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L'utopia è come l'orizzonte: cammino due passi e si allontana di due passi. Cammino dieci passi e si allontana di dieci passi. E allora a cosa serve l'utopia ? A questo: serve per continuare a camminare.

 

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ADESSO LA MIA MACCHINA è COSì

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LA MIA MACCHINA... FINO AL 26 GENNAIO 2007

immagineIn realtà, è una foto presa in rete, raffigurante una macchina dello stesso modello e colore. 
 

LA MACCHINA CHE AVEVO...

18 novembre 2004, un cretinetti alla guida di una Golf ci si è andato a schiantare contro, sfasciandola completamente. Per quanto potesse essere bella, era del 1992. L'assicurazione del deficiente mi ha risarcito con pochi spiccioli, quanto mi è bastato per prendere una vecchia Passat SW, sempre del 1992 (senza riscaldamento), con la quale mi sono mosso fino al 26 gennaio.immagineimmagine
 

IL MITICO ESORCISTA DI DANIELE CALURI

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6 aprile 1991: i cattivi presagi del Moby Prince

Post n°312 pubblicato il 06 Aprile 2007 da kleombroto

da http://www.senzasoste.it
immagine«Il 6 aprile 1991, quattro giorni prima della tragedia, il motore numero 4 del traghetto andò in avaria, avaria che Armando Cecchelli, il macchinista rimasto per giorni nell’elenco dei dispersi ma in realtà sbarcato alle 18.00 di quel mercoledì, spiegò così: “Era un blocco sull’avviamento. Come si esce dal porto, a seconda delle condizioni, si cerca di aumentare il più velocemente possibile. C’è stato un periodo che c’era una leggerissima disfunzione sul variabile”. Come a dire che il Moby Prince non poteva accelerare molto perché, in definitiva, il motore aveva dei seri problemi. Problemi segnalati alla Navarma ma che non furono risolti in tempo. Come il difetto al portellone del garage che saliva e scendeva in ritardo.

Malfunzionamento grave che potrebbe aver influito sulla tragica fine di alcuni marittimi del traghetto: Bertrand, l’unico sopravvissuto, ricorderà infatti che la notte della tragedia si era diretto nel garage insieme ad alcuni compagni con l’intenzione di tirare giù il portellone per buttarsi a mare da dietro ma che la rampa risultava bloccata, il solito difetto. In quella notte un difetto mortale.» (da, l’Europeo dell’1/4/2006, articolo, di Roberto Bortone)  

Quello che abbiamo letto è solo un piccolo passo di questo interessante articolo (scritto ormai più di un anno fa) che ricostruisce la tragica, quanto tipicamente italica,  vicenda del Moby Prince. La sera del 10 aprile del 1991 il traghetto Moby Prince si trasforma in un agghiacciante rogo: 140 persone, tra passeggeri ed equipaggio, vi perderanno orrendamente la vita. Dopo anni di processi, come sempre accade in questi casi (Ustica su tutti), nessun reale colpevole.Così come poco chiara la ricostruzione stessa dell’incidente.Dopo un certo periodo di silenzio, la vicenda è tornata mediaticamente alla ribalta: grazie soprattutto al lavoro giornalistico d’inchiesta di Enrico Fedrighini. La vicenda assume nuovi contorni, e su quella che sembra la storia di una tragica fatalità, la nebbia, l’errore umano, si aprono scenari complessi. (questo il quadro uscito dal processo: «Dopo tre anni di processo, nella notte tra il 31 ottobre ed il 1 novembre 1997, in un aula sbigottita del Tribunale di Livorno, il presidente del collegio giudicante Germano Lamberti pronuncia la sentenza di primo grado: tutti assolti perché “il fatto non sussiste”. I vertici della Navarma, della Capitaneria e della Snam (Agip) vengono definitivamente tirati fuori dalla vicenda. L’unico che ancora rischia qualcosa è il giovane Rolla, ma il 5 febbraio 1999 la III Sezione della Corte d’appello di Firenze dichiarerà di “non doversi procedere nei confronti del Rolla in ordine ai reati ascrittigli perché estinti per intervenuta prescrizione”. Restano senza soluzione tanto i misteri relativi alla meccanica del disastro, quanto alle responsabilità.La pietra è stata rotolata, il caso è chiuso: 140 morti, nessun colpevole»).Traffici d’armi, traffici di carburante, movimenti non autorizzati in rada da parte di navi militari (usa), segreti, manomissioni, sabotaggi, false testimonianze, prove insabbiate. Un quadro talmente intricato, presentato in tv da Mixer di Minoli, da far temere a Loris Rispoli, dell’Associazione 140 (perso una sorella in quel tragico rogo), che questi scenari da fantapolitica facessero andare in secondo piano le responsabilità oggettive, ma mai accertate, dei veri colpevoli : «L'armatore Onorato, il comandante della Capitaneria Albanese, il comandante della petroliera Superina, sono loro che con le loro azioni, i loro comportamenti, le loro omissioni hanno permesso che quella notte sul traghetto Moby prince trovassero la morte 140 persone.» (da una lettera di Loris Rispoli pubblicata in http://www.archivio900.it/it/documenti/doc.aspx?id=591). È contro questi soggetti insomma che si doveva aprire un nuovo processo, non , come è successo, verso imputati di secondo piano. Insomma, la vicenda, è sicuramente complicata. Molto importante, a questo riguardo, per mettere sul tavolo e ricominciarne da capo l’analisi tutti gli elementi, lo spettacolo teatrale M/T Moby Prince (di cui abbiamo già scritto: vedere sezione Visioni, letture.. di questo sito), che sta fortunatamente girando i teatri di tutta Italia.Il 10 aprile prossimo cadrà di questa vicenda (sulla quale intanto sono state avviate nuove indagini) l’ennesimo anniversario. A questo proposito segnaliamo una tavola rotonda organizzata dall’Associazione 10 aprile – Familiari delle vittime del Moby Prince per il 10 aprile, alle ore 18 presso il palazzo Lem (P.zza del Pamiglione n.1): Moby Prince: dalle sentenze alle nuove indagini. Parteciperanno istituzioni (Sindaco di Livorno, Senatore Filippi) e giornalisti (Fedrighini, Riccardi, Masiero, che coordinerà l’iniziativa). Consigliamo di partecipare, così come esortiamo cittadini e lettori di non accontentarsi della retorica istituzionale e pretendere più chiarezza:da chi indaga, da chi governa, da chi racconta. Noi intanto ripartiamo dal 6 di aprile (un oggi di 16 anni fa). Volendo sottolineare, al di là di cosa accadde quella notte, che la Moto Nave Traghetto Moby Prince, rammentato nelle cronache successive come il “gioiello bagnarola”, probabilmente non era perfettamente idonea per la navigazione, soprattutto per quella tratta. Almeno questo bisognerebbe dirlo con più forza. Almeno su questo l’armatore Onorato (allora il padre Achille, ora il figlio Vincenzo) potrebbe spendere qualche parola: fosse solo di forma. Ci scuserà se non lo acclameremo al prossimo Trofeo Accademia Navale di Livorno. Ci scuserà se non saremo orgogliosi, come cittadini, della sua sponsorizzazione. Ci scuserà se non faremo il tifo per il.. Mascalzone Latino.  

Lucio Baoprati  

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