VI Domenica di Pasqua anno B Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 15,9-17)

Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici

Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 15,9-17)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato Me, così anch’Io ho amato voi. Rimanete nel mio Amore. Se osserverete i miei Comandamenti, rimarrete nel mio Amore, come Io ho osservato i Comandamenti del Padre mio e rimango nel suo Amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio Comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come Io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che Io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto Me, ma Io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio Nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri». Parola del Signore.

Riflettiamo

C’è un grande abuso di espressioni che richiamano l’amore inteso semplicemente come segno di amicizia e di affettuosità, e queste espressioni quasi sempre si scrivono con sincerità, senza capire la complicanza delle parole. In moltissimi casi si scambia la condivisione di qualcosa o la frequentazione tra amici con un affetto che rimane tale e non si eleva oltre l’umano.

Molti sono convinti di amare veramente qualcuno/a ma si bloccano quando sorge una difficoltà e si teme di entrare in una fase negativa o di dover iniziare una salita impegnativa, così ciò che consideravano amore, era altro e si abbandona quella persona o anche più persone.

Era vero amore?

L’amore inteso nel Vangelo richiama la bontà, l’affetto sincero, una premura amorevole e mai irritata verso le persone che si amano.

Amare significa desiderare il meglio dell’altro, anche quando le motivazioni sono diverse. Amare è permettere all’altro di essere felice, anche quando il suo cammino è diverso dal nostro. Amare è un sentimento disinteressato che nasce dalla volontà di donarsi, di offrirsi completamente dal profondo del cuore.

Rimane determinante l’assimilazione del significato di amare. Gesù ci invita ad elevarci nell’amare gli altri e di amare tutti come Lui ci ha amati, per questo non solo ci necessita il suo Spirito, dobbiamo anche lottare serenamente contro i vizi che ci disturbano.

Non siamo noi ad avere accolto i vizi o ad averli cercati, ci sono sempre stati in ogni essere umano, ma noi possiamo controllarli e limitarli, fino a diminuire la loro cresta. Questo comporta il cammino spirituale, esso ci facilita principalmente il controllo dei vizi e soavemente addolcisce il nostro carattere, proprio per la diminuzione dell’orgoglio e della superbia.

La preghiera leviga e calma la nostra vita, fa diminuire l’eccessiva sicurezza e aiuta a riflettere quotidianamente su se stessi. Quante volte in un anno ci si mette dinanzi alla propria coscienza e si interroga per individuare gli errori, i comportamenti avventati, la mancanza del dominio dell’orgoglio?

Chi pecca di orgoglio e continua a pregare, constaterà nel tempo una migliore disposizione interiore e comincerà ad amare in modo autentico e genuino, senza cadere come in passato nella gelosia e nell’ira.

L’amore che ci chiede Gesù è più elevato di quello umano, e l’amore umano ha mille sfaccettature che non si risolvono in uno scritto e che solo il Signore conosce perfettamente. Noi riusciamo ad individuare solo qualcosa del significato del termine amore, ma è sufficiente per capire che la sua graduazione è incommensurabile.

L’amore di cui parla Gesù è un esclusivo bene che il cristiano deve elargire a tutti e questo riesce a farlo se possiede l’Amore di Dio. Per capire se si ama davvero il prossimo, va verificato il sentimento improvviso che sorge dinanzi a qualsiasi situazione. Non è facile giungere alla condizione superiore a quella umana e la strada passa per la carità, l’altruismo, la compassione verso tutti.

Chi dona questo amore perché desidera il bene di tutti, avverte una rinnovata gioia interiore, la pace interiore è sempre stabile e inonda l’anima.

Ogni persona desidera amare (ma a modo suo) ed essere amata, quando non si riesce ad amare e ad essere amati come vorremmo, scatta la sofferenza. È comprensibile ma perché non cercare la cura? È Gesù Cristo la medicina, chi non è vicino a Lui non riesce ad amare veramente, non ha sincerità ed è solo convenienza.

Qualsiasi amore tra persone non credenti è sempre suggellato da interessi, talvolta anche corretti ma se crolla quell’unico interesse, finisce l’amore. Chi ama Gesù invece riesce a superare la fine di un sentimento perché continua ad amare quella persona.

Cos’è allora l’amore? Innanzitutto è accogliere l’Amore di Dio, amare Dio e amarsi. Ci vuole consapevolezza nel corrispondere all’amore, solo così diventa sentimento, coinvolgimento ed entusiasmo. Quando il cristiano non avverte l’Amore di Dio e lo cerca, esiste una difficoltà ed è la mancata autostima.

Molto spesso non si riesce ad amare nessuno per una percezione sbagliata che la persona ha di sé, quindi non ha autostima per passate esperienze negative ed ancora non superate perché le autopercezioni non sono regolari. L’insieme dei giudizi valutativi che l’individuo dà di se stesso sono sempre negativi a causa di una sbagliata convinzione.

Ci sono stati Santi convertiti in età matura che avevano commesso numerosi errori e si consideravano falliti, vivevano tristi e sconfitti.

L’incontro con Gesù e la conversione ha dato ad essi la convinzione che dagli apparenti fallimenti era possibile e facile costruire una solida e profonda spiritualità. Sono diventati Santi perché hanno abbandonato i pensieri negativi dei fallimenti e li hanno sostituiti con la certezza che Gesù e la Madonna li amavano così come erano. Sono rinati a nuova vita!

Chi si lascia amare da Dio, comprende come amarsi e come amare gli altri. Riesce ad accettarsi per la convinzione che Dio l’ama infinitamente.

V Domenica di Pasqua anno B

Gv 15,1-8

Io sono la vera vite.
Chi rimane in Me ed Io in lui fa molto frutto.
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 15,1-8)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in Me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. Rimanete in Me e Io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in Me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in Me e Io in lui, fa molto frutto, perché senza di Me non potete far nulla. Chi non rimane in Me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in Me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli”. Parola del Signore.

RIFLETTIAMO

Il brano di oggi fa parte dei discorsi di addio del Vangelo di San Giovanni, sono i capitoli 13-17 e rappresentano il lungo discorso fatto agli Undici Apostoli, dopo l’uscita dal Cenacolo di Giuda. Gesù non volle parlare in sua presenza, espose i discorsi solo ai suoi veri amici. Lo stesso lo fa chi vuole confidare qualcosa di importante alle persone di fiducia.
Nel capitolo 13, all’inizio quindi dei discorsi di addio, Gesù invita Giuda ad andare a compiere quello che aveva in mente: il tradimento. “Preso il boccone, egli subito uscì. Ed era notte” (Gv 13,30). San Giovanni precisa che era notte non solo per il buio che oscurava tutto, era notte soprattutto nella mente di Giuda. Aveva perduto la sua anima, non “vedeva” più tutto il bene compiuto da Gesù né le sue parole cariche di amore e di perdono.
Quindi, nei memorabili discorsi d’addio di Gesù non è presente Giuda, dal versetto 31 del capitolo 13 fino a tutto il capitolo 17.
Questo ci dice che Gesù vuole confidarsi solamente con chi Lo ama, ascolta e pratica i suoi insegnamenti. Non si rivolge a quanti vivono una Fede ballerina, egoista, personale. E risultano non credibili quanti si attribuiscono carismi e rivelazioni, conducendo una vita in opposizione ai Comandamenti, agli insegnamenti del Signore. “Dai loro frutti li riconoscerete”.
La Parola di oggi ci dice che si rimane attaccati alla Vite che è Gesù, compiendo la sua Volontà, osservando i Comandamenti, e non tanto per alcune preghiere che si recitano o per la partecipazione senza interesse ed inconsistente alla Santa Messa.
Il cristiano è spiritualmente vivo e operoso solo se rimane legato alla Vite, solo con la linfa divina è un tralcio vivo. È impegnativo, lo sappiamo, ma quanti sacrifici inutili si compiono nella giornata e si valutano come indispensabili? Solo la comunione con Gesù è essenziale, tutto il resto passa e si lascerà in questo mondo.
Certo, la vita è meravigliosa e va vissuta nei suoi svariati diversivi, senza però perdere la comunione con Dio. Un tralcio si stacca definitivamente dalla vite e secca, gli uomini invece rimangono legati anche quando sbagliano e si pentono, ma il tralcio potrà spezzarsi definitivamente quando gli errori gravissimi sono continuativi e deliberati.
Per evitare il distacco dalla Vite bisogna rinnegarsi, vincersi in quei comportamenti opposti alle virtù. I cristiani sono benedetti anche per la Legge morale che li illumina sul percorso da fare e indica le cose giuste da compiere. Innanzitutto, il tralcio, cioè il cristiano, deve tagliare quei germogli che disperdono il fervore spirituale, come l’erbaccia e i cespugli attorno agli alberi che assimilano e tolgono la linfa agli alberi.
Gesù inoltre spiega che il Padre pota perché il tralcio porti più frutto. Quindi, il Padre per distaccare i buoni cristiani da idoli e da comportamenti sbagliati, permette la loro purificazione, e viene chiamata benedetta per l’eliminazione del male spirituale presente nel cristiano.
Spesso si vivono prove dolorose e sofferenze inspiegabili, proprio qui il cristiano ha la grande opportunità di fermare la tumultuosa corsa della sua vita e capire gli avvenimenti tramite la preghiera. Chi incontra la sofferenza comincia a riflettere sulla vita, prega e abbandona le cose futili, scopre la gioia incontrando Gesù.
Dio Padre non manda sofferenze né vuole la malattia degli uomini, in certi casi la permette per potare quei cespugli spigolosi che tanta tristezza e confusione causano nei buoni. Impegniamoci noi a cercare i germogli negativi che fanno parte della nostra vita e sradichiamoli per crescere nella Fede, trovare stabile gioia e pace interiore.
Ognuno di noi ha la possibilità di compiere buone opere spirituali e portare molto frutto, questo è il compito dei veri discepoli del Signore.

III Domenica di Pasqua anno A Luca 24,35-48

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 24,35-48

Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane. Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: «Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture e disse: «Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni.

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RIFLETTIAMO

Il Vangelo di oggi è uno dei momenti più suggestivi, vediamo anche che Gesù mangia del pesce arrostito con gli Apostoli ma prima domanda: “Avete qui qualche cosa da mangiare?”.
Anche se gli Apostoli Lo avevano già visto Risorto, erano ancora presi da un timore deferente e rispettoso verso Gesù e non trattavano con Lui come quando giravano per le città. Anche allora nutrivano un rispetto superiore quasi alle loro capacità, dopo la Risurrezione erano esitanti e imbarazzati.
Gesù appariva agli Apostoli ed essi nutrivano maggiore rispetto. Era Risorto, glorioso e gli Apostoli Lo percepivano non come l’Uomo che per tre anni girava a predicare con loro, Lo identificavano con una visione molto più spirituale. D’altronde, se Gesù è Risorto dalla morte non può che essere il Figlio di Dio.
Gesù è capace di far risorgere quanti sono morti nello spirito e vagano nel mondo senza meta, seminando corruzioni nelle loro giornate e profondamente risoluti nel fidarsi solamente delle loro potenzialità. Non solo i più deboli, anche quelli che rivestono incarichi di responsabilità cadono in continui errori se la loro Fede non è la vera bussola.
Sono molti quelli che hanno ricevuto molti talenti da Gesù e li consumano banalmente negli errori, seguono le loro opinioni e sono allergici alla verità, non vogliono conoscere la verità per orgoglio, spesso anche per incapacità intellettuale.
Gesù ci chiama a diventare testimoni credibili del suo Vangelo, se non c’è ancora questa disponibilità, bisogna chiederla ogni giorno.
Già in questa vita i veri credenti cominciano ad assaporare, a vivere, ad avvertire interiormente gli straordinari frutti dello Spirito Santo.
“Il frutto dello Spirito è: amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza e dominio di sé” (Galati 5,22).
Cosa non darebbe tanta gente per possedere questi frutti concessi dallo Spirito Santo?

II DOMENICA DI PASQUA O DELLA DIVINA MISERICORDIA ANNO B

Gesù, stette in mezzo e disse loro: Pace a voi!
E i discepoli gioirono al vedere il Signore

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TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 20,19-31)
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome. Parola del Signore.

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RIFLESSIONI

Dopo la morte di Cristo, gli apostoli rimasero soli. Ebbero paura al punto di rinchiudersi per il timore delle persone malevoli. Avevano vissuto tre lunghi anni con il Maestro, ma non l’avevano capito, al punto che Cristo dovette rimproverarli seriamente (Lc 24,25). Non l’avevano capito perché il loro modo di pensare restava troppo terra terra. Vedendo Cristo impotente e senza coscienza sulla sua croce, essi avevano gettato tutt’intorno sguardi impauriti, dimenticando ciò che era stato detto loro: “Vi vedrò di nuovo, e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia” (Gv 16,22). Ed ancora: “Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!” (Gv 16,33).
I discepoli si rallegrarono al vedere Cristo, furono rassicurati dalle sue parole: “Pace a voi! Ricevete lo Spirito Santo!”. Ma essi dovettero attendere la Pentecoste perché lo Spirito Santo venisse a purificare i loro spiriti e i loro cuori, a dare loro il coraggio di proclamare la gloria di Dio, di portare la buona novella agli stranieri e di infondere coraggio ai loro seguaci. Dio si è riavvicinato agli uomini ed essi si sono rimessi nelle sue mani, per mezzo di Cristo e dello Spirito Santo.
Concedendo agli apostoli il potere di rimettere i peccati, Cristo ha detto loro: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi” (Gv 20,22-23). Come Cristo ha fatto con gli apostoli, così il vescovo, imponendo le mani ai sacerdoti che vengono ordinati, trasmette oggi il potere dello Spirito Santo, che permette loro di dispensare i sacramenti e, attraverso di essi, di assolvere i peccati. Ogni sacramento, non solo evoca il ricordo di Cristo, ma è Cristo in persona, che agisce immediatamente per salvare l’uomo. Nel dispensare i sacramenti, la Chiesa si mette in un certo senso ai piedi della croce per portare la salvezza ai credenti. Come potrebbe quindi dimenticare la fonte dalla quale scaturiscono le grazie di salvezza che sgorgano dalle sue mani?
Dio realizzerà il suo più grande desiderio, renderà l’uomo felice se egli lo vorrà, se risponderà “sì” al Padre che gli offre la gioia, a Cristo che gli porta la salvezza, allo Spirito Santo che gli serve da guida.
Dio non impone il suo amore agli uomini. Egli attende che l’uomo stesso faccia un passo in avanti. Dio salva chi si apre a lui per mezzo della fede, della speranza e dell’amore. Dio si avvicina, e anche l’uomo deve avvicinarsi a lui. Allora Dio e l’uomo si incontrano sullo stesso cammino, in Cristo, nella sua Chiesa.
Cristo non è solo uomo, né solo Dio. È Dio e uomo allo stesso tempo; grazie a questa duplice natura, egli è come un ponte teso tra l’umanità e Dio. Questo ponte sarebbe rimasto deserto – né gli uomini né Dio vi avrebbero messo piede – se la causa della discordia e della separazione – il peccato – non fosse stata soppressa. Il sacrificio offerto a Dio da Cristo ha cancellato le colpe passate, presenti e future. “Egli ha fatto questo una volta per tutte, offrendo se stesso” (Eb 7,27). Da allora gli uomini possono “per mezzo di lui accostarsi a Dio” fiduciosi del fatto che “egli resta sempre” (Eb 7,25).
Così, per la sua natura prodigiosa e il suo sacrificio completo, Cristo è il solo Intercessore e Sacerdote Supremo. In Cristo, gli uomini ritornano al Padre. In Cristo il Padre rivela agli uomini l’amore che egli porta loro.
È sempre più facile avvicinarsi a Dio prendendo la mano caritatevole che il Padre tende all’uomo per aiutarlo a seguire Cristo, nostro Redentore. Tale è il senso del salmo che evoca l’uomo miserabile il cui grido giunse fino agli orecchi del Signore, e che fu liberato dai suoi mali.

DOMENICA DI PASQUA – RISURREZIONE DEL SIGNORE ANNO A

QUESTO È IL GIORNO CHE HA FATTO IL SIGNORE: RALLEGRIAMOCI ED ESULTIAMO.

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TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 20,1-9)
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti. Parola del Signore.

Sequenza
Alla vittima pasquale,
s’innalzi oggi il sacrificio di lode.
L’Agnello ha redento il suo gregge,
l’Innocente ha riconciliato
noi peccatori col Padre.

Morte e Vita si sono affrontate
in un prodigioso duello.
Il Signore della vita era morto;
ma ora, vivo, trionfa.

«Raccontaci, Maria:
che hai visto sulla via?».
«La tomba del Cristo vivente,
la gloria del Cristo risorto,
e gli angeli suoi testimoni,
il sudario e le sue vesti.
Cristo, mia speranza, è risorto:
precede i suoi in Galilea».

Sì, ne siamo certi:
Cristo è davvero risorto.
Tu, Re vittorioso,
abbi pietà di noi.

RIFLESSIONI

EGLI DOVEVA RISUSCITARE DAI MORTI Gv 20,1-9

È la Pasqua di Resurrezione di Gesù, un momento storico ma pieno di mistero, un fatto inusitato e al solo ripeterlo manda in crisi i più increduli. Un Uomo è Risorto, ma nessun uomo ha questa facoltà, il potere di disporre della sua vita come desidera. D’altronde, se un uomo è morto non ha alcuna capacità né possibilità di decidere come e quale azione compiere.
L’uomo mortale è limitatissimo, basta poco per patire una grave malattia, per smarrire l’onesta identità, per perdere tutto quello che ha, anche gli affetti più assicurati. Chi è l’uomo fatto di fango che si muove in questo mondo e pretende di sostituirsi anche a Dio?
Alla prima tribolazione cade precipitosamente e spesso non trova alcun appiglio per rialzarsi. L’uomo da solo è un composto di egoismo, orgoglio e superbia, si illude di poter fare a meno di Gesù e vive con forte agitazione e crescente apprensione, tanto che la pressione arteriosa è sempre più alta del normale.
L’umanità è poco attenta al fine dell’esistenza, ciò per cui vale la pena vivere e sacrificarsi, essa è troppo concentrata sui mezzi che devono produrre necessariamente piaceri incessanti, e se non li trovano in un modo cercano altre condizioni per soddisfare la carne. Proprio la carne si decomporrà e diventerà cenere, mentre l’anima vivrà eternamente ed è l’anima nell’aldilà a dare forma al corpo.
A Gesù non è avvenuto questo, il suo Santissimo Corpo non si è decomposto e la sua Anima non ha dovuto dare forma spirituale al Corpo per renderlo visibile. Gesù è Risorto con il suo Corpo autentico, questo è l’annuncio che sconvolge tutti, la sua Resurrezione fa tremare tutte le montagne del mondo, a cominciare dalla catena montuosa dell’Himalaya lunga circa 2.400 km dove si trovano le cime più alte della terra, come l’Everest (8848 metri), il K2 (8611 metri).
La Resurrezione di Gesù scompiglia tutti i calcoli umani, capovolge la forza della natura la quale si sottomette a Lui, tutto diventa sottoposto al Figlio dell’Uomo e nessuna cosa può sentirsi libera dal potere Onnipotente di un Dio che mostra di poter morire nel Corpo di Carne ma di risorgere quando stabilisce, perché è il Signore della Vita.
Gesù è il Vivente, ai suoi nemici è apparso debole dopo che aveva dimostrato l’Onnipotenza nel far risorgere i morti, che aveva dominato ogni forma di malattia e aveva comandato anche alla natura sconvolta in una notte di pesca con gli Apostoli tramortiti, di calmarsi, di tacere.
«Nel frattempo si sollevò una gran tempesta di vento e gettava le onde nella barca, tanto che ormai era piena. Gesù se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora Lo svegliarono e gli dissero: “Maestro, non T’importa che moriamo?». Destatosi, sgridò il vento e disse al mare: “Taci, calmati!”. Il vento cessò e vi fu grande bonaccia. Poi disse loro: “Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?”. E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: “Chi è dunque Costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?”» (Mc 4,37-41).
I miracoli e l’Onnipotenza di Gesù che conosciamo dal Vangelo, non sono assolutamente rimasti nel Sepolcro di Giuseppe d’Arimatea, non poteva avvenire perché il Signore è Risorto, è vivo come duemila anni fa ma con il suo autentico Corpo glorificato. Infatti dopo la sua Resurrezione per convincere gli Apostoli che veramente era vivo, quindi Risorto, mangiava insieme a loro del pesce, proprio come faceva nei tempi passati.
«Quando già era l’alba Gesù si presentò sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: “Figlioli, non avete nulla da mangiare?”. Gli risposero: “No”. Allora disse loro: “Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete”. La gettarono e non potevano più tirarla su per la gran quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: “È il Signore!”. Simon Pietro appena udì che era il Signore, si cinse ai fianchi il camiciotto, poiché era spogliato, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: infatti non erano lontani da terra se non un centinaio di metri.
Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: “Portate un po’ del pesce che avete preso or ora”. Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatrè grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si spezzò. Gesù disse loro: “Venite a mangiare”. E nessuno dei discepoli osava domandargli: “Chi sei?”, poiché sapevano bene che era il Signore.
Allora Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede a loro, e così pure il pesce. Questa era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risuscitato dai morti» (Gv 214-14).
Mi commuovono questi brani, la bontà di Gesù è indefinibile, non ci sono termini per darle una adeguata valutazione. Fece trovare un fuoco di brace e del pesce che si arrostiva, anche del pane, tutto era comunque un miracolo, tutto apparso dal nulla, come solo un Dio vivo e vero era capace di fare.
La società oggi non aiuta a vivere cristianamente e anche i cristiani deboli vengono assorbiti in un vortice di vanità e di vita sprecata, perdendo ogni riferimento verso Gesù per la forza irresistibile delle pressioni esterne che arrivano da moltissime parti.
Molti cristiani non sono più convinti che Gesù è vivo, perché non ne fanno più esperienza e nelle difficoltà non Lo cercano, si rivolgono altrove… Gli innumerevoli peccati che commettono come i grandi peccatori, li indeboliscono sempre più e l’anima perde ogni tensione verso Dio. Anche il cristiano diventa un peccatore incallito e può essere nemico di Gesù imitando il traditore impiccato.
Non lasciamoci portare via Gesù dai personaggi che tentano di rubarci l’anima con le loro teorie assurde che interpretano con maestria. Se andiamo a leggere la vita che conducono… restiamo disgustati. Pubblicamente si mostrano sani e puri… ma il loro intento e farci staccare da Gesù Risorto.
Non permettiamo a chiunque di distruggere la nostra Fede, la nostra sicura certezza che Gesù è Risorto, è vivo e vero.

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La Madonna oggi è raggiante di gioia per la Risurrezione di Gesù, e La ricordiamo così, anche se il suo Cuore soffre per tutti noi!

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30 Marzo 2018 Venerdì Santa Anno B

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Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 18,1-19,42)
Catturarono Gesù lo legarono, lo flagellarono e lo crocifissero.
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LA CATTURA DI GESU’ (Mc. 14,43-52;Lc. 22,47-52;Gv. 18,1.11)

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L’angoscia lo prendeva nel buio tra gli ulivi,
era l’ultima sera che Lui stava coi vivi.

Era solo! E da solo pensava alla sua morte:
-Quanto dovrò soffrire? Ma saprò essere forte…?-

Si sentono dei passi e un rumore di ferri,
si odon concitate e voci degli sgherri:

-Guardie circondate intorno tutto il prato!-
Di qua brilla una torcia, di là corre un soldato.

C’è Giuda in mezzo a quelli, si stacca dal drappello,
s’avvicina a Gesù aprendo il suo mantello;

lo saluta, lo abbraccia, lo bacia sulla guancia,
Gesù e subito preso tra un bastone e una lancia.

Si destano i discepoli pensando:-Cosa accade?-
Davanti ai loro occhi luccicano delle spade.

Forse per un momento credono di sognare,
ma c’è chi grida:-PIETRO! LO VOGLIONO ARRESTARE!-

Pietro si rizza in piedi e sfodera il suo ferro,
e con un balzo è subito addosso al primo sgherro.

Lo attacca e lo colpisce: cade un orecchio  a terra,
il sangue arrossa il viso. Ma ecco che Gesù ordina:

-Amici, NON TEMETE!
Le spade dentro ai foderi, subito riponete!

Dovrà di già sgorgare il mio sangue innocente,
lasciatemi andare via in mezzo a questa gente.

Sono venuti a prendermi con spade e con bastoni,
eppure loro stessi sono stati testimoni:

di quando io di giorno predicavo alla gente.
Or mi arrestano di notte, come un delinguente.

Non vi ho insegnato a non restituire il male?
Bensì il perdono SEMPRE, anche con chi vi assale?-

Raccolto,sanguinante, da terra il padiglione,
lo riattacca a chi lo portava in prigione.

I discepoli tutti son tenuti distani,
i soldati van via, Gesù è scortato avanti.

C’è chi grida, chi scappa, chi non si raccapezza…
…Tra i rami degli ulivi triste sale una brezza…

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RIFLESSIONI

Come si è sempre detto in parecchie circostanze, massima espressione dell’amore è il sacrificio. Quando si ha interesse vivo per qualcosa, si è capaci a rinunciare a tutto pur di conseguirla, e quando si ama veramente una persona ci si dispone anche all’inverosimile pur di garantire la sua felicità e la serenità. Lo notiamo per esempio in una madre, qualsiasi madre: darebbe la propria vita per i propri figli; si toglierebbe perfino il pane di bocca pur di sfamare loro e si priverebbe anche dell’indispensabile pur di aver garantito che essi vivano felici e realizzati, senza problemi.
Come afferma Ratzinger, il caso del sacrificio di Gesù per l’umanità è esaltante: «Non è il dolore in quanto tale che conta nel sacrificio della croce, bensì la vastità dell’amore. Se così non fosse, i veri sacerdoti dinanzi all’altare della Croce sarebbero stati i carnefici: proprio essi infatti, che hanno provocato il dolore, sarebbero stati altrimenti i ministri che hanno immolato la vittima sacrificale». Per amore Gesù infatti accetta l’immolazione estrema del patibolo, perché l’amore è la motivazione fondante dell’intervento divino di salvezza, che è unico e singolare e ineguagliabile.
Amare e sacrificarsi in Gesù collimano con l’obbedienza, con l’umiltà, la pazienza e la preghiera. Egli infatti si sottomette alla volontà del Padre, deliberando che egli abbia il primato su di lui e la preghiera, che a Lui rivolge con la faccia a terra esprime la sottomissione e l’annientamento davanti allo stesso Padre, come pure la disposizione a fare nient’altro che la sua volontà. Gesù si affida a Dio Padre e non omette di considerare la sua origine divina, che lo rende a Lui identico e consustanziale; confida anche che il Padre potrebbe risparmiargli l’amaro calice del sacrificio, ma in forza della sua umiltà si dispone ad affrontare il vituperio della croce, dopo assillanti momenti di angoscia, di paura, di tensione accompagnata dall’indifferenza dei discepoli incapaci di vegliare per lui. L’amore per l’umanità, avvalorato dalle suddette caratteristiche di mansuetudine, di umiltà e di sottomissione, consente a Gesù di superare ogni imprevisto e di aver ragione della trepidazione. Quindi accetta in tutto e per tutto la volontà del Padre, senza opporvisi.
Al momento del suo arresto, pone la seguente obiezione: «Siete usciti come contro un brigante, con spade e bastoni, per catturarmi. Ogni giorno stavo seduto nel tempio ad insegnare, e non mi avete arrestato. Ma tutto questo è avvenuto perché si adempissero le Scritture dei profeti» (Mt 26, 55 – 56). Con questa affermazione è ben lungi dal sottolineare la vigliaccheria o l’incompetenza delle forze militari giudaiche: egli non sta rimproverando in alcun modo la sfacciataggine o l’incapacità di chi lo sta arrestando di notte, ricorrendo ai raggiri e all’astuzia anziché alla solerzia e alla determinazione coraggiosa dell’affrontare i rischi.
Sta semplicemente affermando che se adesso lui viene catturato avviene solamente “perché si adempiano le Scritture”. Cioè perché così ha deliberato il Padre, che ha concesso in questo momento “l’impero delle tenebre” e il raggiungimento della sua “ora”, ossia del momento propizio della salvezza. E’ insomma per volere del Padre che avviene il suo arresto, nessuno ha dei meriti e nessuno ha demeriti.
Rifiuta pertanto ogni difesa da parte dei suoi e la reazione che pone nei confronti di Simon Pietro, che istintivamente colpisce all’orecchio il servo del sommo sacerdote, è allusiva tutt’oggi alla logica della non violenza. “Rimetti la tua spada nel fodero” – replica Gesù – Perché chi colpisce di spada, di spada dovrà perire”. Si sottolinea la necessità del dialogo da preferirsi al ricorso delle armi; si avvalora la posizione della pacificazione e della giustizia che supera l’orgoglio della violenza e della ritorsione, come atti vili, inutili e inconcludenti. Ma soprattutto Gesù in questo contesto afferma la necessità di dover soccombere pur potendo reagire, di dover umilmente concedersi alle forze avversarie anziché resistervi e averne ragione; di dover lasciare che il cuore umano nella persona di Giuda possa trovarsi inficiato dalle seduzioni allettanti del male, anziché provvedere a purificarlo.
Se Gesù reagisse all’arresto ed eludesse la tortura, il suo agire non sarebbe dissimile da quello degli uomini, che prediligono le scelte facili e i successi immediati, risolvendo ogni questione in termini di vendetta assurda e inconcludente. Inoltre, se Gesù provvedesse a se stesse per mezzo di un miracolo o di un prodigio, non svelerebbe il mistero intero dell’uomo, al quale solo la croce è capace di dare fondamento. Inoltre, non si realizzerebbe quella caratteristica sopra ricordata che è il costitutivo della salvezza: l’amore spassionato e disinteressato per il quale occorre soffrire.
Così Gesù si lascia arrestare e poi torturare senza battere ciglio.
Egli potrebbe anche debellare i suoi avversari con l’assistenza del Padre, che potrebbe mandare in suo favore ben dodici legioni di angeli; avrebbe potuto anche prevenire l’atto ignominioso e vano dell’apostolo traditore, infliggendo allo stesso una pena adeguata; potrebbe scendere dalla croce, schiodando da essa anche i suoi compagni di sventura. Gesù avrebbe potuto deliberare per la punizione, per la coercizione e l’imposizione ai fini di salvare gli uomini e costringerli alla sua volontà. Potrebbe anche adesso che è inchiodato sulla croce piegare anche le menti più ostili e più ribelli al suo volere.
E invece porge il dorso ai flagellatori e non oppone resistenza agli insulti, allo scherno e alla malignità di chi lo sta percuotendo. Gesù non obietta nulla alla decisione intrapresa da parte del popolo, che vuole la libertà di un assassino e la sua morte sulla croce. Non chiede aiuto e non si difende: tace di fronte alle insinuazioni e alle false accuse che gli vengono poste davanti al Sommo Sacerdote. Tutto questo appunto perché l’amore vero consiste nel sacrificio, nell’immolazione di se stessi fino al deprezzamento e all’infamia, e quale argomento più convincente si può dare in merito all’amore se non la capacità di auto donazione e di annichilimento di se stessi? Gesù ci convince non già in forza delle argomentazioni o delle disquisizioni, non con interventi sconvolgenti o catastrofici, ma solamente mostrando quanto lui ci renda oggetto di amore e di predilezione.
Umanamente parlando si potrebbe dire che Gesù sceglie la via più assurda e impensabile e che fa un’opera di pazzia. E infatti egli è pazzo d’amore per l’umanità e delibera per essa la pazzia della croce. Come dirà poi Paolo “Mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo crocifisso potenza di Dio e sapienza di Dio.”(1 Cor 1, 22-25). Ciò significa: Dio nel portare l’uomo a salvezza sceglie proprio quello che comunemente l’umanità giudica assurdo, stolto, irrazionale… pazzo. Non un Dio che mostra fascinosi portenti di onnipotenza, non un Dio evincibile con sottili raziocini di speculazione criptica filosofica o scientifica, ma un Dio che muore in croce!
Gesù è il Dio con noi che spasima da sempre per l’umanità. Per essa, eterno con il Padre e con lo Spirito Santo, aveva posto tutto se stesso nell’opera della creazione, aveva posto in essere il piano di redenzione dopo la caduta, si era mostrato la Sapienza di Dio e la Bellezza di Dio. Finalmente, per volontà del Padre nello Spirito Santo aveva optato per l’Incarnazione e questo farsi uomo di Dio in Cristo era già stato atto di estrema umiliazione e di spoliazione. Ora, il mistero stesso dell’Incarnazione raggiunge il suo Acme sul luogo detto Cranio: qui si compie il passo estremo che ne fonda il senso e la motivazione. Cioè l’amore che tutto vince.

25 MARZO 2018 DOMENICA DELLE PALME ANNO B

Promisero a Giuda Iscariota di dargli denaro
Uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà

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palme

TESTO:-
 Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Marco. (Mc 14,1-15,47)
– Cercavano il modo di impadronirsi di lui per ucciderlo
Mancavano due giorni alla Pasqua e agli Àzzimi, e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di catturare Gesù con un inganno per farlo morire. Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non vi sia una rivolta del popolo».
– Ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura
Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: «Perché questo spreco di profumo? Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei.
Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me. I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto».
– Promisero a Giuda Iscariota di dargli denaro
Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù. Quelli, all’udirlo, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Ed egli cercava come consegnarlo al momento opportuno.
– Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?
Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
– Uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà
Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici. Ora, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: «In verità io vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà». Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno dopo l’altro: «Sono forse io?». Egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui che mette con me la mano nel piatto. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo, dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!».
– Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue dell’alleanza
E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».
– Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai
Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto:
“Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse”.
Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea». Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!». Gesù gli disse: «In verità io ti dico: proprio tu, oggi, questa notte, prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dicevano pure tutti gli altri.
– Cominciò a sentire paura e angoscia
Giunsero a un podere chiamato Getsèmani, ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell’ora. E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu». Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole. Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e non sapevano che cosa rispondergli. Venne per la terza volta e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Basta! È venuta l’ora: ecco, il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».
– Arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta
E subito, mentre ancora egli parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. Il traditore aveva dato loro un segno convenuto, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta». Appena giunto, gli si avvicinò e disse: «Rabbì» e lo baciò. Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono. Uno dei presenti estrasse la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio. Allora Gesù disse loro: «Come se fossi un brigante siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno ero in mezzo a voi nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Si compiano dunque le Scritture!». Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo.
– Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?
Condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi. Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del palazzo del sommo sacerdote, e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco. I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. Molti infatti testimoniavano il falso contro di lui e le loro testimonianze non erano concordi. Alcuni si alzarono a testimoniare il falso contro di lui, dicendo: «Lo abbiamo udito mentre diceva: “Io distruggerò questo tempio, fatto da mani d’uomo, e in tre giorni ne costruirò un altro, non fatto da mani d’uomo”». Ma nemmeno così la loro testimonianza era concorde. Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all’assemblea, interrogò Gesù dicendo: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?». Gesù rispose: «Io lo sono!
E vedrete il Figlio dell’uomo
seduto alla destra della Potenza
e venire con le nubi del cielo».
Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». Tutti sentenziarono che era reo di morte. Alcuni si misero a sputargli addosso, a bendargli il volto, a percuoterlo e a dirgli: «Fa’ il profeta!». E i servi lo schiaffeggiavano.
– Non conosco quest’uomo di cui parlate
Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». Ma egli negò, dicendo: «Non so e non capisco che cosa dici». Poi uscì fuori verso l’ingresso e un gallo cantò. E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: «Costui è uno di loro». Ma egli di nuovo negava. Poco dopo i presenti dicevano di nuovo a Pietro: «È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo». Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quest’uomo di cui parlate». E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». E scoppiò in pianto.
– Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?
E subito, al mattino, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. Pilato gli domandò: «Tu sei il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose. Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: «Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!». Ma Gesù non rispose più nulla, tanto che Pilato rimase stupito.
A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. Pilato rispose loro: «Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.
– Intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo
Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.
– Condussero Gesù al luogo del Gòlgota
Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo. Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese.
– Con lui crocifissero anche due ladroni
Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra.
– Ha salvato altri e non può salvare se stesso!
Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.
– Gesù, dando un forte grido, spirò
Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.

(Qui si genuflette e si fa una breve pausa)

Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!».
Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.
– Giuseppe fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro
Venuta ormai la sera, poiché era la Parascève, cioè la vigilia del sabato, Giuseppe d’Arimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch’egli il regno di Dio, con coraggio andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, gli domandò se era morto da tempo. Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro. Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto. Parola del Signore.

FORMA BREVE

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Marco (Mc 15, 1-39)
– Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?
Al mattino, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. Pilato gli domandò: «Tu sei il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose. Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: «Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!». Ma Gesù non rispose più nulla, tanto che Pilato rimase stupito.
A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. Pilato rispose loro: «Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.
– Intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo
Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.
– Condussero Gesù al luogo del Gòlgota
Costrinsero a portare la croce di lui un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo. Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese.
– Con lui crocifissero anche due ladroni
Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra.
– Ha salvato altri e non può salvare se stesso!
Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.
– Gesù, dando un forte grido, spirò
Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.

(Qui si genuflette e si fa una breve pausa)

Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

È allo stesso tempo l’ora della luce e l’ora delle tenebre.
L’ora della luce, poiché il sacramento del Corpo e del Sangue è stato istituito, ed è stato detto: “Io sono il pane della vita… Tutto ciò che il Padre mi dà verrà a me: colui che viene a me non lo respingerò… E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto mi ha dato, ma lo risusciti l’ultimo giorno” (Gv 6,35-39). Come la morte è arrivata dall’uomo così anche la risurrezione è arrivata dall’uomo, il mondo è stato salvato per mezzo di lui. Questa è la luce della Cena.
Al contrario, la tenebra viene da Giuda. Nessuno è penetrato nel suo segreto. Si è visto in lui un mercante di quartiere che aveva un piccolo negozio, e che non ha sopportato il peso della sua vocazione. Egli incarnerebbe il dramma della piccolezza umana. O, ancora, quello di un giocatore freddo e scaltro dalle grandi ambizioni politiche.
Lanza del Vasto ha fatto di lui l’incarnazione demoniaca e disumanizzata del male.
Tuttavia nessuna di queste figure collima con quella del Giuda del Vangelo. Era un brav’uomo, come molti altri. È stato chiamato come gli altri. Non ha capito che cosa gli si faceva fare, ma gli altri lo capivano? Ma sua madre l’ha forse allattato perché si dicesse di lui: “Sarebbe stato meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!”? Pietro ha rinnegato tre volte, e Giuda ha gettato le sue monete d’argento, urlando il suo rimorso per aver tradito un Giusto. Perché la disperazione ha avuto la meglio sul pentimento? Giuda ha tradito, mentre Pietro che ha rinnegato Cristo è diventato la pietra di sostegno della Chiesa. Non restò a Giuda che la corda per impiccarsi. Perché nessuno si è interessato al pentimento di Giuda? Gesù l’ha chiamato “amico”. Che cosa comporta allora l’averlo chiamato “amico”? L’amarezza di una persona tradita? Non chiariremo mai il mistero di Giuda, né quello del rimorso che da solo non può cambiare nulla. Giuda Iscariota non sarà più “complice” di nessuno.

IV DOMENICA DI QUARESIMA (LAETARE) ANNO B

O Dio fa’ risplendere su di noi la luce del tuo volto, perché i nostri pensieri siano sempre conformi alla tua sapienza

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Giovanni. (Gv 3,14-21)

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio». Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Tutto il Nuovo Testamento si interessa alla dottrina centrale della redenzione. Il ritorno di ogni uomo e di ogni cosa alla santità, presso il Padre, si compie attraverso la vita, la morte e la risurrezione di Cristo.
Il Vangelo di Giovanni pone l’accento in particolare sull’incarnazione. Gesù è stato mandato dal Padre. È venuto in un mondo decaduto e ha portato luce e vita nuova. Attraverso la sua passione e la sua risurrezione, egli restituisce ogni cosa al Padre e rivela la piena realtà della sua identità di Verbo fatto carne. Per mezzo di lui tutto è riportato alla luce.
Tutta la nostra vita nella Chiesa è il compimento della nostra risposta a Cristo. L’insegnamento del Nuovo Testamento – e ne vediamo un esempio nella lettura di oggi – è assai preciso. La redenzione è stata realizzata tramite Gesù Cristo, ma per noi deve essere ancora realizzata. Noi possiamo infatti rifiutare la luce e scegliere le tenebre.
Nel battesimo Cristo ci avvolge: noi siamo, per così dire, “incorporati” in lui ed entriamo così in unione con tutti i battezzati nel Corpo di Cristo. Eppure la nostra risposta di uomini, resa possibile dalla grazia di Dio, necessita del nostro consenso personale. Quando c’è anche tale accordo, ciò che facciamo è fatto in Cristo e ne porta chiaramente il segno. Diventiamo allora suoi testimoni nel mondo.

NON SETTE VOLTE, MA SETTANTA VOLTE SETTE

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NON SETTE VOLTE, MA SETTANTA VOLTE SETTE

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 18,21-35)

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello». Parola del Signore

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RIFLETTIAMO

Rimane difficile perdonare chi ha causato sofferenze spesso inenarrabili,
Non bisogna mai fermarsi sulla sofferenza subita è opportuno porsi delle domande per cercare di individuare la vera causa ed evitare sia l’aggravarsi della diatriba sia un peggioramento spirituale dell’uno e dell’altra.
Perdonare è un atteggiamento cristiano, ed è autentico solo quando non si conserva alcun rancore. C’è un cammino da perseguire per arrivare non solo a capire cos’è il perdono, ma a possedere la forza del perdono, ed è possibile solo per mezzo della Grazia di Dio.
Molti non perdonano per la mancata riflessione sul significato del vero amore di Cristo e si privano di un gioioso amore tra gli stessi familiari. Molti non riflettono sulla grandezza della pace tra familiari, parenti e amici, e lasciano crescere silenziosamente un risentimento che distacca e spinge a pensieri negativi, a giudizi pesanti verso i conoscenti.
È vero che molte persone sono causa di immense sofferenze e non se ne curano, non avvertono alcun rimorso e forse gioiscono nella conoscenza delle “disgrazie” altrui.
Nella vita si può sbagliare anche per la determinata volontà oltre che per involontarietà, a tutto comunque c’è rimedio, si deve avere l’umiltà e la forza di riconoscere i propri errori. Non deve mancare la motivazione soprannaturale per non rimanere ostinati nel male, in caso contrario non avverrà mai una vera riconciliazione tra due o più persone.
La misura nell’amare gli altri è Gesù stesso, Lui dobbiamo contemplare per imitarlo nelle circostanze avverse e dolorose.
Il Signore si trovò circondato da molti nemici e non maledì nessuno, svelò la verità dei cuori di molti, anche chiamandoli “sepolcri imbiancati”, senza condannarli preventivamente. Venne perseguitato per l’ossessione pervertita di ipocriti personaggi che presumevano di poter manipolare le Scritture e consideravano perfette solo le loro opinioni.
Com’è triste vivere di opinioni che sorgono nella mente seguendo le proprie inclinazioni e cercando solo le convenienze personali!
Gesù incontrò molta cattiveria e fu crocifisso per l’invidia che accecava l’intelletto di coloro che avrebbero dovuto capire i suoi miracoli.
Spesso noi siamo perseguitati senza ragioni plausibili e ne siamo convinti perché non ricordiamo alcun errore, mentre per chi causa sofferenze i motivi ci sono… e li ingigantisce pure. I problemi si trovano nei pensieri confusi e alterati di quanti hanno un cuore cattivo e opinioni falsate su tutto ciò che li circonda.
Addirittura spesso sono gli stessi conoscenti a diventare maligni e perfidi, questo però fa sorgere alcune riflessioni.
Chi compie del male è sempre pienamente consapevole? Fa del male perché si considera vittima di un presupposto male ricevuto?
Alle volte rimangono ignote le cause scatenanti dell’avversità che si ritrovano nella mente le persone inquiete, bisogna essere Dio per “leggere” dentro. Spesso sono anche loro ignare del male che causano in quanto non intenzionale, oppure per irresponsabilità non lo ritengono grave, non considerano gli effetti delle loro parole in libertà e delle loro disinvolte opere inique.
Molti di quelli che causano sofferenze e affliggono persone innocenti, non hanno la capacità di scoprire i loro lati spigolosi, sono convinti di fare tutto bene e non riescono a misurare un linguaggio incline all’insinuazione, che risulta peggiore di una grave accusa esplicita.
Nessuno comunque deve considerarsi incorreggibile se commette errori, insieme a Gesù è possibile conoscersi e accettarsi, e questo lo porterà a diventare migliore. I comportamenti sbagliati vanno sempre condannati ed è opportuno riparare quantomeno con la preghiera il male causato agli altri.
Quando è possibile dialogare, è cristiano chiedere perdono alla persona offesa. Gesù ci dona sempre il suo perdono quando lo chiediamo.
Questo è il cammino per arrivare a perdonare senza dimenticare le sofferenze passate, perché rimane impossibile dimenticare, ma coprire con l’amore il male subito è possibile. Non si ricorderà più il passato con sofferenza perché l’amore non pensa al male. Lo Spirito Santo che adoriamo e invochiamo ogni giorno, trasforma i cuori ed infonde una potente capacità di amare tutti e fare del bene anche a chi ci ha causato del male.

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25 Febbraio 2018 II Domenica Di Quaresima Anno B

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La trasfigurazione
Pietro disse a Gesù:
Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 9,2-10)
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti. Parola del Signore.

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