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L'utopia è come l'orizzonte: cammino due passi e si allontana di due passi. Cammino dieci passi e si allontana di dieci passi. E allora a cosa serve l'utopia ? A questo: serve per continuare a camminare.

 

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ADESSO LA MIA MACCHINA è COSì

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LA MIA MACCHINA... FINO AL 26 GENNAIO 2007

immagineIn realtà, è una foto presa in rete, raffigurante una macchina dello stesso modello e colore. 
 

LA MACCHINA CHE AVEVO...

18 novembre 2004, un cretinetti alla guida di una Golf ci si è andato a schiantare contro, sfasciandola completamente. Per quanto potesse essere bella, era del 1992. L'assicurazione del deficiente mi ha risarcito con pochi spiccioli, quanto mi è bastato per prendere una vecchia Passat SW, sempre del 1992 (senza riscaldamento), con la quale mi sono mosso fino al 26 gennaio.immagineimmagine
 

IL MITICO ESORCISTA DI DANIELE CALURI

immagine 
 

 

Post N° 367

Post n°367 pubblicato il 26 Novembre 2007 da kleombroto

 
 
 

...ecco fatto!!!

Post n°366 pubblicato il 26 Novembre 2007 da kleombroto

Il trasloco è finito, così come la pulizia del vecchio monolocale e la sistemazione delle cose nel nuovo. In realtà, non avevo solo quello da fare, in questi giorni... Anche al "McDonald's perchinese" c'era aria di cambiamento. Una nuova sede, che si aggiunge a quella "storica", però alcune apparecchiature dovevano essere spostate dall'una all'altra. Naturalmente, tra i ritardi nella preparazione di questo trasferimento e l'improvvisa partenza per il Nord della padrona di casa, pochi giorni prima della firma del contratto, hanno fatto sì che i due traslochi avessero luogo in contemporanea. Aggiungendo a ciò due giorni di ferie (venerdì e oggi) presi dal mio collega qui alla RAI, ecco che ho passato una settimana d'inferno. Infatti era da lunedì scorso che non aggiungevo post su questo blog.

 
 
 

... e di nuovo cambio casa

Post n°365 pubblicato il 19 Novembre 2007 da kleombroto
Foto di kleombroto

C'era una vecchia canzone di Ivano Fossati che si intitolava così. Non può non venirmi in mente ogniqualvolta mi si presenta l'occasione di un trasloco (nella mia vita è capitato spesso*). Dalla borgata Ottavia mi trasferisco in una zona certamente più bella, quantomeno più vicina al centro. Ho trovato un monolocale in una traversa di via Cortina d'Ampezzo. Leggermente più grande di quello dove abito adesso, almeno posso muovermi con relativa facilità (in questo, quando ho tirato giù il divanoletto, devo salirci sopra per andare dal bagno all'angolo cottura). Stanotte praticamente non ho chiuso occhio, tanto ero elettrizzato all'idea del trasferimento. Oggi pomeriggio ho appuntamento con la nuova padrona di casa per firmare il contratto e ho già pronte due valigie col minimo indispensabile per potere, da subito dormire lì.
C'è anche una cosa che mi piace molto del nuovo monolocale: la possibilità di avere quel minimo di spazio vitale per potere, in caso, invitare qualcuno a cena. Quando dico "qualcuno" intendo un numero di persone superiore a 1, come era accaduto fino ad ora. Per me è importante essere in grado di garantire convivialità e ospitalità. Anche per lavorare, se c'è bisogno, al montaggio di qualche video, ne converrete con me, è mille volte meglio sapere che si può stare comodi, in caso di orari prolungati potersi mangiare un piatto di pasta, farsi un caffè, un tè...
Sì, spero che quella appena trascorsa sia stata l'ultima notte dentro al "loculo". Da domani, come diceva qualcuno più famoso di me, "Incipit vita nova"

(*) Quando dico che ho traslocato "spesso", intendo che l'ho fatto un bel po' di volte. Da quando mi sono sposato, nel 1981, mi sono trasferito a Roma nel 1984, e -sempre a Roma- ho abitato prima a Monteverde Nuovo e poi a Spinaceto. Nuovamente a Livorno dal 1993 al 1994 e, quando ho ripreso a lavorare a Roma, sono stato cinque anni a Villa Adriana e altrettanti a Calcata. Nel 2006 mi sono "avvicinato" andando ad abitare a Ottavia e, da oggi, in zona via Cortina d'Ampezzo. Nel frattempo mi sono separato da mia moglie, che ha cambiato casa a sua volta (e pure parte di quel trasloco ha pesato su di me) e ho trasferito la mia residenza a casa della mia compagna (oltre a un bel po' di dischi, nastri video, libri etc. che non entravano nel "loculo").

 
 
 

Roma in bicicletta? Ci vuole coraggio...

Post n°364 pubblicato il 13 Novembre 2007 da kleombroto
Foto di kleombroto

Ho deciso, da tempo, di usare la bicicletta per i miei spostamenti, specialmente nell'ambito del quartiere Prati. In viale Angelico c'è una comoda pista ciclabile che mi permette di muovermi rapidamente, raggiungendo gli abituali luoghi di lavoro.
Non è detto che tutto vada sempre bene, però.
Stamattina, per esempio, c'era questo furgone che ingombrava metà pista. Probabilmente era stato parcheggiato lì la sera prima e, detto fra noi, la notte poteva anche andarci a sbattere qualcuno.
Ai problemi causati dall'inciviltà di automobilisti e simili, poi, si aggiungono anche i delinquenti, per cui la pista ciclabile che collega il centro con Castel Giubileo è stata chiusa per evitare il ripetersi di aggressioni a scopo di rapina, perpetrate nei mesi scorsi a danno di numerosi ciclisti.

 
 
 

Una tv di qualità è ancora possibile

Post n°363 pubblicato il 09 Novembre 2007 da kleombroto

Alcuni mesi fa la tv satellitare e via web Arcoiris trasmise il mio video "A voce alta - Libertà d'espressione", riduzione televisiva dello spettacolo teatrale dedicato a Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Al termine del programma, seguì (e debbo dire che mi sentii veramente onorato da quella collocazione nel palinsesto) l'intervista di Loris Mazzetti a Enzo Biagi. Questa è la trascrizione. A fine post il link per vederla via web. Se invece qualcuno di voi fosse interessato allo spettacolo su Ilaria Alpi, può cliccare questo link:
http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Unique&id=4824

Intervista a: Enzo Biagi

Video delle loro brame
Colloquio con Enzo Biagi di Loris Mazzetti

I lunghi anni alla Rai. Poi la cacciata. Il grande giornalista elenca difetti e colpe della televisione di oggi. “Troppe falsità vanno in onda, ma prima i poi la verità viene fuori”
Il  31 maggio 2002 è andata in onda l’ultima puntata de “Il Fatto”. Per Enzo Biagi non c’era più posto in Rai e la sua trasmissione, nonostante gli ottimi ascolti, è stata chiusa. Via dal teleschermo e, per lui e per me, lo stop a un lavoro comune che durava da anni, ai confronti quotidiani, alla confezione di programmi giornalistici. Un incontro ad Orvieto, al convegno “Radio e Televisione alla ricerca della qualità”, organizzato dall’Associazione Articolo 21 ad Orvieto il 30 e 31 ottobre, è stata l’occasione per tornare a parlare con Biagi incontrare Enzo Biagi del suo mestiere di giornalista, e di cosa pensa della televisione di ieri e di oggi. Una lunga chiacchierata come quelle che facevamo a Milano, in Corso Sempione, la  nostra redazione

Enzo, per la gente, come dovrebbe essere la televisione?
“La televisione in genere, con i difetti che sono dovuti alle diverse stagioni politiche, è lo specchio della vita di un paese con la deformazione che comporta il mezzo perché, tu mi insegni, che se uno è ripreso in primo piano è un conto, le parole prendono un certo rilievo, se è ripreso in campo lungo è un’altra questione. La Rai ha avuto un grande merito, principalmente quello di riempire tante solitudini, poi ha unificato il linguaggio degli italiani, neanche Garibaldi ha potuto fare tanto. La televisione ha insegnato molte cose e penso che sia stata una delle scoperte più importanti del ventesimo secolo”.

La tua lunga stagione tv si è interrotta per un editto bulgaro, sei stato accusato di aver fatto «un uso criminoso della televisione». Poi è arrivato il tuo allontanamento e quello di tanti altri. Cosa hai provato?
“Guarda, lo dico anche con un po’ di vergogna: niente. Ne abbiamo parlato tante volte, ci siamo arrabbiati, l’abbiamo considerata una grande violenza, ma dentro non ho provato niente, perché alla mia età sono altre le cose che ti segnano. Ho avuto a che fare, quando avevo poco più di vent’anni, con Adolf Hitler, sono stato per ventiquattro ore  con una pistola puntata alla testa… Ogni giorno ricevo la notizia che qualcuno della mia generazione è sparito, lo so che è la legge della vita, ma a questa legge non ci si abitua. Non provo rancore nei confronti della Rai, io le devo tanto e le voglio bene. Anche se so che la televisione è fatta da uomini che hanno le loro idee, le loro faziosità, oggi ragionano in una certa maniera, ma non possono essere piccoli uomini a farmi pensare diversamente”.

Quando durante una trasmissione di Rai Tre, dedicata ai 50 anni della Rai, “Il Fatto” è stato votato come il miglior programma, tu era già stato allontanato dalla tv, la nostra redazione chiusa, di fronte a questa inaspettata notizia  che cosa hai provato? 
“Ho provato tristezza, perché io con te, con la mia troupe, ho passato gran parte della mia vita. Ho pensato che mi è stata tolta l’occasione di continuare a stare con quelle persone, i miei amici, che con me hanno condiviso tante avventure, a volte anche abbastanza pericolose, sempre insieme: dove io andavo voi c’eravate, dove voi andavate io ero con voi. Non abbiamo mai pensato che quando i mortai tuonavano, potevano tuonare per alcuni e per altri no.  Non so se te l’ho mai raccontato: quando arrivai al telegiornale, il giornalista stava in un albergo e la troupe in un altro, c’era un trattamento economico differenziato, fui io a convincere l’azienda che era sbagliato. La troupe, il giornalista, il regista devono stare tutti insieme per poter parlare del lavoro, quello che si deve fare il giorno dopo. Io vorrei solo che fosse riconosciuto che in quegli anni, quando potevamo fare la televisione, ci siamo comportati come persone per bene”.

Se ti dessero la possibilità di tornarla a fare, rifaresti “Il Fatto” o che alto?
“Farei un programma diverso, farei un viaggio in Italia, il seguito di “Cara Italia”, il programma che facemmo sette o otto anni fa, per vedere come vive certa gente, se in questi anni è cambiata la loro vita, come arrivano alla fine del mese. Partirei raccontando la realtà di un piccolo paese, la storia di un farmacista di provincia, il caffè dove si ritrovano, la vita della famiglia media. Io, poi, non so fare altro. Sì, farei proprio questo programma, per scoprire quella realtà sociale che spesso i telegiornali trascurano. Ma sono solo sogni, io vivo nella mia solitudine con le mie due figlie e i miei nipoti, nella mia famiglia mancano mia moglie e una figlia, non frequento salotti, leggo e scrivo, poi con la Rai tutto è finito”.

Visto quello che ti è accaduto e la tua lunga esperienza, con il senno di poi, forse era meglio la televisione della lottizzazione?
“Io per tanti anni ho fatto la televisione che volevo fare e quindi non posso dire che ho subito delle censure, a parte qualche episodio che poi si è risolto con il programma che andava in onda qualche giorno dopo. Allora l’opinione pubblica contava più di oggi. Io sono stato accusato di aver fatto una intervista a Benigni, una cosa è certa: la rifarei anche domani mattina. Considero Benigni un italiano da esportazione e lo ha dimostrato anche con i tre Oscar ricevuti. Non ha mai voluto una lire per venire ai miei programmi, è un vero amico. L’ho già detto tante volte e lo ripeto noi giornalisti facciamo delle domande ma non possiamo suggerire le risposte”.

Però una volta lo hai fatto!
“Hai ragione, una volta l’ho fatto. Mia nonna diceva che dovevamo moltissimo a Casa Savoia perché suo padre era un birichino, non so che cosa avesse fatto ma era stato messo in galera. Passò da Porretta la Regina Margherita e la mia bisnonna le portò una supplica. La Regina, dopo poco tempo, rimise il birichino in circolazione e quindi noi eravamo in debito con casa Savoia.  Molti anni dopo andai ad intervistare quello che avrebbe dovuto essere l’erede.  Io feci le domande e lui per certe risposte era, diciamo così, un po’ in difficoltà e allora io gli ho dato una mano.  Alla fine ho detto: “Altezza adesso le nostre famiglie sono pari”. Tornando all’intervista di Benigni, che ripeto rifarei subito, se involontariamente con il mio lavoro ho offeso qualcuno, spero di no, gli chiedo scusa. Appartengo anch’io al genere umano, ho anch’io i miei difetti e le mie faziosità.  Ma quando ci sono dei tipi che non mi piacciono, la mia tendenza è quella di farglielo sapere”.

La Rai oggi, purtroppo, è una televisione poco aperta alle proposte esterne, si trova raramente qualcuno alla ricerca di nuove idee, sempre più si è trasformata in un’azienda di servizi, conta chi ha i diritti dei così detti format. C’erano strutture che avevano il compito di sperimentare, si provavano autori, attori, registi in terza serata, che poi dopo una certa gavetta, se avevano i numeri, trovavano il loro spazio. C’era la ricerca dei talenti.
"Una volta non c’erano gli appalti, credo che oggi più della metà della produzione sia esterna. Sono diecimila i dipendenti della Rai, e siccome non sono tutti degli imbecilli, anzi c’è tanta gente professionalmente di prim’ordine, non ci sarebbe bisogno di spostare tutto all’esterno. I risultati si vedono, tra i programmi della Rai e quelli di Mediaset non ci sono più differenze».

Secondo te come dovrebbe essere una televisione di qualità?
“Non dovrebbe essere uno strumento di propaganda per una causa o per l’altra, senza demagogia, con il rispetto delle persone, con la consapevolezza in chi la fa che si rivolge a milioni di persone: deve avere sempre presente che l’unico padrone è il pubblico che paga il canone”.

Cosa non si dovrebbe vedere o cosa non dovrebbe essere trasmesso?
“Oggi è molto difficile non trasmettere qualche cosa, anche quando si sa che nelle coscienze più labili può avere una influenza negativa, ma soprattutto sono i bambini che devono essere protetti. Bisogna rispettare gli orari, certe cose si devono vedere solo dopo le 11 di sera quando i piccoli si presuppone che siano a letto. Comunque l’italiano è intelligente e sa scegliere, non cominciamo con le auto censure perché poi si finisce sempre peggio”.

È di moda parlare di informazione manipolata, come si può manipolare l’informazione?
“Si fa il contrario di quello che ti ha detto la mamma quando avevi cinque anni: “Non si devono dire le bugie”. Oggi, purtroppo, si raccontano, poi c’è chi le racconta meglio, chi peggio. Però i fatti hanno una logica ineluttabile e qualcuno ha detto “I nostri atti ci seguono”, per qualche personaggio, se Dio vuole, anche quelli giudiziari. Prima o poi quello che è buono o quello che è cattivo viene fuori.”

Le bugie, hanno le gambe corte con tanti media a disposizione, nel tempo la verità si conosce.
“Non dimenticare mai che c’è la tendenza ad adeguarsi. Dice Ennio Flaiano: “Gli italiani accorrono sempre in soccorso ai vincitori”, e cominciano così le memorie di Charlie Chaplin: “Il successo rende simpatici”. Secondo me non è sempre vero, però aiuta”.

Ti rispondo anch’io con una citazione, Karl Popper: “Chi controlla l’informazione televisiva controlla la democrazia”.
“Sì, hai ragione perché chi controlla la televisione, controlla il mezzo di comunicazione dominante. La notizia la si può raccontare in tantissimi modi, facciamo un esempio: un bambino che vede una bicicletta la prende e scappa via. La notizia può essere raccontata così: un bambino la prende perché ha sempre sognato di avere la bicicletta, oppure, il bambino è un ladro, dimostra di essere un precoce delinquente, infine, era un gioco, il bambino non sa che certi giochi vengono contemplati anche dal codice penale. Ognuno ha il suo punto di vista nel raccontare le cose, ma deve farlo con onestà”.

È vero che la tv deve avere una funzione educativa?
“No, deve essere una buona compagna per la gente, all’educazione dei ragazzi provvedono la scuola, i genitori, la società”.

Torniamo indietro nel tempo: come mai hai iniziato a fare la televisione? Tu eri già stato direttore di Epoca, eri già una grande firma del giornalismo.
“Mi fu proposto allora da Ettore Bernabei, direttore generale della Rai, che mi chiamò nel 1961 a dirigere il telegiornale, erano gli anni dell’apertura ai socialisti, io ero amico di Nenni. Capii subito che non era aria per me, mi accusarono, come sempre è accaduto quando mi hanno mandato via dai giornali, di essere comunista. Dopo un anno lasciai il telegiornale e feci la mia prima inchiesta: “Il Giudice”. Raccontai la storia di un bambino ebreo David Rubinovich, poi inventai RT il primo rotocalco televisivo e per quarantuno anni non ho mai smesso, fino al settembre del 2002 quando mi mandarono una raccomandata con ricevuta di ritorno per dirmi che il mio contratto non si rinnovava più.  Potevano risparmiarsi quei soldi, bastava una telefonata”.

Nella tua carriera chi sono stati i punti di riferimento?
“Ci sono stati dei giornalisti che per me restano dei modelli: Indro Montanelli, Orio Vergani, Dino Buzzati, Vittorio G. Rossi. Soprattutto Montanelli, al quale sono stato profondamente legato e sono orgoglioso perché siamo diventati compaesani: mi hanno dato la cittadinanza di Fucecchio. Quel giorno andai al cimitero dove c’è l’urna, perché lui è stato cremato, ho chiesto se potevo rimanere solo con lui perché avevo alcune cose da dirgli, sono stati tutti molto rispettosi, si sono fatti da parte.  Gli ho detto: “Indro tu dicevi che certi personaggi dovevamo provarli, ma ho l’impressione che abbiano sbagliato la dose””.

Mi ricordo quando lo intervistammo a “Il Fatto”, aveva appena ricevuto una lettera anonima con minacce di morte ed era stato addirittura accusato di essere diventato comunista. Durante quell’intervista, diventata poi famosa perché messa nella lista di quelle che non dovevi fare, tu gli dicesti: «Io ho la sensazione che andremo incontro a una dittatura morbida». Hai sbagliato l’aggettivo.
“Sì, oggi lo cambierei, anzi lo toglierei proprio”.

Umberto Eco, citando il tuo caso e di tutti gli altri epurati, lo ha definito un regime mediatico. Ma perché la televisione è così importante, riesce ad inventare anche quello che non esiste?
“L’importanza è nei fatti. Lo dimostra la vicenda di un imprenditore che non era votato alla politica, ma che disponendo delle televisioni è diventato presidente del Consiglio. È uno strumento che non ha bisogno di aggiunte: uno si siede e la guarda, mentre il giornale va comprato, poi va letto, ed è già una fatica. Un messaggio dato dalla televisione, da un telegiornale, arriva sicuramente alla gente”.

Il cittadino come può difendersi?
“Può solo decidere di non guardare certa roba o di guardarla con spirito libero e critico. Non mi pare che le ultime apparizioni di quell’imprenditore, ricordando un po’ i commenti fatti sui dati d’ascolto, abbiano avuto grande successo di pubblico. Certo viviamo una grande anomalia, ma non è stato un colpo di stato, l’attuale presidente è stato eletto democraticamente alla guida del nostro Paese, quindi, rispecchia la volontà degli italiani. Per quanto riguarda il futuro bisognerà vedere, ultimamente i dati elettorali dicono che il consenso è diminuito, o mi sbaglio?”.

A un giovane che vuole fare il giornalista quale è il tuo consiglio?
“Diceva un illustre collega: “Sempre meglio che lavorare”. Ma se lui pensa che questo sia il lavoro, una volta si diceva la vocazione, lo deve fare. È un mestiere che ti tiene suo in contatto con la vita, che ti fa partecipare agli eventi, alle storie, che ti rende testimone. L’unico consiglio che posso dare è quello di essere sempre curioso, di voler vedere, dove è possibile, i fatti con i propri occhi”.

Per concludere, la televisione oltre alla popolarità cosa ti ha dato?
“Contatti umani con persone a cui sono rimasto legato, degli amici, le conoscenze di viaggio.  Non mi interessava farmi vedere: non basta apparire, bisogna aver qualche cosa da dire. Mi ha dato la possibilità di raccontare la vita della gente, nel bene e nel male. Alla Rai devo tanto e le sono molto grato”.

L'intervista può essere vista cliccando su
http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Unique&id=2844

 
 
 

Un'idea (del cavolo)

Post n°362 pubblicato il 08 Novembre 2007 da kleombroto

Ho vissuto serenamente fino a cinquant'anni senza sapere che esisteva un certo Filippo Facci, che scrive sul "Giornale". Ci voleva la morte di Enzo Biagi per leggere un suo articolo dove, arrampicandosi sugli specchi, nega l'esistenza del cosiddetto editto bulgaro. Cliccando, nel sito del quotidiano, sul link che rimanda al pezzo di ieri, ho trovato quest'altro ineffabile vaneggiamento:

Un'idea: chiudere la RAI

Prima di criticare chicchessia dovremmo ripeterci come un mantra la seguente domanda: non sarà per caso invidia, la nostra? Quanto conta un’invidia inconfessabile nella formulazione dei nostri giudizi? Ecco, mi sono imposto questa domanda almeno cinque volte, prima di plaudire come un forsennato all’emendamento della Finanziaria che propone un tetto massimo ai compensi Rai: 274mila euro lordi l’anno al pari di altri manager pubblici o di un presidente di Cassazione. Alla fine mi sono risposto che no, non è invidia se penso che la Rai non dovrebbe pagare compensi del genere; non è invidia del milione di euro annui di Simona Ventura o degli 800mila euro di un Carlo Conti, o nondimeno dei 650mila euro del direttore generale Claudio Cappon. Penso serenamente, da anni, che la Rai sia una cloaca da ripulire. Penso che il canone andrebbe abolito. Penso che la Rai andrebbe privatizzata al cento per cento, o in alternativa fare servizio pubblico al cento per cento. Non penso che le varie star rescinderanno i contratti, o non tutte, né penso che altre emittenti ne faranno razzia. Penso moderatamente che la Rai sia il vero cancro di questo Paese, ciò che non cambierà senza che cambi davvero anche il Paese. Penso dunque, pure, che non accadrà nulla.

 
 
 

ANNOZERO: RAI,SANTORO COSTA 684MILA EURO MA "FRUTTA" 2MLN

Post n°361 pubblicato il 08 Novembre 2007 da kleombroto

Michele Santoro costa ma alla fine porta nelle casse della Rai denaro fresco. Sfiora i 700.000 euro - tra stipendio e altre voci legate alla sua attivita' giornalistica - il compenso annuo di Santoro. Per l'esattezza 684.000 euro, se si sta ai dati del 2007, tra i 266.000 derivanti dalla condizione di contrattualizzato a tempo indeterminato con qualifica di direttore, dai 315.000 frutto dei 10.500 euro per ciascuna delle puntate di 'Annozero' - e, a fine anno saranno una trentina, tra quelle della prima parte del 2007 e quelle invece del periodo settembre-dicembre di quest'anno - e dal premio, il cosiddetto MBO, di 103.000 euro per gli obiettivi (di share o di pubblicita' portata all'azienda). Totale 684.000 euro. Ma lo stesso Michele Santoro "vale" per la Rai due milioni di euro a stagione, ovvero i ricavi di 'Annozero' sono superiori ai costi per realizzare il programma. Infatti le 33 puntate di questo nuovo ciclo, da settembre 2007 alla primavera 2008, costeranno complessivamente 7,2 milioni di euro, cioe' 220.000 euro a puntata, mentre i ricavi, derivanti dalla pubblicita', ammonteranno complessivamente a 9,2 milioni, cioe' 278.000 euro in piu' per puntata. Sono dati emersi oggi pomeriggio in commissione di Vigilanza, forniti da Pier Luigi Malesani, direttore delle relazioni istituzionali Rai, nel corso del 'question time'. (AGI)

ll problema è che spendere quasi mezzo miliardo di lire per una puntata di un programma giornalistico è davvero tanto. Sarà che sono abituato a produrre video a costo zero...

 
 
 

GRAZIE

Post n°360 pubblicato il 08 Novembre 2007 da kleombroto
Foto di kleombroto

 
 
 

No comment

Post n°359 pubblicato il 07 Novembre 2007 da kleombroto

Silvio Berlusconi, in Bulgaria, non ha mai pronunciato parole contro la permanenza in TV di Biagi, Santoro e Luttazzi. Così, almeno, la racconta lui:

"Non c'è mai stato un editto bulgaro né ho mai detto che questi signori non dovevano fare televisione". Silvio Berlusconi, chiamato in causa da più parti alla morte di Enzo Biagi per il famoso 'editto bulgaro' che segnò la carriera in Rai del giornalista, replica così, assediato dai giornalisti tra gli stand della Fiera di Milano. E la polemica si riaccende. 

"Tutto è stato sconvolto - ha detto Berlusconi - la verità è che io criticai, e la critica è ancora valida, come veniva usata la tv, soprattutto quella pubblica, pagata con i soldi di tutti e dissi che i dirigenti nuovi che verranno dovranno evitare che ciò si ripeta. Non c'era nessuna intenzione di far uscire dalla televisione e neppure di porre veti alla permanenza in tv di chicchessia. Quindi ancora una volta è stato tutto deformato dalla sinistra".

Articolo tratto dal sito di RaiNews24: http://www.rainews24.it/notizia.asp?newsid=75537

 
 
 

ADRAI, cioè avere identici lato "A" e lato "B"

Post n°358 pubblicato il 06 Novembre 2007 da kleombroto

Questa è roba da non sapere se incazzarsi o vergognarsi. Una cosa è certa: dentro la RAI ci sono migliaia di persone che vengono pagate una miseria e, per l'ADRAI, il problema è semplicemente il fatto che a personaggi tipo Bonolis non vengono dati abbastanza soldi. Allora mi permetto di ricordare che una delle cose che maggiormente contano è la capacità e la professionalità della forza-lavoro e che, da anni, un po' tutte le produzioni della Radiotelevisione Italiana funzionano in massima parte grazie al lavoro di precari, assunti con contratto a tempo determinato, pagati una miseria e per nove mesi l'anno. Altro che tetto, nel caso loro! E, se da parte di queste persone, c'è la paura che determinati personaggi "passino alla concorrenza", io direi che sarebbe proprio il caso di lasciarli andare. Vogliamo renderci conto che ci sono anche i telespettatori che si sono rotti i coglioni di "rimboccare le coperte ai gufi", nell'attesa che inizi un programma interessante su una rete del servizio pubblico? Mediaset vuole i Pupo, i Bonolis, gli Inzinna, i Carloconti e via banalizzando? Ma che se li prenda tutti! Dateci Dario Fo, Marco Paolini, Serena Dandini e Vergassola in prima serata!

RAI: ADRAI, APPELLO DIRIGENTI CONTRO TETTO A COMPENSI

''Il testo del Ddl finanziaria licenziato dalla Commissione Bilancio per l'esame dell'aula del Senato contiene, all'art. 91, una norma che se approvata porrebbe la Rai nell'impossibilita' di continuare a svolgere il servizio radiotelevisivo in condizioni competitive rispetto a tutti gli altri operatori televisivi''. Lo sottolinea Franco Di
Loreto, presidente dell'Adrai, l'associazione dei dirigenti Rai.
   ''La previsione di un tetto ai compensi che una azienda pubblica non quotata in Borsa come la Rai - aggiunge - puo' corrispondere ai protagonisti del mondo televisivo provocherebbe, dal 1mo gennaio prossimo, il loro passaggio in blocco sotto le bandiere della concorrenza. E' evidente infatti  che l'imposizione di un vincolo di questo tipo ai rapporti con le star, gli artisti, gli anchormen che caratterizzano il
prodotto tv, avrebbe l'effetto di provocarne un impoverimento del tutto incompatibile con i valori in gioco nel mondo televisivo''.
   ''Gia' oggi la Rai - continua il presidente Adrai - pratica compensi e tariffe sensibilmente piu' contenuti rispetto a quelli adottati non solo da Mediaset ma  in qualche caso anche dalla Sette e da Sky. In ogni caso i dirigenti Rai non possono
non ribadire che la Rai e' innanzitutto tutto un'azienda che opera in un mercato fortemente competitivo ormai da anni e anni e che dopo il successo di Sky non e' piu' configurabile come un duopolio. Imporre dall'esterno vincoli cosi' drastici avrebbe
l'effetto di paralizzare l'operativita' e l'intera produzione del servizio pubblico radiotelevisivo, con prevedibili effetti drammatici su tutto l'ampio settore dell'indotto''.
  ''In definitiva  a giudizio dei dirigenti Rai si creerebbe una distorsione del mercato, - attraverso una norma di assai dubbia costituzionalita', oltre che, chiaramente in conflitto con lo Statuto dei lavoratori -  che recherebbe un vantaggio insperato
ai concorrenti privati'', secondo Di Loreto. Aggiunge anche che ''per continuare a svolgere il  servizio pubblico, anche se non e'  quotata in Borsa, la Rai opera in condizioni del tutto  analoghe a Eni, a Enel, o a Finmeccanica, alle quali il nuovo
vincolo non si applicherebbe. I dirigenti della Rai sono convinti che un simile effetto destabilizzante nei confronti dell'azienda pubblica e di fortissima depressione dell'intero sistema televisivo non corrisponda alle intenzioni di chi ha proposto l'emendamento all  art. 91 della legge finanziaria''.
   ''I dirigenti della Rai rivolgono quindi un appello a eliminare una norma che avrebbe prevedibili conseguenze sulla produzione e quindi sull occupazione nel sistema
radiotelevisivo, mettendo a rischio la sopravvivenza stessa dell azienda. Su questi temi l'ADRAI ha chiesto un incontro urgente ai capi dei gruppi parlamentari del Senato e al Presidente della commissione parlamentare di vigilanza''.

 
 
 

Enzo Biagi

Post n°357 pubblicato il 06 Novembre 2007 da kleombroto

dalla pagina dedicata a Enzo Biagi pubblicata su Wikipedia, alcune occasioni di riflessione:

Il 18 aprile 2002 l'allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, mentre si trovava in visita ufficiale a Sofia, dichiarò nel corso di una conferenza stampa:

Collabora a Wikiquote« La Rai tornerà ad essere una tv pubblica, cioè di tutti, non partitica, [...] come è stata durante l'occupazione militare della sinistra. L'uso fatto da Biagi, da quel...come si chiama? Ah Santoro e da Luttazzi è stato veramente criminoso e fatto con i soldi di tutti. Preciso dovere di questa dirigenza sia quello di non permettere più che questo avvenga. [...] Ma siccome non cambieranno... »

L'Agenzia Ansa diffuse la dichiarazione di Berlusconi (che passerà alla storia con la definizione giornalistica di Editto bulgaro). Biagi, di concerto con la sua redazione e ottenuto l'assenso dei vertici della Rai, decise di replicare quella sera stessa nella puntata del Fatto, dichiarando:

Collabora a Wikiquote« Il presidente del Consiglio non trova niente di meglio che segnalare tre biechi individui: Santoro, Luttazzi e il sottoscritto. Quale sarebbe il reato? [...] Poi il presidente Berlusconi, siccome non intravede nei tre biechi personaggi pentimento e redenzione, lascerebbe intendere che dovrebbero togliere il disturbo. Signor presidente, dia disposizioni di procedere perché la mia età e il senso di rispetto che ho verso me stesso mi vietano di adeguarmi ai suoi desideri [...]. Sono ancora convinto che perfino in questa azienda (che come giustamente ricorda è di tutti, e quindi vorrà sentire tutte le opinioni) ci sia ancora spazio per la libertà di stampa; sta scritto - dia un'occhiata - nella Costituzione. Lavoro qui in Rai dal 1961, ed è la prima volta che un Presidente del Consiglio decide il palinsesto [...]. Cari telespettatori, questa potrebbe essere l'ultima puntata del Fatto. Dopo 814 trasmissioni, non è il caso di commemorarci. »

Le trasmissioni del Fatto proseguirono regolarmente fino alla prima settimana di giugno quando terminò la stagione. La dirigenza Rai decise di cancellare il programma, dopo un lungo tira e molla cominciato già a gennaio, cioè prima dell'editto bulgaro, quando il direttore di Rai Uno, Agostino Saccà, si recò alla commissione parlamentare di vigilanza. Egli dichiarò che l'azienda doveva controbbattere Striscia la notizia e non poteva permetterselo con una trasmissione di cinque minuti che aveva conosciuto nell'ultimo periodo un calo di 3-4 punti di share. La dichirazione fu contestata dai commissari del centro-sinistra, durante l'audizione, perché i dati Auditel dichiaravano che il Fatto aveva uno share del 27,92% di media, quasi otto milioni di telespettatori, addirittura superiore alla quota dell'anno prima, che aveva una media del 26,22%.

In seguito, il 17 aprile, furono diffuse le nuove nomine della Rai. Rai Uno venne affidata a Fabrizio Del Noce, ex deputato di Forza Italia, che dichiarò che "stava studiando una soluzione idonea per il Fatto e per Enzo Biagi".

Successivamente, Saccà e Del Noce proposero a Biagi diverse soluzioni alternative per la collocazione del Fatto: alle 13:00, dopo il Tg1 delle 12:30 (ipotesi respinta da Biagi: "È troppo presto per approfondire adeguatamente i fatti del giorno"), poi alle 19:50 (ipotesi respinta anche questa: "Peggio della prima! È assurdo fare l'approfondimento prima della notizia").

Del Noce non confermò alla stampa la presenza del Fatto nei palinsesti, non ancora definitivi per la nuova stagione 2002-2003 e diffusi a maggio. Biagi scrisse al nuovo presidente della Rai, Antonio Baldassare, già membro della Corte Costituzionale, chiedendo spiegazioni sul suo futuro e se la Rai intendesse rinnovare il suo contratto in scadenza a dicembre. Baldassare, presentandosi ai telespettatori come "un punto di riferimento per la libertà dentro la Rai", rispose a Biagi che "è e rimarrà una risorsa per l'azienda", facendosi intervistare proprio al Fatto.

Un mese dopo, durante la tradizionale presentazione a Cannes dei palinsesti autunnali della Rai, il Fatto era assente. Alle domande dei giornalisti, la Rai rispose che "Biagi aveva perso appeal".

Il 2 luglio si tenne un incontro fra Enzo Biagi, il regista del Fatto Loris Mazzetti, Fabrizio Del Noce e Agostino Saccà, che era diventato nel frattempo direttore generale della Rai. In questo vertice si decise di sopprimere Il Fatto e di affidare a Biagi una trasmissione in prima serata, con inchieste e temi d'attualità. Inoltre si decise di rinnovare il contratto che legava Biagi alla Rai.

La bozza del contratto arrivò a Biagi solo il 18 settembre, dopo ripetute sollecitazioni da parte di quest'ultimo. Intanto Il Fatto era stato sostituto da un programma comico, con Tullio Solenghi e Massimo Lopez, "Max e Tux". Il nuovo programma precipitò ben presto dal 27 al 18% di share. Del Noce imputò a Biagi il crollo degli ascolti perché "col suo vittimismo ha scatenato verso Rai Uno un accanimento senza precedenti". Biagi decise di lasciare Rai Uno e intavolò, con la mediazione sempre di Loris Mazzetti, trattative con il direttore di Rai Tre, Paolo Ruffini, per riprodurre Il Fatto sulla sua rete alle 19:53, dopo il Tg3 e i telegiornali regionali. Alla diffusione della notizia, il presidente Rai Baldassarre dichiarò: "E' una bella notizia, ma troppo costosa per Rai Tre".

Il 20 settembre Biagi, in una lettera al direttore generale Saccà, scrisse che se la Rai aveva ancora bisogno di lui (come dichiarato dallo stesso dg) e se questo ostacolo era rappresentato da problemi economici, egli si dichiarava pronto a rinunciare al suo stipendio, accettando quello dell'ultimo giornalista della Rai, purché detto stipendio venisse inviato al parroco di Vidiciatico, un paesino sperduto nelle montagne bolognesi, che gestiva un ospizio per anziani rimasti soli.

Saccà replicò, con una lettera al quotidiano La Repubblica (che stava dando grande risalto alla vicenda), che il programma non poteva essere trasmesso per esigenze pubblicitari.

Il 26 settembre Saccà inviò ad Enzo Biagi una raccomandata con ricevuta di ritorno, in cui gli spiegava, con toni formali, che Il Fatto era sospeso, così come le trattative fra lui e la Rai; si sarebbe trovato il tempo più in là per fare un nuovo programma, magari dai temi più leggeri.

Biagi, esausto per quell'interminabile tira e molla, offeso per i contenuti di quella raccomandata che secondo la sua interpretazione "lo cacciava ufficialmente dalla Rai", su consiglio delle figlie e di alcuni colleghi, decise di non rinnovare il contratto e di chiudere il legame fra Biagi e la Rai, con una transazione economica, curata dall'avvocato milanese, Salvatore Trifirò. La Rai riconobbe il lungo lavoro di Biagi "al servizio dell'azienda" e pretese che in cambio non lavorasse per nessun'altra rete nazionale per almeno due anni.

L'annuncio della chiusura del contratto provocò polemiche su tutti i giornali e attacchi durissimi ai dirigenti Rai, già sotto assedio per il crollo degli ascolti (che avevano provocato le dimissioni di tre dei cinque membri del Cda). Saccà e Baldassare dichiararono ai giornali che "Biagi non era stato mandato via", che quella era solo un'invenzione dei giornalisti, che Enzo Biagi era il presente, il passato e il futuro della Rai, che "la presenza di voci discordanti dall'attuale maggioranza, com'è appunto quella di Biagi, era fondamentale". Di fronte a queste levate di scudo, Biagi commentò con ironia: "Ma, se allora tutti mi volevano, chi mi ha mandato via?"

Poco dopo, il consigliere d'amministrazione leghista Marcello Veneziani, dichiarò che Biagi con "quella chiusura del contratto, aveva svenato l'azienda e quindi la smettesse di piagnucolare a destra e a sinistra". Biagi allora rese pubblico il suo contratto di chiusura. La sua liquidazione è la stessa cifra che, successivamente, un giudice stabilirà come risarcimento per Michele Santoro.

Due piccole precisazioni: Loris Mazzetti non è solo regista, ma capoprogetto e curatore del "Fatto" e Marcello Veneziani non è leghista. Inesattezze non infrequenti su Wikipedia, che va presa per quella che è, e con la quale confesso di avere il dente avvelenato perché la pagina su di me è stata cancellata per "non enciclopedicità", mentre invece è ritenuta "enciclopedica" quella su Yvonne Sciò.

 
 
 

Weekend in questa casa, uno degli ultimi...

Post n°356 pubblicato il 03 Novembre 2007 da kleombroto
Foto di kleombroto

Sabato e domenica a lavorare al montaggio delle riprese di un convegno organizzato dalla mia amica Paola. Devo sbrigarmi perché tra poco lascerò questo monolocale e dovrò inventarmi anche il tempo (e le energie) per traslocare. Ho trovato un'altra sistemazione, molto più grande e poco più cara, vicinissima al centro e in mezzo al verde. Entro novembre mi muoverò da qui

 
 
 

Sempre più ridicoli

Post n°355 pubblicato il 01 Novembre 2007 da kleombroto
Foto di kleombroto

USA - A 93 anni è morto il pilota Enola Gay, sganciò la bomba atomica su Hiroshima. "Che c'è di strano?", si chiederebbe il famoso Cesare Ragazzi. C'è che il pilota non si chiamava Enola Gay, ma Paul Tibbets. Enola Gay era il nome di sua madre, che Tibbets, seguendo una consuetudine molto in voga tra i piloti (che però nella maggioranza dei casi preferivano avvenenti ragazze), aveva fatto dipingere sul muso dell'apparecchio, un Boeing B-29 Superfortress.

La "perla" è andata in onda varie volte sulla striscia rossa delle notizie, che scorre in basso sul teleschermo, nel TG2 di stasera (edizione delle 20,30)

 
 
 

Il bicchiere mezzo pieno...

Post n°354 pubblicato il 26 Ottobre 2007 da kleombroto

Sì, è una di quelle frasi che esprimono un ottimismo un po' stucchevole, un po' luogo comune da conversazione con un occasionale compagno di viaggio in treno. Però è anche una necessità, nella triste vita che dobbiamo condurre al giorno d'oggi, tra lavoro precario e governo traballante. Cristiano Lucarelli è un mito, il Livorno senza di lui (e col presidente e gli allenatori che si ritrova) sta arrancando in fondo alla classifica. Se va avanti così gli amaranto tornano in B. Allora, tanto per vedere il bicchiere mezzo pieno, può bastare anche sapere che, mercoledì sera, lo Shaktar Donetz, squadra ucraina nella quale milita Lucarelli, ha perso 4-1 col Milan nell'incontro di Champions' League disputato a San Siro, ma soprattutto che il goal della bandiera è stato segnato proprio dal bomber Cristiano, che in questo modo ha reso felici alcune centinaia di tifosi livornesi che erano venuti, bandiere al seguito, a tifare Lucarelli contro la squadra rossonera. Non so se, come d'uso, siano stati scanditi i rituali cori "Berlusconi pezzo di merda", come accade prima, durante e dopo ogni Livorno-Milan. Quel che conta è che, almeno, una "pappina" alla squadra del Cavaliere il mitico Lucarelli glie l'ha rifilata, poco importa se non indossa più la maglia amaranto numero 99.

 
 
 

Giocare con le parole...

Post n°353 pubblicato il 26 Ottobre 2007 da kleombroto

Un gioco di parole alla base del titolo di una rubrica: Furio Busignani, uno di quelli che, se dovessero inserire il suo nome in un cruciverba, verrebbe definito "simpatico conduttore televisivo", occupa quotidianamente uno spazio nel programma di Raitre "Cominciamo bene". Va in giro per la strada a intervistare la gente su argomenti di cronaca e costume. Dal suo nome, ecco il titolo: "Segnali di Furio".
Venerdì 26 ottobre 2007, ore 8 del mattino. Annuncio su Raitre, la ragazza comunica che tra poco andrà in onda "Cominciamo bene" e che, al suo interno, sarà trasmesso "Segnali di FUMO". Ecco qui, il cerchio si è chiuso... e Mamma RAI, grazie al cialtrone di turno, ha fatto l'ennesima figuraccia.
Ah, dimenticavo, qualche sabato fa, durante la trasmissione "Mattina in famiglia", è comparsa una grafica dove campeggiava la scritta "Abbruzzo".
Naturalmente, non solo alla RAI ci sono i semianalfabeti. Ero in macchina, ieri mattina, e ho incrociato un autobus dell'ATAC diretto alla "Giustignana".

 
 
 
 
 

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