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L'utopia è come l'orizzonte: cammino due passi e si allontana di due passi. Cammino dieci passi e si allontana di dieci passi. E allora a cosa serve l'utopia ? A questo: serve per continuare a camminare.

 

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ADESSO LA MIA MACCHINA è COSì

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LA MIA MACCHINA... FINO AL 26 GENNAIO 2007

immagineIn realtà, è una foto presa in rete, raffigurante una macchina dello stesso modello e colore. 
 

LA MACCHINA CHE AVEVO...

18 novembre 2004, un cretinetti alla guida di una Golf ci si è andato a schiantare contro, sfasciandola completamente. Per quanto potesse essere bella, era del 1992. L'assicurazione del deficiente mi ha risarcito con pochi spiccioli, quanto mi è bastato per prendere una vecchia Passat SW, sempre del 1992 (senza riscaldamento), con la quale mi sono mosso fino al 26 gennaio.immagineimmagine
 

IL MITICO ESORCISTA DI DANIELE CALURI

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« Weekend in questa casa, ...ADRAI, cioè avere identi... »

Enzo Biagi

Post n°357 pubblicato il 06 Novembre 2007 da kleombroto

dalla pagina dedicata a Enzo Biagi pubblicata su Wikipedia, alcune occasioni di riflessione:

Il 18 aprile 2002 l'allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, mentre si trovava in visita ufficiale a Sofia, dichiarò nel corso di una conferenza stampa:

Collabora a Wikiquote« La Rai tornerà ad essere una tv pubblica, cioè di tutti, non partitica, [...] come è stata durante l'occupazione militare della sinistra. L'uso fatto da Biagi, da quel...come si chiama? Ah Santoro e da Luttazzi è stato veramente criminoso e fatto con i soldi di tutti. Preciso dovere di questa dirigenza sia quello di non permettere più che questo avvenga. [...] Ma siccome non cambieranno... »

L'Agenzia Ansa diffuse la dichiarazione di Berlusconi (che passerà alla storia con la definizione giornalistica di Editto bulgaro). Biagi, di concerto con la sua redazione e ottenuto l'assenso dei vertici della Rai, decise di replicare quella sera stessa nella puntata del Fatto, dichiarando:

Collabora a Wikiquote« Il presidente del Consiglio non trova niente di meglio che segnalare tre biechi individui: Santoro, Luttazzi e il sottoscritto. Quale sarebbe il reato? [...] Poi il presidente Berlusconi, siccome non intravede nei tre biechi personaggi pentimento e redenzione, lascerebbe intendere che dovrebbero togliere il disturbo. Signor presidente, dia disposizioni di procedere perché la mia età e il senso di rispetto che ho verso me stesso mi vietano di adeguarmi ai suoi desideri [...]. Sono ancora convinto che perfino in questa azienda (che come giustamente ricorda è di tutti, e quindi vorrà sentire tutte le opinioni) ci sia ancora spazio per la libertà di stampa; sta scritto - dia un'occhiata - nella Costituzione. Lavoro qui in Rai dal 1961, ed è la prima volta che un Presidente del Consiglio decide il palinsesto [...]. Cari telespettatori, questa potrebbe essere l'ultima puntata del Fatto. Dopo 814 trasmissioni, non è il caso di commemorarci. »

Le trasmissioni del Fatto proseguirono regolarmente fino alla prima settimana di giugno quando terminò la stagione. La dirigenza Rai decise di cancellare il programma, dopo un lungo tira e molla cominciato già a gennaio, cioè prima dell'editto bulgaro, quando il direttore di Rai Uno, Agostino Saccà, si recò alla commissione parlamentare di vigilanza. Egli dichiarò che l'azienda doveva controbbattere Striscia la notizia e non poteva permetterselo con una trasmissione di cinque minuti che aveva conosciuto nell'ultimo periodo un calo di 3-4 punti di share. La dichirazione fu contestata dai commissari del centro-sinistra, durante l'audizione, perché i dati Auditel dichiaravano che il Fatto aveva uno share del 27,92% di media, quasi otto milioni di telespettatori, addirittura superiore alla quota dell'anno prima, che aveva una media del 26,22%.

In seguito, il 17 aprile, furono diffuse le nuove nomine della Rai. Rai Uno venne affidata a Fabrizio Del Noce, ex deputato di Forza Italia, che dichiarò che "stava studiando una soluzione idonea per il Fatto e per Enzo Biagi".

Successivamente, Saccà e Del Noce proposero a Biagi diverse soluzioni alternative per la collocazione del Fatto: alle 13:00, dopo il Tg1 delle 12:30 (ipotesi respinta da Biagi: "È troppo presto per approfondire adeguatamente i fatti del giorno"), poi alle 19:50 (ipotesi respinta anche questa: "Peggio della prima! È assurdo fare l'approfondimento prima della notizia").

Del Noce non confermò alla stampa la presenza del Fatto nei palinsesti, non ancora definitivi per la nuova stagione 2002-2003 e diffusi a maggio. Biagi scrisse al nuovo presidente della Rai, Antonio Baldassare, già membro della Corte Costituzionale, chiedendo spiegazioni sul suo futuro e se la Rai intendesse rinnovare il suo contratto in scadenza a dicembre. Baldassare, presentandosi ai telespettatori come "un punto di riferimento per la libertà dentro la Rai", rispose a Biagi che "è e rimarrà una risorsa per l'azienda", facendosi intervistare proprio al Fatto.

Un mese dopo, durante la tradizionale presentazione a Cannes dei palinsesti autunnali della Rai, il Fatto era assente. Alle domande dei giornalisti, la Rai rispose che "Biagi aveva perso appeal".

Il 2 luglio si tenne un incontro fra Enzo Biagi, il regista del Fatto Loris Mazzetti, Fabrizio Del Noce e Agostino Saccà, che era diventato nel frattempo direttore generale della Rai. In questo vertice si decise di sopprimere Il Fatto e di affidare a Biagi una trasmissione in prima serata, con inchieste e temi d'attualità. Inoltre si decise di rinnovare il contratto che legava Biagi alla Rai.

La bozza del contratto arrivò a Biagi solo il 18 settembre, dopo ripetute sollecitazioni da parte di quest'ultimo. Intanto Il Fatto era stato sostituto da un programma comico, con Tullio Solenghi e Massimo Lopez, "Max e Tux". Il nuovo programma precipitò ben presto dal 27 al 18% di share. Del Noce imputò a Biagi il crollo degli ascolti perché "col suo vittimismo ha scatenato verso Rai Uno un accanimento senza precedenti". Biagi decise di lasciare Rai Uno e intavolò, con la mediazione sempre di Loris Mazzetti, trattative con il direttore di Rai Tre, Paolo Ruffini, per riprodurre Il Fatto sulla sua rete alle 19:53, dopo il Tg3 e i telegiornali regionali. Alla diffusione della notizia, il presidente Rai Baldassarre dichiarò: "E' una bella notizia, ma troppo costosa per Rai Tre".

Il 20 settembre Biagi, in una lettera al direttore generale Saccà, scrisse che se la Rai aveva ancora bisogno di lui (come dichiarato dallo stesso dg) e se questo ostacolo era rappresentato da problemi economici, egli si dichiarava pronto a rinunciare al suo stipendio, accettando quello dell'ultimo giornalista della Rai, purché detto stipendio venisse inviato al parroco di Vidiciatico, un paesino sperduto nelle montagne bolognesi, che gestiva un ospizio per anziani rimasti soli.

Saccà replicò, con una lettera al quotidiano La Repubblica (che stava dando grande risalto alla vicenda), che il programma non poteva essere trasmesso per esigenze pubblicitari.

Il 26 settembre Saccà inviò ad Enzo Biagi una raccomandata con ricevuta di ritorno, in cui gli spiegava, con toni formali, che Il Fatto era sospeso, così come le trattative fra lui e la Rai; si sarebbe trovato il tempo più in là per fare un nuovo programma, magari dai temi più leggeri.

Biagi, esausto per quell'interminabile tira e molla, offeso per i contenuti di quella raccomandata che secondo la sua interpretazione "lo cacciava ufficialmente dalla Rai", su consiglio delle figlie e di alcuni colleghi, decise di non rinnovare il contratto e di chiudere il legame fra Biagi e la Rai, con una transazione economica, curata dall'avvocato milanese, Salvatore Trifirò. La Rai riconobbe il lungo lavoro di Biagi "al servizio dell'azienda" e pretese che in cambio non lavorasse per nessun'altra rete nazionale per almeno due anni.

L'annuncio della chiusura del contratto provocò polemiche su tutti i giornali e attacchi durissimi ai dirigenti Rai, già sotto assedio per il crollo degli ascolti (che avevano provocato le dimissioni di tre dei cinque membri del Cda). Saccà e Baldassare dichiararono ai giornali che "Biagi non era stato mandato via", che quella era solo un'invenzione dei giornalisti, che Enzo Biagi era il presente, il passato e il futuro della Rai, che "la presenza di voci discordanti dall'attuale maggioranza, com'è appunto quella di Biagi, era fondamentale". Di fronte a queste levate di scudo, Biagi commentò con ironia: "Ma, se allora tutti mi volevano, chi mi ha mandato via?"

Poco dopo, il consigliere d'amministrazione leghista Marcello Veneziani, dichiarò che Biagi con "quella chiusura del contratto, aveva svenato l'azienda e quindi la smettesse di piagnucolare a destra e a sinistra". Biagi allora rese pubblico il suo contratto di chiusura. La sua liquidazione è la stessa cifra che, successivamente, un giudice stabilirà come risarcimento per Michele Santoro.

Due piccole precisazioni: Loris Mazzetti non è solo regista, ma capoprogetto e curatore del "Fatto" e Marcello Veneziani non è leghista. Inesattezze non infrequenti su Wikipedia, che va presa per quella che è, e con la quale confesso di avere il dente avvelenato perché la pagina su di me è stata cancellata per "non enciclopedicità", mentre invece è ritenuta "enciclopedica" quella su Yvonne Sciò.

 
 
 
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Data di creazione: 26/02/2005
 

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