Ho sempre creduto nella democrazia e nelle sue libertà propagandate, ma oggi no, non ci posso più credere.

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Avv. Dott. Andrea Atzori

 

Sono a grave rischio di cadere vittima del terrorismo nazifascista. Per questo non pubblico più nulla da anni, sul mio blog “Emisferi contrapposti” e neppure su Facebook. Questo accanimento nei miei confronti è dovuto al fatto che ho la pelle dura ed ancora non sono riusciti a seppellirmi. Fin da quando, laureando in Giurisprudenza nel lontano 1974, con la tesi depositata e l’ultimo esame sostenuto, dovetti attendere un anno intero per laurearmi, io che non avevo mai ripetuto esami! Dopo la laurea non trovavo lavoro, perché mi ero laureato tardi, dicevano. Presentai subito la domanda per la nomina a viceprocuratore onorario, ma presso la Corte d’Appello di Cagliari, dove mi presentai per avere notizie mi dissero che la mia domanda era stata respinta. Mi fecero vedere un foglietto scritto a mano con cinque nomi tra cui non c’era il mio. Quando però ebbi la possibilità di avere la disponibilità di un computer, feci un controllo in internet dentro al sito del Consiglio Superiore della Magistratura e trovai il verbale in cui, invece si disponeva la mia nomina a Vice procuratore onorario. Ovviamente ero stato fregato in quanto il mio incarico lo avevano assegnato a qualcun’altro scelto da loro, cioè dai funzionari della Corte d’Appello di Cagliari, essendo persone che si considerano onnipotenti, cioè autorizzate a fare tutto ciò che vogliono, in quanto “Legibus Solutus”. Molti anni dopo, nei primi anni novanta, ebbi la nomina a Giudice di pace di Ales, in provincia di Oristano, la città natale di Antonio Gramsci. Anche questa può essere considerata una premonizione. Anche il Liceo Classico dove ho conseguito la maturità classica nel lontano 1968 a Carbonia, era intitolato ad Antonio Gramsci.  Mi presentai presso la cancelleria del Tribunale di Oristano per assumere l’incarico, ma il cancelliere tentò in tutti i modi di terrorizzarmi, affermando che se io avessi accettato questa nomina sarei morto di fame in quanto non avrei trovato alcun lavoro da svolgere per guadagnare anche il minimo per sopravvivere. Da come mi parlava, in particolare l’insistenza, capii che voleva terrorizzarmi, al fine di impedirmi di accettare questa nomina.  In ogni caso, poiché lavoravo già come LSU presso la sede provinciale dell’Inps di Cagliari, decisi di rinunciare. Nel 2000 passai di ruolo e mi trasferii a L’Aquila. Mi arrivò poi una telefonata dal C.S.M., con cui mi proposero di avere la nomina in qualunque parte d’Italia dove io volessi. Ma ormai ero di ruolo all’INPS e decisi di tenermi stretto il mio posto di funzionario dello Stato, per cui rifiutai. Mi bocciavano sempre all’esame di avvocato, per superare il quale dovetti attendere la riforma del Ministro Castelli, in virtù della quale le prove scritte da correggere dovevano essere trasmesse in altre Corti d’Appello diverse da quelle in cui gli esami erano stati sostenuti. Questo per evitare le truffe! A Napoli è di norma che le prove scritte, in attesa di sostenere l’orale, vengano ripetute una seconda volta, in quanto, essendo le prove da correggere più di quattro mila, quando si conosce l’esito è già tempo di sostenere la prova scritta dell’anno successivo. Ebbene, la prima volta le prove vennero corrette a Milano e la seconda a Bologna. Le superai entrambi. Ma erano trascorsi trent’anni dalla data in cui mi ero laureato. Da considerare, inoltre, che essendo già una persona anziana, ormai dedito al lavoro più che allo studio, non avevo più quello smalto di quando ero giovane appena uscito dall’università. Insomma, bocciato proprio perché bravo, prima, quando passavano tutti, ma promosso solo dopo che la selezione si faceva durissima. Inoltre, solo io mi presentai a sostenere le prove scritte dell’esame di avvocato con solo in mano il codice ammesso per legge, mentre tutti gli altri si trascinavano dietro valige enormi, c.d. trolley, piene di libri. Era tutto un lavoro di gruppo a cui anche molti commissari d’esame collaboravano. Vigeva la regola che per entrare dentro al Teatro Tenda a Fuorigrotta, sede degli esami di Avvocato, bisognava rispettare l’ordine alfabetico del cognome e nome dei candidati. Il mio nome e cognome iniziano entrambi con la prima lettera dell’alfabeto, cioè la A. Fui tra i primi ad essere chiamato, ma proprio a causa del fatto che con i loro libri dentro ai valigioni avevano già occupato tutti i posti, cioè tutti i quattromila posti disponibili, purtroppo, non riuscivo a trovare posto a sedere. Insomma, solo io, come fosse un destino ineluttabile, ero anche condannato a non essere neppure posto in condizioni di sostenere l’esame a cui tenevo molto.  Mi rivolgevo, disperato, ai commissari d’esame i quali facevano orecchie da mercante, neppure mi ascoltavano. Ho, per mia fortuna, incontrato per caso, mentre tentavo di risolvere questo gravissimo problema, un ragazzo delle pulizie al quale ho esposto la situazione in essere e Lui mi disse di aspettare che andava a cercare un tavolino ed una sedia nel magazzino. Tornò quasi subito con un tavolino ed una sedia piccolissimi, di quelli pieghevoli che si usano in spiaggia, al mare. Li sistemò al primo posto, davanti a tutti gli altri banchi proprio sotto la telecamera. Ringraziai sentitamente, poi mi tolsi il giaccone e lo poggiai sulla piccolissima sedia, scomodissima ed in queste condizioni, trattato a tipo cane non uomo, mi preparavo a sostenere le prove scritte di questo diabolico esame di abilitazione professionale all’esercizio della professione di avvocato. Ciò nonostante, ho superato l’esame perché le prove erano state corrette in altre Corti di Appello diverse da quella in cui le prove stesse erano state sostenute. Come detto le prove scritte vennero corrette la prima volta a Milano e la seconda a Bologna e le superai entrambe! Era chiaro che a Cagliari le prove scritte degli esami in sede di correzione venivano rese oggetto di una gravissima truffa, in quanto le bustine piccole con dentro il nome e cognome del candidato che dovevano rimanere rigorosamente chiuse, venivano, invece aperte, per poter promuovere i raccomandati e bocciare i meritevoli, in quanto questo è sempre stato il sistema clericofascista per mantenere al potere la propria classe dirigente di privilegiati sociali, c.d. figli di papà. Roba da arrestarli tutti, perché tutti responsabili di reati gravissimi, delinquenti, non giudici e avvocati! A fare l’avvocato, il c.d. grande avvocato, doveva sempre essere il figlio di avvocato. L’incubo loro era quello che il meritevole potesse dimostrare loro tutta la loro incapacità e denudarli delle loro miserie. Accadde infatti, che alla prima causa che affrontai come legale, che vinsi in primo grado, in appello venisse arrestato l’avvocato della controparte, primo caso in Italia di arresto di un avvocato nell’esercizio delle sue funzioni, per calunnie nei miei confronti e del cancelliere di quella Pretura dove la causa veniva trattata. Scoppiò il finimondo. La mia vita venne distrutta, anche la mia famiglia mi tradì, mettendosi d’accordo con quegli avvocati invidiosi che mi volevano morto. I miei fratelli come Caino, mi accusarono di essere malato di mente e mi mandarono, per essere curato presso il fratello psichiatra, proprio di quell’avvocato che mi sbatteva in faccia le porte nel palazzo di giustizia, mi sbatteva in faccia il giornale che teneva in mano e mi faceva lo sgambetto quando passava. Per otto lunghi anni dovetti sottopormi ad una cura a base di benzodiazepine, Melleril, Disipal, Serenase. Urinai sangue, tanto sangue che dovette sospendermi la cura. Ne seguì una prostatite che dopo decenni di cure mi fece finire in sala operatoria, ma che ancora oggi mi costringe ad andare in bagno decine di volte sia di giorno che di notte. Presentai denuncia per questi fatti alla Procura della repubblica di Cagliari, ma, come sempre, come ogni altra azione che ho intrapreso contro i miei aguzzini, venne archiviata. Denunciai, penalmente, perfino la commissione dell’esame di avvocato. A Cagliari c’era stato un altro caso di avvocato che venne fatto sparire e non si ritrovò mai il suo cadavere. Un caso che fece moltissimo clamore a livello nazionale ma che non trovò mai una sua definitiva soluzione. Ebbene, io so come si è svolta quella vicenda, in quanto anche io ho avuto la stessa terribile esperienza e quindi so chi ha ucciso l’avv. Gianfranco Manuella. Mi sono salvato per miracolo, solo perché già sapevo che a portare via questo giovane collega era stato un furgone bianco, dopo di che non se ne seppe mai più nulla. Dovevo finire dentro quel furgone, parcheggiato davanti al palazzo del grande avvocato, di cui non faccio il nome, che non si può nominare, in quanto si finirebbe subito sotto processo per direttissima ed in carcere dove si finirebbe impiccato come accaduto già a qualcun’altro. Come nel film di Harry Potter, lo chiamerò “Tu sai chi”. Dopo la cena a casa sua finita oltre le due di notte, dovevo partire con loro, il campione di Judo e il piastrellista, oltre all’avvocato, per buttare, dicevano, un sacco di spazzatura nelle campagne di Maracalagonis, un comune in provincia di Cagliari, dove costui teneva una villa. Ma risposi di no. Non ci andavo perché già sapevo. Sono tornato a casa mia, sano e salvo. Anche nella sentenza con cui vennero assolti gli avvocati arrestati in base alle calunnie delle persone che si dichiararono informate dei fatti, si parlò di questa vicenda come maturata all’interno dei rapporti loschi che la vittima avrebbe intrecciato con le basi Nato. Sono solo tentativi di denigrare e svilire la figura di un professionista bravo e capace ma non accettato dentro alla comunità degli avvocati, proprio perché migliore degli altri, un meritevole, non un raccomandato. Quel sacco di spazzatura da buttare con il furgone bianco eravamo proprio noi. Solo spazzatura di cui disfarsi. Ma come si può non capire che se il giudice che conduce le indagini è vicino di casa dell’assassino, avvocato di grido, il cui padre era stato condannato per crimini di guerra nell’ultimo conflitto mondiale, non si può non rendersi conto che sarà inutile ogni tentativo di fare giustizia e affermare la verità. Sono sicuro che quella notte il furgone bianco non è partito per le campagne di Maracalagonis, perché l’avvocato era presente di buon mattino nello studio e gli arrivavano in continuazione le telefonate del piastrellista che teneva in casa non so per cosa, ma si lamentava che la moglie dell’avvocato “non ci stava” e lui rispondeva di non poterci fare niente. Non ho mai, prima di oggi, rivelato questi fatti a nessuno. Perché ho paura che farei la fine di quel pentito che finì la sua vita impiccato dicono suicida, in carcere. Parlano di democrazia, libertà, uguaglianza, ma sono tutte bugie, oggi come ieri e come domani, non cambierà mai niente e se non sei parte del sistema, cioè un raccomandato, non puoi sperare in niente, sei già morto in partenza. Il fastidio di uomini come me o Gianfranco Manuella per il sistema sociale e politico, consiste solo nel fatto che il nostro merito è tale da mettere in imbarazzo i raccomandati. La giustizia in Italia non è un servizio pubblico perché é da sempre, un potere accentrato nelle mani delle stesse famiglie, di cui i clericali sono i garanti. Devi sparire solo in quanto la tua presenza dà fastidio al figlio di papà. Chi sei tu che ti permetti di atteggiarti, al suo cospetto, come un pari, un uguale? Nulla può cambiare, niente cambierà mai, a scanso di qualche gravissimo scontro bellico, come è sempre stato nella storia umana. La Nato, in questo caso può avere senso solo in quanto organo diretto, mirato, al mantenimento dello status quo. Non accetta i cambiamenti delle gerarchie sociali e chi capisce il senso della storia umana viene preso a bersaglio.
Un altro, gravissimo, episodio che ho dovuto, purtroppo, sperimentare in questo senso, è quello che dovetti subire a Roma nel 2015, quando mi invitarono, dalla sede centrale del Partito Democratico a Roma, di partecipare al convegno sulla riforma dell’Università che si sarebbe tenuto in via Sant’Andrea delle Fratte, dove si trova la sede centrale del PD. Sapevo da anni di essere stato iscritto nei gruppi di lavoro per la riforma dell’Università, ma, pur invitato, non avevo mai partecipato. Accadde però, che nei primi mesi del 2015 mi arrivassero telefonate in continuazione a cui però, non rispondeva mai nessuno. Era il periodo in cui avevo pubblicato sul mio blog alcuni articoli sull’abbattimento del Boeing 777 della Malaysia Airlines volo MH17 nel Donbass, in cui esprimevo il mio punto di vista, le mie considerazioni, su quel caso. Cominciarono ad arrivare sul mio telefono chiamate in continuazione a cui però non rispondeva mai nessuno. Fino a quando rispose una signora che si qualificava come responsabile del Partito Democratico per L’Università. Mi chiese se volessi partecipare a questo convegno e, poiché ero titubante, mi avvertì che se non partecipavo mi avrebbe cancellato dal gruppo costituito per la riforma dell’Università. Accettai e mi presentai, dopo avere prima prenotato una camera in un hotel nella zona Termini. Partecipai ai lavori e poi rientrai in albergo. Ma quella notte in albergo fu di terrore estremo che passai in piedi senza stendermi a letto neppure per un attimo. Non era neppure un albergo, in quanto vi stavo solo io e nessun altro. Mentre ero in camera, appena arrivato, il titolare discuteva con uno del personale che dal viso aveva chiare sembianze africane, un egiziano forse. In quell’albergo, tranne il titolare e la moglie, tutti gli altri dipendenti erano di colore. Lo invitò in una stanza a fianco alla mia e sentii questa persona gridare, “Come devo fare io? Come devo fare io?”. Non parlò più, ma si sentiva il suo singulto mentre lo strangolava. Rimasi in piedi tutta la notte. Sentii trascinare il cadavere e più tardi tentarono, in due, in quanto udii due voci, di un uomo ed una donna, di aprire la porta della mia camera. Ma tenevo sempre fermo bene e stretto il pomello interno della porta. Non riuscirono ad entrare perché rimasi fino alle sei del mattino in piedi e dopo preparai i bagagli e uscii dalla camera. Trovai alla reception uno dei dipendenti di colore con il suo abito nero in cravatta nera e poiché tenevo in mano la chiave della porta della camera mentre uscivo, per lo stato in cui mi trovavo non connettevo neppure bene, mi richiamò, chiesi scusa, mi guardò dritto in faccia e mi fece segno di sì con la testa. Ripenso sempre a lungo a questa vicenda terribile ed oggi mi viene da considerare che di sicuro queste persone che stanno in Italia per motivi di lavoro e subiscono tante ingiustizie fino a perdere la loro vita, di sicuro avranno avvertito il loro consolato o l’ambasciata in Italia, delle ingiustizie che hanno subito. Per questo Al Sisi, il presidente egiziano che venne accusato dal governo italiano di avere ucciso Regeni, dopo avere negato, rispose che, invece, tanti sono stati gli egiziani uccisi in Italia e nessuno se ne è mai occupato. Mi viene anche da pensare che anche la pianificazione del mio omicidio in quella stanza d’albergo sia giunta alle orecchie del presidente egiziano, che di sicuro venne informato di ciò dalla sua ambasciata a Roma. Non mi stupisce, pertanto, che a Ginevra, nel corso della foto ricordo dei premier dopo la conferenza sulla Libia, in prima fila il presidente Putin si sia stretto bene al suo fianco il presidente egiziano Al Sisi ed abbia allontanato con una spallata Giuseppe Conte, il premier italiano di allora, che tentava di inserirsi tra i due. Comunque, tengo a precisare che di questi fatti subito dopo essere tornato a Napoli dove abitavo e lavoravo come funzionario INPS, informai la questura della polizia di Napoli, non ricevendo però alcuna informazione su eventuali indagini. Da allora, anche lo scontro della Russia con l’occidente si è inasprito fino ai nostri giorni. Sta di fatto che da allora la mia vita è divenuta un incubo. Da Perugia, dove abitavo, sono stato costretto a trasferirmi a Sanremo, dove ho trovato la stessa situazione pari ed identica. Pare mi stessero aspettando. Quando stavo a Perugia, abitavo in un piccolo appartamento al piano rialzato. Sotto abitavano arabi arrivati poco dopo di me. Pareva tutto organizzato. Non mi diedero mai un minuto di pace. Pur esistendo un parco giochi per bambini proprio sopra il parcheggio delle auto, loro dovevano per forza mettersi davanti alla mia finestra, per giocare a pallone, girare in bicicletta, pattinare ecc. Erano decine e facevano un fracasso infernale. Per di più pericolosissimo anche per loro stessi, in quanto giocare in un parcheggio pieno di auto non era certo molto raccomandabile. La notte stavano a palleggiare contro le mura dell’appartamento fino oltre le due di notte, per cui non potevo neppure dormire. Non ho mai reagito, infatti sapevo benissimo, che trattandosi di una forma mascherata di terrorismo, mi provocavano apposta per innescare una mia reazione. Dietro la forma di un gioco di bambini vi era chi mi voleva affrontare direttamente, con un corpo a corpo mortale. Nel profondo della notte, siccome in quel palazzo si sente tutto, ho udito un loro discorso, in cui uno diceva all’altro, di volermi uccidere, e l’altro rispondeva, “Non ha niente, lo vedi, ma perché lo vuoi uccidere?”. Pe cui sapevo benissimo il rischio terribile che stavo correndo, anche perché le autorità, pur informate dormivano sonni profondi. Dalle mie stanze, udivo anzi delle persone che non conoscevo, incitare i residenti a far scendere dentro il parcheggio i loro bambini a giocare perché tanto io ero un morto! Ne parlai con l’amministratore del condominio ed egli diramò una circolare con cui vietava l’uso degli spazi condominiali per scopi diversi da quelli propri della loro funzionalità. Cioè il parcheggio era solo per le auto. Ma non solo non se ne dettero per intesi, ma si comportarono molto, molto peggio. Mi rivolsi ai carabinieri, ma da quello che accadde poi capii benissimo che me ne dovevo andare. Un giorno andai al centro commerciale Quasar di Corciano, un centro a pochi chilometri da Perugia, dove ordinai un panino al Burger King. Al rientro tenevo dietro di me un’auto della polizia che mi seguiva fino alla loro caserma a poche decine di metri da dove abitavo. Può essere solo una coincidenza. Ma fatto sta che quando arrivai al parcheggio trovai una macchina dei carabinieri messa di traverso che non mi consentiva di passare, di entrare. Le famiglie di arabi erano tutte fuori e non capivo cosa stesse succedendo. Portai l’auto in una via antistante e andai a farmi un giro intorno al palazzo. Da quel giorno la mia vita divenne un incubo, dicevano che io ero un morto e loro erano padroni di fare di me tutto quello che volevano. Non potevo dormire la notte e di giorno dovevo stare il più possibile alla larga. Grida e fracasso terribile, sia di giorno che di notte. Capii che pur avendo due lauree, Giurisprudenza e Scienze Politiche ed il titolo di avvocato, essendo abilitato a svolgere la professione di avvocato, funzionario Inps area C3, non sono niente in confronto a qualunque arabo anche clandestino. Decisi di traslocare anche se i mobili ed elettrodomestici di quel locale erano tutti miei, anche i lampadari, i divani, la cucina, la lavatrice, camera da letto, studio ecc. Ho perso tutto. Migliaia di euro. Su insistenza della persona con cui convivo, decisi di andare a vivere a Sanremo e trovai un piccolo appartamento ammobiliato. Sempre in affitto. Chiesi prima all’agenzia immobiliare che si occupava dell’affitto, se vi fossero in questo palazzo degli arabi dopo avergli spiegato la mia brutta esperienza. Ma lui disse subito di no. Ed invece ci stanno proprio di fianco al mio appartamento. Direi anzi, che la situazione è anche peggiore, perché al piano di sopra ci sta pure un cubano che fin da quando sono arrivato, la sera stessa viene a farmi fortissimi suoni gutturali davanti al mio portone. Incessantemente, giorno e notte, facendo tremare tutto il palazzo. E’, semplicemente, un incubo! L’amministratore del condominio dice che lui non ci può fare niente, lo considera una brava persona. Dovrò traslocare ancora una volta. Sto attraversando tutto lo stivale senza trovare quella pace e tranquillità che la mia età ormai anziana richiederebbe. Una volta, qui a Sanremo, accadde che sul pianerottolo questi arabi si mettessero a calciare un pallone sul mio portone. Colpi terribili che minacciavano di sfondare la porta. Insomma, come a Perugia, solo che almeno, lì giocavano nel parcheggio, qui invece giocano, addirittura, sul pianerottolo. La mia vita è tutta un incubo. Mi dispiace solo per il povero Gianfranco Manuella, anche se neppure lo conoscevo, ma doveva essere, di sicuro una grande, brava, ottima persona!

Post scriptum
Nel periodo in cui cercavo ma non trovavo lavoro, dopo la laurea in legge, per non perdere altro tempo inutile, mi iscrissi alla facoltà di scienze politiche di Cagliari, per prendermi un’altra laurea. Gli esami mi andavano bene, come sempre, come a Giurisprudenza, solo che, come a Giurisprudenza, non superavo l’ultimo esame. Ero fermo da anni per l’esame scritto di lingua inglese. Forse perché non ero predisposto per questa lingua? L’esame scritto di lingua francese lo abolirono per lo stesso motivo, cioè la difficoltà incontrata a livello generalizzato. Ma quello di lingua inglese persisteva. Accadde che mi trasferii a Napoli come funzionario presso la sede Inps del Vomero e mi iscrissi presso la facoltà di scienze politiche della Università Federico II, dove preparai la tesi essendo un laureando, e sostenni lo scritto di inglese ultimo scoglio rimasto per sei lunghissimi anni. Stessa storia, tutti promossi solo io bocciato. Ma cominciai a capire qualcosa che mi pareva all’inizio, assai strana. Infatti, le c.d. lettrici della lingua inglese, mi facevano sedere da solo, molto in disparte, mentre tutti gli altri erano seduti di fianco tra loro, vicinissimi. Inoltre controllavano solo a me, in continuazione. La cosa era assai strana. Così mi accadde che un giorno decisi di invitare a pranzo una ragazza che seguiva come me il corso di inglese e le spiegai il mio caso. Con grandissima naturalezza e semplicità, Lei mi spiegò che a loro tutti venivano consegnate, distribuite le prove già scritte e pronte per essere copiate e non si spiegava per quale motivo a me, invece, no. Mi diede un foglio con la prova già scritta e dovetti, però, ovviamente, impararla a memoria, perché io non potevo copiare mentre tutti gli altri sì. Io non potevo copiare in quanto ero l’unico ad essere controllato. Passo le notti a pensare su questi fatti. Cerco una spiegazione, voglio credere ancora che esista al fondo una morale, ma mi rendo conto che non si tratta di una favola, ma di una tremenda verità, che ha distrutto in me ogni fiducia nell’essere c.d. umano!
Pertanto, debbo dedurne che esista un vizio di fondo delle Università italiane, un pregiudizio nei miei confronti. E a dire che ero già iscritto ai gruppi di lavoro del Partito Democratico per la riforma dell’Università, di cui solo i più grandi docenti e responsabili delle più importanti Università italiane ne fanno parte.

Nota bene:

In ogni prova che ho sostenuto, per l’abilitazione alla professione di avvocato presso la Corte d’Appello di Cagliari, per moltissimi anni, ho sempre ottenuto gli stessi voti, 3 in una e 4 in un’altra. Dopo la correzione le prove scritte presentavano solo una successione di punti interrogativi ai margini dei fogli uso bollo su cui le prove erano state redatte. I voti riportati sono stati sempre gli stessi fino all’introduzione dei pareri giuridici al posto dei temi giuridici. Dopo, quando venne disposto l’uso dei pareri giuridici, i voti cambiarono, ma anch’essi rimasero, negli anni, sempre gli stessi, cioè 4 in una e cinque in un’altra. Forse, neppure li leggevano, sapevano che era il mio compito e vi apponevano, sistematicamente, sempre gli stessi voti. L’efficienza della democrazia nazionale italiana è stupefacente. La scritta “la legge è uguale per tutti” campeggia in ogni aula giudiziaria!

 

Avv. dott. Andrea Atzori

Ho sempre creduto nella democrazia e nelle sue libertà propagandate, ma oggi no, non ci posso più credere.ultima modifica: 2023-06-22T17:15:48+02:00da Artalek

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