La scelta …

Mi aggiro nella giungla degli scaffali e prodotti, in un gioco di luci e ombre che nasconde una realtà distorta.

Il Super!Mercato, con la sua facciata luminosa, omogeneizza le nostre preferenze, imponendo ciò che dovremmo desiderare!
Tra le fila di prodotti, il richiamo del Pata Negra diventa un’illusione, un sogno infranto nel paradiso degli dèi minori.
Eppure, c’è una folla che affolla quei sacri templi del consumo. 
Alle porte di SanCaprotti, ci si sente come in balia di forze invisibili, come pedine in un gioco divino, dove promesse di risparmio e abbondanza chiedono lattine d’umiltà all’uscita.
Cani di Pavlov sulla via della convenienza, compromessi etici fiutati dalla coscienza, mentre il peso delle scelte grava sul portafogli.
Ma quattro ruote d’altruismo, ci spingono facilmente a nascondere la complicità nel perpetuare le dolci disuguaglianze che tanto fanno amaro sulle tavole sociali.
Ma ti salvano dall’idea di finire all’ultimo posto a dover donare sorrisi come esche per l’umanità, che si nasconde dietro una maschera di falsa compassione.
Ben altri conflitti si dovrebbero temere, quelli che finanziano le distanze aristocratiche, sfruttando le insicurezze altrui a difesa di interessi immuni dall’intelletto   consumistico.
La paura di guardare negli occhi la sofferenza e confrontarsi con le proprie azioni è quel velo d’ipocrisia che non ha il coraggio di guardare la verità.
Soprattutto quando questa fa male, nel riconoscere i nostri privilegi come strumenti per un tornaconto personale, dove il bene comune lubrifica una ghigliottina che ci separa dalla vera umanità.

“Quando lo vedi anche sulla tua maglietta…”
“…ci aggrappiamo ad un gesto che sembra di rottura…
con l’illusione e il pretesto di scegliere ancora”
“..Noi così originali e spappolati
traiamo saltando liberi come pidocchi
coi nostri gusti schifosi accumulati tra la testa e gli occhi.
Ormai sei soggetto ad una forza che ti è sconosciuta
ormai sei libero e schiavo, ormai sei coinvolto
e di colpo ti viene il sospetto che in tutta la vita
NON HAI MAI SCELTO”
Gaber.

7 aprile 2024

Le mie dita cadranno in polvere e il mio cuore tacerà il dopo.

Su quel punto dove il tempo s’interrompe, l’essenza si fonderà con il sogno, chiudendo le pagine del mio cammino.

Ho accarezzato il palato con la punta della lingua, 
quando il tuo nome mi è sfuggito dalle labbra 
ed è rimasta una consonante apicale ad echeggiare nella gola.

Come un peccato, 
nascondo il tuo sapore nelle vene. 
Confessandomi segreti che riveli 
ogni volta che sorridi:
Bevo il mio sangue …
Purpureo desiderio in calici di silenzio, vessillo, conquistatore di battiti che non puoi udire.
Sonora sapienza che non ha coscienza, 
solo il tempo di vivere:
Palpiti sottomessi al tuo respiro.
Gesti involontari, come organi suonati dalle tue mani:
Note di una melodia antica che risvegliano desideri profondi
come il mare di notte.

Sull’armonia di un tempo che danza nei miei sogni
la mia anima indulge in promesse che sfidano il destino.

Dove l’ultimo filo di vita darà inizio ad una nuova trama che nessun occhio umano potrà leggere:
I tuoi occhi saranno quella porta da cui oltrepassare il limite della carne
l’universo che cullerà i vagiti della mia anima.

Sazierò l’attesa pronunciando nuovamente il tuo nome.

La piega muta delle mie labbra 
dove il silenzio sarà una poesia d’amore che le mie mani accarezzeranno 
anche quando …

Le mie dita cadranno in polvere e il mio cuore tacerà il dopo …

Proibito

C’è un abisso di acque impetuose, dove un’ombra oscura nasconde le cose. Dove s’annida la paura di oltrepassare i confini della sicurezza, prigioniera di ignote conseguenze.
La speranza si tramuta in una scienza distorta, dove la prudenza regna sovrana e la verità quasi morta, perché … Non si sa mai … e con coscienza, condanni il coraggio ad una eterna viltà.
NO!
Vostro è quell’onore, per me, un velo di vergogna che nasconde l’ardore del rischio, un drappo oscuro che avvolge l’impeto della vita.
All’ombra di scelte sicure, il coraggio si consumerà invano, in attesa di un destino, perso nei labirinti della paura.

Giro una moneta tra le dita, senza compiere quel rituale di rivelazione.
Nessun destino ad oscillare nell’aria.
Solo la voglia di averti:
Il desiderio é un’eco nel silenzio che si svelerebbe ancor prima che la moneta tocchi terra.
La risposta cadrà muta
Da un destino interrogato per scagionare le mie dita.
Libere,
oltre quella linea, che confina i palmi con esperienze dure come calli.
Resilienza stratificata come pagine dimenticate di antichi salmi
Apocrifi lapilli
Ardono ora tra le mani come un fuoco segreto
ogni peccato che commetterei
dipinto sul tuo corpo
è un rito ancora incompleto.

20 marzo 2024

Peregrino infelice, temi che il domani sopprima il tuo presente, lo renda tacito.
Mi domando di chi sia stato quel morso che ti divora dentro, quando mostri la tua fame d’amore e raccogli bocconi altrui, gustando l’invidia…

17 marzo 2024

Mi piacerebbe sapere quanti chilometri ho fatto ruotando il grinder, di sicuro qualche metro in più anche stasera. Lo stereotipo mi impone il dovere di sbellicarmi dalle risate per qualunque cosa insensata assedi la mia mente e lo vorrei, eccome! mentre il bisogno è sempre quello: ANDare …era DNA  nel mio sangue  … Ma come un palindromo, il significativo non cambia, nemmeno da seduto o capovolto e quando ho la testa rasata come la pianta dei piedi, calzo pensieri fuori moda come scarpe da lavoro: Utilità e comodità e quella punta d’acciaio che mi ha educato tra durezza e fragilità.
E’ più duro l’acciaio o il vetro?

” Si avvisano i signori passeggeri di non aprire le porte della carrozza, fino al completo arresto del treno” Io ci ho provato, non dovevano dirmi di non farlo, ma non si aprono, quindi a che pro?

Che poi… non c’è come il finestrino di un treno serale per tenerti gomito a gomito con te stesso, quando puoi guardarti in faccia con più volti senza dare nell’occhio e in quel riflesso, vedere oltre i miei occhi.
Mi domando perché non dovrebbe essere la meta e fanculo il viaggio; Come godersi la via più veloce per un attacco di dissenteria fulminante … 
Ed ecco che non il perché, ma il dove, la domanda che zavorra la carne con pochi grammi d’infiorescenze, ed è ora! Che abbandono la mia parte di patrimonio mondiale a chi svetta come mosche pasciute, sopra cime di sterco infetto con cui si nutrono compiaciute e cerco la mia vera terra, qui! Dove sono nato e dove tutto mi è estraneo.
Ed è nuovamente qui e ora, che affogo i pensieri nella sete di capire, sedotto da una rinascita improvvisa, la cui percezione è qualcosa che non so spiegare, ma credo stia in un battito di ciglia, come quando è saltato il differenziale e sono rimasto al buio! Perché è da tempo che sono in corto con la mia esistenza e cerco nell’ombra un segreto, sapendo che le cose preziose si nascondono, come la terra protegge il tartufo e il grembo di donna il feto … 

Espiare?

Questa stanza, la mia stanza, quella che porto ovunque io possa legarmi a quei sensi che illuminano la notte …
Nessuna eredità lasceranno queste mura e poche cose resteranno, come quelle quattro che porti quando sai di essere solo di passaggio e in alcuni casi, porto solo ciò che ho nelle tasche.
Tengo ai miei sogni … e li tengo sotto al cuscino, come una revolver carica, per togliermi da questa realtà senza macchiarmi d’un peccato funesto e tenere pulita la coscienza di chi mi ha espulso vivo.
Occhio non vede, cuore non duole.
Sarà dunque in ciò che vedo e dopo scrivo!?
Come note a piede che ritmano la cadenza delle mie suole, mentre mi allontano dal guardare ciò che indicate e nel girare le spalle, sento quel qualcosa di giusto che mi accompagna ad ogni passo, ma che mi lascia segni nell’anima, come un rasoio in direzione sbagliata e curo ferite che posso vedere solo in quel riflesso, quando le lacrime scorrevano sul viso glabro, chiedendo perdono per errori sottratti agli insegnamenti.
Ma nessuna emostatica attenuante mi blocca, nemmeno in quel laccio, quando poco più che ventenne, imparai a toglierlo con la bocca, dal braccio, teso verso un futuro che mi vide riaprire gli occhi in un pronto soccorso, anni dopo.
Mi dissero che fu un miracolo …
Ma nessun passo dei vangeli mi ha mai avvicinato a Dio, tutt’altro e forse, se cercaste un antico testamento, su chi fosse stato il primo misogino, sbirciateli …
Perché racconto i cazzi miei !?
Perché devo dimostrarmi che la verità non paga a questo mondo, è una scelta fatta da altri, in saldo, sullo scaffale del mercato più vicino alle nostre esigenze.

Scagliarsi contro la massa?!: “Guarda le recensioni, cosa dicono gli altri?”
E attonito guardi cadere in rete, menti agonizzanti, su recensioni che stellano l’incapacità di scelte semplici, che ti tolgano dal dubbio d’essere un coglione.
Diritto che non si vuol sottrarre a nessuno, sia chiaro! E’ la massa, la questione.

Ma che cazzo, ho ancora le mani segnate dalla giornata e porto l’odore delle macchine utensili e sono qui a farmi queste pippe, il coglione son io lo so, ma so anche il motivo …
Quindi, nell’attesa di una schiumante pulizia corporea, ne faccio una spirituale che ha buona assonanza con coglione e via, mi tiro su un cannone 😉

Per i benpensanti dal palato a doppio malto:
Se credete di avere occhi per il bello, non li avete per vedere la fine che ci circonda ….

Tolleranze: – 0,01 / 0 / + 0,01

Nero, come china:
Cadono gocce di pensiero, dalla radice di una piuma:
Tre dita sopra un foglio bianco e un polso fermo su ciò che ho paura di leggere.       
E parto sempre da un angolo, popolando uno spazio vuoto, con un ventre fecondo al dubbio e dita fertili, a mostrare le mie carenze …
Cinque punte, come foglie che non mentono le loro esigenze. 
Nessun Autunno prematuro a farle cadere su questi tasti, di un’altra forma è la cresima sulla mia fronte che illumina la fede delle mie dita:
Ma se nemmeno a Natale mi sento più buono, sarà perché son troppo buono di mio?

E non è questione di esperienza, il non addobbarmi con Palle natalizie, per nascondere una reticenza che fa il giro del mondo e slitta, perdendo contatto con la realtà che stai vivendo.
E mi sento stucchevole ad inserirmi nelle crepe di una società che ai miei occhi, si sta sgretolando, sotto arcobaleni che non hanno mai visto la tempesta. 
Ma ci sono imprevisti nella vita, che ti schiariscono le idee, riuscendo a dare un senso alla tua infanzia e dove prima vedevi l’esigenza d’incanalare la fantasia di un bambino, ora riesco a vedere i danni che i BarbaPapà hanno seminato nella mia generazione.
E se quel BarbaTrucco è la possibilità di trasformarsi in ciò che si vuole, restate di stucco, perché ci sono anch’io nella competizione istrionica.

Effetti digitali, affetti madrigali: 
Epigrammetti generazionali diffondono ubiquitarie condanne più dei virus progettati dall’uomo … 
Oggi, una manciata di pixel uccide più menti delle fedi religiose.
Oh Google … liberaci dallo spam quotidiano.

E un sincero augurio a tutti noi, di una nuova coscienza.

“Ma noi siamo talmente toccati
Da chi sta soffrendo
Ci fa orrore la fame, la guerra
Le ingiustizie del mondo
Come è bello occuparsi dei dolori
Di tanta, tanta gente
Dal momento che in fondo
Non ce ne frega niente
Il tutto è falso
Il falso è tutto …”

Gaber – Il tutto è falso. 

Come puoi condurre un’esistenza onesta, quando la prima forma di violenza, la fai su te stesso, con quella impudenza di cui devi nutrirti, per ottemperare allo scopo?

Quando la si mette sul divino, io mi accomodo su quel divano, posto all’angolo di giudizi, che di spessore, hanno solo il fetore che emana la paura di non essere nessuno.
E mi gela ogni volta, scoprire quanto è profondo lo spazio che distanzia le mie paure dalla necessità di dover piacere o di far capire; Perchè si palesa il miracolo della comprensione, quando l’incompreso viene accolto da chi non ha perso l’innocenza di voler crescere, oltre quella misura d’uomo, che non ti fa raggiungere i tuoi sogni …

Cinico( s.m. ):Mascalzone che, a causa di un difetto della vista, vede le cose come realmente sono e non come dovrebbero essere.Di qui l’abitudine diffusa fra gli Sciti di strappare gli occhi al cinico per migliorarne la visione.( Dal: Dizionario del Diavolo – Ambrose Bierce)

Figlio di nessuna ideologia masticata a dovere, quelle che ti lasciano un buon sapore, quando puoi sputarle in faccia all’occasione giusta.
Un’intuizione precoce: 
Raramente ho impersonato quel colpo di scena, che mi avrebbe aiutato a improvvisare toni favorevoli alle circostanze.
Arrivo sempre a fatto compiuto, e quanto mi pesa sentire quella voce che cerca il mio aiuto, con i forse e i non avresti dovuto.
Ma se quella è la mia naturalezza, perché ora sono qui a cercare prove della mia interezza!?
Perchè c’è un qualcosa che non dice, ma si sente, nelle vibrazioni della mia voce: 
E’ grave quel tono, come le circostanze, imperniate a quella corona che ti mise tuo padre, quella che vuoi nascondere, ma non con il bicchiere, come fece lui.
Tu odi te stesso e ti misuri ancora oggi, con quella tacca che ha segnato la tua vita, quando hai smesso di crescere.
E ti ho visto piangere, quando lui diventò quel vuoto a perdere, come la bottiglia che aveva abbandonato da tempo, mentre continuavi a stringere il rancore, insieme alle sue ceneri.
E ti ho visto sorridere, per quei percorsi simili della nostra adolescenza, strade diverse, ma la stessa paura nel vedere quelle divise, che obbligavano a svuotare le tasche, e ci raccontammo quello che non avremmo mai detto a loro … 
Con entrambi un padre da digerire e un luogo di lavoro da spartire, dove cominciasti a prendere nuovamente le misure, e soppesasti i frutti di un’esperienza più matura, che ero pronto a dividere senza un motivo, perchè ancora non sapevo, cosa o chi in realtà nutrivo …

Figli di nessuno, ma io so chi sono …

” … Giorni migliori,
arriveranno
lascio parlare tutti quelli che non sanno …
Giorni più duri, io non mi spezzo
la mia bellezza nasce dal vostro disprezzo …”

Fabrizio Moro –