TESTO: –
Dal Vangelo secondo Matteo. (Mt 11,2-11)
In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”.
In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui». Parola del Signore.
Subito dopo il passo in cui Gesù invia i suoi discepoli (Mt 10,5-11,1) san Matteo pone questa domanda che ci tocca tanto – come ha chiaramente toccato anche la prima comunità e colui al quale viene qui fatta pronunciare: Non vi sono numerosi argomenti contro Gesù e il suo messaggio? La risposta alla domanda che pongono i discepoli di Giovanni non è senza equivoci. Vi si dice chiaramente: non esiste una “prova” da presentare. Eppure un colpo d’occhio sui capitoli precedenti del Vangelo di san Matteo mostra bene che la lunga lista di guarigioni e miracoli non è stata redatta a caso. Quando la si paragona attentamente a ciò che Gesù fa rispondere a Giovanni, è possibile trovare, nei precedenti testi del Vangelo, almeno un esempio per ogni dichiarazione (i ciechi vedono, gli storpi camminano…). Quando Gesù dice questo, le sue parole fanno pensare alle parole di un profeta. Bisogna che diventi manifesto che in Gesù si compiono le speranze passate anche se molte cose restano ancora incompiute. Non tutti i malati sono stati guariti, non tutto è diventato buono. Ecco perché si legge in conclusione questo ammonimento: “Felice colui che non abbandonerà la fede in me (che non si scandalizza di me)”.
Quanto a coloro ai quali questo non basta, Gesù domanda loro che cosa di fatto sono venuti a vedere. Poiché di persone vestite bene se ne trovano dappertutto. Ma se è un profeta che volevano vedere, l’hanno visto! Hanno avuto ragione di andare a trovare Giovanni Battista, poiché la legge e i profeti lo avevano designato. Eppure la gente lo ha seguito come farebbero dei bambini che ballano sulla piazza del mercato senza preoccuparsi di sapere chi suona il flauto. La parabola che segue, e che non fa parte del nostro testo di oggi, dà una risposta che ci illumina: di fatto gli uomini non sanno quello che vogliono. Essi corrono dietro a chiunque prometta loro del sensazionale.
Rivelazione di Gesù a Maria Valtorta
Corrispondenza nell’“Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta Capitolo 266
Gesù è solo con Matteo che, ferito ad un piede, non è potuto andare con gli altri a predicare. Ma però malati e desiderosi della Buona Novella affollano la terrazza e lo spazio libero dell’orto per udirlo e averne aiuto.
Gesù termina di parlare dicendo: «Contemplato che abbiamo insieme la grande frase di Salomone: “Nell’abbondanza della giustizia sta la somma fortezza”, Io vi esorto a possedere questa abbondanza perché essa è moneta per entrare nel Regno dei Cieli. State con la mia pace e Dio sia con voi».
E poi si volge ai poveri e ai malati -e in molti casi sono l’uno e l’altro insieme- e ascolta con bontà i loro racconti, soccorre con denaro, consiglia con parole, sana con l’imposizione delle mani e con la parola. Matteo, al suo fianco, provvede a dare le monete.
Gesù sta ascoltando attentamente una povera vedova, che gli narra fra le lacrime della morte improvvisa del marito legnaiolo al suo banco di lavoro, avvenuta pochi giorni prima:
«Sono corsa a cercarti qui, e tutto il parentado del morto mi accusò di essere scomposta e dura di cuore e ora mi maledice. Ma io ero venuta perché so che risusciti e so che se potevo trovarti il mio uomo sarebbe risorto. Non c’eri… Ora egli è nel sepolcro da due settimane… ed io sono qui con cinque figli… I parenti mi odiano e non mi aiutano.
Ho degli ulivi e delle viti. Pochi, ma mi darebbero pane per l’inverno se potessi tenerli fino alla raccolta. Ma non ho denaro, perché l’uomo da tempo era poco sano e poco lavorava, e per sostenersi mangiava e beveva anche troppo. Diceva che il vino gli faceva bene… invece fece il doppio male di ucciderlo e di consumare i risparmi già ridotti per il suo poco lavoro.
Stava finendo un carro e un cofano, e aveva ordinati due letti, delle tavole e mensole. Ma ora… Non sono finiti e mio figlio maschio non ha ancora otto anni. Perderò il denaro… Dovrò vendere gli arnesi, il legname. Il carro e il cofano non posso neppure venderli per tali, per quanto quasi ultimati, e li dovrò dare come legna da ardere. E non basteranno i denari perché io, mia madre vecchia e malata, e cinque figli, siamo sette persone…
Venderò il vigneto e gli ulivi… Ma Tu sai come è il mondo… Strozza dove c’è il bisogno. Dimmi, che devo fare? Io volevo serbare il banco e i ferri per il figlio che già sa qualcosa del legno… volevo serbare la terra per vivere e per dote alle figlie…».
Sta ascoltando tutto questo quando un rimescolio fra la gente Lo avverte che c’è qualcosa di nuovo. Si volta per vedere e vede tre uomini che si fanno strada fra la folla. Si torna a voltare per parlare alla vedova: «Dove abiti?».
«A Corozim, presso la strada che va alla Fonte calda. Una casa bassa in mezzo a due fichi».
«Va bene. Verrò ad ultimare il carro e il cofano, e li venderai a chi li ha ordinati. Aspettami domani all’aurora».
«Tu! Tu lavorare per me!». La donna è soffocata dallo stupore.
«Riprenderò il lavoro mio e ti darò pace. Intanto, a quelli di Corozim senza cuore impartirò la lezione della carità».
«Oh! sì! Senza cuore! Ci fosse stato ancora il vecchio Isacco! Non mi avrebbe lasciata morire di fame. Ma egli è tornato ad Abramo…».
«Non piangere. Va tranquilla. Ecco quanto serve oggi. Domani verrò Io. Va in pace».
La donna si prostra a baciargli la veste e se ne va più sollevata.
«Maestro tre volte Santo, ti posso salutare?», chiede uno dei tre sopraggiunti che si sono fermati rispettosamente dietro a Gesù, attendendo che Egli congedasse la donna, e che perciò hanno sentito la promessa di Gesù. E quest’uomo che saluta è Mannaen.
Gesù si volta e con un sorriso dice: «Pace a te, Mannaen! Ti sei dunque ricordato di Me?».
«Sempre, Maestro. E avevo divisato di venire da Te in casa di Lazzaro o all’orto degli Ulivi per stare con Te. Ma prima di Pasqua fu preso il Battista. Fu ripreso con tradimento ed io temevo che, nell’assenza di Erode venuto a Gerusalemme per la Pasqua, Erodiade ordinasse l’uccisione del Santo. Non è voluta andare per le feste a Sionne dicendosi malata. Malata, sì. Di odio e lussuria…
Io sono stato a Macheronte per controllare e… trattenere la perfida donna, che sarebbe capace di uccidere di sua mano… E non lo fa perché teme di perdere il favore di Erode, che… per paura o per convinzione difende Giovanni limitandosi a tenerlo prigioniero. Ora Erodiade è fuggita dal caldo opprimente di Macheronte andando in un castello di sua proprietà. Ed io sono venuto con questi amici miei e discepoli di Giovanni. Egli li mandava perché ti interrogassero. E io mi sono unito a loro».
La gente, sentendo parlare di Erode e comprendendo chi è che ne parla, si affolla curiosa intorno al gruppetto di Gesù e dei tre.
«Che volevate chiedermi?», chiede Gesù dopo scambievoli saluti con i due austeri personaggi.
«Parla tu, Mannaen, che sai tutto e sei più amico», dice uno dei due.
«Ecco, Maestro. Tu devi compatire se per troppo amore i discepoli vanno in diffidenza verso Colui che credono antagonista o soppiantatore del loro maestro. Così fanno i tuoi, così quelli di Giovanni. È una comprensibile gelosia, che dimostra tutto l’amore dei discepoli per i maestri. Io… sono imparziale, e questi che con me sono lo possono dire, perché conosco Te e Giovanni e vi amo con giustizia, tanto che, per quanto ami Te per quello che sei, ho preferito fare il sacrificio di stare presso Giovanni, perché venero lui pure per quello che è, ed attualmente perché più in pericolo di Te.
Ora per questo amore, nel quale soffiano col loro astio i farisei, essi sono giunti a dubitare che Tu sia il Messia. E lo hanno confessato a Giovanni credendo di dargli una gioia col dire:
“Per noi sei tu il Messia. Non ci può essere uno più Santo di te”.
Ma Giovanni li ha rimproverati per prima cosa chiamandoli bestemmiatori, e poi, dopo il rimprovero, con più dolcezza, ha spiegato tutte le cose che ti indicano come vero Messia. Infine, vedendoli ancora non persuasi, ha preso due di essi, questi, e ha detto:
“Andate da Lui e ditegli in mio nome: Sei Tu quello che ha da venire o dobbiamo attenderne un altro?”.
Non ha mandato i discepoli già pastori, perché essi credono e non sarebbe giovato mandarli. Ma ha preso fra quelli che dubitano per farteli avvicinare e perché la loro parola dissipi i dubbi dei loro simili. Io li ho accompagnati per poterti vedere. Ho detto. Tu ora calma i loro dubbi».
«Ma non ci credere ostili, Maestro! La parole di Mannaen te lo potrebbero far pensare. Noi… noi… Noi conosciamo da anni il Battista e lo abbiamo sempre visto Santo, penitente, ispirato. Tu… non ti conosciamo che per la parola altrui. E Tu sai cosa è la parola degli uomini… Crea e distrugge fama e lodi nel contrasto fra chi esalta e chi abbatte, così come una nuvola viene formata e disciolta da due venti contrari».
«So, so. Leggo nel vostro animo, e i vostri occhi leggono la verità in quanto vi circonda, così come le vostre orecchie hanno sentito il colloquio con la vedova. Questo basterebbe a persuadere. Ma Io vi dico. Osservate chi mi circonda. Qui non sono ricchi né gaudenti, qui non persone scandalose. Ma poveri, malati, onesti israeliti che vogliono conoscere la Parola di Dio. E non altro. Questo, questo, questa donna, e poi quella fanciulla e quel vecchio, sono venuti qui malati ed ora sono sani. Interrogateli e vi diranno cosa avevano come li guarii e come stanno ora. Fate, fate. Io intanto parlo con Mannaen», e Gesù fa per ritirarsi.
«No, Maestro. Noi non dubitiamo delle tue parole. Solo dacci una risposta da portare a Giovanni, perché egli veda che siamo venuti e perché possa, in base a quella, persuadere i nostri compagni».
«Andate a riferire questo a Giovanni: “I sordi odono; questa fanciulla era sorda e muta. I muti parlano; e quell’uomo era muto dalla nascita. I ciechi vedono”. Uomo, vieni qui. Dì a costoro cosa avevi», dice Gesù prendendo per un braccio un miracolato.
Questo dice: «Sono muratore e mi cadde sul viso un secchio pieno di calce viva. Mi bruciò gli occhi. Da quattro anni ero nelle tenebre. Il Messia mi ha bagnato gli occhi seccati con la sua saliva e sono tornati più freschi di quando avevo venti anni. Che Egli ne sia benedetto».
Gesù riprende: «E coi ciechi, sordi, muti guariti, si raddrizzano gli zoppi e corrono gli storpiati. Ecco lì quel vecchio rattrappito poco anzi e ora dritto come una palma del deserto e agile come una gazzella. Si sanano le malattie più gravi. Tu, donna, che avevi?».
«Un male al seno per troppo latte dato a bocche voraci. E il male, col seno, mi rodeva la vita. Ora guardate», e socchiude la veste mostrando intatte le mammelle e aggiunge: «Era tutta una piaga, e lo dimostra la tunica ancor bagnata del marciume. Ora vado a casa per mettere veste monda e sono forte e felice. Mentre solo ieri ero morente, portata qui da pietosi, e tanto infelice… per i bambini prossimi ad esser senza madre. Eterna lode al Salvatore!».
«Udite? E potete interrogare il sinagoga di questa città sulla risurrezione della figlia sua e, tornando verso Gerico, passate da Naim, chiedete del giovane risuscitato alla presenza di tutta la città e mentre stava per essere messo nel sepolcro. Così potrete riferire che i morti risuscitano. Che molti lebbrosi siano guariti potete saperlo da molti luoghi di Israele, ma se volete andare a Sicaminon cercatene fra i discepoli, e molti ne troverete. Dite dunque a Giovanni che i lebbrosi sono mondati. E dite, poiché lo vedete, che ai poveri è annunziata la Buona Novella. Ed è beato chi non si sarà scandalizzato di Me. Dite questo a Giovanni. E ditegli che Io lo benedico con tutto il mio amore».
«Grazie, Maestro. Benedici noi pure prima della partenza».
«Voi non potete partire in queste ore calde. Rimanete perciò miei ospiti fino a sera. Vivrete per un giorno la vita di questo Maestro che non è Giovanni, ma che Giovanni ama perché sa Chi è. Venite nella casa. Vi è fresco e vi ristorerò. Addio, miei ascoltatori. La pace sia con voi», e congedate le turbe entra in casa coi tre ospiti…
Quanto si dicano in quelle ore affocate non so. Ciò che vedo ora è la preparazione della partenza per Gerico dei due discepoli. Mannaen pare che resti, perché il suo cavallo non è stato portato con i due robusti asini davanti all’apertura del muro del cortile. I due inviati di Giovanni, dopo molti inchini al Maestro e a Mannaen, montano in sella e ancora si voltano a guardare e a salutare, finché un angolo di via non li nasconde alla vista.
Molti di Cafarnao si sono affollati per vedere questa partenza, perché la notizia della venuta dei discepoli di Giovanni e la risposta di Gesù a loro, hanno fatto il giro del paese, e credo anche di altri paesi vicini. Vedo persone di Betsaida e Corozim, che si sono presentate ai messi di Giovanni chiedendo di lui e dicendo di salutarlo -forse sono ex discepoli di Betsaida-.
Gesù, con a fianco Mannaen, fa per rientrare in casa parlando. Ma la gente gli si stringe intorno, curiosa di osservare il fratello di latte di Erode e i suoi modi pieni di ossequio per Gesù, e desiderosa di parlare col Maestro.
C’è anche Giairo, il sinagogo. Ma, per grazia di Dio, non ci sono farisei. È proprio Giairo che dice: «Sarà contento Giovanni! Non solo hai mandato esauriente risposta, ma anche, trattenendoli, hai potuto ammaestrarli e mostrare loro un miracolo».
«E non da poco, anche!», dice un uomo.
«Io avevo portato apposta la mia bambina oggi perché la vedessero. Non è mai stata così bene e per lei è una gioia venire dal Maestro. Avete sentito, eh?, la sua risposta: “Io non mi ricordo cosa è la morte. Ma mi ricordo che un Angelo mi ha chiamata portandomi attraverso ad una luce sempre più viva, al termine della quale era Gesù. E come l’ho visto allora, col mio spirito che tornava in me, non lo vedo neppure ora. Voi ed io ora vediamo l’Uomo. Ma il mio spirito ha visto Dio che è chiuso nell’Uomo”. E come si è fatta buona da allora! Lo era buona. Ma ora è un Angelo. Ah! Per me, dicano quello che vogliono tutti, non ci sei che Tu di Santo!».
«Ma anche Giovanni è Santo però», dice uno di Betsaida.
«Sì. Ma è troppo severo».
«Non lo è più per gli altri che per sé».
«Ma non fa miracoli e si dice che digiuni perché sia come un mago».
«Eppure è Santo».
Il battibecco fra la folla si estende. Gesù alza la mano e la stende col gesto abituale che ha quando chiede silenzio e attenzione perché vuole parlare. Il silenzio si fa subito.
Gesù dice:
«Giovanni è Santo e grande. Non guardate il suo modo di fare né l’assenza di miracoli. In verità ve lo dico: “Egli è un grande del Regno di Dio”. Là apparirà in tutta la sua grandezza.
Molti si lamentano perché egli era ed è severo fino ad apparire rude. In verità vi dico che egli ha lavorato da gigante per preparare le vie del Signore. E chi lavora così non ha tempo da perdere in mollezze.
Non diceva egli, mentre era lungo il Giordano, le parole di Isaia in cui lui e il Messia sono profetizzati: “Ogni valle sarà colmata, ogni monte sarà abbassato, e le vie tortuose saranno raddrizzate e le scabre fatte piane”, e ciò per preparare le vie al Signore e Re? Ma in verità ha fatto più egli che non tutto Israele per prepararmi la via!
E chi deve abbattere monti e colmare valli e raddrizzare vie o rendere dolci le salite penose, non può che lavorare rudemente. Perché egli era il Precursore, e solo il giro di poche lune lo anticipava a Me, e tutto doveva esser fatto prima che il Sole fosse alto sul giorno della Redenzione.
Il tempo è questo, il Sole ascende per splendere su Sionne e da lì su tutto il mondo. Giovanni ha preparato la via. Come doveva. Che siete andati a vedere nel deserto? Una canna che ogni vento agita in diversa direzione? Ma che siete andati a vedere? Un uomo vestito mollemente?
Ma questi abitano nelle case dei re, avvolti in morbide vesti e ossequiati da mille servi e cortigiani, cortigiani essi pure di un povero uomo. Qui ve ne uno. Interrogatelo se in lui non è il disgusto della vita di Corte e ammirazione per la rupe solitaria e scabra, sulla quale invano si avventano fulmini e gragnole e i venti stolti giostrano per svellerla, mentre essa sta solida con lo slancio di tutte le sue parti verso il cielo, con la punta che predica la gioia dell’alto tanto è eretta, puntuta come una fiamma che sale.
Questo è Giovanni. Così lo vede Mannaen, perché ha compreso la verità della vita e della morte, e vede grandezza là dove è, anche se nascosta sotto apparenze selvagge.
E voi, che avete visto in Giovanni quando siete andati a vederlo? Un profeta? Un santo? Io ve lo dico: Egli è da più di un Profeta. Egli è da più di molti Santi, da più dei Santi, perché è colui del quale sta scritto: “Ecco, Io mando dinnanzi a voi il mio Angelo a preparare la tua via dinnanzi a Te”.
Angelo. Considerate. Voi sapete che gli Angeli sono spiriti puri, creati da Dio a sua somiglianza spirituale, messi a congiunzione fra l’uomo: perfezione del creato visibile e materiale, e Dio: Perfezione del Cielo e della Terra, Creatore del regno spirituale e del regno animale.
Nell’uomo anche più santo vi è sempre la carne e il sangue a porre un abisso fra lui e Dio. E l’abisso si sprofonda per il peccato che appesantisce anche ciò che è spirituale nell’uomo. Ecco allora Dio creare gli Angeli, creature che toccano il vertice della scala creativa così come i minerali ne segnano la base; i minerali, la polvere che compone la terra, le materie inorganiche in genere.
Specchi tersi del pensiero di Dio, fiamme volonterose operanti per amore, pronti a comprendere, solleciti ad operare, liberi nel volere come noi, ma di un volere tutto santo che ignora le ribellioni e i fomiti del peccato. Questo sono gli Angeli adoratori di Dio, suoi messaggeri presso gli uomini, protettori nostri, datori a noi della Luce che li investe e del Fuoco che essi raccolgono adorando.
Giovanni è detto “Angelo” dalla parola profetica. Ebbene Io vi dico: “Tra i nati di donna non ne è mai sorto uno più grande di Giovanni Battista”. Eppure, il più piccolo del Regno dei Cieli sarà più grande di lui-uomo. Perché uno del Regno dei Cieli è figlio di Dio e non figlio di donna. Tendete dunque tutti a divenire cittadini del Regno.
Che vi chiedete l’un l’altro?».
«Dicevamo: “Ma Giovanni sarà nel Regno? E come vi sarà?”».
«Egli nel suo spirito è già del Regno e vi sarà dopo la morte come uno dei soli più splendidi dell’eterna Gerusalemme. E ciò per la Grazia che è senza incrinatura in lui e per la sua volontà propria. Dal Battista in poi, il Regno dei Cieli è di coloro che sanno conquistarselo con la forza opposta al Male, e se lo acquistano i violenti. Perché ora sono note le cose da farsi e tutto è dato per questa conquista.
Non è più il tempo che parlavano solo la Legge e i Profeti. Questi hanno parlato sino a Giovanni. Ora parla la Parola di Dio e non nasconde un iota di quanto è da sapersi per questa conquista. Se credete in Me, dovete perciò vedere Giovanni come quell’Elia che deve venire. Chi ha orecchi da intendere intenda.
Ma a chi paragonerò questa generazione? È simile a quella che descrivono quei ragazzi, che seduti sulla piazza gridano ai loro compagni: “Abbiamo suonato e non avete ballato; abbiamo intonato lamenti e non avete pianto”.
Difatti è venuto Giovanni che non mangia e non beve, e questa generazione dice: “Può fare così perché ha il demonio che lo aiuta”.
È venuto il Figlio dell’Uomo che mangia e beve, e dicono: “Ecco un mangione e un beone, amico di pubblicani e peccatori”. Così alla Sapienza viene resa giustizia dai suoi figli! In verità vi dico che solo i pargoli sanno riconoscere la verità, perché in essi non è malizia».
«Bene hai detto, Maestro», dice il sinagogo. «Ecco perché mia figlia, ancor senza malizia, ti vede quale noi non giungiamo a vederti. Eppure questa città e quelle vicine traboccano della tua potenza, sapienza e bontà e, devo confessarlo, non procedono che in cattiveria verso di Te. Non si ravvedono. E il bene, che Tu dai loro, fermenta in odio verso di Te».
«Come parli, Giairo? Tu ci calunni! Noi siamo qui perché fedeli al Cristo», dice uno di Betsaida.
«Sì. Noi. Ma quanti siamo? Meno di cento su tre città che dovrebbero essere ai piedi di Gesù. Fra quelli che mancano, e parlo degli uomini, la metà è nemica, un quarto indifferente, l’altra voglio mettere non possa venire. Non è questo colpa agli occhi di Dio? E non sarà punito tutto questo livore e questa pertinacia nel male?
Parla Tu, Maestro che sai, e che se taci è per la tua bontà, non già perché Tu ignori. Longanime sei, e ciò è preso per ignoranza e debolezza. Parla dunque e possa il tuo parlare scuotere almeno gli indifferenti, posto che i malvagi non si convertono ma sempre più malvagi divengono».
«Sì. È colpa e sarà punita. Perché il dono di Dio non va mai sprezzato o usato per fare del male. Guai a te, Corozim, guai a te, Betsaida, che fate mal’uso dei doni di Dio. Se in Tiro e in Sidone fossero già avvenuti i miracoli avvenuti in mezzo a voi, già da gran tempo, vestiti di cilizio e aspersi di cenere, avrebbero fatto penitenza e sarebbero venuti a Me. E perciò vi dico che a Tiro e a Sidone sarà usata maggiore clemenza che a voi nel giorno del Giudizio.
E tu, Cafarnao, credi che per avermi ospitato soltanto sarai esaltata sino al Cielo? Tu scenderai fino all’inferno. Perché, se in Sodoma fossero stati fatti i miracoli che Io ti ho dati, essa ancora sarebbe fiorente perché in Me avrebbero creduto e si sarebbe convertita. Perciò sarà usata maggior clemenza a Sodoma nell’ultimo Giudizio, perché essa non ha conosciuto il Salvatore e la sua Parola, e perciò è meno grande la sua colpa, di quanto non ne verrà usata a te che hai conosciuto il Messia e udita la sua parola e non ti sei ravveduta.
Però, siccome Dio è giusto, a quelli di Cafarnao, Betsaida e Corozim che hanno creduto e che si santificano ubbidendo alla mia Parola, sarà usata misericordia grande. Perché non è giusto che i giusti siano coinvolti nella rovina dei peccatori.
Riguardo a tua figlia, Giairo, e alla tua, Simone, e al tuo bambino, Zaccaria, e ai tuoi nipoti, Beniamino, Io vi dico che essi, essendo senza malizia, già vedono Dio. E voi lo vedete come la loro Fede è pura e operosa in essi, unita a sapienza celeste, a aneliti di carità quali gli adulti non hanno».
E Gesù, alzando gli occhi al cielo che incupisce nella sera, esclama:
“Io ti ringrazio, o Padre, Signore del Cielo e della Terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Così, o Padre, perché così ti è piaciuto. Tutto è stato affidato a Me dal Padre mio, e nessuno Lo conosce tranne il Figlio e coloro ai quali il Figlio avrà voluto rivelarlo.
Ed Io l’ho rivelato ai piccoli, agli umili, ai puri, perché Dio si comunica ad essi, e la verità scende come seme nei terreni liberi, e su essa il Padre fa piovere le sue luci perché getti radice e faccia pianta. Anzi, che in verità il Padre prepara questi spiriti di pargoli per età o pargoli di volere, perché essi conoscano la Verità ed Io abbia gioia dalla loro Fede»…
Estratto di “l’Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta