'endort de l'or sous les paupières
Et ca dort pour mieux nous faire rever
Un enfant
Ca ècoute le merle
Qui depose ses perles

Sur la portée du vent
Un enfant
C'est le dernier poète
D'un monde qui s'entete
A vouloir devenir grand
Et ca demande si les nuages ont des ailes
Et ca s'inquiète d'un neige tombée
Et ca croit que nous sommes fidèles
Et ca se doute qu'il n'y a plus de fées 

Mais un enfant


Et nous fuyons l'enfance
Un enfant
Et nous voilà passants
Un enfant
Et nous voilà patience
Un enfant
Et nous voilà passés. 

Jacques Brel

 

Un bambino


Un bambino
Ci fa nascere un sogno,
Se lo porta alle labbra
E corre via cantando
Un bambino
Con un po' di fortuna
Può ascoltare il silenzio
E piangere diamanti

E ride d'averne pieno il cuore
E piange quando ci vede in pianto
O socchiude gli occhi ai sogni d'oro

E, per farci sognare di più, dorme.
Un bambino
Sente il merlo che canta
Le sue perle di note
Cesellate nel vento.
Un bambino
è l'ultimo poeta

Di un mondo che si ostina
A diventar più grande.
E chiede se le nuvole hanno le ali,
Si preoccupa per la neve che fiocca
E credendo che noi si sia fedeli
Dubita che le fate siano finite 

Ma un bambino...

E lasciamo l'infanzia
Un bambino...
Ed eccoci passanti.
Un bambino...
Ed eccoci pazienza.
Un bambino...
Ed eccoci passati. 

 
 
 

Post N° 112

Post n°112 pubblicato il 01 Novembre 2007 da Sparwasser

Autocommento: a me il fatto che i corni vogliano dire fedeltà fa (sor)ridere…

 
 
 

Di Fiordiligi e di Leonore

Post n°111 pubblicato il 01 Novembre 2007 da Sparwasser

Ovvero:piccola esposizione (guidata) sul ruolo dei corni quale rappresentazione del concetto di fedeltà nel melodramma preromantico. )

Si dice che Beethoven, nel comporre la grande aria di Leonore nel Fidelio "Komm,

Hoffnung, laβ den letzen Stern" si sia smaccatamente ispirato al Rondò di Fiordiligi "Per pietà, ben mio perdona" del "Così fan tutte" di Mozart. Non sarebbe la prima volta a dire il vero: esiste un eclatante esempio all’inizio del Don Giovanni mozartiano (il cantabile che segue immediatamente il ferimento del Commendatore) che indissolubilmente si lega al primissimo tema dell’Adagio Sostenuto della sonata "Al Chiaro di Luna" beethoveniana.
V’è da dire che l’ascolto in sequenza dei due brani d’opera rileva innegabilmente alcune analogie. Fiordiligi esprime i propri veri sentimenti, sentimenti che consistono da un lato nel desiderio d’esser fedele a Guglielmo e dall’altro nella (umana) difficoltà di resistere all’albanese (che come è noto è Ferrando, il fidanzato della sorella, travestito). Fiordiligi, in questo frangente, rifiuta la vanitas in nome di una costanza immune dal mutamento degli affetti.
Anche Leonore è in uno stato di confusione; ma, libera da ogni preoccupazione terrena, supera tale confusione del suo stato d’animo per consacrarsi al marito evocando così quel senso di immutabilità che è racchiuso nell’idea di fedeltà. Costanza, fedeltà: concetti che sia nel rondò che nell’aria vengono rappresentati o per meglio dire evocati dai corni.
Sono infatti i corni a simboleggiare il sentimento della costanza tout court con la quale dialogano e trovano sostegno Fiordiligi e Leonore. In entrambe le arie si sviluppa un vero e proprio dialogo (all’ascolto lo si rileva facilmente) tra la voce e i fiati dominati appunto dai corni. Corni che, essendo originariamente legati alla caccia, rappresentano la natura. Ma non la natura come la intenderà tra non molto il romanticismo (lontananza, nostalgia, rumori della foresta se non addirittura manifestamente segnali di caccia), bensì come universo oggettivo assoluto, contrapposto all’individuo. Fiordiligi (così come Leonore) in ultima analisi dialoga con quella dimensione diversa ma immutabile allo stesso tempo che si identifica con l’immagine pura dell’amato creandosi così il pathos dolente ed eroico della scena, come se la voce e i fiati in ensemble si staccassero dal suolo e trasportassero – nel caso del rondò mozartiano per un momento – l’immagine dell’amato e l’amore di Fiordiligi nel firmamento celeste. Ciò accade anche nell’aria beethoveniana, ma in maniera molto più chiara e manifesta.
"Il fatto che dopo questa aria Fiordiligi – come scrive Stefan Kunze (Il teatro di Mozart, Marsilio, pag.630) – ceda lo stesso alla tentazione, alla sua inclinazione momentanea, che nella sfera terrena ella non riesca a restar fedele a quella dimensione spirituale che pure è in lei, conferisce all’opera una sfumatura tragica. Invece alla Leonore di Beethoven, che fin dall’inizio ha creduto fermamente nella propria natura spirituale", la liberazione di Florestano (che è il suo scopo terreno) riesce nella realtà esistenziale simboleggiata dall’intreccio del Fidelio. Per chiarire: la caduta in tentazione di Fiordiligi equivarrebbe pertanto al fallimento della liberazione dal carcere di Florestano. Il fatto che Fiordiligi nel prosieguo dell’opera perda questa sfida (salvo poi ricomporsi le conseguenze nella conciliazione conclusiva) e Leonore la vinca testimonia la grossissima differenza di vedute tra Mozart e Beethoven; il primo realista, che vede la realtà come essa veramente è, il secondo idealista che la vede come essa dovrebbe essere.
Appare allora chiaro come alla fine l’avventura di costanza e fedeltà di Leonore giunga a compimento in maniera assolutamente lineare, laddove quella di Fiordiligi in maniera contorta (come sono contorte le vicende umane) mantenendo (o meglio non perdendo nel caso di Fiordiligi) l’aura di eroica e solitaria grandezza che queste due arie hanno conferito alle due protagoniste.

 
 
 

Per favore, siamo in difficoltà....

Post n°110 pubblicato il 27 Ottobre 2007 da Sparwasser

A TUTTE LE AUTO:
… Amico,
quest’anno a Milano si è sofferto in luglio e agosto a causa di una
insopportabile calura che probabilmente è causa del significativo
calo di donazioni presso la Sede AVIS di Lambrate. In qualche
ospedale si è manifestata criticità per l’intensa attività chirurgica
che ha richiesto numeri significativi di emocomponenti trasfusi.
Periodicamente ritornano queste difficoltà in città, il motivo è
semplice: a Milano ci sono molti ospedali con tantissimi posti letto;
negli ospedali cittadini si concentrano le cure di malattie importanti;
il numero di donatori in città è notevolmente inferiore rispetto al
fabbisogno.
Per essere concreti alla città mancano almeno 50 donatori al giorno.
Fortunatamente l’intera Lombardia aiuta Milano mettendo a
disposizione le circa 40.000 unità che le mancano, salvo, come
detto, i periodi di particolare necessità.
Non è neanche così semplice prevedere e procurarsi periodicamente le unità necessarie, i gruppi
sanguigni richiesti, il tipo di emocomponenti (plasma, piastrine, globuli rossi).
Allora come fare?
Un solo comportamento aiuterà tutti noi a garantire tranquillità e migliore qualità di curadell’ammalato: PRENDERE LA DECISIONE DI CANDIDARSI PER LA DONAZIONE, OGGI
Si manterrà l’impegno per una solidarietà reciproca. Si concorrerà alla vita di un malato, si tutelerà al meglio la propria salute.
Non esiste un’opportunità migliore: aiutare gli altri e aiutare se stessi, migliorare la salute dell’altro e contemporaneamente la propria, donare senza privarsi di nulla se non per un breve lasso di tempo.
L’Assessore al Comune di Milano intende sostenere il progetto di individuare i 50 nuovi donatori al giorno, AVIS chiede ai propri donatori di collaborare inviando questa lettera a tutta la mailing list di Amici e conoscenti perché l’obiettivo possa essere raggiunto.
Chi può donare Dove donare
Chiunque in buona salute dai 18 ai 65 anni di età
di peso non inferiore a 50 kg. Non aver assunto farmaci nei giorni
immediatamente precedent
i.
Avis Comunale Milano
(Zona Lambrate)
Via Bassini 26
Tel. 0270 635 020, www.avismi.it
Da Lunedì a Sabato:
dalle 7,30 alle 13,30
Domenica:
dalle 8,00 alle 12,00
Giovedì Pomeriggio:
dalle 17,30 alle 19,30
su prenotazione
Ospedale Niguarda P.zza Ospedale Maggiore, 3 (Padiglione Carati)
Tel. 0264 443 037 Da Lunedì a Venerdì:
dalle 8,30 alle 11,30
Centro Avis Murialdo (Lorenteggio)
Via Murialdo, 9
Tel. 0241 585 70
Venerdì, Sabato e Domenica:
dalle 8,30 alle 11,30 (donazioni trad.)

grazie

 
 
 

Il questionario (liberamente ispirato al famoso gioco di Marcel Proust)

Post n°109 pubblicato il 23 Ottobre 2007 da Sparwasser

Lo fanno i vip sui giornali, non vedo perché non mi debba divertire a farlo IO sul MIO Blog.
Il tratto principale del tuo carattere?
La stupidità (azz…cominciamo bene)
La qualità che preferisci in un uomo?
La lealtà
E in una donna?
La sensibilità
Quel che apprezzi negli amici?
La condivisione (di momenti, valori, affetti).
Il tuo principale difetto?
Troppi…
La tua occupazione preferita?
Leggere e ascoltare musica.
Il tuo sogno di felicità?
Una famiglia, Alvise e Tallulah che corrono in un prato.
L’ultima volta che hai pianto?
Arriverà..
L’incontro che ti ha cambiato la vita?
Non c’è mai stato.
Il giorno in cui sei stato più felice?
Mercoledì 7 agosto 1996
E il più infelice?
Arriverà..
La tua paura maggiore?
Di non riuscire a venirne fuori.
Cosa possiedi di più caro?
Una poesia di Rainer Maria Rilke appesa in ufficio
Quel che avresti voluto essere?
Un musicista
La città in cui vorresti vivere?
Verona
Il colore preferito?
Rosso granata
L’animale preferito?
Il lupo
Autori preferiti in prosa ?
Celine, Albert Cohen e Saroyan
Poeti preferiti?
Rilke (ma non amo tanto i poeti in genere)
Il libro preferito?
"La Commedia Umana" di Saroyan (nonostante tutto)
I tuoi eroi della finzione?
Paperino e Goldrake
Pittore preferito?
Mia zia Rita
Il film più amato?
Daubailo’ ,"Ora e per sempre", Quadrophenia, I love radio rock
Attori preferiti?
Totò
La canzone che canti sotto la doccia?
Le canzoni delle Brigate /= Gialloblu
La bibita preferita?
Vino
Il piatto preferito?
Le cotolette
Cosa cambieresti nel tuo fisico?
Non è il fisico che cambierei…
Il tuo eroe nella storia?
Fulvio Testi
Quel che detesti di più?
La doppiezza
Il dono di natura che vorresti avere?
L’abilità nei piccoli lavori pratici.
Come vorresti morire?
Come Isotta nel Tristan und Isolde wagneriano:
"In dem wogenden Schwall,
in dem tönenden Schall,
in des Weltatems
wehendem All, -
ertrinken,
versinken, -
unbewusst, -
höchste Lust!"
(traduco:
Nell’ondeggiante oceano
Nell’armonia sonora,
del respiro del mondo
nell’alitante Tutto….
Naufragare,
affondare….
Inconsapevolmente…
Suprema letizia!)
Stato d’animo attuale?
Tranquillo
Le colpe verso le quali sei indulgente?
Quelle fatte per il bene altrui e per il bene comune più in generale.
Il tuo motto?
Ex igne fax ardet nova

 
 
 

Post N° 108

Post n°108 pubblicato il 23 Ottobre 2007 da Sparwasser

L'inutil precauzione

 
 
 

Post N° 107

Post n°107 pubblicato il 21 Ottobre 2007 da Sparwasser

Ascoltare i Led Zeppelin senza aver prima ascoltato i Jethro Tull è come ascoltare i Nightwish senza aver prima ascoltato gli Stratovarius.

 
 
 

Gente di mare - 2

Post n°106 pubblicato il 18 Ottobre 2007 da Sparwasser

Ecco un punto di vista. La canzone è bellissima e suscita, in me, mai sopiti e incantevoli ricordi. Universität Mainz, 1995. Una sera, una chitarra e..

 

Le ragazze di Firenze vanno al mare
le ragazze di Firenze vanno all'amore
le ragazze di Milano han' passo di pianura
che è bello da vedere
che è bello da incontrare
in questi posti davanti al mare
con questi cieli sopra il mare
quando il vento riscalda a suo tempo
il mare.

Le ragazze di Torino han' smesso di lavorare
alle sette hanno smesso di lavorare
e anche il treno da Torino è un treno di pianura
però dovrà arrivare
però dovrà arrivare
in questi posti davanti al mare
con questi cieli sopra il mare
fin da Pavia si pensa al mare
fin da Alessandria si sente il mare
dietro un curva improvvisamente
il mare.

E noi che siamo gente di Riviera
dove passano i cuori d'avventura
e noi non ci sappiamo perdonare
di non sapere ballare
sapendo troppo aspettare.

E noi non ci sappiamo vestire
e noi non ci sappiamo spogliare
e noi non ci sappiamo raccontare
quand'è il momento raccontare
nei bar davanti al mare
.

Le ragazze di Firenze vanno al mare
hanno tutte cuori da rivedere
le ragazze di Milano han' quel passo di pianura
che è bello da incontare
che è bello da ricordare
in questi posti davanti al mare
con questi cieli sopra
quando il vento raffredda a suo tempo
il mare.


 
 
 

UNIA

Post n°105 pubblicato il 16 Ottobre 2007 da Sparwasser

Abbiamo aspettato un bel po’ prima di recensirlo. Abbiamo preferito, prima, ascoltarlo in riva al mare (perché un disco dei Sonata Arctica non si può giudicare compiutamente se non si è provato ad ascoltarlo almeno una volta in riva al mare); abbiamo preferito ascoltarlo sullo stereo quello bello e potente in camera (perché un disco dei Sonata Arctica non si può giudicare compiutamente se non lo si ascolta almeno una volta sul mio Onkyo); abbiamo preferito ascoltarlo prima con le cuffie (perché un disco dei Sonata Arctica non lo si può giudicare bene se non si è provato ad ascoltarlo almeno una volta in cuffia); abbiamo preferito ascoltarlo in macchina a tutto volume (perché un disco dei Sonata Arctica non ti fa godere se non lo ascolti in macchina a tutto volume); l’abbiamo ascoltato al mattino presto appena svegliati; l’abbiamo ascoltato appena tornati – esausti – dal lavoro; l’abbiamo ascoltato prima di andare dormire; l’abbiamo anche ascoltato sull’onda di una grossa delusione sentimentale; abbiamo fatto tutto questo perché l’ultimo disco dei Sonata Arctica è effettivamente diverso dai precedenti e quindi andava ascoltato e riascoltato in tutti i modi possibili per poter dire poi: funziona o non funziona? Funziona, funziona. Bien sur, niente più doppia cassa alla "Winterheart’s Guild" un album talmente bello da non riuscire più ad ascoltarlo; niente più speed metal alla San Sebastian, ma bensì canzoni in mid time e sonorità oggettivamente più ostiche. Ma dopo un po’ di ascolti, se ne viene a capo e si apprezza il sound vagamente Linkin Park di "In black and white", track d’apertura e la più dura di tutto il disco (attenzione: la più dura , non la più metal); si apprezza decisamente "paid in Full" e soprattutto "For the sake of revenge" (che non c’entra niente con il precedente disco). Si finisce per emozionarsi davanti alla ingenuità dellsa melodia di "Under your Tree" (così semplice da essere uno dei primi refrain a rimanerti in testa usw). La seconda parte del disco è meno memorabile, quasi volesse preparci a meravigliarci con la track finale "Good enough is good enough", canzone dal sound musica da camera a nostro avviso davvero notevole (oltre che dolorosa se si sta attenti al testo, quasi una sorta di continuazione di quel capolavoro – ahinoi anche profetico – che fu "Shamandalie" nel precedente Reckoning Night ); una di quelle musiche che se la ascolti al cinema dentro un film d'essai non puoi fare a meno di domandarti chi abbia l’abbia composta e, sicuro, che trovi qualche galletto pseudo-intellettuale che in compagnia della propria ochetta figlia di papà gommata mini gonna e con un gap (anche di cervello) di due –tre lustri sentenzia,per farsi bello il buellone, "e’ Shubert! È chiaro che è Schubert! " (chiarissimo , sissignore, la trota !, Shubert!). Ebbene no, Toni Kakko aus Finnland, erede di Sibelius e poi dopo degli Stratovarius (dio li abbia sempre in gloria) e cugini primi dei Nightwish.
In definitiva: un disco che , a noi che li conosciamo da quando sono nati, che li abbiamo visti al Palalido quando , sconosciuti, facevano da apripista con "Ecliptica" a gruppi (allora) più celebri, ci ha un po’ spiazzato sul principio. In realtà di evoluzione del gruppo si tratta, e il disco resta comunque un signor disco. Che poi i precedenti siano da considerarsi migliori questo è affar di ciascuno. A noi non resta che consigliarne acquisto e ascolto in un panorama dove è davvero difficile trovare gente così brava; troppo brava da non poter trovare passaggi sulle varie MTV e radio cento pirla.

 
 
 
 
 

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2. "Causa caldo servizio lento" - (Cartello appeso a Verona, Osteria di Sottoriva, domenica 27 luglio 2003)
3. "Due parallele si incontrano quando oramai non gliene frega più niente" (Marcello Marchesi)
4. "Le pellicce, fuori. Il pelo folto assorbe le note dei flauti" (La Berliner Philarmoniker)
5. "Sarei disposto ad avere 37 e 2 per tutta la vita in cambio della seconda palla di servizio di Mc Enroe" (Beppe Viola)
6. "La Torre di Pisa: e se avesse ragione lei?" (Walter Valdi)
7. "La conversazione languiva, come sempre d'altronde quando si parla bene di qualcuno" (Laclos-Poli)
8. "Era un mondo adulto, si sbagliava da professionisti" (Paolo Conte)
9. "A 7 anni sapevo scrivere Borussia Mönchengladbach. Ma alla maestra non interessava." (Anonimo Forumista)

10. "In tutti i tentativi fatti per provare che 2+2 = 4 non si è tenuto conto della velocità del vento" (Raymond Queneau)
11. "Per formare una loggia bastano quattro amici al bar" (Antonio Binni, Capo della Gran Loggia d'Italia)
12. “Certo è deplorevole che gente che vive di sussidi tenga poi un cane” (Dichiarazione di un Responsabile della Previdenza Sociale della Contea di Värmland, Svezia)

 


 

 

 

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