Creato da nagel_a il 27/12/2008

la finestra

gli scenari dell'anima

 

La fucina

Post n°395 pubblicato il 16 Aprile 2011 da nagel_a


So di essere parziale. Ma saperlo non mi esime dall'esserlo.
C'è stato un tempo in cui ho creduto che la volontà bastasse a forgiarmi, decidendo cosa e chi farmi piacere.
E' stato il fallimento più completo. Lo stillicidio di una volontà annientata sul filo dei giorni, morso quotidiano alla polpa dell'essere.
Non mi convengono certi aspetti di me stessa, eppure quella stessa volontà non trova il tasto della commutabilità. La coscienza allora punta il dito, deridendo l'inutilità dello sforzo, la vanità del potere.
A livello teorico dispiego la mia massima tollerenza, magnanimità di arrogante timidezza e presuntuosa ritrosia; a livello pratico sono un'accorta costruttrice di dighe inarrivabili.

 

 
 
 

Nagel

Post n°394 pubblicato il 13 Aprile 2011 da nagel_a


Nagel. Angel. Angel_a.
Sono una delusione per i sagaci anagrammisti che frequentano di tanto in tanto questi lidi.
Sarò pur radiosa (d'altronde l'ironia è dote che saltuariamente allieta la mia mente) ma non sono un angelo. Ho anche un nome (se è vero che nel nome risiede il destino, anche il mio da qualche parte è iscritto), ma il mio nome non è Angela.

La "mia" Nagel risale a una sera di noia, una di quelle sere in cui si sfiderebbe ai dadi uno sconosciuto all'angolo della strada. Mi piaceva il suono tagliente, alla tedesca, Naghel, eppure addolcito da quella l sospesa alla fine. La a è stata un vezzo, lo ammetto.
E ora tolgo un velo (solo per aggiungerne altri s'intende): Nagel è un personaggio vero.
"Un certo Nagel" è precisamente il protagonista di un romanzo di Knut Hamsun dall'enigmatico titolo: Misteri.
Non è stato un libro fondante ai tempi in cui lo lessi (ma a questo potrei ovviare forse rileggendolo ora, a distanza di decenni)... ma la prefazione di Claudio Magris, mi è rimasta particolarmente impressa.

"... versione moderna e tragica dell'idillio anarchico-romantico del perdigiorno. [...] ... uno smanioso nevrastenico, tenerissimo e insieme brutale. Il mondo non concede spazio alla sua nostalgia ed egli reagisce con un'impotenza fragile e rabbiosa. L'anarchico dell'anima, scoperta la falsità dell'ideologia che lo circonda, respinge ogni ideologia sperando di trovare l'immediatezza della vita non guastata dalle idee [...]. Gli restano allora soltanto la sprezzante ribellone, la solitudine dei boschi, le intense ma insensate illusioni d'amore, le scarpe scalcagnate dal vagabondare, l'astiosa corazza di durezza verso le masse, il reazionarismo indossato come un abito. [...] non è un personaggio unitario bensì un groviglio di follia e di debolezza, un instabile aggregato di fasci nervosi, un io provvisorio e privo di netti e precisi confini, o meglio un inconscio allo stato brado."
(dalla prefazione di Claudio Magris al testo Misteri di Knut Hamsun)

A questo punto dovrei instaurare nessi o indicare somiglianze o evidenziare differenze. Ma come da ogni sottosuolo che si rispetti, la verità si dà nella distanza e le certezze sono appannaggio di chi sta altrove

P.s. tutto questo per dire: chiunque mi scriva in privato, non si vesta di un sorrisetto di superiorità, azzardando, con tranquilla sicumera un "Ciao Angela"... è stancante negare, fingere, mistificare, dire la verità... :)

 

 
 
 

Il sogno nero

Post n°393 pubblicato il 12 Aprile 2011 da nagel_a


Celo la trama perversa
di pensieri scarni
alla cruda luce
che l'alba distilla.
Lo straziante assolo
si è incarnato
tra le pieghe notturne
dell'io.
L'ala ombrosa del sogno
ha divelto cardini
e spalancato mondi sommersi.
Nel riflesso stanco del mattino
si annodano e confondono
gli sguardi febbrili.

 

 
 
 

Il potere

Post n°392 pubblicato il 08 Aprile 2011 da nagel_a


C'era una volta un re, che si annoiava entro i confini del suo regno. Ogni terra conquistata, ogni capriccio soddisfatto. Non bastava la rincorsa a mura sempre più ampie, la conquista di capelli setosi e pelli vellutate, il cibarsi di vini sontuosi e piatti prelibati. Ogni nuovo passo non era che temporanea e millimetrica pausa da un'arsura senza fine. A nulla valeva l'incanutirsi, mascherato, dei suoi capelli. Poco pareva colpirlo il contatto con la miseria e la degradazione. Sembrava il campione della stupida monoliticità: beotamente sornione, senza una crepa, senza un virgulto di dubbio, di coscienza o di dignità.
E mentre questo accadeva nel palazzo e nelle sue mille dependance (in attesa del dono dell'ubiquità), sulle strade del regno si elemosinava e ci si ammalava. Sulla salute e sulla povertà, sugli eterni esili e sulle necessità, cresceva la brama della speculazione e l'avidità del potere.

La vecchiaia non sempre porta saggezza. La coscienza non è dotazione comune a tutti gli umani. La dignità e l'orgoglio sono appendici sconosciute a molti.
Il potere resta al re anche quand'esso sia nudo.

[L'aver appreso del pisello non salva dalla notte insonne]

 

 
 
 

La malattia

Post n°391 pubblicato il 03 Aprile 2011 da nagel_a


Ho la malattia di una coscienza. Non una coscienza malata. Piuttosto una coscienza bizzarra e arbitraria. Soggetta a crisi di caparbietà conformista, cui reagisco con vergognosa (finta) noncuranza.
Poi ci sono le reazioni insospettabili, quelle che larvatamente procedono da limbi sconosciuti. Sono gli attacchi più infami e subdoli che la coscienza promuove contro le mie sponde. Decisamente vigliacchi, perchè mi colgono con la guardia abbassata.
La mia coscienza lo sa bene.
La posso quasi vedere, che sghignazza sopra il mio affanno, sopra le mie lacrime rabbiose che intubano quelle pietose, rubate a tradimento.
Sì. Perchè sono una snob e la mia coscienza è ben consapevole di questo mio vizio. Allora irride la mia pietà inconsueta e sulla piaga sparge il suo sale sprezzante.
Ah... sono certa che se mi accontentassi delle commozioni generali e condivise, potrei farla tacere di colpo, inducendola al suo lavoro senza subirne il ghigno di supponenza. Invece sono schiava di una sensibilità autoimmune, scudo a rovescio, che porta il mio re in scacco e, ben che vada, chiude la partita in stallo.

 

 
 
 

La paura

Post n°390 pubblicato il 29 Marzo 2011 da nagel_a


Leggo. E mi verrebbe di porti mille domande. Una richiesta per ogni parola scelta. Un dubbio per ogni aggettivo. Un perchè per ogni verbo e per ogni tempo.

Leggo. E so che tra quelle righe mi sfuggi, perchè io allora non esistevo. Non esistevo, ma tu già amavi e già soffrivi per amore. Eri già tu, anche senza di me.

E io, ogni giorno che passa, vedo la mia ribellione sconfitta, il mio sprezzante distacco sfaldarsi, vedo cedere i dalmine delle mie impalcature. Io che mi ossevo stupita e mi accontento incredula di nessuna risposta.

Ecco. Io non oso chiedere, non ho il coraggio di domandarti, per la paura di scoprire che l'esito del tuo viaggio non sono io.

 

 
 
 

L'orizzonte precluso

Post n°389 pubblicato il 25 Marzo 2011 da nagel_a


C'è una sconfitta che pesa, quando le parole sono inutili. Rimane solo la modulazione, ma il senso si svuota. Senza fiducia.

Le parole si accatastano lì, come legna d'estate. Un trasloco previsto per l'inverno e la legna marcirà, sotto il sole, sotto la pioggia, sotto il gelo. Inutilmente.

L'uomo impotente è quello che non viene ascoltato, che non viene creduto, la cui voce è puro canto, senza significato, senza valore.

Perdere consistenza. Gettare il discorso oltre il dirupo. Scambiare il segno. Che le vele siano bianche o nere, comunque precipiterà Egeo.

Ho sempre ricercato il capirsi oltre le parole, più comunemente partendo dall'attraverso le parole. Ma se le parole vengono mistificate, come mi si potrà conoscere davvero?

 

 
 
 

Lo schiaffo

Post n°388 pubblicato il 23 Marzo 2011 da nagel_a


I bambini devono avere doni speciali. Sono piccoli animali che istintivamente apprendono le regole ferree della sopravvivenza. Sanno indurire le ginocchia sotto le croste delle cadute.
Rimangono, da adulti, i segni inconsci delle cicatrici.

Devo essere stata fortunata da bimba. Non ho patito mai nulla. Nessuna ingiustizia. Nessuna mancanza. Eppure in qualche punto dei miei giorni, di cui ho perso memoria, devo aver intrapreso una strada. Una strada lineare pur nelle sue tortuosità e nelle sue imprevedibili svolte.
Ho fatto esercizio di astinenza.
Mi sono astenuta dalle ripercussioni di ogni evento che superasse una stabilita e ben guardata soglia. Mi sono rivestita dell'armatura dell'intangibilità.
Ho scordato la durezza dell'allenamento. I frutti sono stati congrui alla cura dell'innaffio.

Oggi non riesco più a piangere o dispiacermi per ciò che ho distaccato da me stessa.

 

 
 
 

la scala

Post n°387 pubblicato il 19 Marzo 2011 da nagel_a


La scala scese ondeggiando e si stagliò nitida, nel suo contorno di nastri rossi, contro la roccia scura e striata del dirupo. Sul fondo un paesaggio indistinto, sovrastato da una nebbiolina leggera, come riva ai piedi di una cascata, avvolta dal pulviscolo dorato del frangersi dell'onda nel sole.

Posai il piede sul primo gradino, lo sguardo fisso in alto, oltre il ciglio, al cenno di assenso dell'uomo dagli occhi a mandorla. Poi uno dopo l'altro, declinando la discesa, una sinfonia lenta che non chiedeva fine, ma si chiudeva concentrica su ogni tasto.

Infine toccai terra e le mie mani lasciarono il rifugio sicuro del nastro rosso che legava assieme i pioli. Solo allora l'uomo dagli occhi a mandorla prese a scendere a sua volta lungo la stessa parete, legato con una fune fissata alla roccia da chiodi d'acciaio. Man mano che si calava, raccoglieva la scala, piegandola ordinatamente su se stessa.

Giungemmo così dentro la nebbia dorata e vidi solo allora la presenza di un villaggio. Un insieme di costruzioni in legno, dove il dentro si mescolava al fuori, tra graticci e impagliati che lasciavano filtrare quella luminosità dalla consistenza quasi tattile.
Il mio stupore era assoluto per quel mondo invisibile dall'alto, tanto inerme eppure imprendibile nel ribaltamento di ogni ottica militare. La leggerezza di ciò che è profondo.

La mia guida, dal passo rapido e dal prezioso silenzio, mi condusse ad una sorta di spazio comune ricavato al centro del villaggio, coperto da un tetto che era riparo ma allo stesso tempo cornice al cielo lontano. Ci sedemmo. Mi chiedevo quale sarebbe stata l'ambrosia e in quali calici l'avremmo gustata. Tutto mi sembrava di una bellezza tanto imprevedibile da farmi scordare lo scopo del viaggio. Come fiore di loto inebriava la mia mente prima ancora che i miei occhi.

Finchè la luce cambiò e nell'aria si delineò un arcobaleno.

 

 
 
 

Il distruttore di ponti

Post n°386 pubblicato il 15 Marzo 2011 da nagel_a


Sono un soldato senza esercito. Obbedisco a leggi non scritte di cui si è persa memoria. Gli uomini hanno labili memorie. Il mio cuore invece è saldo come la roccia, levigato dalla pioggia del tempo, di nocciolo inscalfibile e lucente. Non hanno pensieri le pietre, ma sanno obbedire alle leggi. A volte gli uomini scrivono le loro leggi sulle pietre. Poi le seppelliscono e le dimenticano.

A me basta, la sera, sedermi a un tavolo pulito, alla luce limpida di una candela e avere il mio piatto fumante e il mio bicchiere fresco. Sono elementari i miei bisogni. La mia mente si concentra sull'essenziale. L'essenziale è il mio mestiere. Il mio mestiere sono i ponti.

Distruggo ponti, su fiumi inesistenti. Ponti costruiti e poi abbandonati. Mai usati. Ci vuole perizia nel mio lavoro. E' un'arte raffinata la mia, che salvaguarda le rive e affonda i detriti sotto le pieghe verdi dell'acqua. Io preservo ciò che era prima che l'uomo avventatamente unisse. Solo Dio può unire ciò che è separato, ma non so di ponti divini.

Sono un soldato dall'onore immacolato. Rispettato. Mi chiamano a correggere errori. Mi chiamano a distruggere i ponti che non dovevano essere costruiti.

 

 
 
 

Il multiverso

Post n°385 pubblicato il 09 Marzo 2011 da nagel_a


Da piccola e fino agli albori di quel rigore estremo che permea ogni idea dell'adolescenza, ho vissuto una sorta di fiducioso, spontaneo e autodidatta abbandono in una fede del tutto personale, e probabilmente per nulla ortodossa.
Il mio Dio era uno spirito diffuso che viveva in ogni manifestazione naturale e nei gesti degli uomini. Cantava melodie sommerse, il cui afflato vibrava tra i fili d'erba e tra le guglie delle chiese. Una specie di panteismo naif.
Poi tutto è cessato, in un rigurgito ribelle, forse nella presunzione di una ragione che giustifica anche l'insondabile, più probabilmente nelle domande inevase e nel ricercare solo ciò che mi cerca (e non ho prove che (un) Dio mi abbia mai cercata).
Ora credo che divina sia la meravigliosità dell'universo, la sua potenza che si dispiega nell'infinita gamma relativa di infiniti mondi possibili. Questa ricchezza, indescrivibile, mi toglie il fiato: la trovo così intensamente affascinante da stordire sensi e ragione.

"Abbiamo degli universi che si espandono e si contraggono, universi oscillanti; universi caotici; universi che hanno un inizio e una fine e universi che non hanno nè l'uno nè l'altra"
(John D. Barrow, Uno, dieci, mille universi - articolo su La Repubblica 09.03.2011)

... basterebbe guardare le stelle e pensare che abitiamo in mezzo ad esse...

 

 
 
 

L'esperimento

Post n°384 pubblicato il 02 Marzo 2011 da nagel_a


Mi è giunta una mail. Riportava una poesia. Una poesia commovente se non bella, scritta, secondo quanto riportato, da una fanciulla adolescente, malata terminale di cancro. Le parole rinviavano alla preziosità e fragilità della vita, in una sorta di convincente invito ad abitare pienamente ogni attimo concesso e strappato al nulla.
Ammetto di essermi commossa, aggiungendo l'ennesima imprecazione al bagaglio del nonègiusto/comefaundiosesisteapermettereciò...

Poi, per uno scrupolo, per trovare forse una notizia positiva, ho cercato su internet notizie relative, per scoprire con una certa amarezza che si trattava di un "falso". Sembra addirittura fosse l'esperimento di uno psicologo.
Ci sono rimasta male. Mi sono chiesta l'utilità di questa cosa: non si chiedevano soldi, ma la solidarietà e la comprensione di un ultimo desiderio: far circolare la poesia tramite mail. Prima di scoprirne l'infondatezza, avevo anche pensato di metterla in un post per darle risalto...
Mi chiedo che senso abbia fingere un evento che ha fin troppi riscontri nella realtà. Come se non bastasse lo sfregio di vite umane di cui raccontano i giornali ogni giorno, appello luttuoso di vite disprezzate da malattie senza perchè o da guerre dai perchè fin troppo banali.
Non basta lo sfregio che accade realmente... lo si mima pure virtualmente.

 

 
 
 

Il surrogato

Post n°383 pubblicato il 28 Febbraio 2011 da nagel_a


Faccio cose senza senso. Vorrei aver imparato a suonare uno strumento quando imparare era ancora facile. Mente e dita ancora duttili al nuovo. Uno strumento... molto più utile della penna e delle regole di grammatica che ormai sono più istinto che consapevolezza.
Se sapessi suonare forse riuscirei a dire.
Intanto sto qui, accoccolata nell'angolo del divano, rannicchiata nel mio pigiama da uomo troppo grande... chè qualcosa "da uomo" sulla pelle scalda... e mi crogiolo, con una tazza fumante in mano, nella scrittura carezzevole e stupefacente di quest'uomo che deve certo esser stato un folle!... un geniale fantastico folle...

"... - mentre facevamo colazione e dalla borraccia di cuoio d'un limone spremevamo qualche goccia d'oro su due sogliole che ben presto lasciarono nei nostri piatti il pennacchio delle loro lische, arricciato come una piuma e sonoro come una cetra - ..."
(M. Proust, Alla ricerca del tempo perduto)

... due semplici lische... 

 

 
 
 

Trabocca

Post n°382 pubblicato il 25 Febbraio 2011 da nagel_a


Vi sono giorni di energia che scorre inarrestabile, di piena che travolge argini e misura. Una superba e sfacciata insolenza riveste ogni sguardo, sfrontatezza e impudenza in ogni gesto. Una vitalità che esuberante scalpita e sfida l'azzurro e il sole. Come una gioiosità liquida che riversa in ogni poro un barlume di immortalità, di divina inaccessibilità. Sono giorni in cui si oserebbe ogni impresa, ogni denudamento, certi della propria coraggiosa riuscita, della propria celestiale bellezza.
Uomini a immagine di dei, siamo così belli e splendidi, meccanismi di stupefacente funzionalità... se solo non fossimo così fragili e così stupidi... se solo riuscissimo a dedicarci a quell'unica distruzione necessaria per creare, tanto distante dalla banalità e dalla gratuità di ogni male.
... è così preziosa la vita quando ci si sente divini come in certi giorni... una vertigine che inebria.

 

 
 
 

Di grano e sole

Post n°381 pubblicato il 23 Febbraio 2011 da nagel_a


Si perdono a vista d'occhio le distese di grano di questa parte della campagna. Ovunque si allunghi lo sguardo, non vi è che il palpitare serico delle spighe ondeggianti al più leggero soffio di vento. Hanno raggiunto la maturità piena che infonde loro quella parvenza d'oro liquido, che nei romanzi scalda la consistenza dei biondi capelli dell'eroina di turno, quando se ne fa similitudine. Non ci sono corvi a immalinconire il cielo denso che vi si adagia e nessun carro azzurro ne spezza l'omogeneità di mare color topazio. Un infinito naufragio tra grembo e farina.

Sulla stradina polverosa, lambita dal fremito sussurrante delle spighe, avanzava un fanciullo dal volto serio e intento. Tra le mani una sottile verga di salice che ad ogni passo faceva sibilare nell'aria, come a marcare un movimento, come a dar l'avvio di marcia a una qualche misteriosa e invisibile orchestra. Un lieve accenno del capo concedeva l'assenso soddisfatto all'astratta esecuzione. Piccolo Pan che tende l'orecchio al melodiare delle canne nel vento.

[Certe visioni non raccontano storie, raccontano solo immagini. Lasciate lì, incastonate, concluse. Senza prologo, senza epilogo. Solo un frammento nell'inconcludenza dei mille sogni d'una notte. Eppure la loro immagine permane e rilascia i suoi incantamenti in chi l'ha vista.]

 

 
 
 

La tela marina

Post n°380 pubblicato il 20 Febbraio 2011 da nagel_a


C'è stato un viaggio. Lasciata Itaca "che guarda verso il crepuscolo", scelta una nave veloce e tese le vele, Penelope rincorreva Odisseo interrogando il mare, scrutando l'orizzonte e ogni scoglio battuto dall'onda.
Ma il mare è immenso, grande il doppio quando lo si percorre in due, cercandosi. Senza risposte, tomba di ogni domanda, che rimane inevasa.
Ha disfatto la sua tela Penelope, navigando sui crinali di spuma salina. Divisa in molteplici fili, bussole per labirinti, alghe nel becco dei gabbiani.

Di nuovo li miete Penelope. Dall'intreccio dei fili di mille Arianna, tesse la tela, lenzuolo nuziale per il suo talamo solitario, sudario per il suo amore deserto.

E' muto l'oceano. Imbavagliato dalla trama fitta dei fili infiniti che s'incrociano a Nasso.

 

 
 
 

Come di mosca sul vetro

Post n°379 pubblicato il 19 Febbraio 2011 da nagel_a


Tento la fuga da un fastidio indolente, con radici celate e fonde.
Inseguo il trucco del fare, inventando una successione di minuscole occasioni a colmare gli istanti. Per costruire una meccanica, automatismo in cui spegnere ogni pensiero che non sia coordinazione. Per dismettere ogni proposito molesto.
Come precludere l'udito al ronzio della mosca sul vetro.
Conto i tentativi e i loro stanchi naufragi.

... intanto fischia l'uccellino di Michael Graves.

 

 
 
 

L'abdicazione e il nuovo regno

Post n°378 pubblicato il 16 Febbraio 2011 da nagel_a


"Sognavo crociate, viaggi e scoperte di cui mancano relazioni, repubbliche senza storia, guerre di religione represse, rivoluzioni di costume, spostamenti di razze e di continenti: credevo a tutti gli incantesimi. [...] Scrivevo silenzi, notti, notavo l'inesprimibile. Fissavo vertigini."
(A. Rimbaud, Una stagione all'inferno)

Ogni uomo riceve in dotazione un regno dalla sua infanzia. Un mondo dischiuso alla meraviglia del suo stupore attraverso la trasfigurazione concessa ai suoi occhi. Questo regno si snoda e si evolve nel corso degli anni, prospera o si accartoccia e avvizzisce, defraudato dalla linfa che lo anima.
Una sola è la colpa grave che ne sancisce la morte: la macchia di tradimento. Perchè abbandonare la fede in quel regno, è disconoscere se stessi. E' dimenticare gli accessi remoti alle radici del proprio essere.
A volte capita di abdicare, coscientemente o meno, alla propria regalità. Sminuendo la corona che ci cingeva cuore e mente. Chiamiamo l'amputazione con il nome maturo e ponderato di passaggio oltre la linea d'ombra. Questo passaggio è la messa in atto della pena capitale per alto tradimento.
Eppure può succedere, inavvertitamente e spesso immeritatamente, che la pena sia eseguita da un boia malaccorto (noi stessi). E che un refolo di quella vita, uno scorcio sull'estensione di quel regno, rimanga sopito e in attesa.
Ecco che allora un nulla, il transito inquieto sulle onde di un lago, un tratto di matita su pagine dimenticate, rispolvera il palazzo abbandonato e riaccende le luci di canti e balli e il latrato dei cani pronti alla caccia. E si ritrova la strada per quel mondo lasciato per tempo nella formalina, per quel regnare a lungo anestetizzato.

Il re spesso concede la grazia.

 

 
 
 

La passione della perfezione

Post n°377 pubblicato il 09 Febbraio 2011 da nagel_a


Vi è un istinto in talune persone che vincola gli esiti di una vita intera.
E' un'inquietudine segreta che scorre assieme al sangue. E' la facoltà di immaginare la forma ideale di ogni pensiero e di ogni azione e il ricercare insensatamente e vanamente di realizzare tale perfetta idea.
Non credo esista frustrazione più grande della consapevolezza piena e beffarda della propria inadeguatezza a raggiungere il modello immaginato e prefigurato.
Come miraggio d'oasi al carovaniere disperato di sete.
In quest'ansia che stringe assedio implacabile ai piedi di ogni attività intrapresa, si annida inoltre una cinica predisposizione alla speranza. Tale predisposizione induce, ogni volta come fosse la prima, a credere possibile il raggiungimento dell'idea, alienando temporaneamente il ricordo delle disillusioni passate, che piomberanno invece come strigi a dilaniare per il nuovo fallimento.

 

Dio creò l’uomo a sua immagine,

a immagine di Dio lo creò,

maschio e femmina li creò
(Genesi 1,27)


 
 
 

la farfalla

Post n°376 pubblicato il 07 Febbraio 2011 da nagel_a


Un sorriso che impregna la carne e delinea appena le labbra, fondendo in oro brunito le sbarre infinite della mia libertà. Dondola altera un'altalena sguarnita, memoria di piume e volteggi. Osservo da una distanza siderale la costrizione del vuoto e i paletti dismessi del comesideve.
S'incurva sopra il mio capo la volta dei fili e l'anello. In quel cerchio si scioglie l'assedio e rimane avvinto e sicuro l'impasto morbido della mia pelle.

 

 
 
 

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IL REGNO DEL SENSO PROFONDO

"Oltre alla realtà empirica e banale c'era l'ambito dell'immaginazione, costituito da quello stesso mondo percepibile grazie alla vista, al tatto e all'odorato, ma con in più le schiere infinite degli spiriti e delle ombre. [...] Allora non mi capacitavo del fatto che la maggioranza assoluta dell'umanità appartiene al regno del senso profondo non in virtù del proprio sapere - dono assai raro -  bensì della vita, della raggiante, viva sostanza, e che, dunque, accusarli di ignoranza era sciocco e assurdo. Invece di interrogatori, inquisizioni e tormenti, avrei dovuto osservarli e comprenderli. Osservarli con tenerezza e comprenderli con intelligenza"
A. Zagajewski - Due città

 

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