Impianti dentali ad attacco maschio a forma di sfera

Gli impianti dentali con attacco sferico (detti anche “a pallina” o “a testa sferica”) sono impianti in titanio che vanno a sostituire le radici naturali dei denti e che devono essere inseriti nell’osso mascellare per integrarsi con esso e svolgere la funzione di mantenere in sede la protesi mobile la quale, una volta modificata con gli appositi connettori, viene definita overdenture.

Quando sono utili ?

Scopo principale degli impianti con attacco sferico è quello di bloccare la dentiera nella sua corretta posizione ed impedirne il dislocamento o basculamento durante la masticazione o fonazione permettendo, altresì, al portatore di rimuovere la protesi dalla bocca con una semplice pressione delle dita seguendo un movimento ben determinato.

Inserimento degli impianti dentali con attacco sferico e modifica della protesi

Detti impianti, nella parte emergente dalla gengiva, presentano un attacco maschio a forma di sfera che si incastra, a pressione, con il corrispettivo attacco femmina che deve essere montato sulla protesi del paziente, se essa è recuperabile, oppure in una nuova costruita appositamente.

Il numero di impianti dentali con attacco sferico necessari dipende dalla situazione del paziente, in generale è possibile affermare che, 2 è il numero minimo per l’arcata inferiore e 4 per l’arcata superiore tutti quasi sempre inseriti nella parte anteriore dei mascellari utilizzando una semplice anestesia locale.

Il risultato del lavoro dell’implantologo è una situazione in cui anteriormente la protesi è ancorata agli impianti e posteriormente appoggia delicatamente sulla gengiva (supporto osteo-mucoso).

Le tecniche di posizionamento degli impianti

  • a carico immediato qualora il dentista ne ravvisi le condizioni necessarie;
  • a carico differito se gli impianti necessitano di un periodo di osteointegrazione per essere più stabili e supportare la protesi overdenture.

Alternative implantologiche

Oltre all’utilizzo degli impianti con attacco sferico per ritenere la dentiera in sede, esistono altre tecniche che prevedono l’utilizzo di altri tipi di impianti dentali ad esempio:

Impianti dentali in titanio, integrati nell’osso, uniti insieme da una barra

Gli impianti con barra e chiavistello sono impianti dentali in titanio, integrati nell’osso, uniti insieme da una barra che può essere di titanio o di lega nobile (oro) e servono per bloccare la dentiera in maniera stabile e sicura al pari, o quasi, di una protesi fissa su impianti.

Il chiavistello a sblocco manuale posto sul lato linguale o palatale, serve appunto per impedire qualsiasi movimento alla protesi overdenture. Il portatore può decidere autonomamente quando sbloccare il manufatto protesico ed estrarlo dal cavo orale.

Come funziona il chiavistello ?

Alla struttura implantare composta dagli impianti e dalla barra, è aggiunto un vero e proprio chiavistello (come quello utilizzato per l’uscio di casa) che permette al paziente, utilizzando le dita, di bloccare e sbloccare la dentiera.

Quando il chiavistello è aperto (non attivo) il paziente può tranquillamente rimuovere la protesi dalla bocca, magari per le normali procedure di igiene orale quotidiana. Quando il chiavistello è chiuso (attivo), non c’è modo di rimuoverla dal cavo orale.

La caratteristica principale di una protesi ancorata ad impianti con barra e chiavistello attivo è quella di dare al paziente la sensazione di notevole stabilità e sicurezza.

L’ancoraggio della barra con chiavistello è tale da permettere all’odontotecnico di rimuovere dall’arcata superiore della protesi il famoso e tanto odiato palato in resina realizzando una dentiera o protesi mobile senza palato (overdenture).

Quando utilizzare gli impianti con barra e chiavistello ?

I casi che necessitano degli impianti con barra e chiavistello per la ritrazione della protesi dentale sono riconducibili ad un’unica esigenza ovvero quella di stabilizzare la dentiera.

Per inserire le viti di titanio, il dentista utilizza quelle zone dei mascellari in cui c’è ancora abbastanza osso e tra un impianto e l’altro interpone una barra.

Alle barre corrispondono delle clip a sella all’interno della protesi: queste ultime due strutture vengono bloccate dal chiavistello che, sua volta, è controllato dal paziente.

Procedure implantologiche

Le tecniche con il dentista inserisce gli impianti dentali con barra e chiavistello sono differenti a seconda del caso in esame. Riassumendo quelle più utilizzate, abbiamo:

Carico immediato

L’implantologia a carico immediato carico immediato si pone in essere quando esistono i presupposti ovvero quando la stabilità degli impianti appena inseriti e collegati gli uni agli altri a mezzo della barra è tale da consentire il collocamento immediato della protesi senza che le forze espresse durante la masticazione possano in qualche modo creare problemi agli impianti o, decretare il loro fallimento.

Carico differito

Con il carico differito, l’implantologo inserisce gli impianti nell’osso ma, prima di poterli collegare alla protesi deve passare il classico periodo di tempo chiamato osteointegrazione ovvero il tempo necessario affinché gli impianti si integrino completamente con l’osso circostante.

Solo dopo tale periodo di tempo, è possibile collocare la barra a chiavistello agli impianti dentali e posizionare la protesi. Per i mesi in cui il paziente attende il processo di integrazione, il dentista gli fornirà una protesi mobile provvisoria.

Alternative agli impianti con barra e chiavistello

In alternativa alla soluzione descritta nel presente articolo, esistono altri due modi di realizzare una protesi overdenture su impianti dentali ovvero utilizzando:

  • Impianti dentali con barra;
  • Mini impianti dentali;
  • Impianti con testa sferica

La scelta della tecnica per stabilizzare la protesi nel cavo orale del paziente spetta al dentista che la esegue tenendo presente il reale caso in esame e con l’obiettivo di realizzare il miglior lavoro possibile per quel particolare caso e non in senso generico.

Il tasso di fallimento degli impianti dentali è molto basso, intorno al 2, 3%.

Tra tutti coloro che pensano all’implantologia per sostituire i denti persi, solo 2 persone su 100 potrebbero andare incontro a problemi di cui, la maggior parte, imputabile più alla scarsa igiene dentale che ad altri motivi.

In ogni caso, il dentista potrà sempre rimediare inserendo una nuova vite in titanio.

Le principali cause dell’insuccesso della riabilitazione implantare sono le seguenti:

mancata osteointegrazione (la superficie dell’impianto non viene integrata nell’osso), infezione perimplantare (dovuta a scarsa igiene dentale domiciliare), scorretto carico degli impianti, carico prematuro e/o bruxismo (digrignamento dei denti).

Fallimento a causa di infezione perimplantare

Le persone che hanno sostituito i loro denti naturali con soluzioni implanto-protesiche non devono più preoccuparsi della carie ma devono comunque mantenere un’ottima igiene orale.

Le patologie che colpiscono le gengive ed il parodonto sono le stesse sia per chi ha i denti sia per chi li ha sostituiti con manufatti protesici.

Se l’igiene orale quotidiana non è mantenuta, la placca si deposita sulle gengive ed in prossimità delle emergenze delle viti in titanio.

A lungo andare, l’infiammazione provocata dalla placca non rimossa si propaga dalle gengive ai tessuti sottostanti.

Quando la patologia è arrivata all’osso, siamo in presenza di perimplantite che provoca il riassorbimento del tessuto duro che circonda l’impianto.

Mancando il giusto sostegno, la vite non può supportare la protesi durante le sollecitazioni meccaniche (masticazione) quindi l’impianto cade (fallisce).

Per scongiurare l’insuccesso della riabilitazione implantare è bene recarsi dal dentista per i normali controlli almeno una volta ogni 6 mesi.

Durante la visita, il dentista smonta la struttura protesica ed effettua la pulizia professionale appositamente studiata per chi si è sottoposto ad interventi di implantologia.

Fallimento per mancata osteointegrazione

L’osteointegrazione è il processo che inizia subito dopo l’inserimento delle viti in titanio nei mascellari (mandibola o mascella).

Le cellule chiamate osteoblasti cominciano a produrre nuovo tessuto osseo intorno alle spire o filettatura dell’impianto per imprigionarlo e renderlo stabile.

Per il completamento dell’osteointegrazione è necessario attendere circa 3 mesi per le viti inserite nell’arcata superiore (mascella) e 6 mesi per quella inferiore (mandibola).

In casi estremamente rari è possibile che tale processo non si inneschi oppure che non sia sufficiente e questo causa il fallimento dell’impianto dentale.

E’ sempre possibile ripetere l’inserimento di un nuovo impianto immediatamente oppure dopo la guarigione dei tessuti.

Scorretto carico degli impianti

In normali condizioni di salute, quando chiudiamo la bocca, tutti i denti combaciano con gli antagonisti nello stesso momento.

Quando, invece, alcuni denti arrivano a toccare gli omologhi in anticipo sugli altri, si verifica il precontatto occlusale che determina la malocclusione.

Durante la progettazione della protesi e dell’intervento per inserire gli impianti dentali, il dentista deve ricreare le condizioni per il corretto equilibrio occlusale.

In altre parole, con la protesi in sede nessun dente deve toccare il suo antagonista in anticipo.

Se ciò accade, il punto di precontatto determina delle forti sollecitazioni che provocano il riassorbimento dell’osso sottostante.

La diminuzione della quantità di osso destabilizza l’impianto che è destinato a cadere.

Fallimento per bruxismo

Il bruxismo consiste nel serrare e digrignare i denti durante il sonno e/o durante la veglia.

I ripetuti micromovimenti ostacolano il processo di integrazione tra la vite ed i tessuti circostanti.

Il risultato è un impianto dentale non perfettamente saldo in bocca quindi destinato, prima o poi, a cedere.

La soluzione al problema del bruxismo è quella di avviare la terapia per correggere il comportamento involontario del soggetto e, solo dopo, procedere con l’inserimento implantare e protesizzazione.

Carico prematuro

Caricare gli impianti senza che questi abbiano la stabilità necessaria a supportare la protesi durante la masticazione, porta inevitabilmente al fallimento degli impianti. Vediamo perché.

Negli ultimi anni si è fatta strada una nuova tecnica definita implantologia a carico immediato che comporta notevoli vantaggi.

Il paziente che può essere sottoposto al carico immediato non deve aspettare il periodo di osteointegrazione prima di poter riavere i denti in bocca e tornare a sorridere e mangiare con naturalezza.

Per poter procedere con il carico immediato, però, il ricevente deve avere la giusta quantità e qualità di osso mascellare che permetta la stabilità immediata dell’impianto.

Parliamo della stabilità primaria ovvero la stabilità che l’impianto possiede nel momento stesso in cui è inserito nell’osso, prima che inizi l’osteointegrazione.

Se tale stabilità non c’è e la protesi viene ugualmente ancorata agli impianti, si parla di carico prematuro ed il risultato è il fallimento di tutta la riabilitazione.

Il carico prematuro della protesi sulle viti non permette a queste di saldarsi ai mascellari a causa dello stress a cui sono costantemente sottoposte.

Fallimento estetico

Si verifica quando i tessuti gengivali non tornano a circondare il dente dopo che gli impianti sono stati inseriti.

Tale problematica si riscontra soprattutto con la riabilitazione implantare che utilizza un ponte circolare completo senza gengiva finta.

In questo caso, i denti protesici escono direttamente dalle gengive naturali del paziente.

Ovviamente, se i tessuti gengivali non tornano in posizione corretta dopo l’intervento, alcune parti metalliche od ossee potrebbero risultare visibili compromettendo notevolmente l’estetica e rivelando il ricorso all’implantologia.

Per evitare il fallimento estetico, il dentista deve preventivare il comportamento delle gengive e delle papille.

In alcuni casi la soluzione al problema si trova negli innesti gengivali.

Controindicazioni in implantologia

Anche l’implantologia ha le sue controindicazioni ovvero situazioni di salute temporanee o croniche che aumentano le probabilità di fallimento degli impianti dentali

E’ sconsigliato eseguire l’inserimento di impianti quando:

  • si assumono farmaci anticoagulanti o immunosoppressori;
  • è in corso un’anemia;
  • c’è un calo delle difese immunitarie dovuto a trattamenti terapeutici o a patologie (HIV);
  • il paziente è sottoposto a terapia radiante (chemio terapia);
  • il ricevente è portatore di protesi valvolari cardiache ed ha alle spalle esperienze di endocarditi batteriche;
  • Il paziente è un forte fumatore (il fumo di sigaretta riduce enormemente l’apporto di ossigeno quindi il processo di guarigione e/o osteointegrazione risulterebbe fortemente ostacolato).

Nei casi di perimplantite, il laser a cosa serve?

Cosa può fare il laser per la cura della perimplantite ?

Innanzitutto partiamo da un presupposto, la perimplantite, così come la parodontite, ha origine batterica da cui si ha l’infiammazione.

La progressiva necrosi dei tessuti molli colpiti e il riassorbimento dell’osso alveolare che, a sua volta, provoca instabilità sia della radice naturale del dente sia dell’impianto dentale che è quindi destinato al fallimento così come il dente naturale è destinato a cadere anche se perfettamente sano.

La cura della perimplantite non si realizza attraverso un’unica terapia bensì coinvolge più procedure che, realizzate insieme, permettono la completa guarigione e di salvare l’impianto.

Il laser, ormai, è uno strumento molto diffuso in ambito odontoiatrico ed anche l’implantologia ne fa largo uso.

Nei casi di perimplantite, il laser serve per migliorare od approfondire la bonifica dei tessuti molli colpiti dalla patologia così come la superficie degli impianti che, essendo sempre più rugosa, permette ai batteri di insediarsi e di sottrarsi alla decontaminazione manuale oppure a mezzo di strumenti meccanici come i-Brush, una sorta di spazzola a setole in acciaio inossidabile molto piccole, capace di ripulire la superficie dell’impianto dentale senza graffiarla e senza la necessità di ricorrere alla chirurgia per scoprire l’impianto sommerso.

Desideriamo ribadire che il laser per la cura della perimplantite non è una terapia alternativa bensì complementare a quelle finora utilizzate; esso infatti permette di approfondire la decontaminazione batterica iniziata con gli strumenti manuali (scalers e curettes) e meccanici, i-Brush, non di sostituirsi a queste ultime.

Avendo una patogenesi pressoché identica, anche la cura della parodontite (o piorrea) si avvale del laser per vaporizzare i batteri responsabili dell’infiammazione e bonificare, così, le tasche parodontali ed evitare di ricorrere alla levigatura radicolare a cielo aperto.

E’ possibile sostituire un solo dente mancante?

E’ possibile sostituire un solo dente mancante con un solo impianto dentale, abutment e corona (che può essere costruita utilizzando differenti materiali).

Nel corso della vita, ad una persona può capitare di perdere un dente per differenti ragioni: carie dentale, trauma o incidente, per malattie irreversibili che colpiscono i tessuti di sostegno dell’elemento dentale, la parodontite od anche ascesso.

Indipendentemente dalla causa che ha determinato la caduta od alla estrazione del dente, sostituirlo non è solo la soluzione ad un problema estetico bensì anche dal punto di vista funzionale.

Un dente mancante impone un sovraccarico masticatorio sugli altri denti vicini e, a lungo andare, può anche determinare lo spostamento di questi ultimi dalla loro sede naturale procurando non pochi problemi di occlusione (o malocclusione).

Casistica

Prima di inserire il singolo impianto dentale, il dentista o implantologo deve stabilire la corretta procedura da utilizzare.

Paziente parzialmente edentulo da tempo.

In questo caso al paziente manca un solo dente, tale mancanza, però, perdura da tempo e la gengiva si è chiusa.

Estrazione del dente o della radice residua

A seguito di un trauma profondo che ha determinato anche la frattura profonda della radice naturale del dente oppure di una carie divenuta pulpite che ha distrutto sia lo smalto che buona parte della radice del dente, il dentista non può fare altro che estrarre il dente o la parte di esso ancora in sede.

Esami radiografici

In entrambe i casi si procede con esami radiologici, solitamente una ortopantomografia (OPT), o più comunemente, panoramica dentale meglio ancora se 3D come la DENTALSCAN, in grado di fornire immagini tridimensionali digitali ad altissima risoluzione dei denti, delle arcate dentarie e delle ossa mascellari e mandibolari.

Anestesia

Prima di inserire l’impianto dentale nell’osso mascellare il dentista somministra l’anestesia locale al paziente il quale, se particolarmente ansioso o fobico, potrebbe apprezzare l’utilizzo della sedazione cosciente.

Inserimento dell’impianto dentale

Sulla base dello studio del caso in esame, delle condizioni di salute del paziente e quelle delle ossa mascellari, l’implantologo può decidere di inserire l’impianto dentale utilizzando tecniche differenti:

un solo intervento chirurgico

La procedura implantologica che prevede una sola operazione per l’inserimento dell’impianto dentale è detta “one stage” ovvero in una sola volta.

Il dentista può decidere se collocare l’impianto incidendo la gengiva ed il periostio avendo quindi la visione del campo operatorio oppure adottare la implantologia transmucosa la quale prevede la perforazione delle gengive e dell’osso in un’unica volta senza la necessità di bisturi e suture.

L’intervento di conclude con il fissaggio di un moncone provvisorio sulla testa dell’impianto dentale.

Due interventi per inserire l’impianto dentale per un solo dente

Nel corso del primo intervento il dentista incide la gengiva, inserisce fisicamente l’impianto all’interno dell’osso mascellare, posiziona la vite di guarigione per preservare la parte interna dell’impianto e sutura il lembo creato riposizionando la gengiva.

Trascorso il necessario periodo di osteointegrazione, si effettua il secondo intervento che prevede una nuova incisione della gengiva per scoprire l’impianto, asportare la vite di guarigione ed ancorare il moncone o abutment.

Se sussistono le condizioni necessarie e sufficienti , si potrà caricare l’impianto sin da subito utilizzando l’implantologia a carico immediato.

Costruzione e posizionamento della capsula

Quando il moncone è ancorato all’impianto, si effettua la presa delle impronte dentali utilizzando la classica pasta rosa che indurisce rapidamente oppure con la lampada intraorale che realizza le impronte dentali digitali.

A questo punto la palla passa al laboratorio odontotecnico che, sulla base delle impronte classiche o sulla scansione 3D, realizza il modello reale che monterà su uno strumento chiamato articolatore il quale ha lo scopo di riprodurre i movimenti della bocca durante l’occlusione.

La nuova corona dovrà essere costruita in modo tale da non andare ad alterare l’occlusione. in altre parole, l’odontotecnico deve assicurarsi che il nuovo dente non sia ne più basso ma, soprattutto non più alto degli altri adiacenti. In quest’ultimo caso si parla di difetto da precontatto.

All’odontotecnico è affidato anche il compito di soddisfare le esigenze estetiche del paziente, quindi di realizzare un manufatto che rispetti il colore dei denti adiacenti in modo da nascondere il più possibile il ricorso all’implantologia

La corona protesica, una volta ultimata e testata sull’articolatore, sarà fissata alla sovrastruttura/moncone.

Visite di controllo

Terminato il lavoro di inserimento del singolo impianto dentale per un solo dente, al paziente saranno fissati successivi appuntamenti per verificare che tutto funzioni perfettamente.

E’, altresì, molto importante che il paziente osservi la corretta igiene orale (link a Pulizia impianto singolo) in modo da evitare problemi o fallimento dell’impianto.

Perimplantite quali metodiche e procedure per debellarla?

Sebbene la cura della perimplantite adotti metodiche e procedure simili a quelle per debellare la parodontite, è necessario fare alcune distinzioni poiché c’è una sostanziale differenza tra la superficie dei denti naturali (parliamo della radice del dente quindi del cemento radicolare) e quella degli impianti dentali in titanio osteointegrati.

Pur svolgendo la stessa funzoine, la superficie del dente naturale si comporta in maniera diversa da quella di un impianto inserito nell’osso mascellare.

Sembra un controsenso ma l’impianto è molto più sensibile all’igiene orale rispetto al cemento radicolare.

Radice di un dente naturale

La parte del dente naturale al di sotto delle gengive ed immersa nell’osso mascellare è chiamata radice e la sua superficie è detta cemento radicolare.

I denti sono mantenuti in sede (all’interno dell’osso) dal legamento parodontale che parte dall’osso e finisce nel cemento della radice del dente.

La parodontite attacca prima la gengiva, poi i tessuti parodontali (legamento e mucosa) ed infine l’osso provocando la caduta spontanea del dente stesso.

Superficie impianto dentale

L’impianto dentale è mantenuto stabile ed in posizione grazie alla sua stretta relazione con l’osso con il quale, dopo il periodo di osteointegrazione, tende a diventare un tutt’uno.

Non esiste nessun legamento parodontale, ne naturale ne artificiale. Inoltre, la superficie dell’impianto è molto più delicata di quanto non sia quella dei denti.

A complicare le cose ci pensa la morfologia della superficie implantare che non è liscia come si potrebbe essere portati a pensare bensì porosa.

Se da una parte tale porosità facilita e fortifica l’osteointegrazione, dall’altra offre “riparo” ai batteri che causano l’infezione e la cura della perimplantite diventa più problematica.

Cura della perimplantite superficiale o mucosite

Prima che la patologia degeneri in perimplantite, i tessuti coinvolti, infetti ed infiammati, sono quelli molli ovvero gengive e mucosa.

A questo stadio, la cura della perimplantite prevede manovre non chirurgiche di igiene orale professionale allo scopo di eliminare la placca che si è accumulata (anche sulla sovrastruttura anche detta protesi) ed i tessuti molli e duri dalla superficie dell’impianto dentale con l’utilizzo di scalers e lavaggi a base di clorexidina. Per debellare l’infezione può essere utile un supporto antibiotico che deve essere valutato e prescritto dal medico.

Per contenere e eliminare progressivamente l’infiammazione, si sono rivelati utili anche i seguenti metodi:

  • Sciacqui con acqua tiepida e sale;
  • Acido citrico;
  • Perossido di idrogeno.

Cura della perimplantite conclamata

La cura della perimplantite conclamata (ovvero quando l’infezione ha superato i tessuti molli e si appresta ad attaccare l’osso o lo ha già fatto) è di stretta pertinenza del dentista che non può fare altro che ricorrere alla chirurgia orale per raggiungere le parti colpite, asportare il materiale biologico infetto e decontaminare la superficie dell’impianto dentale.

La ricerca da parte dei produttori di strumentazione chirurgica ed odontoiatrica permette oggi ai dentisti di avvalersi di nuovi strumenti appositamente realizzati per aumentare l’efficacia del tarttamento contro la perimplantite.

In particolare vanno citati i seguenti:

Laser

Il laser per la cura della perimplantite è oggi assai utilizzato per decontaminare le superfici implantari con grande soddisfazione sia dei dentisti che dei pazienti

Rimozione meccanica

Detto in questo modo non significa un gran che per i non addetti ai lavori; in altre parole, esistono sul mercato degli strumenti come iBrush (nome commerciale) che, collegati alla al trapano a turbina del dentista, permettono la rimozione meccanica (non manuale come con lo scaler) di placca e tartaro dalla superficie dell’impianto dentale senza però danneggiarlo.

Conclusioni

Come abbiamo visto, la cura della perimplantite può rivelarsi molto invasiva e costosa; è quindi preferibile prestare molta attenzione all’igiene orale quotidiana e sottoporsi periodicamente alla pulizia denti dal dentista poiché solo in questo modo il medico o l’igienista sono in grado di diagnosticare piccoli problemi che, se non curati tempestivamente, possono trasformarsi in un vero calvario.

Come si svolge l’intervento ? Nell’ implantologia a due fasi (detta anche “con lembo”)

L’implantologia a due fasi (detta anche “con lembo”) è utilizzata per inserire gli impianti dentali (od anche uno solo di essi) all’interno dell’osso mascellare o mandibolare del paziente e lasciarli integrare senza caricarli con la protesi. Solo in un secondo momento (seconda fase), a distanza di almeno 3 mesi dal primo intervento implantologico, le viti vengono scoperte ed il manufatto protesico agganciato ad esse.

Per realizzare ciò, il dentista utilizza il bisturi per incidere la gengiva, appunto creando il lembo da cui il nome della tecnica, procedere con lo scollamento di quest’ultima per esporre l’osso (ecco perché la procedura implantare qui in esame è detta anche “a cielo aperto” poiché il clinico può vedere direttamente il campo operatorio).

Solo a questo punto è possibile continuare, con le particolari frese di diametro sempre crescente, per realizzare il sito di alloggiamento dell’impianto dentale in titanio.

Come si svolge l’intervento ?

Prima fase

Prima che l’odontoiatra metta le mani in bocca al paziente e prima ancora che questi si sieda sulla poltrona del dentista è necessario che si sottoponga ad adeguata copertura farmacologica (antibiotici) per evitare infezioni nel periodo post operatorio.

Nel momento in cui si inizia con l’incisione a mezzo bisturi, lo stress per i tessuti è immediatamente immaginabile ed esso cresce durante la creazione dei fori all’interno dell’osso per culminare quando l’odontoiatra chiude il lembo creato e lo unisce al resto dei tessuti a mezzo della sutura.

Durante il primo intervento che caratterizza l’implantologia a due fasi, a causa proprio del tipo di tecnica, il sanguinamento sarà inevitabile poiché tessuti vivi e quindi irrorati da vasi sanguigni sono stati inevitabilmente recisi.

Periodo post operatorio

Dopo il trattamento, il paziente può tornare a casa ma sarà soggetto a disagi più o meno importanti quali ad esempio:

  • ematoma;
  • edema;
  • impossibilità di mangiare cibi solidi per i primi periodi;
  • maggior dolore o sensazione di fastidio persistente rispetto all’implantologia transmucosa;
  • punti di sutura derivanti dall’utilizzo del bisturi;
  • maggior rischio di infezione post operatorio poiché i tessuti sono stati esposti a potenziali attacchi batterici e continuano ad esserlo (anche se in misura nettamente inferiore) per la presenza di micro fessure tra il lembo creato e la contigua parte di tessuto molle ed anche per la presenza del filo di sutura che attraversa i tessuti stessi.

Seconda fase

Trascorsi alcuni mesi necessari affinché l’osso possa integrare gli impianti in titanio inseriti o, più propriamente, affinché avvenga l’osteointegrazione senza che gli impianti stessi e la struttura ossea ad essi collegata debba supportare i carichi masticatori, il paziente si reca nuovamente presso la clinica odontoiatrica per sottoporsi all’ultima parte  dell’implantologia a due fasi.

Durante la seconda fase l’odontoiatra procede ad una nuova incisione per scoprire gli impianti e collega ad essi i nuovi denti o la protesi fissa totale o parziale (per protesi fissa parziale si intende un ponte od un ponte circolare su impianti).

Tra le due fasi ce ne sono di intermedie come ad esempio la presa delle impronte dentali e la contestuale costruzione della protesi da parte del laboratorio odontotecnico ma abbiamo voluto saltare la parte puramente tecnica per non annoiare il lettore e per permettere a quest’ultimo di seguire meglio la sequenza veramente importante che è incentrata sulla tecnica dell’implantologia a due fasi).

In definitiva, l’implantologia a due fasi è valida tanto quanto lo è quella transmucosa e gli impianti in titanio inseriti sono della stessa qualità solo che la procedura a due fasi è più invasiva rispetto all’altra e costringe il paziente a lunghi periodi di disagio.

Nei casi in cui però il dentista ravvisi la necessità di integrazione ossea o di rialzo del seno mascellare, la tecnica a lembo è l’unica strada percorribile.

Qual è il costo dell’implantologia a due fasi ?

Il potenziale paziente, avendo letto la descrizione delle due differenti tecniche e pensando alla imprescindibile tecnologia che accompagna il dentista passo per passo durante la messa in opera della tecnica transmucosa unitamente al carico immediato, potrebbe essere erroneamente arrivato alla conclusione che la procedura qui descritta sia meno costosa.

Purtroppo non è così. L’implantologia a due fasi risulta non solo più invasiva ma anche più costosa poiché il dentista deve operare due volte quindi il paziente è costretto a pagare due volte il prezzo della prestazione del clinico e dei suoi collaboratori oltre ai presidi chirurgici utilizzati e due volte le cure post operatorie.

Quando la mucosite diventa perimplantite ossia attacca l’osso alveolare che sostiene gli impianti dentali

I-Brush, progettato dalla casa coreana NeoBiotech, è uno strumento molto semplice, simile ad uno spazzolino monociuffo ed efficace nel ripulire la superficie degli impianti dentali che sono stati attaccati dalla perimplantite la quale minaccia l’osso alveolare che li sostiene.

Quando la mucosite diventa perimplantite ossia attacca l’osso alveolare che sostiene gli impianti dentali a cui è connessa la protesi fissa, l’unica cura possibile fino a poco tempo fa era l’intervento chirurgico per esporre la superficie degli impianti stessi e decontaminarla, dai batteri responsabili della patologia.

Tecnicamente la procedura prende il nome di debridement implantare.

L’operazione, anche se di microchirurgia, è sempre un intervento chirurgico che presuppone un alto stress per i tessuti coinvolti e per il paziente che vi si sottopone.

Dopo vari studi, ricerche e test, sono apparsi sul mercato alcuni strumenti come la fresa Tigran Brush e lo stesso i-Brush che hanno lo scopo di asportare il tessuto contaminato dalla superficie dell’impianto dentale (sempre più rugosa o porosa al fine di indurre e migliorare il processo di osteointegrazione, quindi l’effetto ritentivo) e, allo stesso tempo, eliminare lo strato osseo necrotico e rammollito, il tutto senza rovinare la superficie implantare ne causare danni ai tessuti nelle immediate vicinanze.

Caratteristiche di i-Brush

  • Realizzato con setole in acciaio inossidabile (elimina così le possibili infiammazioni dovute a residui plastici o metallici lasciati nel sito operatorio dagli strumenti manuali);
  • Può essere impiegato in quei casi in cui non si ha sufficiente spazio per gli strumenti standard (in molti casi elimina la necessità del bisturi per aprire lembi);
  • Non graffia la superficie implantare facilitandone il mantenimento;
  • Ogni i-Brush è strettamente monouso;
  • Venduto in confezioni sterili da 10 i-Brush, deve essere utilizzato immediatamente dopo l’apertura del blister che lo contiene e, dopo , l’uso, gettato.

Oltre a questi nuovi strumenti, oggi, la decontaminazione della superficie implantare e dei tessuti limitrofi per la cura della perimplantite, oltre che meccanica, può essere realizzata anche grazie all’impiego del laser.

Per i lettori che desiderano approfondire l’argomento abbiamo preparato un articolo specifico “Laser per curare la perimplantite”

Quando si utilizzano gli impianti dentali con barra ?

Gli impianti dentali con barra sono costruiti in titanio inseriti nella mandibola e/o nella mascella (osteointegrati) ed uniti insieme (solidarizzati) da una barra anch’essa in titanio od oro e servono per mantenere in posizione la protesi overdenture (ovvero la classica dentiera fissata con impianti) permettendo comunque al portatore di sganciarla ed estrarla dalla bocca per la quotidiana igiene orale domiciliare.

Quando si utilizzano gli impianti dentali con barra ?

Gli impianti con barra si utilizzano quando il paziente desidera stabilizzare una volta per tutte la sua dentiera che, nel tempo, tende sempre più a muoversi nonostante l’operazione di ribasatura della protesi o l’utilizzo di adesivo per dentiere.

Il basculamento della protesi si accentua durante la masticazione e la fonazione (quando parliamo) e tutto ciò comporta un enorme disagio al portatore sia dal punto di vista funzionale che estetico poiché teme sempre che la dentiera possa “saltare via” da un momento all’altro.

Gli impianti dentali con barra risolvono definitivamente questo problema poiché la dentiera non si muoverà dalla corretta posizione fino a quando sarà proprio il portatore a toglierla eseguendo appositi movimenti .

Inserire gli impianti e collegare la barra

Prima di inserire gli impianti dentali con barra o mini impianti, il dentista procede con l’anamnesi del paziente ed gli esami radiologici (panoramica dentale e TAC tridimensionale o Dentalscan) per avere un quadro clinico completo.

Deve essere verificata la quantità nonché la quantità di osso disponibile per la corretta osteointegrazione, l’assenza di malattie sistemiche o parodontite che potrebbero creare problemi con agli impianti, determinarne il fallimento chiamato comunemente rigetto dell’impianto dentale.

Verificata la presenza delle condizioni necessarie sufficienti per la buona riuscita dell’implantologia, il medico può procede in due modi:

  • Inserimento impianti, collegamento della barra e protesizzazione immediata
    in questo caso il lavoro viene finito in poche ore e nella stessa seduta o, al massimo, in quella successiva poiché gli impianti hanno un’immediata buona tenuta e la barra in titanio che li collega ne aumenta ulteriormente la “stabilità primaria” ovvero la stabilità che ogni singolo impianto ha appena inserito nell’osso mascellare (la stabilità secondaria, invece, è quella che l’impianto viene ad avere dopo il processo di integrazione con l’osso). La protesi mobile che, in questi casi prende il nome di overdenture, può essere consegnata subito così il paziente potrà tornare a casa senza problemi funzionali od estetici
    In questo caso si dice che il dentista adotta la tecnica del carico immediato.
  • Inserimento impianti con barra, protesi mobile provvisoria, overdenture definitiva
    Se le viti in titanio inserite necessitano di un periodo di integrazione senza essere sollecitati dalle forze che si manifestano durante la masticazione, al paziente è preparata una protesi mobile provvisoria che sarà sostituita da quella definitiva quando gli impianti saranno ben saldi in bocca ed uniti dalla barra in titanio che avrà il compito di ritenere l’overdenture in posizione.

La protesi overdenture rimane ben salda nella corretta posizione grazie a delle clip a sella che si agganciano alla barra ancorata agli impianti ma potrà essere rimossa tutte le volte che il paziente ne avrà la necessità.

Entrambe le procedure descritte sono portate a termine con interventi mininvasivi ed utilizzando la normale anestesia locale. Per i pazienti più ansiosi è possibile optare per la sedazione cosciente con protossido d’azoto o in vena oppure .

Le viti di dimensioni ridotte (diametro) sono quindi adatte in caso di atrofia ossea

I mini impianti dentali si distinguono da quelli standard per le dimensioni che li caratterizzano, infatti il loro diametro va dai 1,6mm ai 2,4mm (comunque inferiore ai 3mm).

Il materiale con cui sono costruiti è il titanio e sono utilizzati prevalentemente per la stabilizzare la dentiera (o protesi mobile totale, overdenture) ma possono essere impiegati anche per sostenere una capsula la dove il paziente abbia perso il dente.

La procedura di inserimento è mininvasiva, spesso transmucosa (senza necessità di incidere la gengive), a carico immediato ed adatta anche alle persone più anziane che mal sopporterebbero un vero e proprio intervento di chirurgia orale.

In genere, anche chi non ha abbastanza osso per inserire gli impianti dentali standard, più grandi, può tranquillamente sottoporsi all’inserimento dei mini impianti poiché essi necessitano di un quantitativo di osso nettamente inferiore dei precedenti.

Le viti di dimensioni ridotte (diametro)  sono quindi adatte in caso di atrofia ossea (ovvero quando la quantità di osso a disposizione dell’implantologo non è sufficiente per gli impianti di diametro maggiore), spesso senza necessità di innesto osseo o rialzo del seno mascellare.

Quando utilizzare i mini impianti ?

Per fissare la dentiera (protesi totale mobile)

I portatori di dentiera sanno molto bene che questo tipo di protesi mobile, dopo qualche tempo, comincia a non essere più così stabile come lo era all’inizio.

Durante la masticazione piccoli frammenti di cibo si insinuano tra le gengive e la flangia (gengiva finta) provocando dolore.

Durante una conversazione, la mobilità della protesi rende difficile la pronuncia di determinate lettere come la S e la F inoltre, non è raro che i portatori emettano dei sibili durante la fonazione.

I mini impianti possono risolvere tutti questi problemi rendendo la dentiera ben salda in bocca pur garantendo al paziente la possibilità di rimuoverla ogni volta che ne sente la necessità oppure per la quotidiana igiene orale domiciliare.

Durante il periodo di osteointegrazione

Quando un paziente non ha alcun dente in bocca ed il dentista sconsiglia l’implantologia a carico immediato, è necessario inserire gli impianti dentali e far passare il tempo dell’osteointegrazione (integrazione degli impianti con l’osso) senza la possibilità di caricare gli impianti stessi immediatamente.

Certamente il paziente non può rimanere senza denti per 4 o 5 mesi quindi si ricorre ad una protesi mobile temporanea e questa è mantenuta in sede attraverso l’utilizzo di mini impiantidentali.

Una volta completata l’integrazione, i presidi provvisori vengono rimossi e la protesi fissa viene collegata alle viti ben salde in bocca.

In circostanze come questa, viti di dimensioni ridotte svolgono il duplice compito di mantenere in sede la protesi provvisoria e di fare in modo che questa non comprima eccessivamente sugli impianti inseriti nell’osso che si stanno integrando con esso.

Per sostenere una capsula

Come abbiamo anticipato all’inizio dell’articolo, i mini impianti dentali possono essere utili quando il paziente con atrofia ossea deve sostituire un dente mancante e la radice naturale non è adatta al sostegno della nuova capsula. In circostanze simile un solo mini impianto è inserito nell’alveolo mascellare ed ad esso è fissata la capsula.

Come si inseriscono ?

Inserimento delle viti

Volendo fissare una normale protesi mobile creando, così, una overdenture, l’implantologo esegue i dovuti esami radiologici (panoramica o TAC tridimensionale) per studiare quanti mini impianti inserire e i punti che offrono maggiore possibilità di successo.

Si procede quindi con l’anestesia locale.

Nella maggior parte dei casi, non è necessario incidere la gengive per esporre l’osso in cui inserire i mini impianti dentali, infatti il dentista può procedere con la tecnica trasmucosa che fora gengiva ed osso allo stesso tempo senza alcun dolore per il paziente anzi, con questa tecnica è possibile accorciare i tempi di guarigione dei tessuti gengivali.

A seconda della condizione del paziente, l’implantologo inserisce dai 2 ai 4 mini impianti nella mandibola (arcata inferiore) e dai 4 ai 6 nella mascella (arcata superiore).

Modifica della vecchia dentiera

L’odontotecnico modifica la vecchia dentiera applicando i connettori che si agganciano alla testa sferica dei mini impianti.

Se la vecchia protesi non è utilizzabile, si procede con la costruzione di una nuova appositamente realizzata.

La testa dell’impianto è a forma di sfera, e la componente di ritenzione, che contiene un O-ring in gomma, agisce come una cappetta o bottoncino. L’O-ring avvolge la sfera una volta che la protesi viene applicata e mantiene la protesi in sede.

Se l’overdenture viene applicata correttamente, essa appoggia delicatamente sulla gengiva del paziente ed i componenti di ritenzione offrono flessibilità verticale.

Vantaggi

I vantaggi nell’utilizzo dei mini impianti per stabilizzare la dentiera sono numerosi e li vogliamo riassumere a vostro vantaggio:

  • Procedura mininvasiva
    non è infatti necessario incidere la gengiva per il posizionamento delle viti in titanio quindi il periodo di guarigione è fortemente contenuto;
  • Possibilità di carico immediato
    specialmente nell’arcata inferiore, è possibile praticare il carico immediato ovvero effettuare l’intervento implantologico  e, nella stessa seduta, posizionare la protesi overdenture in modo che il paziente possa lasciare lo studio con la dentiera stabilizzata;
  • Recupero della vecchia protesi
    In molti casi il paziente non deve affrontare il costo per una nuova protesi mobile poiché quella vecchia può essere opportunamente modificata per ospitare i bottoncini che si agganciano alla testa dei mini impianti;
  • Costi contenuti
    Prezzo inferiore rispetto alle viti standard.

Alternative implantologiche

L’implantologia moderna prevede altri due soluzioni per stabilizzare la protesi mobile ovvero: viti con barra o con attacco sferico.

I costi dei mini impianti dentali

Il costo della soluzione offerta dai mini impianti è senza dubbio inferiore rispetto al prezzo che il paziente deve sborsare optando per l’implantologia che utilizza viti in titanio standard.

Visitando i siti Internet ed i forum di discussione è possibile rendersi conto che alcuni dentisti offrono differenti soluzioni:
4 mini impianti + dentiera in resina (costo da 1.400 Euro)
1 singolo mini impianto (prezzo da 400 Euro)

I prezzi riportati sono puramente indicativi poiché è consigliabile se non doveroso, richiede un preventivo completo al proprio dentista di fiducia che potrà meglio consigliarvi in base alle vostre reali esigenze.

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