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Post n°223 pubblicato il 30 Maggio 2011 da vaniapocket

The Wall Street Journal

Infierendo un duro colpo agli stereotipi, alcune recenti analisi hanno dimostrato che il rischio povertà è maggiore nel nord Italia piuttosto che nelle regioni del sud, da sempre tacciate di lentezza economica.

Nel considerare il costo della vita, due terzi delle province più povere d’Italia risultano essere in Nord Italia, secondo la ricerca pubblicata giovedì scorso da Sintesi, gruppo di esperti con sede a Venezia.

Città come Milano, Brescia e Como hanno in comune i più alti livelli di povertà, ha sottolineato Michele Bacco, tra gli autori della ricerca.

Circa il 20% dei cittadini di Brescia, spesso descritta come roccaforte di industriali e banchieri, ha un reddito al di sotto della soglia di povertà, a Milano sono il 17.5%.

La media nazionale è solo al 12.2%, e la maggior parte delle città di provincia con le percentuali più basse si trova nel Mezzogiorno, come viene chiamato il sud Italia.

Ad eccezione di una, tutte le 10 località con il più basso rischio di povertà si trovano al Sud.

I ricercatori di Sintesi ha seguito i medesimi parametri dell’Istat, l’Istituto di Ricerca Nazionale – secondo cui un nucleo familiare di due persone è considerato povero quando il suo potenziale d’acquisto risulta minore rispetto a quello medio nazionale – ma riadattandoli ai livelli di spesa locali anzichè nazionali.

Secondo Bacco, alti livelli di povertà indicano un più ampio numero di persone che guadagnano meno rispetto la media locale, maggiore in città come Milano, il cui reddito disponibile medio di 35.194 euro è il più alto del paese. A Milano, più di una persona su sei guadagna meno di 12.423 euro, la soglia locale di povertà.

I risultati offrono supporto ad un’eventuale riforma delle tasse in Italia, dove il Ministro dell’Economia Giulio Tremonti, con l’appoggio del partito pro-devolution della Lega Nord, sta tentando di far passare il “federalismo fiscale” così da variare le tasse e i livelli di reddito sulla base della produttività locale.

Le resistenze maggiori si sono avute soprattutto da parte dei politici che hanno un forte elettorato nel sud.

Secondo le ricerche dell’Istat, solo il 44% degli Italiani in età adulta lavora nel sud, contro il 65% del nord. E il prodotto interno pro capite è di un terzo inferiore nel sud.

Insieme alle scoperte della Sintesi che hanno sovvertito alcuni luoghi comuni, ai primi di maggio anche le ricerche della Svimez, gruppo organizzato dal governo per promuovere lo sviluppo economico nel sud, hanno rilevato una tendenza all’evasione fiscale molto più frequente nelle regioni del nord Italia.

Lo studio compiuto da Franca Mora ha scoperto che i cittadini del nord evadono circa il 19% delle tasse contro il 18% del sud.

Secondo la Mora, in questo caso il ribaltamento di un clichè nazionale è dovuto al fatto che “l’evasione fiscale è compiuta in piccole proporzioni da un maggior numero di persone nel sud, mentre un minor numero di cittadini del nord evade le tasse in proporzioni maggiori. L’evasione fiscale è perpetrata ai fini della sopravvivenza nel sud, mentre al nord serve a creare patrimoni”.

 
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Commenti al Post:
Enricostrat
Enricostrat il 31/05/11 alle 11:17 via WEB
L'analisi dell'evasione non fa una piega: uno scontrino non rilasciato da dieci bar non farà mai pari con il nero di un'azienda di dimensioni arcoriane.
(Rispondi)
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