Creato da uncuoremonastico il 28/06/2011

Un cuore monastico

piccola via al Monachesimo interiorizzato

 

 

Inno Phos hilaron (Luce gioiosa)

Post n°29 pubblicato il 01 Luglio 2012 da uncuoremonastico
 

Inno antichissimo cantato ancor oggi nel Lucernario vesperale della Chiesa Ortodossa. Gli studiosi lo fanno risalire al I sec. d.C.. Originalmente veniva cantato dalla Chiesa dell'antica Roma, quando la sua liturgia era ancora in lingua greca. La prima documentazione sulla consuetudine di cantare tale inno, viene riportata da Basilio di Cesarea nella sua opera De Spiritu Sancto, 29, 73. Siamo attorno all'anno 375

Φῶς ἱλαρüν ἁγßας δüξης, ἀθανÜτου Πατρüς, οὐρανßου, ἁγßου, μÜκαρος, Ἰησοῦ ΧριστÝ, ἐλθüντες ἐπὶ τὴν ἡλßου δýσιν, ἰδüντες φῶς ἑσπερινüν, ὑμνοῦμεν ΠατÝρα, Υἱüν, καὶ ἅγιον Πνεῦμα, Θεόν. Ἄξιüν σε ἐν πᾶσι καιροῖς, ὑμνεῖσθαι φωναῖς αἰσίαις, Υἱὲ Θεοῦ, ζωὴν ὁ διδούς· διὸ ὁ κόσμος σε δοξάζει.

Luce gioiosa di gloria santa del Padre celeste immortale santo, beato, Gesu Cristo. Giunti al tramonto del sole, nel veder la luce della sera, cantiamo il Padre, il Figlio e lo Santo Spirito di Dio. Sei degno d'esser cantato in ogni momento con voci sante, Figlio di Dio, tu che dai la vita. Per questo il mondo ti glorifica!

(versione moderna di David Crowder Band - Phos Hilaron)

Hail gladdening light, of Your pure glory poured
Who is the immortal Father, heavenly, blest
O Holiest of Holies, Jesus Christ our Lord

And now we've come to the sun's hour of rest
The lights of evening round us shine
We hymn the Father, Son, Spirit divine

Worthiest art thou at all times to be sung
O with undefiled tongue
Son of our God, giver of life, alone
Son of our God, giver of life, alone
Son of our God, giver of life, alone

Therefore in all the world
Thy glories, Lord, thine own

 
 
 

Il Sìmandron: il richiamo alla preghiera

Post n°28 pubblicato il 01 Luglio 2012 da uncuoremonastico
 

Il Sìmandron: il richiamo alla preghiera

"Era ancora notte quando fui svegliato dal suono del sìmandron, un’asse di legno che il Monaco dell’Athos batte con un martello attorno al Katholikòn, la Chiesa che si erge al centro di ogni Monastero della Santa Montagna. E’ il richiamo alla Agripnia, la Veglia notturna che si prolunga per circa dieci ore fino all’alba" (Pellegrinaggio al Monte Athos)

Fu solo nel 1842 che gli abitanti di Gerusalemme sentirono il suono delle campane. Fino ad allora infatti, e dai tempi di Saladino nel 12° secolo, i musulmani vietarono ai cristiani di costruire nuove chiese e di suonare le campane.

Al posto delle campane per chiamare i fedeli alla preghiera le chiese e i monasteri usavano un altro strumento, sìmandron (greco: σήμαντρον anche semanterion σημαντήριον o simandro; chiamato anche xylon ξύλον; rumeno: toacă; russo: било, bilo, bulgaro e macedone: клепало, klepalo; in arabo: nakus), composto da un martelletto di legno o di metallo con cui si batteva su una tavola di legno legata con catene al soffitto.

Il sìmandron era permesso dai musulmani, perchè la tradizione racconta che serviva a Noè per chiamare gli operai al lavoro per la costruzione dell'arca. Il sìmandron è in uso ancora oggi, insieme alle campane ovviamente.

Lo si può vedere facilmente, per esempio, nei monasteri greci, sia ortodossi sia cattolici, dove chiama ogni giorno i monaci alla preghiera e alla mensa.

 
 
 

La Paternità Spirituale

Post n°27 pubblicato il 01 Luglio 2012 da uncuoremonastico
 

La Paternità Spirituale

L’Istruzione sul padre spirituale di Nazario di Valaam, starec del monastero di Sarov dal 1804 alla morte (1809), ci illustra bene le caratteristiche del rapporto tra starec e discepolo e come avveniva quotidianamente questa direzione spirituale: Consideralo come Cristo stesso: cadi in ginocchio, aprigli lo stato della tua anima, quale fu nel giorno che è trascorso. Esaminati in tutto ciò che hai fatto, e che cosa hai pensato di male (…). Sforzati di notare e scoprire i più sottili pensieri che oscurano la purezza della tua coscienza; se li ricordi con difficoltà, scrivi su un foglio di carta ciò che devi confessare. Dopo una confessione dettagliata e sincera, dopo aver ottenuto l’assoluzione e il perdono come da Dio stesso, e dopo aver baciato l’icona e la croce, prosternati sino a terra davanti al tuo padre spirituale e ritorna in camera tua in silenzio (…). Sii affezionato al tuo padre spirituale, e al tuo direttore di coscienza, cui devi confessare le tue azioni e i tuoi pensieri; riponi in loro una fiducia incrollabile e una venerazione tale che tu non li giudichi in niente e non ti turbi se altri li denigrano e li condannano. Se ti è sembrato che uno di loro si sia reso colpevole, non agitarti, non diminuire la tua fede in lui; rimprovera, quando è il caso, te stesso, e non lui. Dì nel tuo cuore questo: “Peccatore qual sono osservo il mio padre spirituale e lo giudico secondo la mia coscienza impura; ecco perché scopro difetti in lui”. In questo modo accusa te stesso, prega per lui presso il Signore senza interruzione, per la sua emendazione, se ha veramente commesso qualche mancanza.

“Salva, Signore, e abbi misericordia del mio padre spirituale, e per le sue sante preghiere perdona i miei peccati.”

 
 
 

CROCIFISSI CON CRISTO

Post n°26 pubblicato il 01 Luglio 2012 da uncuoremonastico
 

Crocifissi con Cristo

All'origine della vita monastica c'è la chiamata a una sequela esplicita e generosa del Cristo nel suo annientamento e nella sua passione. Nella spiritualità dell'antico monachesimo il tema della sequela-partecipazione alla vita di Cristo e, in particolare, di Cristo crocifisso, è centrale. Per i monaci il cammino che conduce alla Vita è quello angusto della Croce. Tutta l'intera vita del monaco viene considerata, in sostanza, come una comunione con Cristo nella sofferenza per raggiungere poi la comunione con lui nella vita: « la loro rinuncia non è altro che l'impronta della croce e della morte in se stessi », afferma Cassiano. La vita dei monaci è considerata una vita di « crocifissi ». Di Pacomio si dice che « sempre portava nella sua carne la croce di Cristo ». Da parte sua, Basilio asserisce che i monaci « portano nel corpo la morte di Gesù e, prendendo la propria croce, seguono Dio ». E nelle Regole ampie afferma che « la regola del cristianesimo consiste nell'imitazione di Cristo, nella misura (en to métro) dell'incarnazione ». La misura e la regola del cristianesimo è che ci si conformi pienamente all'incarnazione, cioè al mistero del Verbo per noi umiliato e fatto ubbidiente fino alla morte; che si diventi, in altre parole, così perfetti imitatori del Cristo da continuarne in noi il suo mistero personale.

Il desiderio di donarsi a Cristo si realizza nella ubbidienza e nella rinuncia di di sé. Ideale dei monaci era vivere non più secondo i propri desideri ed egoismi, ma secondo la volontà di Dio. Nei Detti dei padri del deserto, leggiamo che Iperecchio diceva: « la gloria del monaco è la ubbidienza. Chi la possiede sarà esaudito da Dio, e con franchezza starà di fronte al Crocifisso, perché il Signore crocifisso si fece ubbidiente fino alla morte ». Da parte sua, Cassiano afferma: « Così come colui che è crocifisso non ha più la possibilità di muovere le sue membra e di voltarsi verso dove vuole, così noi dobbiamo regolare la nostra volontà ed i nostri desideri non più secondo ciò che ci piace, ma secondo la legge del Signore, lì dove essa ci ha collocati ».

L'atteggiamento di rinuncia accresceva nei santi monaci il desiderio dei sacrifici, dei dolori e delle afflizioni. Essi infatti credevano che quanto più erano crocifissi con Cristo, tanto più sperimentavano la realtà dell'amore di Dio che, come dicevamo prima, era il grande scopo della vita del monaco. I monaci credevano che questo amore, che Cristo mostrò intensamente nella sua passione essi potevano sperimentarlo più profondamente quando soffrivano con lui. Volendo i monaci prendere su di sé la croce di Cristo e con essa abbracciare la realtà del suo amore, si sentivano più fortemente spinti a soffrire con lui (com-patire). Essi non volevano lasciare solo il Cristo nelle sue sofferenze. Quando nel giorno di Pasqua, Pacomio preparò per il suo maestro Palamone alcune erbe condite con olio, « questi dandosi colpi sulla fronte disse piangendo: "il Signore è stato crocifisso, ed io mangio cibi conditi con olio?" », e rifiutò il cibo offertogli.

 

Come rileva la Mortari (Vita e detti dei padri del deserto, Città Nuova, Roma 1975), nella spiritualità dei padri del deserto non c'è solo la scelta primaria e globale di essere conformi al Cristo nella sua sofferenza, e la convinzione che tale conformità si possa realizzare in grado massimo in una vita di sacrificio e di rinuncia; c'è anche una corrispondenza puntuale di contesti - talora evidente, tal 'altra più sottile - tra gli episodi evangelici e gli episodi della vita degli anziani asceti. Non a caso riguardo ai fratelli che chiedono se c'è salvezza in base alle loro opere, il santo asceta Pambone ripete il gesto compiuto una volta da Gesù, scrivendo in terra le loro azioni, come il Signore fece con i farisei, che gli avevano condotto la donna colta in adulterio. Del padre Daniele si dice che passò incolume attraverso dei barbari, come il Signore quando volevano ucciderlo, ma non era ancora giunta la sua ora (cf. Lc 4, 30). Come il Cristo « fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo » (Mt 4,1), così il monaco che si ritira nel deserto sa che sarà tormentato da un combattimento diretto e serrato con le potenze maligne... C'è quindi la consapevolezza che la sequela del Cristo conduce ad una intima partecipazione alla sorte stessa del Signore.

La partecipazione del monaco al dolore di Cristo Gesù si riallaccia al tema del lutto per i propri peccati, causa della morte in croce di Cristo: « il monaco - dice Poemen - deve avere sempre in sé il lutto per i suoi peccati. E san Giovanni Crisostomo rimprovera il monaco dissipato dicendo: « Tu ridi senza misura, e sei comunque un monaco? Tu che sei un crocifisso, uno che è in lutto? Dove hai visto che Cristo abbia fatto simile cosa? ». Questa spiritualità del lutto ha però nei padri del deserto una dimensione per così dire pasquale: questo lutto viene detto dai padri Charmopoiós, cioè operatore di gioia. Per esprimere la compresenza - che sfugge ai canoni razionali - della « Tristezza secondo Dio » (cf. 2 Cor 7, 10) e della gioia spirituale, i padri hanno coniato un termine intraducibile, la Charmolúpe. Giovanni Climaco scrive: « Chi cammina continuamente nel lutto secondo Dio, non cessa di far festa ogni giorno ». A scanso di equivoci, bisogna mettere in luce rutti gli elementi che integrano i diversi temi della spiritualità dell'antico monachesimo, troppo spesso giudicata unilateralmente.

Come dicevamo all'inizio, la sequela di Cristo è alimentata dalla certezza che attraverso la partecipazione alla croce di Gesù, il monaco ha parte anche alla Sua vita divina. La lotta, la fatica e le difficoltà sono il cammino naturale che conduce alla vita. « La croce è il principio della nostra vita », afferma Orsiesi, e poi aggiunge: « Dobbiamo sapere che senza le tribolazioni e le angosce, nessuno otterrà la vittoria».

Se in questo mondo sono possibili la pace e la gioia, si tratta sempre solo della pace e della gioia che derivano dalla speranza del Regno futuro e che ora sono raggiungibili soltanto attraverso l'accettazione della croce e della fatica. In fondo a questa concezione della vita ascetica c'è una certa relazione di opposizione tra il mondo attuale e il mondo futuro, che i monaci vedono come contrapposizione tra mondo o vita mondana e vita nuova in Cristo Gesù: allearsi con il mondo è un impedimento a compiere un autentica scelta per Cristo: « Rinunciare mondo dice Orsiesi - perché, perfetti, possiamo seguire Gesù perfetto ».

 

(liberamente tratto da: "Ritorno alle origini. Lineamenti di spiritualità dell'antico monachesimo" di Matiàs Augè)

 
 
 

MONACHESIMO DIOCESANO

Post n°25 pubblicato il 30 Giugno 2012 da uncuoremonastico
 

“Il monaco non è che un povero laico senza importanza”

Abba Orsiesi

Quando si parla di monachesimo generalmente si pensa ai vari ordini monastici: benedettino, certosino ecc.; senz’altro essi sono una parte fondamentale del fenomeno monastico: ma essi, per l’appunto, sono ordini monastici e non il monachesimo tout court. L’essenza di quest’ultimo, invece, prescinde dalle varie congregazioni e istituzioni religiose in cui è stato, particolarmente in occidente, incanalato. Se guardiamo alle sue origini orientali (ricordiamo che il monachesimo cristiano è nato in Egitto nel III secolo.), invece, troviamo che i monaci erano obbedienti e in comunione con i Vescovi delle Chiese locali alle quali appartenevano di fatto e di diritto. Il monachesimo non rivendicava una «spiritualità monastica» propria, ma aveva la coscienza di avere la spiritualità dell’intera Chiesa. Le grandi Sinodi ecumeniche (ad esempio, i canoni di Calcedonia, anno 451) lo avevano ribadito. Ancora la Regola di S. Benedetto accetta come normale la «sottomissione agli Ordinari dei luoghi».

Solo successivamente, in Occidente a partire dal IX secolo, i monasteri cominciarono a svincolarsi dalla gestione diretta delle Chiese locali e a raggrupparsi in ordini e congregazioni. Ma se si considera il monachesimo in sé, secondo i suoi principi costitutivi, il monaco emette i suoi voti nelle mani del Vescovo, poi del suo abate, al quale si vota con l’obbedienza totale. Questa era la prassi del monachesimo antico, ancora viva nelle Chiese d’Oriente, dove non esistono ordini monastici e i monaci seguono tutti la regola di S.Basilio (che era un Vescovo) e sono tutti parte integrante della loro Chiesa locale. Questo dato genuino della tradizione monastica si è voluto recuperare in Occidente a partire dal Concilio Vaticano II: un esempio è la costituzione dell’Ordo virginum, delle laiche consacrate sotto la diretta obbedienza del Vescovo. Esse sono un tipo embrionale di monachesimo diocesano, che deve tuttavia trovare ancora la sua piena attuazione, anche per il genere maschile. Mentre la nostra comunità, essendo anche di rito bizantino e rifacendosi alla regola di S.Basilio, ha trovato in questa la sua naturale via al monachesimo diocesano moderno.

I monaci diocesani debbono assicurare e offrire alla Diocesi un luogo permanente, di cui il Superiore è il Vescovo. Un luogo che sia clausura, quindi chiuso, dove si vive in silenzio, nel raccoglimento, nella preghiera continua, nello studio delle realtà spirituali. E sia insieme luogo aperto nel servizio agli ospiti discreti, capace di offrire un'assistenza sempre pronta alle esigenze e alle necessità del Popolo di Dio: ospitalità e accoglienza per pellegrini, ospiti e bisognosi, esercizi spirituali per clero e laici, settimane ed incontri biblici nei periodi forti e durante l’estate, campi scuola e settimane di discernimento per i giovani - così che la Diocesi abbia la sua stabile casa della spiritualità. Inoltre il monachesimo diocesano può farsi carico di una funzione che nella Chiesa è sempre preminente ed è molto urgente, ieri come oggi e come domani: la formazione spirituale permanente del clero e dei fedeli come pastorale permanente. A tal fine la Comunità monastica di Pulsano mette a disposizione la propria biblioteca e i propri spazi, ha cura di organizzare la lectio divina comunitaria settimanale (aperta a tutti), ed il corso annuale d’iconografia e di teologia dell’icona.

Ma la prima ed essenziale funzione dei monaci consacrati con il loro Vescovo e con tutto il popolo è di esercitare la «diaconia di Cristo» alla sua Chiesa. Per questo anzitutto conducono la vita severa, esemplare, soprattutto orante e contemplativa. Non che i monaci diocesani possano in qualche modo sostituire la preghiera e la contemplazione, che sono doni dell’Iniziazione cristiana per sé offerti a tutti i fedeli. Tuttavia, contro l’attivismo moderno centrifugo e disanimante, che non fa più ritrovare se stessi, i monaci diocesani accettando di essere il «punto zero», e quindi «il resto orante» tra gli uomini fratelli, accrescendo il Tesoro della Grazia divina a cui attinge l’intera Chiesa del cielo e della terra, vera koinônía tôn hagíôn, «comunione alle Realtà sante» che sono quelle dell’eucarestia, donata dallo Spirito Santo (2 Cor 13,13); e così svolgono la più che preziosa funzione e missione di essere nella totale umiltà la coscienza riflessa della vita orante e contemplante dell’intera Diocesi, e tale vita debbono sollecitare in silenzio, insegnare ed incrementare, affinché la Chiesa locale si avvii ad essere finalmente mistericamente completa.

(tratto dal sito: www.abbaziadipulsano.org)

 
 
 

AREA PERSONALE

 

CROCE DI SAN BENEDETTO

Croce di San Benedetto

Crux Sancti Patris Benedicti
Croce del Santo Padre Benedetto
Crux Sacra Sit Mihi Lux
La Santa Croce sia la mia luce,
Non Draco Sit Mihi Dux
Non sia il demonio mio condottiero
Vade Retro Satana
Fatti indietro, Satana
Numquam Suade Mibi Vana
Non mi attirare alle vanità,
Sunt Mala Quae Libas
Sono mali le tue bevande
Ipse Venena Bibas
Bevi tu stesso il tuo veleno.

 

MI DESCRIVO

mi descrivo

Sono un Cristiano Cattolico di Palermo, dopo aver intrapreso un Pellegrinaggio al Santo Monte Athos (Grecia) ho sentito una forte "chiamata" alla vita Monastica. Non potendo per adesso vivere questa mia "vocazione" in modo visibile, ho intrapreso con l'aiuto del mio Padre Spirituale (di Rito Greco-Bizantino) un cammino verso un "Monachesimo interiorizzato"; attingendo in modo particolare alla Tradizione Monastica della Chiesa Ortodossa e di quella Cattolica. Nell'attesa se Dio vorrà, di essere annoverato un giorno, nel numero del Grande ed Universale Ordine Monastico.

 

IL MIO PADRE SPIRITUALE

Il mio Padre Spirituale

"vivi come se la tua casa fosse un Monastero, la tua camera la cella monastica e l'obbedienza e il servizio a tua madre come all'Egumeno." (Papàs Luigi Lucini)

 

IL GRANDE ABITO ANGELICO

Il Grande Abito Angelico

"Per me, è una grande benedizione essere diventato Monaco".

“Questa nera ed onorata tonaca non la cambierei neppure con la porpora regale! Qui, sotto questa tonaca consunta, si nasconde un Dio” (Archimandrita Sofronio (1896-1993)

 

LA CROCE MONASTICA

La Croce Monastica

Interpretazioni delle iscrizioni:

Gesù Cristo Vince.

Venerato trofeo, terrore dei demoni.

Più espressiva delle parole, sorgente di lacrime.

Cristo ai cristiani si offre in grazia.

Dio santificò il legno della croce.

Lucifero è caduto, abbiamo trovato l'Eden.

La luce di Cristo risplende a tutti.

La forza del monaco.

Il luogo del Cranio (Golgota) è diventato il Paradiso.

 

IL PROTOTIPO DEL MONACO

Sta nei due mari a oriente e a occidente

In lui c' è il fuoco, in lui l'acqua;
la terra e il cielo sono in lui.
Egli è il sole che il mondo intero contempla,
la luce stessa, l'asceta dai lunghi capelli.

Cinti di vento, fango d'ocra è il loro vestito.
da quando gli dèi sono in loro penetrati
vanno seguendo le ali del vento
gli asceti del silenzio.

Inebriati, essi dicono, dalle nostre austerità,
i venti abbiamo soggiogato come destrieri.
E voi, comuni mortali, quaggiù,
non potete vedere oltre i nostri corpi.

Fra cielo e terra, librandosi nell'aria,
dall'alto egli mira la forma di ogni cosa
Si è fatto, l'asceta silenzioso,
amico e collaboratore di tutti gli dèi.

Cavalca i venti, compagno del loro soffio
dagli dèi inspirato.
Sta nei due mari
a Oriente e a Occidente, il silenzioso asceta.

L'orma segue di tutti gli spiriti,
delle ninfe e degli animali della foresta.
I pensieri loro conosce e, con l'estasi innalzato,
ne diviene dolce amico, l'asceta dai lunghi capelli.

Il vento ha preparato e mescolato per lui
una bevanda spremuta da Kunamnama (energia degli dèi)
Con Rundra (dea della morte) ha bevuto alla coppa del veleno,
l'asceta dal lunghi capelli.

(Inno del Rg-Veda X,136, ca. 1200 a.C.)

 

TAG

 

LA CORDA DA PREGHIERA

Alla vestizione di un monaco o di una monaca nella tradizione greca e russa, c'è l'abitudine di dargli una cordicella per la preghiera (komvoscoinion). Nella tradizione russa l'abate pronuncia le seguenti parole:

La Corda da Preghiera

"Prendi, o fratello (sorella), la spada dello Spirito, che è la parola di Dio, per la preghiera continua a Gesù, perchè tu devi sempre avere il nome del Signore Gesù nella mente, nel cuore e sulle tue labbra, dicendo continuamente: Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore."

 

SUPPLICA ECUMENICA

Supplica Ecumenica

Padre Santo, è giunta l'ora: glorifica il Figlio Tuo, Gesù Cristo nostro Signore, affinchè Egli glorifichi Te e tutto il mondo sappia che Egli è stato inviato da Te con ogni potere sugli uomini, perchè essi credano in Te, unico vero Dio, e tutti siano una cosa sola.

Come Tu e Lui siete una cosa sola; Tu in Lui e Lui in loro perché, consacrati alla verità e perfetti nell'unità, siano santificati nel tuo amore, ed abbiano la vita eterna. Amen.

 

BIBLIOGRAFIA

Come monaci nel mondo

Monachesimo nel mondo

Non siamo migliori

Il Monachesimo

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Maggio 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
    1 2 3 4 5
6 7 8 9 10 11 12
13 14 15 16 17 18 19
20 21 22 23 24 25 26
27 28 29 30 31    
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

ULTIME VISITE AL BLOG

Emunah66don.thomasarch.governalifrancesco.comandiniantcalisidonpaoloscapinblackaigleroberto_milanesioalodastudiomuroM_LUISA6600fiorenzaeliaavv.tallaricoblactranszeus.dv
 

ULTIMI COMMENTI

 

CONTATORE

 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 

CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963