Opere

opere

27 FEBBRAIO 2024

MARTEDÌ DELLA II SETTIMANA DI QUARESIMA

Il Signore nel Vangelo di oggi, ci invita a compiere delle opere, che non vengono fatte per essere guardate dalla gente. Egli desidera per noi un cuore semplice, capace di accogliere una richiesta di aiuto, di dire una parola di conforto, ma senza che diventi un mezzo per metterci in mostra.

Uno solo è il maestro e noi siamo tutti fratelli, c’è quindi un legame che attraverso Cristo ci unisce, facciamo parte di quella generazione che non ha vissuto al tempo del Signore, ma sa di Lui, conosce le sue opere; non perché Egli si sia messo in mostra, ma perché aveva qualcosa di diverso, diceva cose diverse, non per autopubblicità, anzi, più volte leggiamo nei Vangeli di Gesù che si ritira in disparte, mentre la folla lo cerca.

Noi che non l’abbiamo visto, lo conosciamo persino in quella caratteristica di nascondimento, che a volte spaventa, in quanto uno potrebbe dire: Dio dove sei? Questo ci sia di conforto, perché in quel nascondimento, c’è un luogo dove Dio è ben presente: nel cuore.

Cosa farà la differenza nelle nostre azioni? Sapere che valiamo per Lui tanto da dimorare in noi.

Allora non dobbiamo cercare tornaconti umani, riflettori, perché le luci della sala si spengono, i fiori appassiscono, dopo il giorno subentra la notte, ma Dio è sempre lì, presente, costante in quel cuore che ora può crescere diversamente, non contando più sulle sue sole forze, ma su di Lui.

“Signore,

donami la forza di credere in Te, sempre,

così da sentire

che almeno valgo per Te.

Dirigi il mio cuore affinché non si perda,

non cerchi il plauso,

ma aiuti chi è nel pianto;

non si affanni al traguardo

ma sappia stare con chi ha lento il passo,

e dopo aver fatto questo,

tutti non vedano che Te, mio unico Signore,

e Ti riconoscano come unico loro Dio.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

 

Credo in Te

credo in te

 

VENERDÌ FERIA PROPRIA DEL 5 GENNAIO

Oggi siamo chiamati a seguire Cristo facendo la nostra professione di fede come Natanaèle quando esclama: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». A volte però gli accadimenti della vita non ci fanno restare saldi nella fede, bensì generano in noi dubbi, perplessità; i nostri limiti e le paure si acuiscono, diventa più facile disperare che sperare.

Come può Dio risolvere la nostre situazioni difficili? In realtà non lo fa, perchè non è venuto per risolvere problemi, dare soluzioni, è venuto per dare vita alla nostra vita, ci accompagna, soffre con noi e gioisce con noi. Non c’è situazione umana che non abbia provato: povero con i poveri, sfollato, insultato, deriso, fino ad essere ucciso, ma la sua morte ha portato una vita nuova.

Da Nazareth è venuto “qualcosa” di molto buono, cosi non possiamo fermarci a pregiudizi o stereotipi, dobbiamo guardare alla profondità delle cose, dei pensieri, delle azioni e reazioni e affidarci a Lui. Facciamo la nostra professione di fede nella verità, come Natanaèle. Riconosciamo che il nostro Maestro è il Figlio di Dio, re d’Israele, venuto a portare salvezza; e quando da soli non riusciamo a pregarlo, facciamolo insieme agli altri, o lasciamo che gli altri lo facciano per noi, perché la nostra fede cresce insieme a quella dei fratelli; siamo chiesa, comunione di amore, figli di un unico Padre.

“Credo in Te,

nel Tuo amore,

in tutto ciò che porta il Tuo nome.

Credo in Te,

anche quando è dura e mi sento solo.

Credo in Te,

perché Tu sei il mio Dio

ed il mio cuore si muove di affetto per Te,

perché è tanto grande l’amore che hai per me.

Credo, ma Tu perdona la mia incredulità,

perché se credere dura un’istante,

fai di quell’istante il sigillo di vita,

così che anch’io abbracciando la mia incredulità

possa tornare da Te, per credere.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

 

 

Accoglienza

accoglienza

 

VENERDÌ 04 AGOSTO 2023

SAN GIOVANNI MARIA VIANNEY, PRESBITERO – MEMORIA

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Lv 23,1.4-11.15-16.27.34b-37

Salmo: Dal Sal 80 (81)

Vangelo: Mt 13,54-58

Il Vangelo di oggi ci fa pensare a come consideriamo e giudichiamo gli altri a partire dalla loro provenienza, dal titolo di studio o dall’aspetto, senza pensare che prima di tutto ogni persona umana, è una vita desiderata e custodita da Dio.

Riconoscere l’altro vuole dire accettare la persona e il suo mistero.

Accettare una persona, significa entrare in relazione e vivere il comandamento fondamentale dell’amore, vuol dire amare e stare nella sua compagnia, non essere soli, ma solidali.

San Camillo insegnava: che ogni persona è “Domine Iddio”, ogni uomo è una storia sacra. In ogni persona umana si cela il volto di Dio che è amore, che ama tutti.

Un Dio concreto, che si fa carne, si fa vita; un Dio che cresce in mezzo a noi e ci insegna a guardare gli altri con uno sguardo nuovo, a partire dalla sapienza del cuore, non dall’aspetto o dal sentito dire. Non giudica, ma accoglie tutto dell’altro: la sua forza e la sua debolezza.

Il centro della nostra fede, sta proprio nel riconoscere che la potenza e la sapienza di Dio ci è data nella debolezza dell’umanità di Gesù, che è salvezza di ogni umanità e di ogni debolezza.

“Signore,

alla mia fragile fede,

la risposta è il Tuo amore accogliente.

Aiutami a guardare gli altri con i Tuoi occhi,

come se il mio mondo, il mio quotidiano,

fosse nuovo ogni giorno.

Si, perché la vera novità è l’amore

che scopro hai messo dentro me,

cosi da essere capace di un’ accoglienza,

di una pace che viene da Te.”

(Shekinaheart Eremo del cuore)

 

Riconoscere

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Filippo chiede a Gesù di mostrargli il Padre. Gesù rimane quasi sconcertato, poiche dopo tanto tempo i discepoli ché erano con lui, non avevano ancora compreso quale fosse il volto del Padre.

In parallelo, viene da domandare anche a noi, se dal tempo in cui siamo credenti, cosa abbiamo conosciuto di quel volto del Padre? Cosa abbiamo visto in Lui?

Gesù afferma: “Chi ha visto me, ha visto il Padre”.  Gesù è la rivelazione piena del Padre. Chi vede Gesù, il Figlio amato dal Padre, vede esattamente il Padre, perché solo il Figlio è uguale al Padre.

Perché allora è così difficile riconoscerlo? Forse perché questo Dio è disarmante non ha un potere terreno forte, non è un re potente con un esercito, come quello dei romani a quel tempo; è un Dio debole, che si lascia uccidere, è un Dio debole perché ama, perché l’amore molto spesso viene scambiato per debolezza e non invece al contrario, per una grande fortezza: il potere più forte.

I discepoli vivevano da tempo con Gesù, avevano visto segni e miracoli, eppure mancava loro ancora qualcosa per fare una conoscenza vera profonda.

Dobbiamo imparare a leggere i segni che il Signore lascia nel nostro cammino; ogni cosa che ci accade ha un significato, è compreso nel mistero della vita.

Chiediamo al signore che ci aiuti a fare sempre di più esperienza e conoscenza della sua vita, ci illumini la mente ed il cuore così da esclamare come ha fatto Giobbe: “io ti conoscevo per sentito dire ma ora i miei occhi ti vedono”(Gb 42,5).

“Signore,

aiutami a riconoscere Te nella mia vita,

in tutti quei passi che ogni giorno percorro;

cosi che quando confuso non saprò cosa fare,

mi verrà incontro la certezza che Tu sei con me.

A volte ho bisogno di segni,

la mia fede ha bisogno di gesti

e più passa il tempo,

più mi accorgo che Tu sei, altro.

Tu sei la mia meraviglia

che al mattino mi fa alzare

e credere che non sono solo,

perché Tu hai cura di me.”

(Shekinaheart Eremo del cuore)

“Perché piangi? Chi cerchi?”

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11 APRILE 2023

MARTEDÌ FRA L’OTTAVA DI PASQUA

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: At 2,36-41

Salmo: Sal 32 (33)

Vangelo: Gv 20,11-18

Il Signore chiede a Maria il motivo delle sue lacrime: “Perché piangi? Chi cerchi?”. Gesù lo chiede oggi anche a noi. Ci può capitare di non riconoscerlo, eppure Lui sa chi siamo e quali sono le domande che fanno bene al nostro cuore.

Chi cerchi?  La risposta al nostro cercare è colui che ci fa la domanda. Si pone di fronte a noi, affinché al nostro cuore inquieto sia possibile dare una risposta di pace, una risposta risorta.

Non piangere Maria, perché il maestro è qui con te. Anche noi non dobbiamo piangere, ma credere nel Dio della vita che ci consola e desidera dare forza a tutto il nostro essere.

Quanto è difficile riconoscere il Signore quando nella difficoltà ci troviamo attoniti, bloccati e desiderosi di qualcosa diverso. Oggi il Vangelo ci insegna che non siamo indifferenti al cuore di Dio, Egli parla direttamente al nostro cuore e come a Maria, ci chiama per nome. Siamo dinanzi a un Dio che ci conosce, che appena risorto non va via, si mostra a chi ha nel cuore per donare speranza, per aiutarci a comprendere che non siamo abbandonati, ma da Lui custoditi.

Quest’ottava di Pasqua sia per noi un rafforzare la consapevolezza che accanto abbiamo il Signore risorto, e quando ci sembra che dentro di noi vi sia un inferno, a questo vi è una risposta di Risurrezione, un volto, una mano capace di tirarci su e collocarci in un giardino dove li tutto è iniziato, e dove Dio dà sempre sapeva che tu, caro fratello o sorella, eri “cosa buona” di Lui.

Ma voi chi dite che io sia?

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16 FEBBRAIO 2023

GIOVEDÌ DELLA VI SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO DISPARI)

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Gn 9,1-13

Salmo: Sal 101 (102)

Vangelo: Mc 8,27-33

“Ma voi chi dite che io sia?”.

Una domanda diretta, chiara: chi è il Signore per te?

Un cammino che scende nella profondità del cuore per trovare la risposta. Gesù solitamente non domanda, spiega, questa volta chiede, affinché ciascuno possa trovare la propria risposta. Quante risposte ci sarebbero e questo dato ci fa comprendere come tale relazione sia personale, esclusiva, per ciascuno.

Chiediamoci: chi è il Signore per noi? Rovistiamo nella mente e nel cuore, perché la risposta ha li la sua dimora: in Dio stesso.

A volte, ci troviamo a dover lottare per vivere, eppure al di là di tutto, qualsiasi sarà il nome che li darai, Egli ci sarà per sempre, oltre una domanda, oltre una risposta, perché il Suo amore sostiene le parole non dette, ed opera in noi ogni momento, affinché un giorno ci rendiamo conto di quanto Lui era importante ed era lì da sempre

“Signore,

aiutami ad elevare il cuore

sino a Te.

Fa che possa dire

chi Tu sia non solo a parole,

ma con la concretezza della vita.

Sii Tu la mia forza.

Ogni giorno fa che ti riconosca,

perché so che il mio cuore è fatto per questo

e ti attende ad ogni battito”.

(Shekinaheart Eremo del cuore)

 

Sul finire della notte

 

Sul finire della notte

 

02 AGOSTO 2022

MARTEDÌ DELLA XVIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

LITURGIA DELLA PAROLA      (clicca qui)

Prima lettura: Ger 30,1-2.12-15.18-22

Salmo: Sal 101 (102)

Vangelo: Mt 14,22-36

 

I discepoli gridano dalla paura, vedono un “fantasma” che gli viene incontro e non riconoscono che è Gesù. A volte presi dal buio, dalla paura, può capitare anche a noi di non riconoscerlo durante il quotidiano. Il Signore però non ci rimprovera, anzi rassicura, dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!».

Quanto abbiamo bisogno di sentire la parola: “coraggio”! Essa fa intendere, che Qualcuno sa quello che stiamo vivendo e ci si sente un po’ più sollevati, perché la più grande paura è essere soli.

Con Dio non saremo mai soli e Lui non smette mai di ricordarcelo, affinché la nostra fede si fortifichi in questa certezza: nonostante le difficoltà ci verrà incontro e non sarà la paura a governare la nostra vita.

“Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare”. Gesù ci viene incontro, sa fare di ogni fatica una strada su cui camminare per non lasciarci soli, forse non come vogliamo, non in quel preciso istante, ma non finirà la notte prima che il Signore passi.

“Signore,

nel buio della mia paura,

fa che riesca a scorgere la tua luce.

Nel vento della mia angoscia,

possa sentire la calma dei tuoi passi, venirmi incontro.

Aiutami a comprendere che la mia notte,

ovvero tutta la paura e la fatica che mi porto dentro,

vedrà la luce del Tuo arrivo,

per soccorrermi e

vivere del Tuo coraggio

in ogni notte come in pieno giorno”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

Capaci di distinguere

 

capaci di distinguere

 

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: At 11,1-18

Salmo: Sal 41 (42) e 42 (43)

Vangelo: Gv 10,1-10

 

“Io sono venuto perché abbiano la vita a l’abbiano in abbondanza”.

Ci viene promesso una vita abbondante, siamo creati per una pienezza.

Pensando all’abbondanza, viene subito da associarla all’avere tante cose, ma qui oggi, ci viene offerta una nuova chiave di lettura: un’abbondanza di tentativi. Lungo il corso della nostra storia, abbiamo il dono di avere varie occasioni per poter conoscere il Signore; e come il dice il Vangelo della liturgia odierna, è possibili incontrare “ladri”, “briganti”, ma solo uno, in verità è la porta ed è Gesù.

Il nostro cammino, pur nella fatica, ha in sé quell’abbondanza di volte in cui il Signore era con noi e purtroppo non l’abbiamo identificato. Egli però rimane sempre presente, affinché un giorno possiamo riconoscerlo come Colui attraverso il quale comincia la vita.

Parafrasando Piergiorgio Frassati, siamo fatti per vivere e non vivacchiare.

L’esistenza è una chiamata a diventare capaci di distinguere la voce del Signore, a non farci distogliere da tutto ciò che “ruba” il nostro tempo e ci lascia un gran vuoto.

Chiediamoci in sincerità davanti a Lui, cosa ci porta via. Attraverso Gesù, possiamo riacquistare la vita e cominciare a sentire quell’abbondanza come una voce costante, che ci guida e ci conduce da sempre.

 

 

Due “tu” che si incontrano e si riconoscono

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: 1Pt 5,1-4

Salmo: Sal 22 (23)

Vangelo: Mt 16,13-19

 

Nel Vangelo di oggi Simon Pietro dice a Gesù: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente», e Gesù rispose: «Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa». Nei due dialoghi avviene uno scambio di conoscenze, tra me e il Signore c’è una storia di salvezza. Questa è la storia di due tu che si incontrano e si riconoscono, ed è anche la nostra quando siamo capaci di farlo anche noi.

Viviamo la nostra vita tra gioie, fatiche, peccati, soddisfazioni, alti e bassi, ma al di là di tutto c’è qualcuno di costante che non ci abbandona mai, anche quando non lo sappiamo. Possiamo aver incontrato il Signore per sentito dire o per esperienza diretta, poco importa, ciò che conta è riconoscerlo, aver il coraggio di uscire fuori dal mio io, per trovare un Tu, che abita profondamente in me e vedere nel mezzo una storia di salvezza.

Percorri la tua strada, scendi nelle profondità degli abissi del tuo cuore, per incontrare quel Tu che ti sta aspettando e ha preparato per te un nuovo giorno e nonostante tu possa trovare sabbia o sassi nel tuo cammino, vai avanti non sei solo.

 

“Signore, oggi fai una domanda importante:

«ma voi chi dite che io sia?».

Donami la Grazia di saperti riconoscere,

di aver il coraggio di rispondere a quella domanda,

di uscire fuori da me, per rientrarci con in mano una risposta.

Concedimi il dono di vedere nel Tuo domandare,

il desiderio di bene che hai per me

e sentirmi parte della Tua storia di salvezza.

Così sia”. (Shekinaheart Eremo del Cuore)