Alcune disordinate geometrie interiori
[Non c’è niente da salvare
nell’irriconoscibile
delle parole inutili
tante quante ognuno ha voce
sulla soglia].
Riflettevo sulla fotografa Francesca Woodman come abbia potuto considerare la sua produzione così unica e determinate preservando ciò che è stato fatto, anziché cancellare confusamente tutte queste cose delicate, nel tempo, a tal punto che come sedimenti di vecchi fondi di caffè la sua vita poteva concludersi in quell’unica serie, gettandosi da un grattacielo di New York dopo la sua mostra Some Disordered Interior Geometries (Alcune disordinate geometrie interiori) il 19 gennaio del 1981. E nei contenuti della sua poetica, come non riconoscere il dramma prossimo, per gli esperti e lasciando una lunga e dolorosa elaborazione del lutto alla sua famiglia. Resta l’interrogativo del sé e del suo doppio riflesso in evanescenti scomparse assimilate in altre materie: muri, porte, finestre, camini, appesa, seduta, distesa tra le radici di un albero d’acqua. Cosa e a chi importa se una stella non brilla più tra le tante? Quale messaggio, poter dire qualsiasi cosa senza che Ella lo controbatta, integralmente, irriverente e scettica. Una domanda fondamentale su ciò che costituisce il ‘reale’ o l’irrequieta «lateralità di chi guarda il mondo e non lo accetta». Fragilità senza ricatti o concessioni alla stucchevolezza. Spazio interiore disabitato – scrive Ecodada. Quali ricerche immateriali si consumavano dentro quei contenitori privi di orizzonte? Se volesse provocare o se era essa stessa provocazione – racconta George Woodman, pittore astratto, e padre dell’artista nel documentario The Woodmans sulla misteriosa vertigine in cui piomba l’eccezionale fotografa.
L’artista ha vissuto anche in Italia entrando in contatto con la Transavanguardia di ABO Achille Bonito Oliva. Con il compimento del suo gesto libera definitivamente la sua arte (di clausura), la immola nell’esterno- eterno dell’essenza cristallizzata, volatilizzata, né presenza né assenza. Tuttavia tormentata come dannata in una teca di museo per sempre. Perché solo alcune e non altre disordinate geometrie interiori…
A chi importa? Who cares if one more light goes out? Well I do…
ART UNDER CLOTHES artisti in transito:
“Con questa artista, al di là del dramma occorso alla sua vita, si rappresenta la necessità dell’orizzonte. Linea che la pandemia sta sacrificando. Creare. Allestire la Scena per ricostruire l’assenza dell’arte, con buona pace della connotazione michelangiolesca del genio creatore, è il motivo e desiderio di battesimo di questo nuovo Exposit al femminile, e non solo. Il distanziamento e l’impossibilità di vivere pubblicamente l’arte ci pone come fuggitivi con i disegni sotto i vestiti. E una certa ribellione ne consegue”(dz).
in copertina una delle foto più conosciute e usate in rete