NON SETTE VOLTE, MA SETTANTA VOLTE SETTE

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NON SETTE VOLTE, MA SETTANTA VOLTE SETTE

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 18,21-35)

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello». Parola del Signore

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RIFLETTIAMO

Rimane difficile perdonare chi ha causato sofferenze spesso inenarrabili,
Non bisogna mai fermarsi sulla sofferenza subita è opportuno porsi delle domande per cercare di individuare la vera causa ed evitare sia l’aggravarsi della diatriba sia un peggioramento spirituale dell’uno e dell’altra.
Perdonare è un atteggiamento cristiano, ed è autentico solo quando non si conserva alcun rancore. C’è un cammino da perseguire per arrivare non solo a capire cos’è il perdono, ma a possedere la forza del perdono, ed è possibile solo per mezzo della Grazia di Dio.
Molti non perdonano per la mancata riflessione sul significato del vero amore di Cristo e si privano di un gioioso amore tra gli stessi familiari. Molti non riflettono sulla grandezza della pace tra familiari, parenti e amici, e lasciano crescere silenziosamente un risentimento che distacca e spinge a pensieri negativi, a giudizi pesanti verso i conoscenti.
È vero che molte persone sono causa di immense sofferenze e non se ne curano, non avvertono alcun rimorso e forse gioiscono nella conoscenza delle “disgrazie” altrui.
Nella vita si può sbagliare anche per la determinata volontà oltre che per involontarietà, a tutto comunque c’è rimedio, si deve avere l’umiltà e la forza di riconoscere i propri errori. Non deve mancare la motivazione soprannaturale per non rimanere ostinati nel male, in caso contrario non avverrà mai una vera riconciliazione tra due o più persone.
La misura nell’amare gli altri è Gesù stesso, Lui dobbiamo contemplare per imitarlo nelle circostanze avverse e dolorose.
Il Signore si trovò circondato da molti nemici e non maledì nessuno, svelò la verità dei cuori di molti, anche chiamandoli “sepolcri imbiancati”, senza condannarli preventivamente. Venne perseguitato per l’ossessione pervertita di ipocriti personaggi che presumevano di poter manipolare le Scritture e consideravano perfette solo le loro opinioni.
Com’è triste vivere di opinioni che sorgono nella mente seguendo le proprie inclinazioni e cercando solo le convenienze personali!
Gesù incontrò molta cattiveria e fu crocifisso per l’invidia che accecava l’intelletto di coloro che avrebbero dovuto capire i suoi miracoli.
Spesso noi siamo perseguitati senza ragioni plausibili e ne siamo convinti perché non ricordiamo alcun errore, mentre per chi causa sofferenze i motivi ci sono… e li ingigantisce pure. I problemi si trovano nei pensieri confusi e alterati di quanti hanno un cuore cattivo e opinioni falsate su tutto ciò che li circonda.
Addirittura spesso sono gli stessi conoscenti a diventare maligni e perfidi, questo però fa sorgere alcune riflessioni.
Chi compie del male è sempre pienamente consapevole? Fa del male perché si considera vittima di un presupposto male ricevuto?
Alle volte rimangono ignote le cause scatenanti dell’avversità che si ritrovano nella mente le persone inquiete, bisogna essere Dio per “leggere” dentro. Spesso sono anche loro ignare del male che causano in quanto non intenzionale, oppure per irresponsabilità non lo ritengono grave, non considerano gli effetti delle loro parole in libertà e delle loro disinvolte opere inique.
Molti di quelli che causano sofferenze e affliggono persone innocenti, non hanno la capacità di scoprire i loro lati spigolosi, sono convinti di fare tutto bene e non riescono a misurare un linguaggio incline all’insinuazione, che risulta peggiore di una grave accusa esplicita.
Nessuno comunque deve considerarsi incorreggibile se commette errori, insieme a Gesù è possibile conoscersi e accettarsi, e questo lo porterà a diventare migliore. I comportamenti sbagliati vanno sempre condannati ed è opportuno riparare quantomeno con la preghiera il male causato agli altri.
Quando è possibile dialogare, è cristiano chiedere perdono alla persona offesa. Gesù ci dona sempre il suo perdono quando lo chiediamo.
Questo è il cammino per arrivare a perdonare senza dimenticare le sofferenze passate, perché rimane impossibile dimenticare, ma coprire con l’amore il male subito è possibile. Non si ricorderà più il passato con sofferenza perché l’amore non pensa al male. Lo Spirito Santo che adoriamo e invochiamo ogni giorno, trasforma i cuori ed infonde una potente capacità di amare tutti e fare del bene anche a chi ci ha causato del male.

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25 Febbraio 2018 II Domenica Di Quaresima Anno B

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La trasfigurazione
Pietro disse a Gesù:
Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne.

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 9,2-10)
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti. Parola del Signore.

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I DOMENICA DI QUARESIMA ANNO B DAL VANGELO SECONDO MARCO.

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Gesù proclama il vangelo dicendo:
«Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino;
convertitevi e credete nel Vangelo.

Dal Vangelo secondo Marco. (Mc 1,12-15)
In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». Parola del Signore.

Dalla prima lettera di san Pietro apostolo. (1Pt 3,18-22)

Carissimi, Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito. E nello spirito andò a portare l’annuncio anche alle anime prigioniere, che un tempo avevano rifiutato di credere, quando Dio, nella sua magnanimità, pazientava nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l’arca, nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell’acqua.
Quest’acqua, come immagine del battesimo, ora salva anche voi; non porta via la sporcizia del corpo, ma è invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo. Egli è alla destra di Dio, dopo essere salito al cielo e aver ottenuto la sovranità sugli angeli, i Principati e le Potenze. Parola di Dio.

RIFLESSIONI

Il Vangelo di Marco comincia con una semplice affermazione: “Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio”.
Giovanni Battista, che aveva annunciato la sua venuta come imminente, battezzò Gesù nel Giordano e in quell’occasione lo Spirito diede testimonianza di Gesù. Marco accenna soltanto al periodo nel deserto e alla tentazione. È il preludio all’inizio del ministero pubblico di nostro Signore. Il suo primo richiamo, che ci viene ripetuto questa domenica, è: “Convertitevi e credete al vangelo”. Egli comincia proprio da quello che era stato il punto centrale dell’insegnamento di Giovanni Battista.
La Quaresima è soprattutto un periodo di riflessione sui misteri della nostra redenzione, al cui centro sono l’insegnamento e la persona di Gesù Cristo. Il Salvatore ha assunto forma umana, cioè quella che è la nostra condizione, e non è nemmeno stato risparmiato dall’esperienza della tentazione. Nella sua natura umana, Gesù ha vissuto in prima persona cosa significhi respingere Satana e porre al primo posto le cose divine. Il nostro Signore e il nostro Dio è in tutto nostra guida e modello.
Cercare di conoscere Cristo significa anche prendere coscienza di quel nostro bisogno di cambiamento di vita che chiamiamo “pentimento”. In particolare è mediante la liturgia della Chiesa che ci avviciniamo a Cristo e facciamo esperienza della sua presenza in mezzo a noi.
Nella liturgia, diventiamo “uno” con Cristo nel mistero grazie al quale egli ha riscattato il mondo.

Quaresima… Tempo forte che inzia con il Mercoledì delle Ceneri e che prepara alla Pasqua

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Quaranta giorni prima della Sua passione Gesù si raccoglie in preghiera. Quaresima… Tempo forte
che inzia con il Mercoledì delle Ceneri e che prepara alla Pasqua

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Con il Mercoledì delle Ceneri inizia la Quaresima

Il 14 febbraio, Mercoledì delle Ceneri, inizia la Quaresima. È il «tempo forte» che prepara alla Pasqua, culmine dell’Anno liturgico e della vita di ogni cristiano. Come dice san Paolo, è «il momento favorevole» per compiere «un cammino di vera conversione» così da «affrontare vittoriosamente con le armi della penitenza il combattimento contro lo spirito del male», si legge nell’orazione colletta all’inizio della Messa del Mercoledì delle Ceneri. Questo itinerario di quaranta giorni che conduce al Triduo pasquale, memoria della passione, morte e risurrezione del Signore, cuore del mistero di Salvezza, è un tempo di cambiamento interiore e di pentimento in cui «il cristiano è chiamato a tornare a Dio “con tutto il cuore”

Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 6,1-6.16-18)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei Cieli. Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità Io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità Io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità Io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà». Parola del Signore

VI Domenica del Tempo Ordinario anno B

VI Domenica del Tempo Ordinario anno B

VI Domenica del Tempo Ordinario anno B

La lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 1,40-45)

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che Lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi guarirmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii guarito!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli guarì. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte. Parola del Signore

Riflettiamo

Nel Vangelo trovato la parola compassione, espressione che manifesta l’ininterrotta bontà di Gesù, la sua pietà dinanzi ad ogni ammalato. La sua commozione è infinita e l’uomo non l’immagina minimamente, solo Dio può conoscere perfettamente l’Amore che nutre verso ognuno di noi.
Una delle tantissime prove arriva dalle apparizioni della Madonna a Lourdes. Diciotto apparizioni di una Madre preoccupatissima per le sorti di questa umanità, che già nel 1854 si dirigeva verso il nulla, dove c’è la mancanza o l’assenza completa della morale cristiana, dei Comandamenti che il Padre buono ci ha dato per farci camminare nella via della felicità.
I cristiani che in questa vita meritano la gloria del Paradiso, continueranno a vivere in una eternità beata che appunto si estenderà all’infinito.
Non è l’infinito della poesia di Leopardi, lui nel suo pessimismo si abbatteva anche per l’amata siepe che gli impediva di vedere l’orizzonte, ed era immenso il suo sconforto da non capire che bastava spostarsi un po’ di lato da quella famosa siepe che gli impediva la vista, per ammirare tutta la linea dell’orizzonte davanti.
“Sempre caro mi fu quest’ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”.
In questa prima strofa della sua poesia, si nota l’attaccamento dell’uomo alle cose materiali, il senso di possessione che si mischia alla bellezza del creato ma fa perdere la gioia della vita.
A Leopardi neanche la sua cara siepe gli diede conforto e serenità, è vero che nessuna cosa materiale può dare la felicità.
Noi cristiani non abbiamo una concezione pessimistica della storia e del rapporto fra uomo e natura, non viviamo una infelicità come dimensione propria dell’uomo, in noi c’è speranza nella vita, siamo certi che Dio è Padre e ci viene incontro in ogni necessità.
Come leggiamo nel Vangelo, il Signore viene a guarire i nostri mali più profondi, non solo vuole guarirci dalle malattie, soprattutto vuole portare in noi equilibrio interiore, senza il quale la persona vive una discordanza mentale e non comprende dove si trova il bene e il male.
Il lebbroso che si prostra dinanzi a Gesù esprime una supplica infuocata, egli che nella tremenda malattia ha ritrovato se stesso e parla come un uomo rinato. La purificazione della sofferenza che ha vissuto, ha eliminato in lui la parte cattiva e il suo cuore ama come mai aveva amato prima.
Oggi la lebbra è il peccato mortale che sfigura l’anima e rende la persona incattivita, volta al male ed è una lebbra invisibile. Esteriormente non appare questa piaga che “spegne” l’anima e fa scaturire nella persona comportamenti negativi che diventano nel tempo incontrollabili.
La lebbra che si radica nell’anima infonde ed emana tutti i peggiori sentimenti, questo può avvenire anche alla persona che non vuole arrecare danni ad alcuno ma commette molti peccati mortali. Anche se veste di lusso e utilizza il profumo più costoso ed intenso, è il suo volto disperato a mostrare quel dramma interiore che emerge sempre. Non basta sorridere.
I cristiani impegnati nel cammino spirituale anche se cadono nei peccati poi si rialzano nella Confessione, e se è vero che il peccato lascia sempre nell’anima una colpa che si deve espiare in qualche modo, comunque ricevono l’assoluzione dal confessore e ritornano nella Grazia di Dio, sono vittoriosi sui diavoli.
Poi, i peccati vanno valutati secondo la volontarietà e la debolezza, non c’è la stessa responsabilità davanti a Dio.
Ogni peccato, anche quello veniale è incomparabilmente peggiore della lebbra per turpitudine, per ripugnanza e per i tragici effetti che esso produce in questa vita e in quella futura. Si può vincere la tendenza al peccato con una determinazione che arriva dalla meditazione delle virtù e dei vizi da eliminare.
Gesù va in cerca dei malati, e Lui solamente può valutare e misurare in tutta la sua tremenda realtà l’offesa del peccato. Per questo è commovente che si avvicini al peccatore. Gesù è venuto per perdonare, per redimere, per liberarci da quella lebbra dell’anima che è il peccato.
La lebbra dell’anima non si vede ma si vive, si percepisce all’esterno anche per le opere cattive che si compiono. È una lebbra che noi possiamo vincere solo con l’aiuto di Colei che invochiamo come “Salute degli infermi”, la Madre dell’Amore che vigila sempre accanto i suoi figli e non vuole assolutamente perderli.
Ringraziamola con la preghiera e la meditazione dei misteri del Santo Rosario.

6 Gennaio 2018 Epifania Del Signore Anno A

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Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce,
la gloria del Signore brilla sopra di te

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni
(Ef 3,2-3.5-6)

Fratelli, penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore: per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero.
Esso non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo.
Parola di Dio

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RIFLESSIONI

Una stella ha guidato i Magi fino a Betlemme perché là scoprissero “il re dei Giudei che è nato” e lo adorassero.
Matteo aggiunge nel suo Vangelo: “Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono”.
Il viaggio dall’Oriente, la ricerca, la stella apparsa ai Magi, la vista del Salvatore e la sua adorazione costituiscono le tappe che i popoli e gli individui dovevano percorrere nel loro andare incontro al Salvatore del mondo. La luce e il suo richiamo non sono cose passate, poiché ad esse si richiama la storia della fede di ognuno di noi.
Perché potessero provare la gioia del vedere Cristo, dell’adorarlo e dell’offrirgli i loro doni, i Magi sono passati per situazioni in cui hanno dovuto sempre chiedere, sempre seguire il segno inviato loro da Dio.
La fermezza, la costanza, soprattutto nella fede, è impossibile senza sacrifici, ma è proprio da qui che nasce la gioia indicibile della contemplazione di Dio che si rivela a noi, così come la gioia di dare o di darsi a Dio. “Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia”.
Noi possiamo vedere la stella nella dottrina e nei sacramenti della Chiesa, nei segni dei tempi, nelle parole sagge e nei buoni consigli che, insieme, costituiscono la risposta alle nostre domande sulla salvezza e sul Salvatore.
Rallegriamoci, anche noi, per il fatto che Dio, vegliando sempre, nella sua misericordia, su chi cammina guidato da una stella ci rivela in tanti modi la vera luce, il Cristo, il Re Salvatore.

31 Dicembre 2017 LA SACRA FAMIGLIA ANNO B

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31 Dicembre 2017 Festa della Sacra Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe Anno B
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 2,22-40)
Esempio santissimo
per le famiglie cristiane.

 

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 2,22-40)
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.
Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui. Parola del Signore.

FORMA BREVE

TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 2,22.39-40)

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui. Parola del Signore.

RIFLESSIONI

Incredibile! Gesù, la sorgente di vita, il Redentore, la luce dei non credenti, l’onore di Israele, è destinato ad essere un segno di contraddizione; egli che è chiamato a portare la redenzione dovrà, nello stesso tempo, essere la spina che provocherà la perdita di molti uomini. E colei che ha dato alla luce il Redentore, che ha unito in sé l’amore di Dio e quello dell’uomo, è destinata a sopportare il dolore della spada che trapassa il cuore!
Tutto ciò sembra strano, eppure è stato proprio così: l’incredibile è successo.
La profezia di Simeone si compie nella sua totalità nei secoli.
Il cuore di Maria ha conosciuto il dolore di sette spade che lo trapassavano quando lei tremava per la vita del Bambino durante la fuga in Egitto; quando lo vedeva sfinito, non compreso, umiliato nel suo apostolato; quando venne arrestato, processato, torturato, e quando lo accompagnò nella via della croce, vedendolo soffrire e morire sulla croce. Ancora oggi Maria continua a soffrire con noi quando pone il suo sguardo sulle nostre pene e sulle nostre sofferenze, continua a soffrire con noi che rischiamo, coi nostri peccati, di perderci.
È raro vedere un ritratto o una statua della Madonna sorridente, mentre quasi in ogni chiesa vediamo rappresentata Maria addolorata.
Gesù è venuto dai suoi, ma i suoi non l’hanno accolto (Gv 1,6); ha portato la luce, ma il mondo è rimasto nelle tenebre. Gesù cercava la redenzione di tutti, ma molti l’hanno respinto, hanno lottato contro di lui. Per costoro è divenuto un segno di condanna. Per questo è segno di divisione: ognuno di noi porta in cuore delle contraddizioni e si scontra con degli ostacoli per seguire Gesù. Dobbiamo imparare ad accogliere il suo amore.
Noi tutti abbiamo nostalgia dell’amore. Ma la nostalgia non basta. Occorre che i raggi dell’amore ci raggiungano e si infiammino per divenire un grande fuoco che ci scaldi e che ci dia il coraggio di vivere e di sacrificarci in nome di Cristo, affinché la Madre di Dio possa guardarci non più con le lacrime agli occhi, ma col sorriso.