#testdrive #Compass 4xe Trail Hawk a suo agio dove il fondo è più impegnativo

Supera con agilità la sfida dello #sterrato e del #fango senza scomporsi

È spaziosa ma performante e sicura anche in condizioni di scarsa aderenza

Quando sentiamo parlare di Jeep pensiamo subito al fuoristrada. Jeep è infatti sinonimo di un mezzo capace di andare dove le auto tradizionali non riescono o non possono arrivare. Nota agli italiani dalla fine della seconda guerra mondiale perché era il mezzo militare americano capace di andare dappertutto, ha mantenuto fede alla sua mission dopo oltre settant’anni adeguando costantemente le sue vocazioni. Certo, non potremo darvi una testimonianza dettagliata di un test drive nel fuoristrada spinto. Starà agli appassionati verificare i limiti della Jeep Compass 4Xe Hybrid per avere il riscontro delle sue performanti prerogative. Andremo per gradi. Cercando uno sterrato, il fondo con scarsa aderenza, il fango e ci spostiamo tra la campagna e la zona collinare, perché le strade bianche oramai scarseggiano, e a meno che non siano destinate a collegare centri abitati o zone altrimenti non raggiungibili, sono spesso interdette alla circolazione per preservare le biodiversità, salvaguardare la fauna selvatica e tutelare zone di pregio sotto il profilo paesaggistico e ambientale. Ma qualche sterrato che fa al caso nostro c’è ancora. Riepilogando, al motore di questo fuoristrada di

1.332 cc si affianca l’unità elettrica che eroga complessivamente 240 CV

ed è alimentata da una batteria. Batteria, che si ricarica in frenata e in decelerazione, oppure collegando la Compass alla colonnina in strada o alla rete domestica a casa, perché si tratta di una plug-in. Le prestazioni derivanti da un motore performante le mette a nostra disposizione appena premiamo a fondo l’acceleratore.

Ma sulla terra un’auto che va da 0 a 100 km/h in 7” come si comporta? 

È quello che vogliamo verificare per raccontarvene. È a quattro ruote motrici e questo ci agevolerà nella tenuta di strada. Ma questa Jeep Compass è della serie Trail Hawk, marchio che contrassegna i modelli più completi e performanti, quindi è vocata al fuoristrada. Infatti, mentre il cambio è automatico e diviene manuale a sei marce selezionando le velocità volute con la leva del cambio a cloche, considerato che è a quattro ruote motrici permanenti e affinchè le sue elevate prestazioni possano essere gestibili , possiamo scegliere anche tra le modalità di guida possibili la più adatta alla condizione del fondo che stiamo affrontando. Il sistema di controllo della trazione Selec-Terrain, permette infatti di scegliere tra quattro modalità di guida dinamiche:

Auto, Snow (neve), Sand/Mud (sabbia, ghiaia) e Sport.

Si possono selezionare con una leva situata accanto alla cloche del cambio. Sempre lì c’è il pulsante che attiva la massima rigenerazione della batteria, una funzione che provoca l’incremento dell’effetto frenante nella fase di rilascio del pedale dell’acceleratore, riducendo l’afflusso di benzina al motore: servirà ad aiutarci? Lo vedremo nel test. Così finalmente imbocco una strada bianca, come le intendevamo noi rallisti, e schiaccio a fondo l’acceleratore. Un lieve accenno di sgommata iniziale

ma la Compass 4Xe Trail Hawk rimane saldamente attaccata al terreno.

Eccoci alla prima curva, e visto che ci troviamo in aperta campagna e la visuale è completamente libera possiamo procedere velocemente e in sicurezza nella nostra prova, tenendo sotto controllo quasi tutto il tracciato. arrivo a una curva molto curva e imposto la traiettoria per utilizzare le prerogative delle quattro ruote motrici, ma questa tecnica diverte ed efficace non servirà perché la Compass non darà cenni di perdita di aderenza. Infatti i controlli elettronici antislittamento sono stati davvero efficaci. Ecco un’altra strada; probabilmente questa fa parte della viabilità interpoderale e in particolari condizioni le sue caratteristiche potrebbero renderla difficilmente praticabile: qui il fondo è fangoso ed  è quello che cercavamo. Anche in questo caso i controllo antislittamento e di trazione sono intervenuti con efficacia e nonostante il fondo viscido ci sembrava di muoverci ancora su una strada normale. Incuriositi dal posto dove siamo capitati ci avviamo verso un guado ma il fondo diviene  sempre meno rassicurante, con ciottoli e un percorso ghiaioso sconnesso: non cambierà molto perché la Compass 4Xe TraIMG_2352 IMG_2407 IMG_2407 IMG_2724 IMG_2877 IMG_2987 IMG_29881 IMG_2990 IMG_2990 IMG_2992 IMG_2993 IMG_3004 IMG_3007 IMG_3008 IMG_3010 IMG_3014 IMG_3017 IMG_3022il Hawk uscirà anche da questa situazione scomoda senza incertezze. Prova superata, dunque. Inoltre, un po’ di fango sulle fiancate e sul cofano che è nero opaco per distinguerla dai modelli ‘normali’ non fanno che valorizzare il look grintoso della Trail Hawk, di colore rosso con protezioni e passaruote nero opaco e il simbolo del modello impresso con un marchio di colore blu su un lato del cofano, ma anche nei marchi TH posizionati sui parafanghi e sul portellone. Quindi? Ci rimane da fare un test, quello più importante: dobbiamo raggiungere l’ambiente montano. Alla prossima…

#charlieinauto3/320              #provavintage

#testdrive #Jeep Compass 4Xe un fuoristrada comodo anche in città

#Ibrida: 50 km in modalità elettrica ma aumenta con la ricarica dinamica

In decelerazione e frenata carica energia e per restituirla quando ci serve 

Una Jeep, ricorderete che il marchio della Casa è la trascrizione della pronuncia americana dell’acronimo di General Purpose Vehicle, vi fa pensare subito a una vettura destinata al fuoristrada. Per il modello Compass non è così, perché anche il modello che avevamo provato anni fa considerava anche il confort del conducente e dei passeggeri viaggiando su strada. Se avessimo avuto dei dubbi, il trasferimento da Milano a casa, quasi 400 km, rappresenta già un test efficace. L’autonomia dichiarata della Jeep Compass 4Xe Trail Hawk è di 380 km, risultato dell’utilizzo del motore endotermico, che dispone di una capacità del serbatoio di 28 l, sommato a quello elettrico: assieme assicurano una potenza di 240 CV.

Una potenza interessante, che abbiamo già testato sul modello più piccolo,

e più leggero, la Renegade. Per capire l’effetto di questo abbinamento che scopriremo azzeccato per diversi motivi ci prepariamo all’abituale prova di accelerazione, dalla barriera dell’autostrada all’ottenimento della massima performance o al raggiungimento del limite di velocità. Il Telepass ci apre la sbarra del casello autostradale e non faccio altro che schiacciare a fondo il pedale dell’acceleratore e affidarmi al cambio automatico a sei rapporti: in poco più di 7” siamo a 100 km/h. Questa Jeep monta un nuovo sistema di trasmissione automatica che assicura maggiore reattività e accelerazione.

Compass 4Xe è ‘plug-in’ ibrida, cioè ricarica la batteria collegandola

con l’apposito cavo alla colonnina o alla rete domestica, o in decelerazione, è dotata di un sistema di controllo della trazione Selec-Terrain, che permette di scegliere tra le modalità di guida dinamiche Auto, Snow (neve), Sand/Mud (sabbia, ghiaia) e Sport. Essendo una Trail Hawk è dotata anche delle ridotte, ma ne parleremo in un’altra occasione. Anche perché stiamo esaminando la Jeep nel comportamento su strada. L’occasione per il nuovo test ce lo offre ce la offre una sosta al grill, o meglio la successiva ripartenza: così seleziono la modalità Sport e utilizzo il cambio manuale comandato dalla cloche, perché ritengo sia ancora il modo più rapido per cambiare marcia. Schiaccio a fondo l’acceleratore e di 7 secondi sono a 100 km/h. Per arrivare a casa sarei al limite dell’autonomia combinata, e per guadagnarne quanto basta faccio una sosta a metà strada, a Verona, a di fuori di un’azienda dell’automotive che  ne mette a disposizione due del tipo a ricarica rapida. La sosta ci permetterà di guadagnare una cinquantina di km in modalità elettrica, oppure di arrivare a destinazione con un consumo minore di carburante; ecco le colonnine, sono a rigenerazione rapida della batteria: Jeep Compass 4Xe è ibrida plug in, ovvero per ricaricarla la dobbiamo collegare con il cavo in dotazione alla rete domestica o a una colonnina. Fra quanto sarà pronta? La ricarica o rigenerazione della batteria avviene in movimento, in decelerazione o in frenata,

o lasciando l’auto collegata alla colonnina per un’ora e 50’.

Se si tratta di una colonnina di ultima generazione l’operazione si potrà compiere in un’ora e mezza. A casa ci vuole più tempo e la ricarica completa può avvenire in 2 h 50’. Perché abbiamo fatto questa sosta per ricaricare le batterie? Perché poi la propulsione combinata ci permetterà di completare il viaggio senza la paura di rimanere a secco. Questa Jeep ci assicura dunque una buona accelerazione ed è divertente e sicura anche nella guida extraurbana. Dispone infatti di un sistema anticollisione di

ultima generazione che tiene conto anche dei rischi di collisione laterale.

IMG_2151 IMG_2217 IMG_3004 (2) IMG_2359 IMG_2361 IMG_2724 IMG_2730 IMG_2731 IMG_2738 IMG_2735 IMG_2984 IMG_2988 IMG_2990 IMG_2991 IMG_2993 IMG_2405 Proseguiamo il viaggio di rientro ‘approfittando’ della qualità del sistema di info-intrattenimento di bordo Alpine. Possiamo anche apprezzare la qualità del confort offerta dai sedili per il conducente e il passeggero. Trattandosi di una vettura con una elevata vocazione al fuoristrada non mancano le protezioni antiurto nell’abitacolo, né i punti per potersi aggrappare quando l’auto fuoristrada assumerà inclinazioni particolari o starà superando un tratto dal fondo particolarmente vario e accidentato, e mentre le sellerie sono in finta pelle di alta qualità i sedili sono comodi. Quelli anteriori, regolabili elettronicamente, sono sia riscaldati che raffrescabili: non ci resta che provare. Ci avviciniamo alla città, ed ecco una strada bianca, il fondo scorrevole e accattivante. Inizia dopo un guado, in secca in questo periodo. Così… Beh, questo ve lo racconto la prossima settimana.

#charlieinauto3/315

#testdrive #JeepCompass 4Xe tecnologia ibrida al servizio del fuoristrada

Un motore di soli 1332 cc capace di erogare con l’unità elettrica ben 240 CV

E’ il risultato della transizione-incertezza verso il futuro della mobilità

I nostri lettori più attenti ricorderanno che tempo fa abbiamo provato la Jeep Compass, era la versione diesel nel modello Trail Hawk, che è il marchio assegnato alle vetture della Casa americana specializzate nel fuoristrada spinto, capaci di arrampicarsi dappertutto. Da allora, pochi anni, la tecnologia si è evoluta, forse anche per necessità, per adattare le auto alle esigenze della sostenibilità ma anche, e non guasta, per proporre prestazioni migliori ma anche consumi alla portata di un più ampio numero di automobilisti. Diesel, benzina, biocombustibili nei quali il nostro Paese è all’avanguardia per la ricerca e lo sviluppo, idrogeno. Tutte queste opzioni hanno gettato lo scompiglio tra le Case automobilistiche, colte impreparate da direttive comunitarie forzose in merito alle quali poi la stessa Ue è rientrata. L’opzione più indolore che i produttori dell’automotive potevano adottare in attesa di orizzonti più chiari, tuttora non delineati,  era quella di una fase di transizione, o di attesa, utilizzando la tecnologia a disposizione per aggiungere qualcosa in più che assegnasse rinnovato interesse all’acquisto delle autovetture. Così si è fatta strada la tecnologia ibrida, che utilizza i motori endotermici, che bruciano combustibile fossile, per ora prevalentemente a benzina anche se è allo studio la versione ibrida anche per i diesel, affiancati da tecnologie e sistemi elettrici di affiancamento, diversi quasi per ciascuna delle auto di nuova produzione, ed ecco le auto ibride, capaci di ridurre sensibilmente i consumi, anche se è sempre fondamentale lo stile di guida, ma nel contempo di garantire performance superiori. Jeep non poteva non valutare le opportunità di questa tecnologia per il mondo fuoristrada. I benefici li abbiamo già provati sulla Jeep Sahara Wrangler, molto più voluminosa, quindi anche pesante rispetto alla Compass 4Xe Trail Hawk che stiamo provando. Avete capito già che è un modello a quattro ruote motrici, quindi in grado di districarsi agevolmente dalle difficoltà più intricate del fuoristrada, ma anche di garantire sicurezza e una tenuta di strada superiore e diversa rispetto alle auto a trazioneIMG_2116 IMG_2118 IMG_2120 IMG_2121 IMG_2123 IMG_2128 IMG_2130 IMG_2147 IMG_2151 IMG_2155 IMG_2159 IMG_2161 IMG_2170 IMG_2172 IMG_2174 IMG_2196 IMG_2198 IMG_2217 IMG_2218 IMG_2746 anteriore o posteriore sulle strade di ogni giorno. Ciò che ci ha colpito subito, quando ce ne hanno proposto il test drive, sono state le prestazioni: da un motore a benzina di ‘soli’ 1332 cc è possibile ricavare, sommando quelle dell’unità elettrica, ben 240 CV. Ciò si tradurrà in spunto e accelerazione, ma come vedremo anche nella capacità di superare gli ostacoli del fuoristrada. Ma andiamo per ordine. Dal pardo stampa di Stellantis per l’Italia del Nord che si trova nella zona di San Siro, accanto alla sede del Milan Club, ci dovevamo spostare nel cuore di Milano, circa mezzora di percorrenza. La Jeep Compass 4Xe, come la Wrangler Sahara ibrida che avevamo provato, è in grado di percorrere 50 km in modalità elettrica, quanto basta per un uso quotidiano cittadino. Dovendo poi affrontare il trasferimento fino a casa si trattava di rabboccare il ‘pieno’ della batteria. Così abbiamo raggiunto le colonnine di media potenza nella zona di City Live. La Compass 4Xe è un modello plug-in, ovvero la ricarica della sua batteria avviene oltre che in movimento, in decelerazione e in frenata, collegandola con il cavo in dotazione alla colonnina di ricarica, ed è di ultima generazione. Ovvero, in una colonnina come quella scelta rigenera completamente la batteria in 1 h e 50’, in quella rapida il tempo più o meno si dimezza. Se ve la portate a casa, con le colonnine domestiche che alcuni hanno installato anche stimolati dalle agevolazioni statali e regionali, il tempo di ricarica è di 2 h e 50’. È uguale se utilizziamo la rete domestica mettendo fra la Jeep e la presa di corrente l’accessorio in dotazione, come lo è il cavo di connessione. Dopo l’anteprima della notevole dotazioni di indicatori, spie, schermi dei quali la Compass ibrida è dotata, che ci ha accompagnato nelle strade della città, ci godiamo la pausa di relax prima del rientro e raggiungiamo, per provare com’è, un ristorante bio nella zona di via Brera. Noterete l’abbigliamento ancora invernale: l’interesse che le nostre prove destano nelle Case ha amplificato il numero di prove da effettuare. Per questo siamo un po’ in ritardo e la pubblicazione di #charlieinauto su #liberoblog.it avviene con un po’ di ritardo, con il solo scopo non ridurre il numero di puntate dedicato a ciascun modello e offrirvi una descrizione più completa dei modelli in prova.

#charlieinauto3/313                       #provavintage

#testdrive: Con Mazda 2 Hybrid si guida in sicurezza anche sulla neve

Sfruttando la modalità frenante della rigenerazione della batteria

Full-hybrid con versatilità non banale per un’auto dichiarata come city car

Mazda 2 Hybrid, come abbiamo visto è densa di accorgimenti e dotazioni elettroniche, ma mantiene la duttilità e la maneggevolezza di una city car, in qualsiasi situazione. Qualsiasi? Ne siamo sicuri? Anche sullo sterrato ha confermato le qualità di tenuta e sicurezza di un motore a benzina, rotante com’è tradizione della Casa giapponese, elastico, di 1490 cc, reso brioso dall’apporto del motore elettrico. Trazione anteriore, comportamento tipico da trazione anteriore, equilibrato ulteriormente dai controlli antislittamento e per favorire l’aderenza delle ruote. Favorire, non garantire. Perché il fattore umano gioca sempre un ruolo determinante nella guida in condizioni particolari, a meno che non ci si sposti a passo d’uomo, ma si tratterebbe di un comportamento al volante certo estremamente prudente, comunque non privo di rischi e certamente non consono al nostro ritmo della vita quotidiana. Oggi, ultima puntata che dedichiamo a quest’auto, racconteremo esclusivamente della guida della piccola-grande ibrida giapponese. Per questo, andiamo in montagna. Certo, se siamo abituati a chiedere il massimo al nostro propulsore e ad assecondarlo con la marcia adeguata per ottimizzarne le potenzialità e il rendimento, in questo caso, vi ricordo, ci dovremo ‘accontentare’, in salita, di giocare con l’acceleratore. Mazda 2 Hybrid è infatti dotata della trasmissione a

variazione continua e-CVT, che dispone di una infinità di rapporti,

e sceglie per noi, istantaneamente quello più adatto. Attacchiamo la rampa e Mazda 2 conferma la sua adattabilità alle condizioni più disparate. D’altro canto, anche se continuassimo a considerarla una semplice city car, teniamo conto del fatto che nelle nostre città di incontrano strade con le condizioni più disparate, tra le quali, anche salite ripide e impegnative. Tornante, ripartenza, tornante, ecc.: se la cava bene e ai 116 CV sopperiscono adeguatamente il fatto che il motore è un 1500 cc mentre il motore elettrico accelera la ripresa. Arriviamo in cima alla nostra salita ed ecco la neve: le gomme che monta sono invernali, così proseguiamo senza incertezze, anche vista l’antica esperienza con la trazione anteriore. L’auto rimane in carreggiata anche accelerando un po’, mentre accelerando le ruote mantengono l’aderenza in accelerazione. Un dato interessante: nella modalità di guida B, quella che aumenta la capacità di autorigenerazione della batteria, ovvero l’intensità dell’effetto frenante in fase di rilascio dell’acceleratore, abbiamo riscontrato che questa utile opportunità ci è consentita anche sulla neve.

Su una bella strada innevata proviamo a fare a meno del pedale del freno

quando ci serve rallentare con decisione, e anche con questa modalità di decelerazione l’auto giapponese non si scompone. Ah, ecco vicino a noi due colonnine di ricarica. Mi fermo, sto per scendere per collegare la Mazda con il cavo di ricarica, ma fortunatamente ricordo in tempo che si tratta di una full-hybrid, cioè si ricarica la batteria da sola e non deve essere collegata alla presa di corrente o alla colonnina. Vabbè. Premo con un dito sull’evidente e rassicurante pulsante per l’accensione che ha scritto sopra Power, e riparto. Rientro percorrendo la stessa strada, ovviamente in discesa, e continuo a divertirmi sfruttando al meglio l’effetto frenante della modalità rigenerativa della batteria: B. guidare con le mani e un solo piede, sul pedale dell’acceleratore, oltre che più rilassante è davvero divertente.

#charlieinauto3/313IMG_0459 IMG_0461 IMG_0463 IMG_0464 IMG_0465 IMG_0452 IMG_0450 IMG_0466 IMG_2295 IMG_2298 IMG_2307 IMG_2347 IMG_2287 IMG_2351 IMG_0438 IMG_0439                              #provavintage  

 

#testdrive #Mazda2Hybrid affidabile sullo sterrato oltre le aspettative

Propulsione combinata benzina-motore elettrico e trazione anteriore 

Fluidità del motore rotante e brio dell’elettrico: è adatta a scarsa aderenza

Mazda 2 Hybrid è, come abbiamo visto, una citycar che non si limita a essere tale. Abbiamo raccontato dei contenuti di alta tecnologia che sono di livello superiore per una vettura pensata per l’utilizzo in città, e rendono la guida più sicura e confortevole. Nei centri abitati, nella metropoli, nel nostro caso quella  lombarda, si conferma duttile e agile per potersi districare al meglio anche nelle condizioni più critiche del congestionato traffico urbano. Sulle strade di grande percorrenza e in autostrada dispone degli ausili alla guida che ci consentono di viaggiare e di spostarci senza difficoltà. Passiamo alla

tenuta di strada e alla sicurezza nella guida su strade con scarsa aderenza.

Riepilogando, trazione anteriore, 116 CV risultato di una potenza combinata tra il motore rotante a benzina di 1490 cc da 93 CV, tradizionale caratteristica della Casa giapponese, e quello elettrico. Il mix tra la propulsore a benzina del motore che è a tre cilindri ma di quasi 1500 cc, e quello elettrico dà origine a una terza modalità di propulsione: quella ibrida. Il risultato è che a un motore elastico per natura si aggiunge l’istantaneità della spinta a trazione elettrica. La trazione è anteriore, mentre Mazda 2 Hybrid seleziona da sola il tipo di propulsione più adatta al momento, tant’è che non abbiamo a disposizione il selettore del cambio, perché non ce n’è bisogno, anche perché

monta la trasmissione a variazione continua e-CVT.

trasmissione che adatta istantaneamente la marcia alle necessità che si manifestano. Ovvero, la trazione è sempre assicurata, quali che siano le condizioni del fondo stradale, se c’è, e alla modalità di utilizzo che avremo selezionato: ECO, quella più sostenibile, NORMAL, per l’utilizzo standard, POWER, quella più energica che sfrutta la coppia massima di 120 Nm del motore termico e la maggiore aggressività di quello elettrico. Quindi, cominciamo dallo sterrato. Eccone uno abbastanza liscio e scorrevole. Siamo nella #Rivierafriulana, vicino a #Torviscosa, suggestiva città industriale nata negli anni ’30 in funzione dell’azienda agricola Torvis, tra l’altro sorta per sfruttare l’utilizzo delle canne palustri presenti nell’area e realizzare un tessuto ecologico e naturale che sarebbe divenuto famoso nel mondo con il nome di Viscosa. In partenza, Mazda 2 Hybrid parte senza incertezze, veloce, ma senza slittare. Ecco un tratto misto: spingo sull’acceleratore per capirne un po’ di più, ma mi ricordo della modalità di guida B, quella che ci permette di rigenerare più rapidamente la batteria: sulla guida, ha

la caratteristica di aumentare l’entità della decelerazione

quando rilasciamo il pedale dell’acceleratore. Ovvero, ci risparmia la necessità di utilizzare il pedale del freno perché agisce, rallentandone la rotazione, sulle ruote motrici. Avendo esperienza alla guida, tutto questo si può tradurre nella capacità di mantenere sul fondo con minore aderenza una guida sportiva che in decelerazione sfrutta la lieve sbandata controllabile del retrotreno per facilitarci l’ingresso in curva e permetterci di fruire al meglio della sede stradale. Ci riusciamo con estrema facilità, ma ciò evidenzia che Mazda 2 Hybrid è molto maneggevole anche in queste condizioni. Diversamente, in condizioni di guida ‘normali’, conferma anche sullo sterrato maneggevolezza e stabilità nelle traiettorie che le chiediamo. Nella guida tradizionale, non si scompone ed è sicura come sull’asfalto.

#charlieinauto3/312     #provavintage


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#testdrive #Marzda2 Hybrid con ausili alla guida e alta tecnologia

Mazda 2 svela ambizioni e potenzialità ben oltre il target di city car

La cilindrata di 1500 cc del motore rotante assicura elasticità al tre cilindri 

Mazda 2 Hybrid: ricordate il vecchio ciclomotore ‘Ciao’? Chi ci andava a scuola, mio fratello, chi come me a lavorare dalla periferia al centro della città. Ce ne sono ancora diversi in circolazione, blu, rossi, qualcuno di color nero: è una bicicletta un po’ più robusta per poter trasportare il peso del motore, del serbatoio, dei freni a tamburo, con i pedali per l’avviamento, per spingersi in salita, per compiere spostamenti brevi. Riusciva a trasportare anche due persone, la seconda seduta sul portapacchi (allora si chiudeva un occhio) e non si fermava mai. Nemmeno in salita. Tanto che ‘da adulti’ ci lanciavamo le sfide a superare, con successo, più di qualche passo alpino o prova speciale del rally, allora dell’Alpi Orientali. Nonostante le dimensioni e la vocazione, già allora ibrida, visto che al motore a benzina, anzi a miscela, abbinava l’energia umana scaricata sui pedali, ha svolto un ruolo imprescindibile nella mobilità, facendo prevalere la passione per la genuinità, l’affidabilità, i pezzi originali. Analogamente, se sui tratti di salita estremi, con il Ciao ci si aiutava, e ancor’oggi ci si aiuta, spingendo sui pedali della parte ciclistica, il nostro test driver ha potuto paragonare a questa opportunità la spinta ausiliaria a un motore tre cilindri assicurata dall’unità ibrida da 59 kW e 23 CV. Anche in questo caso l’apporto ‘elettrico’ al motore termico esprime le sue prerogative con sufficiente brio. Non si tratta del tradizionale tre cilindri che allo start & stop soffre alla ripartenza, e vi induce a evitare di attivare il climatizzatore, altrimenti è finita..

La cilindrata maggiore rispetto ai più diffusi 1000 cc lo dota della potenza

sufficiente a renderne più fluido l’utilizzo. Il motore, com’è tradizione Mazda, è rotativo, con una cilindrata di 1490 cc: ciò assicura maggior spinta al motore, un miglior ‘tiro’ ai bassi regimi, maggiore silenziosità perché gli sono richiesti meno giri per prestazioni analoghe, e probabilmente tutto questo si traduce anche in un minor consumo. Elementi importanti anche per una city car, che si riveleranno utili specialmente ora che la utilizzeremo sulle strade extraurbane, sulle quali sfruttiamo l’utile e completo sistema di ausilio alla guida, e un accessorio di un livello solitamente presente soltanto sulle auto di categoria superiore. Si tratta dell’Head-up- display’: ve lo spiego perché il termine inglese non è facile da ricordare.

Consiste nella proiezione sul parabrezza dei dati di marcia e navigazione.

Anche nel sistema di spie, indicatori, strumentazione Mazda 2 Hybrid si presenta di livello superiore. I comandi principali sono concentrati sulle razze del volante in similpelle, ma per non distogliere lo sguardo dalla strada, sul vetro dinnanzi a noi, come su uno schermo dedicato trasparente leggiamo la nostra velocità, il limite di velocità in tempo reale, i giri del motore, l’avviso dell’assistente alla guida laterale e frontale (ci avvisa quando il rischio di collisione è reale), la velocità alla quale abbiamo impostato il cruise control. Venendo

al cruscotto, è formato da un piccolo display centrale e due orologi laterali.

Sul minischermo centrale c’è una marea di informazioni proposte con chiarezza nonostante le dimensioni ridotte: orologio, indicatore del consumo di energia, calcolo istantaneo del consumo di carburante, immagine grafica delle funzioni di assistenza alla guida attive, velocità impostata sul cruise control, avviso rischio collisione, autonomia, segnali stradali rilevati, avviso in caso di eccessivo avvicinamento al margine della carreggiata, temperatura esterna, modalità di guida attivata, spia allacciamento cinture di sicurezza, chilometri percorsi dall’auto. Sugli orologi, a sinistra è indicato il tipo di marcia selezionata, l’attivazione della modalità elettrica che mantiene per brevi tratti, un indicatore del consumo di energia e della guida Green, o sostenibile. Nell’orologio di destra ci sono: velocità rilevata dal tachimetro, quantità della benzina nel serbatoio, temperatura del liquido di raffreddamento. Il display al centro della plancia è di medie dimensioni e a tocco: reca tra l’altro la lettura del

flusso di energia in corso nella rigenerazione o nell’impiego in marcia,

la radio che sfrutta le opportunità della DAB con possibilità di ‘riavvolgere’ la trasmissione e ascoltarla da un punto precedente a piacere. La ricarica per i cellulari è in wireless. Si avvicina la sera, ma non preoccupatevi: i fari sono automatici a led e molto potenti. In autostrada l’avviso di rischio collisione laterale è evidenziato sugli specchietti retrovisori esterni, mentre in parcheggio abbiamo apprezzato l’arresto automatico nel caso si avvicini inaspettatamente un ciclista o un pedone. Come avete percepito, i servizi di assistenza e le dotazioni elettroniche della Mazda 2 Hybrid sono piuttosto avanzati e completi, molto per essere una ‘semplice’ city car. Tanto che, in pratica, hanno riempito un’intera puntata di #charlieinauto.

#charlieinauto3/310                                     #provavintage


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#testdrive City car versatile che si autorigenera la batteria: Mazda 2 Hybrid

Casa che reca innovazione: motore rotante ed elettrico e cambio e-CVT

Ripropone una frizione per mono marcia com’era nel caro e vecchio ‘Ciao’

Una city car ma non solo. Questa la mission nelle ipotesi progettuali della Casa giapponese per la Mazda 2 Hybrid, che a prima vista, con IMG_0201 IMG_0283 IMG_0282 IMG_0292 IMG_0201 IMG_2386 IMG_0581 IMG_0496 IMG_0495lo stile giovane, pur offrendo una buona abitabilità parrebbe destinata all’uso prevalentemente cittadino. Le sue dimensioni compatte lo farebbero pensare. Ma la sua struttura e la compattezza anticipano le soluzioni di versatilità che la rendono adatta a molte modalità d’uso dell’auto. Mazda, significa ‘luce’ ma è anche un acronimo di Matsuda Kabushiki-gaisha, Mazda motor ccompany, Casa relativamente piccola, ma che

nell’ormai lontano 2007 aveva prodotto 1.3 milioni di veicoli.

Come sempre, per la logistica delle Case che per noi giornalisti dell’auto dell’Italia settentrionale concentra le sedi del parco stampa principalmente a Milano, iniziamo il nostro test proprio dall’impiego urbano, per la precisione dall’utilizzo della Mazda 2 nella metropoli lombarda. Parliamo delle sue caratteristiche, della carta d’identità dell’auto: 1490 cc, 116 Hp, trazione anteriore e un cambio particolare: la trasmissione è e-CVT. Che cosa significa? È un’opzione che produrrà effetti meno sensibili nella nostra guida cittadina rispetto a ciò che potrà poi accadere sulle strade extraurbane. Il cambio dedicato a questo modello è

paragonabile al Variomatic del nostro caro vecchio ciclomotore Ciao

a variazione continua, ovvero con una serie infinita di rapporti che si adattano ai nostri comandi. Il passaggio da un rapporto all’altro, come riscontriamo nel test già nell’avvicinamento al centro di Milano dopo avere ritirato la Mazda come di consueto alla concessionaria Carrozza, sede del parco stampa situata nell’hinterland lombarco. La Casa dichiara che la trasmissione assicura sempre la trazione ottimale alle ruote, riducendo anche i consumi di carburante. Iniziamo con il dire che non abbiamo alternative di guida, perché Mazda 2 Hybrid non prevede il cambio manuale. A concorrere alle sue performance, nel caso ci servano per un sorpasso o per toglierci da qualche situazione a rischio, è la parte elettrica della motorizzazione che si giova della ricarica in decelerazione. Un’opzione sulla quale possiamo intervenire scegliendo la modalità di guida appropriata, che ci consentirà anche di fruire della maggiore capacità frenante del sistema di ricarica della batteria. Tra le modalità di guida, la B è proprio quella che nell’opzione Eco incrementa l’effetto ricarica, e imparando a fruirne al meglio, oltre a rigenerare più rapidamente la batteria, con l’effetto frenante ci consentirà di guidare più agilmente la vettura sul percorso misto, facendoci rimpiangere di meno la mancanza del cambio manuale. Nel trasferimento impariamo a utilizzare la modalità di guida D, dedicata al risparmio della benzina, perché riduce l’attrito dell’auto durante la marcia. Le modalità di guida sono tre, selezionabili con un pulsante sul tunnel centrale: ECO, per la guida sostenibile, NORMAL; per una guida più brillante, POWER, per le prestazioni migliori. A questo punto occorre dettagliare quali sono le caratteristiche del sistema di propulsore adottato. Si tratta di un modello full-hybrid, quindi che si autoricarica la batteria, e lo fa in movimento: il motore è rotante, com’è tradizione Mazda, a

benzina tre cilindri da 93 CV, mentre il motore elettrico da 59 KW da 23 CV.

La coppia è di 120 Nm, sufficiente a rendere divertente la guida della vettura. Il modello Hybrid ci consente di entrare nel centro della città con il lasciapassare ai divieti garantito alle auto ecologiche. In una manovra di parcheggio, facile come un gioco perché in tale situazione Mazda 2 gioca in casa abbiamo apprezzato la sicurezza attiva: oltre a un significativo avviso di pericolo, in caso di rischio di collisione anche con un pedone o con un ciclista la vettura si arresta automaticamente, sia che ci stiamo spostando in avanti che in retromarcia. Ora ci prendiamo una pausa nella città, in piazzale Gae Aulenti, zona torre Unicredit, facile da raggiungere, vasta gamma di servizi e shopping. Ci è cara in particolare perché è dedicata a una donna architetto nata a Palazzolo dello Stella (Ud)  e famosa nel mondo.

#charlieinauto3/309    #provavintage

L’innovazione ci spaventa ma la percepiamo ed è già avvenuta

#MilleMiglia concomitante con #MIMO e la #Maserati a guida autonoma

Con il già presidente ENIT Matteo Marzotto: progetto del Politecnico Mi

A volte ci si ritrova per caso a contatto con situazioni, oggetti, fatti, invenzioni tramite l’informazione che ci viene somministrata, o interpretando le news che in quel momento compaiono prioritariamente sui nostri social o sulle pagine online producendo in noi reazioni negative. Ovvero, ci inducono a esserne infastiditi, generano una condizione di disagio, di diffidenza, uno stato d’animo di negatività forse motivato dalla paura dell’ignoto. E pensare che in età scolare leggevo Jules Verne tutto d’un fiato, di nascosto sotto le lenzuola perché si faceva tardi, con l’aiuto della luce della pila regalatami da mio padre per stimolare l’indole innata di esploratore e l’istinto di sopravvivenza che mi aveva trasmesso. Lui, che senza colpa aveva passato un anno e mezzo in campo di concentramento in Germania. Da dove, dopo la Liberazione era rientrato a casa, nel Rojale (Ud), autonomamente e a piedi, salvo qualche passaggio sui tank americani per valicare le Alpi Marittime e per rientrare in Italia da Bordighera, lungo strade costiere semidistrutte dalla guerra. Poi, più ‘grande’, ero passato alla lettura di Isaac Asimov e Orwell, senza trascurare Ray Bradbury. Quindi, già sognavo il futuro e le sue ipotetiche proiezioni vantaggiose sulla nostra vita quotidiana, forse immedesimandomi nelle grandi invenzioni di Verne o nelle proiezioni introspettive del mondo che verrà e dell’eventuale esistenza di civiltà aliene ipotizzate dagli scrittori di fantascienza, allora i più moderni. O ancora nei modelli di invenzioni per la mobilità di Leonardo da Vinci. Da parte loro, indovinare che ci sarebbe stata un’auto che guida da sola o che porta se stessa dove decide il programmatore, sarebbe stato banale. Sarebbe stata la conclusione scontata di un loro racconto sulla mobilità dell’avvenire, o semplicemente sulla normalità della vita quotidiana nel terzo millennio. Eppure, ‘crescendo’,

le esperienze formative, scolastiche, di vita, la professione

in settori particolarmente delicati della società, delle istituzioni e della comunità avevano stimolato in me lo spirito critico. Una capacità analitica che a volte viene influenzata dalla condizione del momento, fisica, dallo stato d’animo, forse anche dal clima della stagione e dalle condizioni meteo in atto. Intendete ribattere che

l’analisi critica non è influenzabile se è dettata da un pensiero razionale? 

A mio avviso, alla luce di x anni di mestiere da giornalista, e di vita, dal punto di vista di un professionista che dato il ruolo si è dovuto e si deve a volte saper immedesimare inaspettatamente in altre ben diverse figure professionali, interpretando anche, oltre a quella ‘banale’ del segretario, quella dell’assistente o dell’autista, sostituendosi a cariche e ruoli dalle quali dovrebbe ricevere il modello esecutivo,

è vero esattamente il contrario.

È accaduto anche a me, nei giorni scorsi a Milano, in Piazza Duomo dov’ero a una conferenza stampa per la presentazione della nuova immagine dell’Associazione Locali Storici d’Italia condotta dal Sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi. Si è svolta al Camparino, uno dei locali cult della vita mondana della città. Sceso in piazza con il proposito di raggiungere Monza a incontrare diversi amici della Case automobilistiche al MIMO, il Salone dell’auto che si era aperto in giornata, sono invece stato attratto, sul lato opposto della piazza, da un allestimento che ricordava la pedana d’arrivo dei rally. Pensavo fosse uno scenario per i test drive del salone che coinvolgevano anche il centro di Milano. Invece, ero capitato all’arrivo della

41.edizione della Mille Miglia, rievocazione per auto storiche della Corsa

delle corse sulle strade italiane, la più famosa e amata al mondo. La parata delle auto che avevano superato in quasi una settimana viaggio la strade degli Appennini e delle Alpi, dal Centro al Nord Italia, dalle Marche alla Lombardia, incontrando troppo spesso la pioggia, come ci hanno raccontato molti dei protagonisti, era aperta dal vincitore della Mille Miglia 2023 Andrea Vesco, arrivato per

primo per la quarta volta con l’Alfa Romeo 6c 1750 SS Zagato del 1929;

era seguito dal secondo classificato, Gianmario Fontanella sulla Lancia Lambda Spider Tipo 221. La sfilata era stata aperta da 120 Ferrari iconiche, recenti e del passato, annunciate dall’inconfondibile sound del sei cilindri aspirato o turbo del Cavallino, anch’esse reduci dalla corsa e scortate dalle numerose pattuglie della Polstrada, in auto e in moto, che avevano accompagnato il corteo lungo l’intero percorso della gara, oggi di regolarità. E se tra le Ferrari c’erano alcuni modelli spider, la gran parte delle auto d’epoca degli anni ‘20/’30 del secolo scorso che erano in gara,

il tettuccio non l’hanno mai avuto in dotazione.

E i loro equipaggi provati dal viaggio non hanno mancato di mostrarci gli effetti sull’auto e sul bagaglio appeso alle ruote di scorta di un viaggio affrontato sotto il diluvio. A interrompere il corteo dopo le Ferrari è comparsa d’improvviso una brillante

Maserati MC 20 Cielo, contraddistinta da un avveniristico color bronzo

dorato, con

accanto e al di sopra del guidatore allestimenti particolari

che si stagliavano a distanza. A sciogliere l’enigma è transitato un furgone allestito appositamente con le insegne del Politecnico di Milano, che la precedeva. I ragazzi che si trovavano a bordo, intuito il nostro mestiere, con orgoglio, attendendo la ripartenza del corteo ci hanno detto con la genuinità dell’entusiasmo creativo: – “guardi che l’auto dietro l’abbiamo progettata noi”! Ma, vi chiederete, questo lungo pistolotto sul futuro, sulle aspettative di un giovanissimo lettore, non un secchione ma comunque efficace a scuola, che pur di leggere i fumetti letterari avveniristici e predittivi usava la pila sotto le coperte per imbeversi delle informazioni futuribili, laddove oggi farebbe scorrere le dita sullo schermo dell’IPhone ottenendo informazioni ancor più invasive?! Perché? La risposta arriva svelata dalla comparsa del conducente della Maserati Cielo. Accanto a lui

al posto del passeggero la raffigurazione dell’elmo

di un eventuale trasportato alieno. Una sagoma che però non è stata sufficiente per ‘schermare’ il conducente. Il quale, inaspettatamente, mi saluta…

Si trattava di Matteo Marzotto, imprenditore molto noto,

già presidente dell’ENIT, attento alle occasioni mondane e appassionato del mondo dei motori,  e sempre grande comunicatore, un dono di famiglia. Ci eravamo conosciuti ormai qualche anno fa in occasioni di lavoro legate alle istituzioni, all’economia, a Confindustria. Banalmente, gli ho chiesto scherzando se il manichino avveniristico accanto a lui fosse l’intelligenza artificiale.

“Certo – mi ha rassicurato –

la raffigura perché l’intelligenza reale è tutta qui sotto”.

Accanto a lui il macchinario che sintetizza le informazioni ricavate dalle telecamere posizionate sul roll bar e ricevute dai sistemi GPS. Avrete capito che si tratta dell’auto con guida autonoma. Un’esperienza, anche imprenditoriale, che Matteo Marzotto ha colto e sta vivendo con entusiasmo.

La Maserati Cielo allestita dal Politecnico

ha girato per Milano, mentre mezzi commerciali con sistemi analoghi hanno viaggiato anche sulle nostre strade. Quando ne avevamo avuto notizia, ci aveva turbato l’ipotesi che un giorno ci potrebbero privare del piacere, del privilegio, della libertà di guidare. Ipotesi che sinceramente mi aveva  da subito fatto inorridire. Ma l’incontro casuale in piazza Duomo a Milano con un evento iconico del mondo dei Motori, mi ha richiamato improvvidamente alla realtà facendomi riflettere: stiamo vivendo fasi analoghe al passaggio graduale verso gli stessi effetti che produrrà in noi la guida autonoma? Un esempio? Pensate alle auto acquisite con il noleggio a lungo termine: il canone mensile è relativamente basso, quantomeno alla portata di una fascia della popolazione che se la può permettere, così come  l’acconto richiesto. Ma poi occorre fare i conti con il limite al chilometraggio, oltre il quale il costo applicato sui chilometri percorsi  per la percorrenza in eccesso rischia di raddoppiare o addirittura moltiplicare il costo della rata mensile. Ovvero: tre anni di noleggio, 35 mila km di tetto di percorrenza nei tre anni, e rata finale da versare per trattenere l’auto che va dai 4 ai 6 mila euro. Significa percorrere 1166 km al mese. Ovvero, a parte un uso cittadino limitato, servirà lasciar perdere tutte le altre escursioni, salvo accollarsi spese fuori mercato. Quale può essere l’effetto di questa condizione spesso non considerata all’atto della sottoscrizione del noleggio? Che l’utilizzatore dopo avere percorso il kilometraggio previsto lascerà l’auto nel parcheggio, nel garage, e si limiterà ad ammirarla senza poterla usare non potendosi sobbarcare costi eccessivi. Ma il possesso di un’auto, la prova del mezzo, l’utilizzo anche temporaneo sono generati dal piacere di guidarla, di utilizzarla, di farle vivere le nostre stesse emozioni e anche a noi di viverle con lei. Ecco dove volevo arrivare: il fatto che a guidarla a Milano ci fosse un amico sorridente, mi ha fatto percepire la presenza dell’auto a guida autonoma in modo non sgradevole. Ovvero, ho acquisito il messaggio che anche l’auto che si sposta da sola, nella società del futuro ci potrà stare.

Ma il progresso ci priverà anche del piacere della guida?

Ci accontenteremo di programmarne il tragitto,

sempre che ci sia concesso,  lasciandoci trasportare passivamente dalla vettura,

senza poter fare una deviazione fuori programma

per degustare un prodotto locale, o eventualmente incontrare un amico o un’amica, salvo scusarci con loro a posteriori dicendo che non ci eravamo potuti fermare perché l’auto non era programmata per farlo?

Ecco un altro limite dell’intelligenza artificiale dal quale gli automobilisti si dovrebbero poter tutelare.

Speriamo che in futuro, quando la prassi della guida autonoma sarà consolidata, ciò sarà loro concesso, in un futuro prossimo o lontano che sia. Ah, come avrete capito, anche scontando le grosse difficoltà logistiche e relazionali causate dal blocco dei portali di posta elettronica, protrattosi senza preavviso o notifica della durata del servizio per quattro giorni, alla fine, al MIMO, quest’anno ho preferito la Mille Miglia e la cena nel cuore di Milano.

#charlieinauto3/308               #provavintge

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#testdrive Trazione posteriore ed elettrica: la mia prima volta con Cupra Born electric

Anche nella guida sportiva esalta le prerogative di sicurezza

Invariata la ricarica nella neve

L’opzione per scaldare o raffreddare mani e piedi

Come si comporta un’auto elettrica sulla neve? Ve l’avevamo già raccontato agli albori della mobilità elettrica: finora si era trattato esclusivamente di vetture tutte a trazione anteriore, nelle quali l’elettronica di bordo agiva in modo da livellare le prestazioni e le possibili criticità nell’aderenza delle ruote al fondo innevato o ghiacciato per rendere la guida e la marcia fluide e scorrevoli. Ovvero confacenti ai canoni della massima aderenza delle ruote sui percorsi con scarsa e scarsissima aderenza. La Cupra Born Electric rappresenta una novità assoluta per la Casa spagnola che fa parte del gruppo Volkswagen: è la prima auto del marchio sportivo nato dall’esperienza Seat a essere completamente elettrica. Condivide questa caratteristica con la Casa madre del gruppo, ma la vocazione sportiva della Cupra Born traspare da molti dettagli, scelte progettuali e accessori. Siamo arrivati alla quarta, e ultima puntata dedicata a questo azzeccato modello elettrico, e come promesso vi sveliamo l’ottava sorpresa, che si riferisce a a una caratteristica sostanziale dell’auto. Ritorniamo alla nostra vettura dopo l’immancabile tappa per rifocillarci con una fetta di Sacher e la cioccolata o il caffè con panna all’Angolo di Jasmine. Siamo sul Piancavallo (Pn) e ci dirigiamo verso le uniche due colonnine di ricarica della località montana pordenonese, quota 1.250. Si trovano di fronte alle piste da sci e nei pressi di alcuni dei principali alberghi. Il tempo della passeggiata e della ‘merenda‘ in montagna e l’auto, che dispone della tecnologia del momento per l’ottimizzazione della ricarica e dei flussi di corrente, ci fa ritrovare la batteria da quasi scarica, come quando l’avevamo abbandonata collegandola alla colonnina con il cavo in dotazione,

con la capacità rigenerata all’80 per cento in 50’.

Una prerogativa importante, che la rende versatile e utilizzabile in condizioni particolari, come ci ha confermato la prova, anche in mezzo alla neve. Nonostante la temperatura rigida, le colonnine sono coperte di neve, a conferma di quanto dichiarato dalla Casa la batteria della Cupra Born Electric si ricarica per l’80 in 50’, purché la colleghiamo con meno del 5 per cento di capacità. Un dato interessante perché la potenza del mezzo, che per quanto riguarda il modello in prova è di 204 Cv, ci indurrà spesso a non risparmiare la pressione sul pedale dell’acceleratore e ciò ridurrà l’autonomia dell’auto. Autonomia che cercheremo di recuperare almeno in parte al rientro a valle con l’utilizzo del sistema di rigenerazione di intensità regolabile con le palette al volante, utilissimo anche per ridurre o scongiurare l’usura del freni della nostra Cupra Born electric in quanto sostituisce l’uso del pedale del freno. Ora però ci rimettiamo in movimento, e dopo avere riposto il cavo per la ricarica nella sua custodia e averlo caricato nel bagagliaio riprendiamo il nostro test. La nostra escursione a piedi nella neve era stata piuttosto lunga, e nonostante fossimo adeguatamente attrezzati, il freddo si stava facendo sentire. Così, rifacendomi alle istruzioni per l’uso che compaiono sul display centrale, attivo le modalità di riscaldamento, analoghe a quelle che utilizzeremo fra qualche mese per il raffreddamento dei sedili anteriori andando mare. Le opzioni a disposizione che compaiono chiaramente sul nitido schermo a tocco sono:

Scalda le mani, scalda i piedi, raffreddamento rapido, raffredda i piedi,

aria fresca e visuale libera, purificatore dell’aria. Usciamo dal cuore della località pordenonese e dirigiamo verso la vallata. Provo a forzare accelerando a fondo o facendo cambiare rapidamente direzione e corsia alla Cupra Born electric, ma l’auto non si scompone di molto. Ci prendo gusto e mi infilo nel percorso misto nel sottobosco, e la Cupra Born electric accenna a sbandare leggermente con il retrotreno, ma si ricompone immediatamente e mantiene di nuovo con determinazione il percorso che le chiedo senza incertezze o reazioni inaspettate.

Finalmente mi accorgo che è la prima elettrica posteriore che provo.

Il riscontro davvero positivo che ho avuto sta nel fatto che nonostante avessi insistito forzando la guida e aumentando la velocità del test, il risultato non è cambiato: l’auto non ha mai creato situazioni critiche, anzi, una volta a conoscenza della modalità di trazione e delle sue potenzialità, mi ha permesso di proseguire con una guida ritmata e davvero divertente, eIMG_9419 IMG_9425 IMG_9437 IMG_9438 IMG_9441 IMG_9443 IMG_9450 IMG_9464 IMG_9474 IMG_9484 IMG_9870 IMG_9713 IMG_9887 IMG_9897 IMG_9889 IMG_9893 IMG_9677 IMG_9685 IMG_9690 soprattutto sicura. A conclusione del testdrive rientriamo in città, questa volta a Udine, per provare ancora le telecamere di bordo e il sistema di visione a 360° gradi, e il parcheggio automatico, che ci hanno confermato l’estrema versatilità e completezza dell’auto.

#charlieinauto3/307           #provavintage   

#testdrive : #Cupra Born Electric su terra verificare della tenuta con aderenza ridotta

Difficile cimentarsi nel drifting o derapage controllato ma la guida è divertentissima

Ecco l’8. Sopresa: la Cupra Born Electric è a trazione posteriore con 204 CV

Il look della Cupra Born Electric che abbiamo in prova è forse il più azzeccato tra quelli messi a disposizione dalla Casa. Il colore è il blu petrolio metallizzato con le efficaci rifiniture color rame, mentre nei  cerchi color carbonio ci sono accattivanti inserti color rame e c’è un bordo ramato sul muso, che sul muso attraversa la calandra color nero caratterizzata dalle ampie prese d’aria. Si tratta di una serie di grintose bocchette adottate principalmente per motivi estetici, non essendo necessario un raffreddamento importante per il motore elettrico. Il colore della carrozzeria non perde il suo fascino cambiando la fonte di luce, ovvero nelle diverse ore del giorno, e mantiene in evidenza sia il logo che il marchio a led: sono entrambi color rame. È un’auto che al suo passaggio non resta inosservata, anche per il look nel contempo tecnologico e sportivo, studiato per lasciar trapelare un’aggressività controllata: probabilmente è questo l’intento dei progettisti. Se per le dimensioni esterne potrebbe essere ritenuta una city car, a tradirla sono le dimensioni interne e le prestazioni.

Infatti, in tutte le versioni raggiunge i 100 km/h da fermo in 6,6”.

Partiti da Lignano per il caffè e il break mattutino alla Terrazza Cortina, dopo avere seguito un evento culturale a Latisana, alla Galleria La Cantina, nella Riviera friulana, ci spostiamo a Portogruaro, per una sosta al Caffè Roma e per leggervi i quotidiani. Poi, la vicinanza con la campagna del Medio Friuli e i terreni anche vitati a ridosso del fiume Tagliamento ci stimolano ad andare finalmente a cercare un percorso sterrato. Cominciamo con un bel rettilineo che ci permette di aprire a fondo… No, scusate: qui non apriamo un bel nulla perché spingendo a fondo il pedale dell’acceleratore non si apre nessuna valvola del carburatore o della pompa della benzina. Si attiva semplicemente un trimmer che eroga al motore elettrico il massimo dell’energia. Per contro, in questo caso, la pressione massima sull’acceleratore fa attivare il livello più alto dei controlli di sicurezza attiva che gestiscono la nostra Born Electric. Lo sterrato che abbiamo trovato è scorrevole, privo di attraversamenti e con una buona visibilità. Il che ci consente di completare la prova. Ecco una bella curva, ‘Media’ avremmo fatto scrivere al nostro navigatore, seguita da una controcurva altrettanto accentuata, e la Cupra Born Electric conferma le sue doti di stabilità e sicurezza, mantenendo anche in questa ‘esse’ le traiettorie che le avevamo chiesto. Ed ecco finalmente un bel bivio a T in leggero dosso. Così a metà curva affondo sul pedale dell’acceleratore, visto che anche nella pur brevissima fase di immissione in curva, nella staccata, ero stato agevolato, come nella guida veloce, dall’efficace sistema di rigenerazione della batteria che si riflette nella decelerazione rapida dell’auto e ci fa risparmiare l’uso dei freni senza ridurre la sicurezza. Ed ecco il primo sintomo sospetto: un pur lieve accenno di sbandata del retrotreno nella fase di accelerazione, che era comunque rientrato istantaneamente. Un ‘sintomo’ che avrebbe potuto essere scaturito anche dai controlli delle quattro ruote motrici, ma certamente non da un’auto a trazione anteriore, come mi aspettavo fosse la Cupra Born Electric analogamente alle auto elettriche che avevo provato.

Al che mi chiedo: e se fosse a trazione posteriore?

In effetti la batteria è posteriore, e si trova a ridosso dell’asse posteriore, così contribuisce ad abbassare il baricentro aumentando la stabilità. Una soluzione che aumenta anche il peso sull’asse posteriore, che anche se è ridotto rispetto ad altri accumulatori fa in modo che le ruote posteriori aderiscano sempre al terreno. A questo punto cerco di arrivare a una curva più decisa e forzo la manovra riducendo i controlli elettronici, così finalmente la Born accenna a derapare. Ok, messaggio ricevuto: rimettiamo in ordine i comandi e proseguiamo nella funzione sport sul tratto in sicurezza per gli altri e per noi. Qui comincia il tesIMG_9362 IMG_9320 IMG_9339 IMG_9341 IMG_9352 IMG_9356 IMG_9360 IMG_9324 IMG_9600 IMG_9604 IMG_9611 IMG_9504 IMG_9596 IMG_9636 IMG_9644 IMG_9648 IMG_9649 IMG_9653 IMG_9657 bcd9489e-ae97-44c2-9e4c-7bec2c85adact su terra che si rivela puro divertimento.

#charlieinauto3/306     #provavintage