Una libertà data da un amore più grande

 

Una libertà data da un amore più grande

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Dn 3,14–20.46.50.91–92.95

Salmo: Dn 3,52–56

Vangelo: Gv 8,31-42

 

Le parole di Gesù nel Vangelo di oggi, ci danno consolazione: “conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. Liberi da tutte quelle paure che abitano nel nostro cuore, da quei sentimenti negativi che a volte nascono da dispiaceri, incomprensioni, liberi da quelle idee che non ci fanno camminare.

Solo il pensiero di essere liberi ci fa respirare, è come una ventata di aria fresca in una giornata molto calda, dove rimane solo l’arsura. Liberi è avere sete di Dio.

La promessa di Gesù, riempie di coraggio, forza, desiderio di farsi custodire dalla Parola, di prenderLa in mano e leggersi dentro di Essa, così da liberarsi da tutto ciò che ci ostacola e poter finalmente respirare.

Il Signore ci desidera liberi, nella vita fatiche ne abbiamo tante, e Lui lo sa, ma se ascoltiamo quest’invito, possiamo fare della Sua Parola un punto di forza. Egli non ci toglie la fatica, ma ci dà un’appiglio su cui contare e cosa c’è di più stabile della Parola? Essa si fa carne, è un Volto che non solo ci è accanto, ma è dentro di noi, per dirci tutto l’amore e il desiderio di bene che il Padre ha verso tutti.

Siamo creati liberi, di una libertà che ovviamente non è agire in base al sentire del momento, ma è scegliere secondo una Parola, che percorre le strade della storia e arriva sino a noi.

La Parola diventa il metro di misura, e se nel nostro cammino ci siamo un po’ persi, non importa, possiamo tornare a quel principio che non è un daccapo, ma è un nuovo inizio.

L’idea di Dio per noi è un nuovo inizio, affinché camminando lungo i passi della verità, possiamo incontrare Colui che ci renderà liberi, di una libertà data da un amore più grande del nostro peccato e dalla certezza della Sua presenza.

 

 

Guardando alla croce

 

Guardando alla croce

 

 

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Prima lettura: Nm 21,4-9

Salmo: Sal 101 (102)

Vangelo: Gv 8,21-30

 

Nel Vangelo di oggi, più volte Gesù dice ai suoi interlocutori: “Io sono”. E dopo aver fatto delle chiarificazioni, conclude: “Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono”. La croce ci porta a conoscere, e a far parte del mondo di Dio. Tutto quello che il Signore sta dicendo, ha pieno compimento sul calvario, dove la vita non muore, ma si offre e risorge.

L’apparente sconfitta, quella cattiva interpretazione di Lui, che lo porterà alla croce, è il luogo dove la verità raggiungerà il punto più alto del suo esistere: l’offerta di sé. Il peso, la fatica, il dolore di tutti, saranno rivolti in alto, su quell’unico uomo capace di prenderli su di sé e farne un atto di amore.

L’invito del Signore è chiaro: vogliamo sapere chi è Gesù e il Padre? Guardiamo in alto, alla croce, dove l’Amore ha dato tutto se stesso. Sentiamoci compresi in quest’offerta, e tanto quanto il Padre è con Gesù, tanto Egli è con noi; non ci abbandona mai, apriamo a Lui il nostro cuore. Egli sa capirci, conosce le nostre sofferenze, le accuse, le paure, il dolore, non siamo soli.

Il dono più bello che potremmo farci in questi giorni di preparazione alla Pasqua, è coltivare la certezza della Sua presenza. Gesù trova la forza nella consapevolezza della presenza del Padre, e insiste nel dire chi è, per farci sperimentare quella stessa forza, che non lo toglierà dalla croce, ma lo farà risorgere.

 

 

Rischiarati dalla luce della verità

 

Rischiarati dalla luce della verità

 

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Prima lettura: Dn 13,1–9.15–17.19–30.33–62 Forma breve:Dn 13,41c–62

Salmo: Sal 22 (23)

Vangelo: Gv 8,12-20

 

Gesù nel Vangelo di oggi, ci dice: “io sono la luce del mondo”. Se pensiamo a una stanza buia, ci accorgiamo di quanto sia importante la luce! Al buio è difficile definire gli spazi, le cose, se invece è illuminato, è possibile rendersi conto dei dettagli e muoversi.

Seguire Gesù, è dirigersi su una via di Luce, dove è possibile vedere il nostro percorso, fatto anche di fragilità, fatiche, rischiarato dalla luce della verità.

Il Signore ci invita a un cammino di verità, in cui è proprio Lui a donarci la forza e il coraggio per andare avanti, e non restare in quel buio che ci blocca.

Non importa a che punto siamo del viaggio, quello che conta è percepirsi chiamati per un sentiero in cui non siamo soli. Egli è sempre presente e il Suo unico desiderio, è di fare della nostra vita, un’autentica esperienza con il Padre.

Dal Padre riceviamo la vita e sarà Lui a darci il sostegno, il conforto, il perdono che ci toglie dalle nostre paralisi, dalle paure, che ci lasciano fermi.

“Dov’è tuo Padre?” La nostra vita sarà una risposta a questa domanda. Dove? In quel “luogo del tesoro”, il nostro cuore, in cui Gesù ci parla, insegna e ci conduce per una via di verità e Misericordia.

 

 

Un faro: la Parola che si fa testimonianza

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Prima lettura: Es 32,7-14

Salmo: 105 (106)

Vangelo: Gv 5,31-47

 

Nel Vangelo di oggi, troviamo molto forte l’invito di Gesù a credere, perché da esso proviene la vita. Una vita capace di affrontare il quotidiano, le proprie fatiche, con la consapevolezza di non essere soli e soprattutto con un faro: la Parola, capace di illuminare il buio del profondo mare dell’esistenza.

Gesù ha a cuore per noi un cammino di verità e non è solo distinguere bene o male, ma una conoscenza di Lui che parta dall’origine, ovvero: dal Padre, proprio per questo Egli dirà: “E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me”. Gesù ci fa conoscere il Padre e allo stesso tempo, il Padre ci testimonia il Figlio, attraverso una Parola che prepara il cuore alla Sua venuta. L’essere creati da Dio, non è solo averci dato l’esistenza, è scriverci nel cuore quelle Parole, il cui ascolto si riflette in noi e diventano vita.

Siamo il popolo di Dio, dove quel “di”, ha proprio il significato dell’appartenenza, del fare parte di Lui e quindi di una storia di salvezza.

La fede deve diventare fiducia, il credere concretezza ed è un’esigenza del cuore, poiché da lì, la Parola trova il suo luogo di ascolto, capace di riconoscere il volto del Padre, la mano del Figlio e attraverso lo Spirito, abitare in quest’amore, così da essere a nostra volta un faro di testimonianza.

 

 

Creati, uniti, amati

 

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Prima lettura: Is 49,8-15

Salmo: 144 (145)

Vangelo: Gv 5,17-30

 

Il Vangelo della liturgia odierna, ci parla insistentemente di un’unità tra Gesù e il Padre. È un legame forte, tanto che Egli afferma: “Il Padre mio agisce anche ora e anch’io agisco”. La bellezza di questa relazione è che non rimane ferma tra i due, ma si estende così da arrivare fino a noi. Siamo fatti partecipi di questa unione.

Se nella vita abbiamo fatto esperienza di relazioni, incontri, che a volte volgono al termine, il legame con Gesù e quindi con il Padre, è stabile nel tempo. Questo vuol dire, che la consolazione di Dio, il Suo perdono, il Suo amore sono per sempre, può capitare di non accorgersene e temiamo di essere dimenticati, ma non è così, le promesse di Dio sono eterne. Per rassicurare il cuore, Gesù ci invita ad ascoltare e credere in Colui che lo ha mandato, poiché sono i punti di forza su cui basare il nostro cammino.

La Sua Parola è vita, perché proviene dal datore della vita, ed è in grado di dare vita a tutte quelle parti di noi buie, “morte”, che dai nostri sepolcri gridano pietà. Non dobbiamo scoraggiarci e non dobbiamo mollare, Il Padre e il Figlio si uniscono a noi per donarci quella forza in grado di camminare e non sentirci come se non avessimo la terra sotto i piedi.

Il conforto del Padre, l’amore del Figlio, siano una certezza per la nostra vita a volte segnata da una storia difficile, tanto da credere impossibile tutto questo. Eppure è così: siamo creati dal Padre, uniti dal Figlio, amati per mezzo dello Spirito, che conduce il nostro cuore nelle strade verso Dio e i fratelli, e far germogliare in noi, novità di vita e di salvezza.

 

 

In attesa del ritorno

 

in attesa del ritorno

 

 

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Prima lettura: Gs 5,9a.10-12

Salmo: Sal 33 (34)

Seconda lettura: 2Cor 5,17-21

Vangelo: Lc 15,1-3.11-32

 

Il Vangelo di questa domenica in Laetare, è la parabola del Padre e dei suoi figli. Oggi questo brano, ci viene incontro aiutandoci a comprendere, che possiamo sbagliare allontanandoci o addirittura rimanendo a casa, ed in entrambi i casi, abbiamo un Dio padre, che aspetta il nostro ritorno. Quello che accomuna i due fratelli e noi, è proprio Lui: un Dio la cui paternità, permette di uscire dal timore di essere visti per i nostri sbagli, e percepire come siamo guardati realmente: da figli!

L’amore di Dio rimane intatto nonostante il nostro sbaglio, l’errore non spezza il Suo essere in comunione con noi, quello che si rompe è la nostra capacità di riconoscerlo. Il padre di questo racconto, non ha smesso di amare i suoi figli, anzi, li ama con tutto se stesso, aspettandoli fuori, correndogli incontro.

Dio ci ama tanto e desidera che il Suo amore e la Sua Misericordia, siano un punto di partenza, e dove il peccato ha lasciato una frattura, un distacco, Egli la risana dal di dentro, affinché possiamo riconoscerci amati in maniera esponenziale.

Il perdono però non si ferma solo all’aver ristabilito un contatto con Dio, interpella il fratello, ci chiama al di fuori. Il Signore ci invita guardare gli altri con il Suo sguardo, che non è di condanna, la cui conseguenza è la morte, ovvero, non permettere all’altro di risalire da quell’errore etichettandolo, ma è uno sguardo di perdono per la vita!

“Era morto ed è tornato in vita” è la storia di tutti noi salvati, perduti e ritrovati da Dio, è il cammino di chi ha riconosciuto in sé una vita di Grazia, per cui davvero è possibile fare festa.

 

Portato in alto

 

portato in alto

 

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Prima lettura: Is 1,10.16-20

Salmo: Sal 49 (50)

Vangelo: Mt 23,1-12

 

Il Signore oggi ci insegna ad avere una giusta considerazione di sé, ognuno ha il suo valore che non è dato dall’essere ai primi posti o nel compiere azioni per essere guardati dalla gente, ma ciò che dà valore, è l’essere figli di un solo Padre, gente in cammino dietro a Cristo.

Gesù desidera che tutto ciò che facciamo abbia questo obiettivo, così da compiere non opere fini a se stesse, ma secondo il cuore di Dio. È come se il Signore implicitamente ci chiedesse: cos’è più importante, l’essere figli o i primi posti? Un primo posto è qualcosa di passeggero, instabile, va e viene e lascia in noi quella precarietà che lo contraddistingue. L’essere figli è eterno, per sempre, in qualsiasi condizione ci sentiamo, abbiamo una stabilità, un pilastro su cui appoggiarsi quando siamo stanchi e vogliamo fermarci a riposare.

Il nostro valore è dato dalla scelta del Padre di volerci suoi figli.

Lì dove le parole non bastano più e c’è bisogno di concretezza, abbiamo un esempio a cui guardare: Gesù. Egli si definisce in primo luogo sempre Figlio, ma si comporta con noi come il Padre, affinché a nostra volta, possiamo camminare nella consapevolezza di una figliolanza, tale da rendere le opere non solo frutto di un ascolto, ma di una certezza di un cammino da Figli.

Gesù desidera che il nostro agire parta da questo: non solo da un’osservare una legge, con il peso di dover fare delle cose, ma da compiere azioni di cuore.

Noi siamo nel cuore di Dio, gli stiamo a cuore, il gesto più grande è la croce; da essa è possibile vedere come il nostro cammino è preso, custodito e portato in alto, non su un “podio”, ma sulla croce, dove l’Amore regna e da lì, ci guarisce, risana e ridona vita.

 

 

Cominciamo dal Padre

 

Cominciamo dal Padre

 

 

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Prima lettura: Is 55,10-11

Salmo: Sal 33 (34)

Vangelo: Mt 6,7-15

 

 

Nel Vangelo di oggi Gesù ci insegna a pregare. La prima parola con cui inizia questa preghiera è Padre. Padre vuol dire riconoscere Dio come uno dei legami più profondi di cui direttamente o indirettamente, ne abbiamo conoscenza. Se diciamo padre, è perché siamo figli e in quanto tali, facciamo parte di una famiglia con tutte le sue tradizioni. C’è una memoria che viene trasmessa da una generazione all’altra e arriva sino a noi.

È come se Gesù, suggerendo di iniziare a pregare con la parola Padre, ci stesse invitando a sentirci parte di una promessa di salvezza, che compie passi lungo la nostra storia. In questa promessa c’è la nostra figliolanza, la relazione con Dio, pertanto la preghiera non sarà solo comunicare una richiesta, dei fatti, bensì essere consapevoli di far parte della memoria di Dio.

Pregando per noi stessi e per gli altri, si accresce la consapevolezza di essere già nella memoria di Dio e nel suo cuore. A volte, abbiamo bisogno di conferme, perché è difficile pensare a un legame così forte con Dio che non vediamo e tuttavia la preghiera rafforza questa debolezza.

Cosa fare allora? Gesù dice a noi: pensa alla figura del Padre, pensa che Dio è il Padre che ti ha dato la vita, ti conosce e ha cura di te. Se anche la tua esperienza paterna può non essere stata delle migliori, fidati di Gesù, che colloca Dio come Padre nei cieli, la cui volontà unisce terra e cielo, affinché tu possa ricevere di quel Pane, capace di rimettere i tuoi peccati e metterti in grado di perdonare coloro che ti hanno tolto qualcosa di tuo, rendendosi debitori e tu possa liberare il tuo cuore dal male, dal dolore, dalla tentazione, per lasciare il posto all’Amore, alla pace, alla vita.

 

 

Figli della pace

figli della pace

 

 

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Prima lettura: 2Tm 1,1-8 e Tit 1,1-5

Salmo: Sal 95 (96)

Vangelo: Lc 10,1-9

 

Il Signore oggi entra nelle nostre case e ci dice: “pace”. Questa parola é insieme augurio ed invito. Quand’è che siamo in pace? Quando non ci sono “guerre”, le nostre guerre interiori che ci opprimono, quando una giornata è meno faticosa, quando posso dedicare del tempo per me, quando vivo delle esperienze che mi fanno stare bene. In tutte queste cose il Signore ci dice che è presente, c’è quando siamo in pace ed è con noi quando purtroppo subentra la guerra, la sofferenza. Egli rimane nella nostra casa, affinché facendo esperienza di Lui sentiamo ciò che siamo chiamati a essere, ovvero: figli della pace.

La pace di Dio non è solo un sentire, ma diventa per noi una condizione di esistenza: essere figli della pace, vuol dire celebrare la paternità di Dio.

Colui che ci ha creati l’ha fatto per la pace, questo non significa assenza di difficoltà, ma un nuovo modo di vedere la nostra vita. Il Signore ci sta dicendo di guardarci con il Suo stesso sguardo, come figli amati le cui inquietudini sono già nel cuore del Padre. Egli raccoglie in sé tutto ciò che ci turba, come in un abbraccio.

Non aver paura se il tuo cuore è inquieto, se sembra che il tuo peccato, i tuoi errori sono più grandi di te, e temi di non avere più una possibilità, Dio, tuo Padre desidera solo donarti la pace. Egli entra nella tua casa, nel tuo cuore a volte chiuso dalla fatica e dal dolore, entra per risanarti dal di dentro, desidera che tu faccia esperienza di figliolanza, solo così sentirai la pace, avvertirai Dio più vicino a te, talmente tanto da sembrare tangibile.

Quando ti sarai scoperto figlio, guarderai tutto ciò che stai vivendo e troverai in te la forza per affrontare il tuo quotidiano. La tua casa, il tuo cuore abitati da Dio daranno luce al di fuori di te, alle tue parole, ai tuoi gesti, sarai portatore di pace a tutti quelli che incontrerai, perché in te vive Colui che ti ha creato e ti ha pensato così, e la tua vita sarà per te, per tutti, una testimonianza che il regno di Dio è vicino.

 

 

La Parola che va diritta al cuore

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Prima lettura: 1Sam 1,9-20

Salmo: 1Sam 2,1.4-8

Vangelo: Mc 1,21b-28

 

Gesù insegna con autorità e non come gli scribi, si perché la sua Parola è Parola del Padre e non parola di uomini. Gesù ci insegna come il Padre, e il fatto che anche gli altri se ne accorgono, vuol dire che ci sono delle parole che fanno pensare a Dio. In qualche modo si riconoscono nelle parole, tanto da sapere individuare da chi provengono.

E a noi capita? Gesù ci invita a far memoria in cui una parola detta o un gesto, ci hanno fatto pensare a Dio, magari era qualcosa di inaspettato e se non l’abbiamo riconosciuto, ora possiamo farlo; come un bambino che sa individuare la voce dei genitori in mezzo alle altre e sorride, reagisce a ciò che li viene detto.

Come è possibile questo? Perché le Parole di Dio che ascoltiamo sono in noi, in quanto siamo Suoi figli ed è proprio per questo che ci risuonano dentro anche quando non lo sappiamo. Riconosciamo che queste parole o gesti, in qualche modo corrispondono a noi, paradossalmente anche qualcosa che ci dà fastidio.

Gesù sa parlare al nostro cuore, sa smuoverci e questo dimostra che ci è vicino, non gli siamo indifferenti e anche se non lo riconosciamo nella nostra vita, Egli è qui per dirci quella Parola che va diritta al cuore.