«Signore, tu lavi i piedi a me?»

 

«Signore, tu lavi i piedi a me?»

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Es 12,1-8.11-14

Salmo: Sal 115 (116)

Seconda lettura: 1Cor 11,23–26

Vangelo: Gv 13,1-15

 

“Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me»”.

L’immagine è la lavanda dei piedi

Gesù durante la Cena, comincia a lavare i piedi dei suoi discepoli e quando Pietro gli chiede il perché, Egli risponde : «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Per fare parte di Lui, non bisogna compiere delle cose, ma accogliere la cura e l’amore che Egli ci sta donando.

Il quesito di Pietro non è insolito: «Signore, tu lavi i piedi a me?», anche noi avremmo potuto fargli questa domanda, alla ricerca del perché di quel gesto. Solo il Signore può toglierci la polvere del peccato dai nostri piedi e renderci in grado di camminare.

Gesù con quell’atto, rende sacro l’incontro tra Lui e l’uomo, svelando il volto di Dio: siamo di fronte a un Dio che si china su di noi, e desidera risollevarci da quella situazione di difficoltà, che stiamo vivendo.

Il Signore ci tocca nel profondo e “avendo amato i suoi li amò sino alla fine”: l’uomo trova spazio per essere amato e perdonato da Dio, non perché ne sia meritevole, ma perché fa parte di Dio, in tutta la sua esistenza.

C’è un dono preparato per noi che comincia da qui, da questo gesto in cui il nostro Maestro ci insegna una teologia dal basso: Gesù che si china a lavare i piedi, affinché possiamo fare altrettanto.

Oggi, Giovedì Santo, riconosciamoci amati, lavati, dal basso, da ciò che è più a contatto con la terra, ma che grazie a Lui può unirsi a quella parte di cielo, che è per noi, ed è già Risurrezione.

 

 

La profondità della croce

 

La profondità della croce

 

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Prima lettura: Is 50,4-9a

Salmo: Sal 68 (69)

Vangelo: Mt 26,14-25

 

“Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?»”

L’immagine di oggi è: la profondità della croce.

Nel testo del Vangelo di questo mercoledì Santo, leggiamo da parte dei discepoli una profonda contrizione, data dal timore di aver tradito Gesù. C’è una sincerità che proviene dal cuore in queste parole:

“Sono forse io, Signore?”

È la sincerità di chi si riconosce peccatore, è l’affetto di chi teme di aver ferito una persona cara, ma in questa domanda troviamo anche una professione di fede: lo chiamano Signore. Gesù viene identificato come il loro Signore, ed è per questo che sono rattristati di averlo deluso, è un vero atto di dolore.

“Sono forse io, Signore?”

Questa domanda parte dal cuore e arriva al Signore. È quasi dichiarare implicitamente che Egli sa, ci conosce più di noi stessi. Nell’affermare Gesù come Signore c’è un cammino di verità, dove nel corso della vita si svela pian piano a noi, ovvero: individuare il nostro errore, scoprire che Lui ne era già consapevole e nonostante tutto ci ama, e dalla forza di quest’amore poter ricominciare. Solo il Signore può amarci così, perché Egli ha cura di noi.

“Sono forse io, Signore?” Siano per noi parole di ripartenza, dove lo sguardo non si ferma sul nostro errore, sul peccato, ma nel Suo perdono, in quella profondità della croce, che da sempre ci ha amato.

 

 

Quel boccone di pane

 

Quel boccone di pane

 

 

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Prima lettura: Is 49,1-6

Salmo: Sal 70 (71)

Vangelo: Gv 13,21-33.36-38

 

“In quel tempo, [mentre era a mensa con i suoi discepoli,] Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: «In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà”.

L’immagine di oggi è: il boccone di pane.

In questo martedì Santo, portiamo all’altare dell’ Eucarestia tutto ciò che ci turba, le nostre difficoltà, le paure.

Gesù proprio in quella mensa, svela cosa accadrà da lì a poco e non è nascosto neanche il suo profondo turbamento. Non per questo si tira indietro e con determinazione afferma a Giuda: “Quello che vuoi fare, fallo presto”.

Quel boccone sarà un boccone amaro, sarà la prima volta in cui Gesù riconoscerà apertamente Giuda, come colui che lo tradirà e chissà quanto dispiacere il Signore possa aver provato per lui, poiché era uno tra i suoi discepoli.

Proseguendo la lettura del Vangelo, dopo che Giuda uscì, Gesù disse: “Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui”.

“Ora” la gloria avviene dall’aver compiuto un atto grandioso: aver intinto il boccone con colui che lo tradirà. La Sua gloria sarà, non solo perché risorgerà, ma perché si è reso pane per tutti. Per chi sbaglia e lo rifiuta, per chi non crede e accusa, per chi crede e inciampa. Egli per tutti si fa pane e per tutti c’è una mensa pronta ad accoglierci, così come siamo.

Se non fosse stato così, quel gesto di sommo amore tradotto nella più alta offerta, sarebbe stato un atto fatto e finito; ed invece si perpetua nel tempo, così che noi bisognosi di redenzione possiamo accostarci a Lui ed essere partecipi della Sua gloria.

 

 

Impregnati dal profumo di Cristo

 

Impregnati dal profumo di Cristo

 

 

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Prima lettura: Is 42,1-7

Salmo: Sal 26 (27)

Vangelo: Gv 12,1-11

 

“Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo.” L’immagine di oggi è quella del profumo.

Il dono di Maria si diffonde sui piedi di Gesù, nei capelli di lei e in tutta la casa. È Maria che fa qualcosa per Gesù, se ne prende cura profumandolo e il Signore la lascia fare: c’è uno scambio tra i due.

Maria dà ciò che aveva di più prezioso, forse perché si è sentita così tanto amata da Gesù, da voler fare ora qualcosa per Lui. Non importa quanto sia prezioso quel profumo, per lei Gesù valeva ben di più, non era un gesto sprecato.

È un gesto semplice profumare, un atto che sa di quotidianità, ma anche di un cammino percorso, Maria infatti non gli profuma il capo, ma i piedi, quasi a dire quanto sia prezioso il Suo arrivo sino a lì. Quell’incontro impregna e si diffonde, tanto da poterlo “leggere” ancora oggi nella settimana Santa, e vederci come se fossimo presenti ora in quella situazione, a relazionarci con Gesù e sentirci amati, importanti per Lui.

Gesù ci ha impreziositi, con il suo dono sulla Croce ha dato ciò che di più prezioso aveva, la sua stessa vita, affinché potessimo comprendere quanto è sacra, significativa la Sua relazione con noi.

Siamo quei Figli che impregnati del profumo di Cristo, ricevono il dono di dare amore apparentemente sprecato, perché riconosciuti amati di quello stesso Amore che si diffonde e si conserva per tutta la vita.

 

 

Rischiarati dalla luce della verità

 

Rischiarati dalla luce della verità

 

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Prima lettura: Dn 13,1–9.15–17.19–30.33–62 Forma breve:Dn 13,41c–62

Salmo: Sal 22 (23)

Vangelo: Gv 8,12-20

 

Gesù nel Vangelo di oggi, ci dice: “io sono la luce del mondo”. Se pensiamo a una stanza buia, ci accorgiamo di quanto sia importante la luce! Al buio è difficile definire gli spazi, le cose, se invece è illuminato, è possibile rendersi conto dei dettagli e muoversi.

Seguire Gesù, è dirigersi su una via di Luce, dove è possibile vedere il nostro percorso, fatto anche di fragilità, fatiche, rischiarato dalla luce della verità.

Il Signore ci invita a un cammino di verità, in cui è proprio Lui a donarci la forza e il coraggio per andare avanti, e non restare in quel buio che ci blocca.

Non importa a che punto siamo del viaggio, quello che conta è percepirsi chiamati per un sentiero in cui non siamo soli. Egli è sempre presente e il Suo unico desiderio, è di fare della nostra vita, un’autentica esperienza con il Padre.

Dal Padre riceviamo la vita e sarà Lui a darci il sostegno, il conforto, il perdono che ci toglie dalle nostre paralisi, dalle paure, che ci lasciano fermi.

“Dov’è tuo Padre?” La nostra vita sarà una risposta a questa domanda. Dove? In quel “luogo del tesoro”, il nostro cuore, in cui Gesù ci parla, insegna e ci conduce per una via di verità e Misericordia.

 

 

La legge e i profeti

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Prima lettura: Dt 4,1.5-9

Salmo: Sal 147

Vangelo: Mt 5,17-19

 

Gesù rappresenta la continuazione nel tempo della Legge e i profeti, Egli è l’unione tra passato e futuro, è la concretezza che si perpetua nella storia. Tutto ciò che abbiamo precedentemente ascoltato, diviene un Volto dove confrontarsi, affinché quella Legge non sia un obbligo o qualcosa da fare, ma ciò per cui è stata formata: una questione di cuore. Non si tratta di sentimentalismo, è riconoscere semplicemente, il perché essa è stata creata: per dare ai suoi figli una strada su cui camminare, gli stiamo a cuore!

Gesù è la via fatta carne, diviene il compimento della legge e i profeti, perché l’offerta della Sua vita è la massima espressione dell’amore. È come se il Signore ci dicesse: io ti amo di più! Amare di più non è essere “romantici”, amare di più comporta sacrificio, fatica, richiede impegno, desiderio, volontà. Il Suo Amore è visibile alzando gli occhi alla croce, dove non c’è bisogno di parole, ma basta contemplare quell’offerta che abbraccia il mondo intero.

Egli ci chiede di cominciare dal piccolo, da quei minimi precetti per arrivare alla grandezza della Legge, c’è una gradualità e una totalità, poiché quei minimi precetti fanno parte di essa, c’è tutto. La grandezza dell’amore di Dio diventa, grazie a Gesù, un’esperienza personale, affinché possiamo essere partecipi di quel tutto, che cambia la vita, la trasforma, tanto da donarci la forza di fare altrettanto.

 

 

Il vero digiuno

 

il vero digiuno

 

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Prima lettura: Is 58,1-9a

Salmo: Sal 50 (51)

Vangelo: Mt 9,14-15

 

“Verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno”.

Il Signore nel Vangelo di oggi, ci fa riflettere sul fatto che il vero digiuno è la mancanza di Lui nella nostra vita.

Gesù si presenta come lo sposo, ovvero riveste il ruolo di un legame forte, personale. Egli desidera farci fare esperienza di un Dio legato così tanto a noi da un vincolo così profondo, che non sentirlo equivale a digiunare, a sentire i morsi della fame, della sete, poiché Lui è quel cibo capace di dare nutrimento a tutti quei vuoti, quei digiuni sofferti, che la vita ci ha portato.

Il Signore vuole essere quel legame che dà forza a tutti gli altri legami, e metterci in grado di guardare a noi stessi e a chi ci sta accanto, non con gli occhi di chi è digiuno di relazioni o esperienze positive, ma con lo sguardo della pienezza.

Questa pienezza viene da Lui, tanto da considerare ogni volto, ogni incontro, un luogo dove poter vedere e far fiorire Dio: una vita a partire dal pieno e non una “divina mancanza”.

 

 

 

Due “tu” che si incontrano e si riconoscono

 

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Prima lettura: 1Pt 5,1-4

Salmo: Sal 22 (23)

Vangelo: Mt 16,13-19

 

Nel Vangelo di oggi Simon Pietro dice a Gesù: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente», e Gesù rispose: «Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa». Nei due dialoghi avviene uno scambio di conoscenze, tra me e il Signore c’è una storia di salvezza. Questa è la storia di due tu che si incontrano e si riconoscono, ed è anche la nostra quando siamo capaci di farlo anche noi.

Viviamo la nostra vita tra gioie, fatiche, peccati, soddisfazioni, alti e bassi, ma al di là di tutto c’è qualcuno di costante che non ci abbandona mai, anche quando non lo sappiamo. Possiamo aver incontrato il Signore per sentito dire o per esperienza diretta, poco importa, ciò che conta è riconoscerlo, aver il coraggio di uscire fuori dal mio io, per trovare un Tu, che abita profondamente in me e vedere nel mezzo una storia di salvezza.

Percorri la tua strada, scendi nelle profondità degli abissi del tuo cuore, per incontrare quel Tu che ti sta aspettando e ha preparato per te un nuovo giorno e nonostante tu possa trovare sabbia o sassi nel tuo cammino, vai avanti non sei solo.

 

“Signore, oggi fai una domanda importante:

«ma voi chi dite che io sia?».

Donami la Grazia di saperti riconoscere,

di aver il coraggio di rispondere a quella domanda,

di uscire fuori da me, per rientrarci con in mano una risposta.

Concedimi il dono di vedere nel Tuo domandare,

il desiderio di bene che hai per me

e sentirmi parte della Tua storia di salvezza.

Così sia”. (Shekinaheart Eremo del Cuore)